mercoledì 31 ottobre 2012

Big wednesday


La trama (con parole mie): continua il curioso gioco a cambiare il giorno delle uscite in sala dei distributori italiani, che probabilmente sono galoppini prezzolati del Cannibale sempre in cerca di un qualche escamotage per mettermi in difficoltà, ovviamente senza successo come uno di quei cattivi tendenzialmente ridicoli dei vecchi cartoni animati giapponesi.
C'è però di buono che, nonostante tutto, i suddetti distributori a questo giro si fanno perdonare almeno con due pellicole per le quali l'hype del sottoscritto è alle stelle, pronte dunque a salvare una settimana altrimenti piuttosto - e come di consueto - scialba.


"Ieri sera ho guardato un film consigliato dal Cannibale, e stamattina mi sono svegliato così."

Skyfall di Sam Mendes


Il consiglio di Cannibal: il mio nome non è Ford, James Ford
Non ho mai visto per intero un film dedicato a James Bond. Non mi hanno mai attirato. Sarà perché trovo odiosi tutti i vari interpreti, da Sean Connory a Pierce Brosnan per arrivare all’odierno del tutto inespressivo Daniel Craig. L’unica cosa interessante sono le Bond Girls, ma nemmeno quelle bastano per suscitarmi curiosità in un franchise vecchio come il cucco, o come il Ford, che continua a provare a rinnovarsi per ragioni commerciali più che cinematografiche. Mi girano le palle a non vedermi un film firmato da Sam Mendes, regista che apprezzo particolarmente, però tanto di Sam Mendes in questa pellicola ci sarà il 5% a dir tanto, tutto il resto sarà franchise bondiano.
James Bond? Nah, io ne ho già abbastanza di James Ford. E poi preferisco aspettare un nuovo capitolo di Austin Powers…
Il consiglio di Ford: mi chiamo Ford, James Ford
Non sono mai stato un grande fan di 007, nonostante ricordi con piacere alcuni dei capitoli con il mitico Connery, eppure la nuova versione "dura" con il volto di Daniel Craig mi piace parecchio. Casinò Royale era una bomba, Quantum of solace meno efficace ma comunque non male, questo Skyfall diretto da Sam Mendes potrebbe essere anche meglio dei due messi insieme. Dunque lascio alle stronzate come Austin Powers quel Nontroppogold Kid e oggi mi fiondo in sala a vederlo aspettandomi faville.

"Cannibale, sono venuto a prenderti: ora alzi il culo dalla sedia e vieni a fare un giro in macchina con me. Dimenticavo, guida Ford."

Silent Hill - Revelation 3D di Michael J. Bassett


Il consiglio di Cannibal: Silent Ford, parla Cannibal
Ho una Revelation da farvi su Mr. Ford, in 3D o meno che sia: il blog WhiteRussian non è scritto da una persona reale, ma da un generatore casuale di frasi su pellicole action e/o per bambini.
Quanto al primo Silent Hill, c’ho anche provato a vederlo, ma mi sono addormentato. Non che fosse particolarmente terribile o altro, però non mi è sembrata una visione proprio delle più coinvolgenti. Questo nuovo capitolo mi sembra poi l’ennesimo sequel non richiesto, anche considerando come il primo film non è che fosse stato tutto ‘sto successone. Un film che si preannuncia utile al cinema quanto il sempre più spento WhiteRussian alla blogosfera. Ahahah!
Il consiglio di Ford: meglio stare silent con il dubbio di essere Ford che aprire bocca e avere la certezza di essere Cannibal.
Ricordo la visione di qualche anno fa di Silent hill come una delle più noiose della mia storia personale di spettatore di film horror: neppure la presenza del fordiano Sean Bean era riuscita a risollevare le sorti di una pellicola che non diceva assolutamente nulla nonostante gli effettoni e la nebbia distribuiti a profusione - un po’ quello che succede tra le pagine di Pensieri cannibali -. Il sequel, dunque, dalle mie parti è meno richiesto di un parere cinematografico, musicale o in materia di alcool e donne del mio rivale.

"Maledizione al momento in cui ho accettato di uscire con quel coniglione del Cannibale!"
E io non pago - L’Italia dei furbetti di Alessandro Capone


Il consiglio di Cannibal: che brutta, l’Italia dei Fordetti
Un cinepanettone giunto in anticipo con un cast di “prestigio” che vanta Valeria Marini, Enzo Salvi e Jerry Calà. Come rinunciarvi? I furbetti del cinema (e a farli rientrare nella categoria cinema sono ancora buono) che cercano di prendere in giro l’Italia degli evasori fiscali?
Mi sembra un’operazione inverosimile, quasi quanto il Ministro Fordero alle prese con una pellicola impegnativa di Terrence Malick o Lars Von Trier.
E io (che mi trovo a dover ospitare i suoi commenti sul mio splendido blog) pago!
Il consiglio di Ford: l'Italia, più che desta, pare in coma!
Film italiano da seppellire a bottigliate della settimana, uno scandalo sul quale non voglio soffermarmi troppo per evitare di deprimermi e non avere la consueta voglia di pestare forte il mio caro, carissimo antagonista su quella sua testa di Von Trier. Sinceramente non mi spiego come possano esistere ancora creature senzienti in grado di cagare fuori dei soldi per andare in sala a vedersi questa roba. O pagare un abbonamento per una linea internet e sforzarsi di scaricarlo.

