martedì 31 dicembre 2013

Ford Awards 2013: i film (N°10-1)

La trama (con parole mie): finalmente ci siamo. La top 10 del Saloon riferita ai titoli usciti in sala nel corso di questo ormai agli sgoccioli duemilatredici è qui, pronta a fare bella mostra di sè: come di consueto mancano alcuni film che purtroppo non sono ancora riuscito a recuperare - Blue Jasmine e La vita di Adele su tutti -, e la scelta è stata decisamente più ardua rispetto agli anni scorsi, considerato che il mio vero favorito, Mud, non è uscito dalle parti della Terra dei cachi, limitandosi dunque a vincere il premio come miglior film non distribuito.
Ma ora bando alle ciance e via all'ultima decina, che rivelerà l'erede di Killer Joe, Drive ed Inception, i vincitori degli ultimi anni.


N°10: SEARCHING FOR SUGAR MAN di MALIK BENJELLOUL


Il documentario numero uno del duemilatredici ed il primo film della top ten fordiana è un viaggio nel cuore e nella musica di uno dei più incredibili songwriters che gli USA abbiano regalato al rock, nonchè uno dei meno conosciuti: leggenda o realtà, la vicenda di Sixto Rodriguez è qualcosa che va oltre la Frontiera, il Tempo ed il Cinema, e rappresenta al meglio la più grande sfida di sempre.
Quella della vita.

N°9: LA FINE DEL MONDO di EDGAR WRIGHT


La spettacolare chiusura dell'altrettanto spettacolare Trilogia del Cornetto è un cocktail esplosivo di ironia, azione, ritmo ed una malinconia da fine delle vacanze e tempo che passa al limite dello struggente.
Edgar Wright ed i suoi fidi Simon Pegg e Nick Frost non potevano confezionare un addio migliore, lasciando un vuoto forse incolmabile nel cuore dei fan che continueranno a volerli insieme come fu per questi tre film uno più straordinario dell'altro.

N°8: RUSH di RON HOWARD


Come Moneyball lo scorso anno, anche a questo giro di giostra una pellicola a sfondo sportivo giunge fino alla top ten: firmato dall'artigiano Ron Howard, Rush riesce nella non facile impresa di trasformare la Formula Uno - uno degli sporti più amati ed al contempo detestati di sempre - in un'epica sfida tra uomini pronti a correre sul sottile filo che passa tra la vita e la morte ispirandosi ad una delle sue sfide più intense, che vide contrapposti il calcolatore Lauda e l'arrembante Hunt.
Riprese da manuale, un crescendo tesissimo ed un finale da fare invidia a Michael Mann.
Dritto al massimo senza voltarsi indietro.
 
N°7: PRISONERS di DENIS VILLENEUVE


Villeneuve, che nel corso delle ultime stagioni era riuscito a stupirmi in più di un'occasione, non perde il suo smalto neppure con la prima volta tra le fauci di una produzione da grandi studios ed attori più che noti: trasformando Wolverine Jackman in un cavallo di razza e stimolando Jake Gyllenhaal a compiere un'ulteriore evoluzione il regista canadese confeziona il thriller dell'anno ed una delle pellicole più toste dai tempi di Mystic river, un concentrato di violenza, amarezza e, paradossalmente, speranza, come raramente il Cinema ha saputo raccontare.

N°6: IL LATO POSITIVO di DAVID O. RUSSELL


Giunto in sordina sugli schermi del Saloon, l'ultimo lavoro di David O. Russell si è rivelato, di fatto, il titolo indie del duemilatredici, nonchè definitivo trampolino di lancio per la splendida e bravissima Jennifer Lawrence, sempre più la numero uno tra le preferite fordiane.
La storia d'amore scombinata e disfunzionale tra i due protagonisti, in bilico tra scontri e passione, cervello e pancia, è senza dubbio la più interessante che abbia potuto vivere su uno schermo nel passato recente, e le cicatrici di questi due ragazzi feriti dalla vita pronti a curarsi l'un l'altro senza risparmiarsi un colpo hanno riportato alla mente del sottoscritto le origini della storia con Julez.
Che vuol dire aver fatto centro.