"Ma 'sti due, Ford e Cannibale, chi credono di essere!? Io gli farei fare una maratona della mia filmografia!"
Oltre le colline di Cristian Mungiu


Il consiglio di Cannibal: passate oltre
Cristian Mungiu è il regista romeno (pensavate fosse sardo, vero?) dell’osannato 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, pellicola che prima o poi magari recupererò, ma che per ora ho sempre evitato perché mi sapeva di solita noiosa fordianata neo-realista. Questa sua nuova pesantissima opera si preannuncia ancora più una mazzata: 155 minuti di drammone ambientati per lo più in un convento…
Magari sarà anche un filmone, ma al momento mi sembra un modo davvero terrorizzante di passare Halloween. Io preferisco di gran lunga andare a tirare uova contro la casa di Ford!
Il consiglio di Ford: meglio nel convento di Mungiu che nel Casale del Cannibale.
Dopo qualche anno di silenzio torna in sala un regista che, con il suo 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni era riuscito a lasciarmi senza parole: una pellicola di potenza impressionante costruita su due interpretazioni femminili da paura che fu giustamente premiata con la Palma d'oro a Cannes.
Oltre le colline pare seguire la stessa strada, e in giro ne ho letto benissimo, tanto che le mie aspettative sono più o meno le stesse che quest'anno ho avuto per il Faust di Sokurov - http://whiterussiancinema.blogspot.it/2012/03/faust.html - e C'era una volta in Anatolia di Ceylan -
http://whiterussiancinema.blogspot.it/2012/09/cera-una-volta-in-anatolia.html -, entrambi filmoni: sicuramente non sarà una passeggiata - sono quasi tre ore, e considerato lo stile di Mungiu, potrebbero apparire come sei -, ma resta uno dei titoli d'autore più attesi dell'anno.

"Finalmente sono arrivata al luogo scelto da Ford per i suoi cineforum dedicati ai film russi!"
Un’estate da giganti di Bouli Lanners

  
Il consiglio di Cannibal: ma vivete fuori dal tempo come Ford? L’estate è finita da un pezzo!
Questo piccolo film belga potrebbe essere a sorpresa, ma mica tanto a sorpresa vista la mancanza di pellicole interessanti, la proposta migliore della settimana.
Un film consigliato dall’ottimo blog OverExposed (http://overexposedcultmovies.blogspot.it/2012/07/les-geants-2011-bouli-lanners.html), altroché WhiteRussian, e che ora approda anche da noi, seppure un po’ fuori stagione.
L’ho visto da poco: è una pellicola carina su un gruppo di ragazzini stile Stand by Me, ma non mi è sembrato altrettanto memorabile. Un film non eccezionale, ma almeno non è la solita bambinata fordiana.
Il consiglio di Ford: l'estate è finita, ma ancora prima era finito il Cannibale.
Lanners è un nome abbastanza sponsorizzato nell'ambiente tendenzialmente radical chic già dai tempi di Eldorado, eppure – sarà la mia stagionalità nel vedere i film, sarà che l'hype per questo titolo è sotto zero - non trovo nulla che possa in qualche modo solleticare la mia curiosità rispetto ad una visione di questo lavoro dalle rimembranze standbymeane. Lascio volentieri la mano al Peter Pan dei poveri che si occupa della metà oscura - e meno efficace - di questa rubrica, considerando che ho altri titoli sui quali puntare sapendo già che non resterò deluso per dare troppa attenzione a questo.

"Ford, sei proprio sicuro di voler guidare tu!?" "Certo Cannibal, mi ha insegnato tutto James Bond!"

Last action hero - L'ultimo grande eroe

Regia: John McTiernan
Origine: USA
Anno: 1993
Durata: 130'




La trama (con parole mie): Danny Madigan è un fan sfegatato di Jack Slater, protagonista di una saga action interpretato da Arnold Schwarzenegger nella migliore tradizione dei film tamarri arricchiti da esplosioni e sparatorie a ripetizione.
Quando, grazie ad un biglietto magico, il ragazzino scopre di poter entrare nella pellicola e vivere le avventure che ha sempre sognato accanto al suo eroe, pare che si realizzi il desiderio più incredibile che potesse esprimere: peccato che il nemico giurato di Jack Slater riesca a mettere le mani sull'incantato artefatto liberando nel mondo che tutti noi conosciamo i personaggi figli della settima arte.
L'eroe di Danny, catapultato in una realtà all'interno della quale può essere ferito e ucciso, dovrà scovare dentro una nuova forza e compiere la sua impresa più incredibile per ristabilire l'ordine delle cose.





Era l'inizio del 1988 quando nell'allora casa Ford comparve per la prima volta un videoregistratore: senza neppure attraversare la strada potevo facilmente raggiungere Strike!, un posto dal look acidissimo che avrebbe dovuto essere il primo di una serie di negozi in stile Blockbuster e che scomparve dopo pochissimo, giusto in tempo perchè riuscissi a noleggiare una marea di film Disney e tutti i Bud Spencer e Terence Hill.
Ma la vera manna dal cielo per la mia nascente passione cinematografica giunse con la scoperta della videoteca di Paolo - personaggio ormai mitico qui al Saloon - e della sua famiglia, luogo in cui riuscivo a passare ore scegliendo dai dettagliatissimi cataloghi divisi per generi i film che avrebbero fatto compagnia a me e mio fratello: il suddetto Paolo, che allora doveva essere più o meno attorno alla trentina, mi prese in simpatia e cominciò a consigliarmi rispetto ai titoli, permettendomi di scoprire perle quali Gremlins, Labyrinth ed un'infinità di horror.
Ovviamente, ad ogni mia scorribanda nel suo negozio, non poteva mancare la proposta action, considerato che si trattava dell'unico genere che avrebbe convinto papà Ford, perennemente irrequieto e in movimento, abituato agli allenamenti in bicicletta ogni volta che poteva, a sedersi sul divano e concedersi una visione: Last action hero fu uno dei consigli più azzeccati che, in quel periodo, il buon Paolo riuscì a darmi.
In fondo, quasi quattordicenne e ancora immerso nel mondo delle medie - qualche mese dopo sarebbe giunta la famigerata peggior sezione del liceo a procurarmi una bella doccia gelata - un film in cui il protagonista, amante del Cinema e degli action, entrava in possesso di un biglietto magico che gli permetteva di vivere incredibili avventure accanto al suo eroe preferito non poteva che fare breccia nel cuore del piccolo Ford, e nonostante già da allora preferissi Sly a Schwarzy riuscii ad accontentarmi godendomi dal primo all'ultimo minuto questa tamarrata insolitamente lunga con tutta la gioia possibile.
Non sapevo nulla di metacinema - alla base di tutto il gioco del biglietto e sfruttato con l'idea di parodizzare il buon Arnold e compagni come sarebbe riuscito a fare decisamente meglio True lies ed avrebbero portato a modello Expendables ed Expendables 2 soltanto molti anni dopo -, o avevo idea che il John McTiernan dietro la macchina da presa fosse lo stesso del primo, mitico Die hard o del mio cult personale Predator: mi bastava poter immaginare di entrare in ogni pellicola e che la nemesi di Schwarzenegger fosse Charles Dance, che ora sarà pure noto come il Tywin Lannister di Game of thrones, ma che ai tempi per me era solo ed esclusivamente il cattivo de Il bambino d'oro.
Per il resto non c'è nulla che un prodotto a cavallo tra gli anni ottanta e novanta di grana grossa non avesse, anche se le comparsate di gente come Van Damme o James Belushi nel ruolo di loro stessi o l'apparizione della Morte da Il settimo sigillo - interpretata da Ian McKellen - riescono ad apparire cult ai miei occhi anche ora.
L'interrogativo più grande resta rispetto al perchè una pellicola così tamarra e casinara non abbia riscosso, tutto sommato, il successo di altre a lei affini, di fatto entrando in un quasi dimenticatoio che ancora oggi non rende giustizia ad uno degli ultimi acuti di un genere assolutamente mitico: forse il mondo non era più lo stesso, e i decisamente meno sopra le righe nineties si preparavano a fare tabula rasa del precedente decennio da Luna Park, ma in questo periodo di revival e vintage anche un titolo "perduto" come questo meriterebbe un recupero.
In fondo, ha tutte le carte in regola per essere la gioia di grandi e piccini.


MrFord


"Un fascio di luce va dal proiettore
per un sogno da duemila lire
porti addosso qualche segno provero' a tirarteli via
posso solo questo sogno scusa per la mia fantasia
giu' in platea sedie di legno
gole secche per la sete d'eroi."
Ligabue - "Marlon Brando è sempre lui" -




martedì 30 ottobre 2012

On the road

Regia: Walter Salles
Origine: Brasile, USA, Francia, UK
Anno: 2012
Durata: 124'
 



La trama (con parole mie): il giovane scrittore Sal Paradise, nel pieno del fermento creativo nato dall'esigenza di emanciparsi in una nuova epoca dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, conosce  a New York lo spirito molto libero Dean Moriarty, un ragazzo abituato a vivere fuori dai contesti e dalle regole. Con lui inizia una serie di peregrinazioni che lo porteranno a scoprire vite e realtà in tutti gli States, avanti e indietro sulla strada, conoscendo o imparando a conoscere sempre nuovi compagni di viaggio, dalla fidanzata di Dean, Marylou, all'aspirante poeta Carlo, amico di Sal invaghitosi dello stesso Dean, passando per strani personaggi come Lee.
Gli anni passati a vagabondare porranno le basi per il romanzo che Sal attende da una vita di scrivere, vedranno nascere e morire amori ed amicizie, ma soprattutto formeranno i caratteri dei due giovani, destinati prima o poi a separarsi.





Personalmente, ho sempre avuto una certa simpatia per Walter Salles: più fotografo che regista, l'autore brasiliano ha sempre sopperito alla sua incompletezza mettendo cuore e genuinità in ogni lavoro, finendo per diventare una sorta di - pur se non imprescindibile - cantore del viaggio come filosofia di vita e di crescita.
Così, dopo il buon Central do Brasil ed il coinvolgente I diari della motocicletta, Salles torna sul grande schermo prendendo spunto da uno dei Classici della Letteratura più letti ed amati del secolo scorso, quell'On the road che lanciò il mito della Beat Generation e di Jack Kerouac.
Purtroppo, però, il vagabondo Walter pare aver perso per strada - neanche a dirlo - quello che rendeva i suoi "viaggi" - e quelli degli spettatori - così sentiti e speciali: la passione.
Perchè On the road è un film girato e fotografato molto bene, in cui tutti i pezzi sono al loro posto, dagli scenari al ricchissimo cast, che non sfigurerebbe a nessun Festival con quell'aria finto wild e alternativa che normalmente manda in brodo di giuggiole una buona fetta della critica - soprattutto giovane -, eppure pare una figurina senz'anima alcuna, due ore piene che scorrono esageratamente lente per essere, di fatto, la testimonianza di tutto il bello e l'improvvisato della vita alla giornata.
Più che il manifesto della zingarata, questo on the road pare il susseguirsi di episodi più o meno uguali all'interno dei quali cambiano soltanto i personaggi che di volta in volta interagiscono con i due protagonisti che tanti aspiranti ribelli finti alternativi sognano di diventare ovviamente grazie ai soldi di mamma e papà: probabilmente, se l'avessi visto una quindicina d'anni fa - e qualcosa in più -, sarei stato più indulgente, ma ora trovo davvero al limite della sopportabilità vedere lo sfoggio di un occhio sicuramente valido perso dietro una nostalgia canaglia per gli anni in cui ci si può sentire liberi di partire e fare un pò quello che si vuole a scapito di tutti se non di se stessi ed un'aura patinata di quelle che piacciono tanto ai salotti finti "contro".
Ammetto di non ricordare nulla del romanzo che rese noto Jack Kerouac, letto - e neppure per intero - ai tempi del liceo, ma direi che la recente esperienza di Cosmopolis - pur se in misura minore - è tornata a ripetersi e di certo non rimetterò mano alle pagine del profeta beat a meno che di colpo la mia libreria non finisca svuotata da un qualche intervento alieno: questo perchè la mia sempre più acuta radicalchicrepellenza porterebbe probabilmente una cascata di bottigliate sulla testa del vecchio Jack, e di conseguenza di Salles, andando a togliere anche quel poco che insisto per salvare di una visione che pare la versione sciapa della sorpresa in positivo - pur se non memorabile - che fu The rum diary qualche mese fa.
Un peccato, dunque, a ben vedere, che tutta l'irruenza piacevole e guascona che avvolgeva le imprese della Poderosa, del futuro Che e del suo fido Alberto Granado si sia persa nei volti scavati di un gruppo di ragazzi che pare viaggiare più per noia che per voglia di scoperta, finendo per apparire turisti invece che pirati, e riducendo quello che è uno dei grandi piaceri della vita ad una semplice corsa a tappe - in macchina - da scandire con erba, sesso ed un'improvvisazione che sa soltanto di coraggio latitante di fronte alla realtà di una crescita che, prima o poi, giunge per tutti.
E da questo punto di vista il finale, forse, riesce a ritagliare il momento migliore della pellicola, raccontando la separazione tra Sal e Dean quasi fosse una presa di coscienza di quello che accade quando, pur vagabondando, si affondano le proprie origini nella "buona società" e quando no.
Ovviamente, la mia simpatia va tutta a quella negazione da strada, certamente più egoistica ma sicuramente più coraggiosa.



MrFord



"On the road again,
just can't wait to get on the road again.
the life I love is making music with my friends
and I can't wait to get on the road again.
On the road again!"
Willie Nelson - "On the road again" -


 
 

lunedì 29 ottobre 2012

James Ford Superstar

La trama (con parole mie): ed eccoci qui. Come ogni ventinove ottobre, per un giorno recensioni, interviste, Blog Wars e quant'altro vengono lasciate da parte per i festeggiamenti legati al compleanno del sottoscritto, giunto ad un giro di boa piuttosto importante, quello della dipartita di un certo rivoluzionario cavellone di un paio di millenni fa fotografato certamente meglio da De Andrè che da Mel Gibson.
Dunque accomodatevi tutti al Saloon, e bevete - almeno idealmente - al mio fianco quanto più potete.



Come sapete, qui dalle mie parti ci sono alcune ricorrenze che mi permettono di mescolare anche più del solito il Cinema alla vita: il primo maggio cerco sempre di rivedere Hong Kong Express, il solstizio d'estate è di solito la volta de Il grande Lebowski, in agosto non mi faccio mai mancare Point break, quest'anno ho sfruttato Little Miss Sunshine per annunciare la mia futura paternità, e al mio compleanno è praticamente una sorta di festa nella festa la visione de Gli spietati.
Il Capolavoro di Clint Eastwood, nonchè uno dei miei film del cuore in assoluto, scandisce di solito l'inizio dell'autunno ed una rinnovata presa di coscienza del mio amore "di pancia e di cuore" per la settima arte: momenti come il confronto tra William Munny e Kid sull'uccidere sotto quell'albero che pare un monumento ad un genere che sta per essere sepolto sono i motivi per i quali amo così tanto tuffarmi nella meraviglia del grande schermo fin da quando ero bambino.
A volte, perdendoci in quelle storie, nei personaggi, nelle vite e nelle morti, in qualche modo perdiamo - o ritroviamo - noi stessi.





E se da un lato questo duemiladodici ce la sta mettendo tutta per farmi tenere i cavalli - Peckinpah, un altro di quei motivi - e ad inizio duemilatredici potrei ritrovarmi senza un lavoro -, ci sono cose decisamente più grandi ed importanti che riescono a darmi la forza di godere dei piaceri che la vita offre ed evitare - anche se a fatica - di prendere a cazzotti - o bottigliate - gente che se lo meriterebbe, giusto per ristabilire un pò gli equilibri: devo comunque ringraziare tutte queste situazioni e personaggi così scomodi, perchè negli ultimi dodici mesi ho riscoperto un certo qual piacere nella lotta e nella Resistenza, che la parte più caotica della mia anima ha bisogno di portarsi sulle spalle per evitare di soffocarmi con tutta la sua energia.
Ma la cosa principale, ovviamente, è quella che aspettavo da tanto tempo, forse da una vita.
Parlo ovviamente del Fordino in arrivo, dell'esperienza unica che sarà crescere un figlio e cercare per lui di essere sempre presente e sempre forte abbastanza, di dargli tutto quello che potrò incondizionatamente, e provare una nuova dimensione dell'essere un Uomo.
Prima, comunque, che diventi troppo sentimentale, come ogni buon cowboy che si rispetti torno a sollevare il calice il più in alto possibile, e brindare a questo nuovo inizio e anche a voi che, di passaggio o in pianta stabile, amici e nemici, avversari e compagni, siete qui con me.


Muchas gracias,
MrFord


"Here I go again
straight up out the motel
hock my guitar out of a pawn shop jail
if I quit, I'm just rolling the dice
couldn't pass up the red beans and rice
singing
oh, my my
see them girls shake their ass
underneath the sunrise
oh, my my
taste the sugar on their lips
underneath that moonlight
well I've never met the devil with a one-eyed dog
you can lead a blind man out of Vietnam
everybody's beggin, everybody wants a chance
stuck in a storm, we'll do a rain dance."
Ryan Bingham - "Sunrise" -


domenica 28 ottobre 2012

Shooter

Regia: Antoine Fuqua
Origine: USA
Anno: 2007
Durata: 124'




La trama (con parole mie): Bob Lee Swagger, uno dei migliori cecchini del mondo, addestrato dal governo americano per entrare nell'elite dei corpi speciali, viene abbandonato a se stesso nel corso di una missione di copertura in Etiopia nel corso della quale perde la vita il suo braccio destro e migliore amico. Sopravvissuto e tornato in patria, il reduce si isola sulle montagne fino a quando il Colonnello Isaac Johnson lo contatta per un consulto a proposito di un probabile attentato al Presidente.
Swagger accetta solo per venire coinvolto, suo malgrado, in un gioco di controspionaggio che gli costa una caccia all'uomo: a quel punto, abbandonato, braccato dalle forze dell'ordine e ferito, l'ex soldato dovrà fare riferimento alla fidanzata del defunto compagno d'armi e ad un agente solerte per pianificare il suo ritorno e la vendetta ai danni delle schegge impazzite del governo colpevoli di averlo manipolato.



Avete presente quei miracolosi film di spionaggio figli della cultura "contro" targata anni settanta che inchiodavano alla poltrona dal primo all'ultimo minuto - Il giorno dello sciacallo o Tutti gli uomini del Presidente, su tutti -?
Prendeteli e, con una buona dose di tamarraggine ed una qualità autoriale - nell'approccio più che nella tecnica - minore shakerateli per bene con gli action pompati made in eighties che fecero la fortuna - e l'esaltazione - degli spettatori da quel decennio in avanti, ed avrete servito il cocktail Shooter.
Onestamente, nonostante il regista fosse il Fuqua di Training day, mi aspettavo ben poco da questo giocattolone con un Marc Wahlberg in versione Capitan America ribelle infallibile con il fucile, tutto valori di una volta, capanna in montagna, passione per le armi da fuoco ed un cane chiamato Sam: al contrario, però, sono stato ben lieto di essere piacevolmente sorpreso da una pellicola volutamente sopra le righe e prevedibilissima nel suo evolversi eppure avvincente, girata e fotografata benissimo ed assolutamente goduriosa, con una prima parte ottima ed un crescendo che, come è ovvio che sia, si fa prendere un pò la mano dal patriottismo sotterraneo e dall'azione dura e pura.
In questo senso, la scelta di Wahlberg è pressochè perfetta, complici la poca espressività ed il fisico alla John Cena dell'attore - che, comunque, per me continua ad essere troppo sottovalutato dalla critica illustre -, così come quella dei comprimari di lusso Danny Glover - per la prima volta, a mia memoria, nel ruolo del bastardo doppiogiochista - ed Elias Koteas, senza contare la più che appariscente spalla Kate Mara, già vista da queste parti in American horror story.
Per il resto la cornice pare quella di un episodio di 24, con il protagonista destinato a spaccare i culi a tutti quelli che gli hanno pestato i piedi - solo un pò meno reazionario del cattivissimo Jack Bauer - ed una corsa contro il tempo continua nella migliore tradizione dell'eroe solitario made in USA, in questo caso - merito del regista? - spinto da una certa quale pulsione "rivoluzionaria" che dalle frecciate all'amministrazione Bush nel dialogo tra Swagger e Johnson alla t-shirt con l'immagine del Che indossata dall'agente dell'FBI interpretato da Michael Pena pare non risparmiarsi, pur se sottovoce, critiche al sistema politico statunitense ed al suo approccio "abbiamo trovato tracce di armi di distruzione di massa, quindi andiamo lì e facciamo tabula rasa".
Il vero peccato sta nel fatto che ad una prima parte convincente e ben ritmata succede una seconda decisamente più votata all'implausibilità della trama, salvata solo in parte da un finale giustizialista ma estremamente ribelle - e torniamo al discorso di fondo rispetto alla pellicola -, con l'incontro tra il senatore che ha orchestrato il tutto ed il buon Swagger sempre più incazzatonei confronti di chi si approfitta di potere e denaro quando dovrebbe fare esclusivamente gli interessi del Paese - quanto mi divertono queste sviolinate a stelle e strisce! - e della sua gente - cosa che, a ben guardare, risulta attuale in molte parti del mondo, Terra dei cachi compresa -.
Un intrattenimento, dunque, di grana grossa e gran retorica ma anche di mestiere notevole, coinvolgente ed efficace come pochi altri prodotti anche più noti figli dell'action votata al gasamento - passatemi il termine molto, molto tamarro - dell'audience: i fan della saga del già citato Bauer, così come gli appassionati del genere, troveranno assolutamente pane per i loro denti.
Per tutti gli altri, che dire!?
Attenzione, perchè io uno come Swagger non ci terrei troppo a farlo incazzare.


MrFord


"Then even louder we got shooters, shooter
I turn around, I was starin' at chrome
shotgun watches door, got security good
jumped right over counter
pointed gun at, wink, he tell her
I'm your shooter, shooter, shooter."
Lil' Wayne - "Shooter"-


sabato 27 ottobre 2012

Cold Case - Stagione 7

Produzione: CBS
Origine: USA
Anno: 2010
Episodi: 22




La trama (con parole mie):  i detectives della sezione delitti irrisolti della Omicidi di Philadelphia stanno attraversando un periodo complicato. 
Lily Rush, storica investigatrice del gruppo, è in apprensione per un sospettato che alla fine della stagione precedente tentò di ucciderla rimesso in libertà da un giudice connivente, Scottie Valens scopre che sua madre nasconde un segreto, Nick Vera accusa problemi di salute che cerca di nascondere ai colleghi, Kat Miller deve fronteggiare il ritorno del padre di sua figlia, mentre Will Jeffries ed il capo del gruppo John Stillman dovranno fare i conti con i giochi di potere del nuovo Capo della Polizia.
Accanto alle loro vicende personali, i consueti casi che sono chiamati a risolvere, e che faranno tornare indietro fino ai tempi della Seconda Guerra Mondiale o a situazioni risalenti ad un paio d'anni prima.





E così, una delle prime serie che fecero capolino in casa Ford quando io e Julez andammo a vivere insieme è giunta alla conclusione.
Dovrebbe esserci almeno un pò di malinconia, a condire situazioni come questa - penso al vuoto lasciato dall'ultimo episodio di Lost, forse la serie più importante della mia vita, o alle lacrime spese per la chiusura incredibile di Six feet under -, e invece il serial che ha portato sui nostri schermi Lily Rush e i suoi colleghi ci ha salutato senza colpo ferire: in fondo, pur essendo un prodotto molto ben confezionato, occorre infatti ammettere la natura di intrattenimento puro e semplice che ha sempre mantenuto, stagione dopo stagione, arrivando addirittura quasi ad annoiare, lo scorso anno.
Curioso quanto, in questo senso, l'annata di chiusura sia stata decisamente superiore alle due che l'hanno preceduta, dando uno spazio ben maggiore all'approfondimento delle vicende personali dei protagonisti, forse l'aspetto che più era mancato a questo titolo fin dal principio.
In particolare, le vicissitudini ed il vacillare della Rush e le azioni di Valens per vendicare la madre - una cosa che avrebbe fatto sfregare le mani a Vic Mackie e alla sua Squadra d'assalto in The Shield - sono riuscite a dare quel pizzico di brivido in più ad una serie che, effettivamente, ormai aveva poco da dire perfino in quello che è stato uno dei suoi punti di forza da sempre, ovvero l'utilizzo di una colonna sonora spesso e volentieri memorabile.
Anche gli stessi casi affrontati dagli investigatori trovano una certa riscossa, quasi una risposta alla prevedibilità proposta con il passare del tempo - ricordo che, in tutta la sesta tornata, Julez mancò il colpevole solo in un'occasione, a volte centrandolo dopo tre o quattro minuti di visione -, finendo per proporre alternative nuove al consueto plot omicidio-sospettati-soluzione, ed inserendo episodi di concorsi di colpa ed addirittura un suicida ed un serial killer.
Probabilmente, però, nonostante la ripresa, effettivamente Cold case non aveva più molto da aggiungere al saturo panorama del piccolo schermo - nonostante io l'abbia sempre ritenuto migliore del commercialissimo CSI, ed il fratellino ufficiale di Criminal minds -, e a conti fatti trovo sia stato giusto porre la parola fine sulle vicende della squadra omicidi irrisolti di Philadelphia: buona, comunque, l'idea di giocarsi la carta di un possibile passaggio di Lily all'FBI - cosa che aprirebbe le porte ad uno spin off ambientato in tutti gli States -, mentre meno azzeccata la scelta del finale completamente aperto tipico dei titoli chiusi anzitempo - ricordo gli indecenti finali di Dirty, sexy, money e Flashforward, giusto per citarne un paio -.
Tra gli episodi, posso dire di essere rimasto colpito da quello ambientato nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, incentrato sulle figure delle prime donne aviatrici, e quello legato al mondo del circo, con una soundtrack d'eccezione tutta legata ai pezzi dei Doors ed un duo di protagonisti mitici, che i vecchi fan di Twin Peaks potranno riconoscere nel nano che parlava al contrario e nel gigante dei sogni di Cooper.
Il resto scivola via con piacere, come sempre, e merita senza dubbio, dopo tanti anni, tutto il mio apprezzamento ed anche un certo affetto che, nonostante la mancanza di un "vuoto" legato alla sua conclusione, si è consolidato per le storie raccontate da un prodotto solido ed affidabile, in grado di soddisfare i fan delle crime stories così come il pubblico occasionale come uno di quegli albi a fumetti che, anche dopo anni, continuano ad essere sfogliati con piacere da chi li ha conosciuti da vicino, e che poi finisce inevitabilmente per consigliarli ad amici, figli, colleghi e quant'altro.
In questo senso, Cold case ha fatto la sua storia, e l'ha conclusa a testa alta.
Dovesse ricapitarmi di trovarlo in tv - le poche volte che la guardo - o, un giorno, di fare il nostalgico come fanno ora i fan del Tenente Colombo con il fordino che starà crescendo, di certo non mi tirerò indietro all'idea di concedergli ancora uno sguardo.
In fondo, anche i casi più "freddi" non restano tali per sempre.



MrFord



"Shattered, shattered
love and hope and sex and dreams
are still surviving on the street
look at me, I'm in tatters!
I'm a shattered
shattered."
The Rolling Stones - "Shattered" -


 

venerdì 26 ottobre 2012

Chi ha incastrato Roger Rabbit

Regia: Robert Zemeckis
Origine: USA
Anno: 1988
Durata:
104'




La trama (con parole mie):  siamo nella Los Angeles del 1947, ed Eddie Valiant, ex poliziotto e detective privato specializzato in sbornie che fu paladino dei personaggi dei cartoni animati fino alla morte del fratello Theodore, avvenuta qualche anno prima, è ingaggiato da Maroon, proprietario degli Studios per i quali lavora la star Roger Rabbit, per fotografare l'avvenente moglie del coniglio in atteggiamenti intimi con Marvin Acme, l'uomo che possiede la mitica Cartoonia.
Quando quest'ultimo viene fatto fuori e la colpa ricade su Roger, Eddie si ritroverà al centro di un intrigo che prevede tradimenti, speculazioni edilizie, soldi e morte, e l'unica via di salvezza per lui sarà mettere la bottiglia da parte per tornare a fare quello che l'aveva reso famoso, cercando di portare a casa la pelle che le numerose parti in causa e lo spietato giudice Morton vorrebbero fargli.




Ricordo la prima volta che vidi Roger Rabbit: era l'inverno del 1988, una domenica pomeriggio, e la mia zia più giovane - che allora poteva avere qualche anno meno di me oggi - venne a Milano per una delle nostre consuete gite del weekend che spesso e volentieri finivano con visione in sala seguita da abbuffata di patate fritte da Burghy - per chi ancora ne ha memoria -.
Rimasi letteralmente folgorato: attori in carne ed ossa comparivano fianco a fianco ai personaggi dei cartoni animati, l'intrigo pareva quello di un film "da grandi", si rideva e si tratteneva il fiato in egual misura, e soprattutto, Baby Herman e Roger Rabbit valevano il prezzo del biglietto fin dalla strepitosa apertura.
Sono passati quasi due decenni da quel momento, e non conto le volte in cui sugli schermi di casa Ford è passata questa meraviglia firmata Robert Zemeckis: lo stupore e la folgorazione sono rimasti gli stessi, e continuo ad essere convinto che si tratti di uno dei migliori prodotti che il genere - e parlo sia di animazione, sia di noir - abbia conosciuto nella storia recente della settima arte.
Ambientazione perfetta, effetti speciali prodigiosi - parliamo del 1988, un'epoca in cui l'uso della computer graphic era ancora una sorta di miraggio -, una sceneggiatura che omaggiò i romanzi di Chandler e Spillane così come Capolavori quali Il mistero del falco o Il grande sonno, una galleria di personaggi perfetta ed una trama avvincente e ben ritmata: non c'è un ingranaggio che non funzioni in questa macchina in grado di mettere d'accordo grandi e piccini, critica e pubblico, appassionati dei classici dell'animazione così come di detective stories.
E se l'Eddie Valiant interpretato da Bob Hoskins è il detective per eccellenza che ci si aspetterebbe - triste, solo, outsider, dedito all'alcool -, Roger Rabbit è una vera e propria rivelazione: un personaggio irresistibile, dalla carica comica pazzesca - il suo arrivo a casa dell'investigatore e le manette sfilate mi fanno ancora oggi sbellicare dalle risate - e dalla dolcezza clamorosa, spalleggiato da due compari indimenticabili - Baby Herman, "con le voglie di un cinquantenne e il pisellino di tre anni", e Benny il taxi - e soprattutto da una partner assolutamente perfetta, il charachter che, in parte, fu responsabile del successo della pellicola nonchè l'indiscusso sex symbol numero uno del mondo dei cartoni: Jessica.
La compagna di Roger, tra curve mozzafiato ed una voce da solista jazz, è il primo personaggio del genere - "non sono cattiva, è che mi disegnano così", una sua celebre battuta - a sprizzare sensualità da ogni poro, una sorta di versione matita e colore di Rita Heyworth con il piglio ammiccante della "modernità" come se non bastasse resa ancora più profonda da alcune battute disseminate all'interno della pellicola, dallo scambio con Valiant sul valore come amante di Roger al pensiero di Betty Boop, che giudica Jessica "una ragazza fortunata" proprio in quanto moglie del maldestro coniglio Roger.
Le sequenze da citare, comunque, sarebbero decine, anche perchè fino ad ora non ho dato alcuno spazio al perfido giudice interpretato da Christopher Lloyd e alle esilaranti faine al suo servizio, al Club Inchiosto e tempera con il suo particolare whisky on the rocks o alla camaleontica Cartoonia, per non parlare della terribile salamoia - unica sostanza a poter uccidere un cartone -, della "farfallina" e delle reazioni di Roger al bourbon. 
Ma, come per altri supercult di qualità enorme, in quel caso non si smetterebbe praticamente mai di andare avanti con intere sequenze citate a memoria.
Resta impresso nel cuore e nella mente un titolo splendido, senza dubbio una pietra miliare per il Cinema: e più che domandarsi come mai la stessa tecnica non sia praticamente più stata utilizzata per operazioni simili, viene da chiedersi dove sia finita la meraviglia che rese un noir d'autore fruibile ed avvincente anche agli occhi di un bambino di nove anni che, nel pieno della Milano da bere, non riusciva ancora a cogliere la frecciata rivolta al protagonista "in carne ed ossa" della pellicola da parte dei detectives della polizia: "Ma tu non eri Eddie Valiant? O adesso ti fai chiamare Jack Daniels?".
Ora quella battuta la capisco bene, conosco il genere ed il Cinema, e sicuramente non sono più quel bambino timido in giro per mano con la zia figa.
Eppure il senso di meraviglia quando Chi ha incastrato Roger Rabbit mi passa davanti è come un'onda lunga che non vuole saperne di raggiungere la spiaggia per spegnersi lentamente.


MrFord


"Get out of here,
get me some money too.
You're sittin down and wonderin what it's all about.
If you ain't got no money, they will put you out.
why don't you do right,
like some other men do?"
Jessica Rabbit - "Why don't you do right" -


giovedì 25 ottobre 2012

Thursday's child

La trama (con parole mie): quello che si prospetta in sala è il più classico dei weekend per tutti i gusti. Avremo uno dei potenziali film dell'anno, due titoli che potrebbero essere piacevoli sorprese così come bersagli per bottigliate, il consueto film horror di infimo livello ed il consueto film italiano di livello ancora più infimo e le castronerie che il Cannibale continua imperterrito a propinare alla blogosfera tutta nonostante la mia continua Resistenza.
Almeno non mancheranno le opzioni, nonostante la parola d'ordine del sottoscritto questa settimana continui ad essere "recuperate a tutti i costi quella figata di Killer Joe".


Ford e Cannibale ad uno dei loro raduni di wrestlers underground.

Le belve di Oliver Stone


Il consiglio di Cannibal: le belve di Stone ci piacciono, quella belva di Ford no!
Oliver Stone non è sempre garanzia di capolavoro, però è sempre garanzia di pellicola quanto meno interessante. E qui sembra tornare sui sentieri maligni di Natural Born Killers, il suo film che personalmente preferisco. Super cool poi il cast in cui tra i tanti svettano la gossip girl Blake Lively e il kick ass Aaron Johnson.
In più, è tratto da un romanzo di Don Winslow che mi pare non avesse convinto molto il mio blogger rivale Ford. Il che non può che giocare a favore della pellicola!
Il consiglio di Ford: poco fumo e tanta erba!
Partiamo dal principio: io adoro Don Winslow, ed alcuni dei suoi romanzi sono tra i miei preferiti in assoluto nell'ambito del crime novel. Purtroppo, Le belve è stato il suo lavoro che meno ho amato: troppo spocchioso e palaniukiano, autocelebrativo e finto giovane. Ed ecco che non faccio neppure in tempo a bottigliarlo che Stone ci piazza un film con uno dei fordiani nascenti - Taylor Kitsch, il Riggins di Friday Night Lights - che potrebbe diventare la proposta tamarra del mese.
Non nutro grandissima fiducia, e sento già i finti saputelli del Cinema che lo bolleranno come un cult imperdibile, ma di sicuro in settimana non si troverà di meglio. A meno che non corriate a rivedervi Killer Joe.

"Ford, ti prego, smetti di leggere le cazzate che scrive il Cannibale e torna a letto!"
Io e te di Bernardo Bertolucci



Il consiglio di Cannibal: io e te, Ford. Non saremo mai amici.
Una pellicola teen firmata da un regista ultrasettantenne? Bernardo Bertolucci fa il ggiovane con questo Io e te, film che ha già scatenato entusiasmi e qualche critica. A quasi dieci anni dal suo ultimo piuttosto riuscito, seppure non un cult assoluto, The Dreamers, Bertolucci mi ispira fiducia. In fondo, è pure lui un po’ come Oliver Stone, capace di fare pellicole più o meno riuscite, ma che se non altro difficilmente lasciano indifferenti.
Io e te, Ford?
Non esiste nessun “io e te”. Esiste modestamente un Dio, cioè io, e poi, a parte, esiste un te, che se ne sta per i cavolacci suoi.
Il consiglio di Ford: io e te, Cannibale, non possiamo essere uniti in amicizia neppure da Bertolucci!
Il ritorno in sala di uno dei grandi Maestri del nostro Cinema dovrebbe da solo valere il biglietto ed il consiglio a scatola chiusa. Purtroppo, però, con il tempo ho imparato a diffidare di Bertolucci quasi quanto io diffidi dei consigli cinefili del Cannibale, considerata la delusione e le bottigliate scatenate da alcuni suoi lavori universalmente riconosciuti come filmoni - Io ballo da sola o Piccolo Buddha, tanto per citarne un paio -. Considerato che sono ancora in arretrato con Garrone, Virzì, Ciprì e Bellocchio, questo passa in quarta fila. Per essere buoni.

"Certo Ford, esco volentieri con te: sono chiusa in casa con il Cucciolo Eroico e mi sto annoiando a morte!"
Amour di Michael Haneke


Il consiglio di Cannibal: amour. Per Ford? Ma no, per Haneke!
Michael Haneke, regista bastardissimo quanto geniale, alle prese con un film d’amore?
Ne potrebbe venire vuori qualcosa di davvero particolare e inaspettato, un po’ come Cannibal alle prese con un action, o Mr. Ford alle prese con un bel film.
Dopo quel capolavoro de Il nastro bianco, le aspettative per la Palma d’Oro di Cannes 2012 sono alte, altissime, anche se, certo, la storia d’amore tra due vecchini sa più di fordianata che di roba per fine young cannibals.
E comunque arriverà nelle solite 2 sale in croce in tutta Italia e quindi ci toccherà aspettare l’arrivo in rete… pardon, l’uscita in DVD.
Il consiglio di Ford: un amour di film, finalmente!
Haneke. Ovvero Funny games, Il tempo dei lupi, Niente da nascondere, Il nastro bianco. Questo è il suo nuovo film. Ha vinto la Palma d'oro all'ultimo Festival di Cannes. Se ve lo perdete, giuro che appena mi capitate sotto mano vi pesto più di quanto pesterei Suocera Kid. E voi tutti sapete bene quanto lo pesterei.

"Il copione che Ford ha scritto per lo spettacolo di fine anno della casa di riposo è davvero una bomba!"
The Possession di Ole Bornedal


Il consiglio di Cannibal: ne conosco già uno, di tipo vittima di una Possession, e mi basta
Filmettino horror della settimana, che in periodo halloweenesco potrebbe suscitare anche una certa curiosità, ma che con grande probabilità si rivelerà la solita schifezzina buona giusta per i palati meno raffinati e più fordiani.
Se voglio passare un Halloween davvero terrorizzante poi, non c’è film che valga quanto un giro dalle parti di WhiteRussian.
Buah ah ah!
Il consiglio di Ford: tenete il Cannibale chiuso nella scatola!
Horror di matrice demoniaca che mi attrae quasi meno di quell'abominio di L'altra faccia del diavolo, e che può essere finirò per guardare giusto per avere l'ennesimo possibile candidato per la classifica del peggio dell'anno che si avvicina a grandi passi con il Nachele. Una robetta, comunque, che farà cagare sotto il mio antagonista dal cuore deboluccio ma che, probabilmente, nel sottoscritto susciterà soltanto grasse risate.

"Cannibale, in nome di dio, esci da questo corpo!"
Alla ricerca di Nemo di Andrew Stanton


Il consiglio di Ford: basta, basta, basta con le riedizioni in 3D. Cazzo.
Come tutti voi ben sapete, adoro la Pixar e la quasi totalità della sua produzione. Nemo è uno dei titoli di maggior successo degli ormai mitici e suddetti Studios, e pur non essendo tra i miei più amati è sempre
riuscito a conquistarmi. Ma davvero, non voglio più vedere un film già visto in sala giusto per
spremere ancora un pò i poveri cristi costretti a portare i bambini a rimbambirsi con il 3D.
Davvero. Che queste operazioni siano messe fuorilegge.
Il consiglio di Cannibal: alla ricerca del cervello di Ford
Io queste riedizioni in 3D eviterei persino di commentarle, ma bimboFord ci tiene proprio e quindi mettiamo pure queste tra le uscite della settimane…
Alla ricerca di Nemo è tra i film più carini della ruffianissima Pixar, ma certo non è un capolavoro. Rifare uscire una pellicola così recente solo per scucire qualche soldo col treddì è poi un’operazione che ormai non riesce a fregare nemmeno i più ingenui come Ford. Capito, Pixar?

"Cucciolo, un giorno o l'altro dovrai pur deciderti a fare un giro fuori dal tuo acquario!"
Viva l’Italia di Massimiliano Bruno


Il consiglio di Cannibal: abbasso l’Italia
Ci sono quelli che si vantano di essere nazionalisti e io invece no.
Io sono antinazionalista e antifordista. Soprattutto antifordista.
Ford invece non so se sia antinazionalista, ma di sicuro so che è anticinema.
Dopo un (presumibilmente) classico horrorino poco horrorifico come The Possession, ecco che Viva l’Italia potrebbe rivelarsi la classica italiana molto horrorifica. La classica commediola poco divertente con per di più pretese di satira socio-politica sul nostro paese. La presenza di Ambra Angiolini nel cast fa pensare al peggio, però il regista Massimiliano Bruno con la sua opera prima Nessuno mi può giudicare (http://pensiericannibali.blogspot.it/2011/09/nessuno-ti-puo-giudicare-tranne-me.html)
aveva fatto un film non bello, assolutamente no, ma (quasi) decente. Chissà se riuscirà a ripetere l’impresa, perché fare un film italiano decente ormai è una vera impresa. Quasi come trovare una soluzione alla crisi.
Economica?
No, del blog WhiteRussian. Sono settimane che non azzecca più un post decente…
Il consiglio di Ford: viva l'Italia, se per una settimana evita di proporci schifezze nostrane in sala.
Sarebbe stato davvero molto strano incappare in un weekend privo della consueta uscita inutile made in Terra dei cachi. Questa, in particolare, pare talmente tanto inutile da farmi rivalutare il valore del mio avversario, il non plus ultra dell'inutilità Cucciolo eroico. Comicità spicciola, Placido scatenato, politica o presunta tale, e Rocco Papaleo. Basta parte seconda. Mettiamo fuorilegge anche lui.

"E così Ford mi odia più del Cannibale!? E io protesto!"

 
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