N°5: LA GRANDE BELLEZZA di PAOLO SORRENTINO


Il Cinema italiano, ormai è cosa risaputa, non gode affatto di buona salute. Le proposte davvero interessanti latitano, soffocate da un oceano di merda molto poco d'autore che invade le sale settimane dopo settimana.
Eppure, nel pieno di questa desolazione, assistiamo anche a miracoli come La grande bellezza, titolo che riporta Sorrentino non solo entro i confini nazionali, ma anche alla potenza delle sue opere migliori, nonchè ad una surreale atmosfera che soltanto i grandi riescono a non rendere ridicola.
La dolce vita incontra il nuovo millennio tra le rovine dell'impero che fu.

N°4: SPRING BREAKERS di HARMONY KORINE


Contestato, odiato, detestato, il film forse più controverso della blogosfera di questo duemilatredici arriva davvero ad un soffio dalla top three: l'opera di Korine, a metà tra la visionarietà del Malick buono e la voglia di osare del Van Sant di Drugstore cowboy è un ritratto delle generazioni che, una dopo l'altra, si succedono lottando inevitabilmente l'una contro l'altra, così come dei destini diversi che le diverse classi sociali riserveranno ai loro figli.
Un film assolutamente cult, che non mi stancherò mai e poi mai di difendere e del quale continuerò a ribadire la grandezza, a costo di schierarmi fianco a fianco con il Cannibale.

N°3: DJANGO UNCHAINED di QUENTIN TARANTINO


Tarantino è sempre Tarantino.
Non c'è verso, il ragazzaccio di Knoxville, forte del grandissimo lavoro fatto con Bastardi senza gloria, torna a mostrare tutto il suo citazionista, folle, ridondante fascino rileggendo da par suo il Western e la drammatica storia della schiavitù negli USA.
In un certo senso, Il colore viola in versione pulp.
Sangue, violenza, ironia, sequenze da antologia ed uno dei Di Caprio più grandi di tutta la carriera, sua e di numerosi altri attori.
Definitivo.

N°2: ZERO DARK THIRTY di KATHRYN BIGELOW


Kathryn Bigelow, la regista più cazzuta del panorama mondiale, confeziona la sua opera più complessa e matura, un saggio di tecnica, sangue freddo, capacità di narrazione e respiro ampio come se Robert Altman incontrasse Michael Mann.
Personaggi gestiti come pedine su una scacchiera, passaggi da bocca aperta - l'attentato all'abergo -, una protagonista memorabile ed un finale da fiato sospeso, quaranta minuti in apnea tra il verde incantesimo dei visori notturni e la pancia di una balena dell'aria rimasta vuota anche di fronte ad una "vittoria".

N°1: RE DELLA TERRA SELVAGGIA di BENH ZEITLIN


Ed eccolo, il trionfatore dei Ford Awards 2013.
Pur se di pochissimo su Zero Dark Thirty, Re della terra selvaggia guadagna il gradino più alto del podio grazie alla magia della sua piccola, incredibile protagonista, della poesia nascosta tra le pieghe della Realtà e nell'immaginario da favola che vede un mondo sull'orlo dell'inabissamento ritrovare se stesso - forse - nel coraggio di una bimba pronta ad affrontare le bestie più antiche del mondo.
Re della terra selvaggia è un incantesimo, ed il vecchio cowboy ci è caduto con tutti gli stivali.
Ed è stato davvero un meraviglioso precipitare. Neanche fossi una cometa tra le mani di Hushpuppy.


MrFord


I PREMI


Miglior regia: Kathryn Bigelow per Zero Dark Thirty

Miglior attore: Leonardo Di Caprio per Django Unchained

Miglior attrice: Jennifer Lawrence per Il lato positivo

Scena cult: Hushpuppy che fronteggia gli Aurochs, Re della terra selvaggia

Miglior colonna sonora: Searching for Sugar Man

Premio "leggenda fordiana": Sixto Rodriguez, Searching for Sugar Man

Oggetto di culto: il Cornetto, La fine del mondo

Premio metamorfosi: Hugh Jackman da Wolverine ad attore consumato, Prisoners

Premio "start the party": l'infarto del cinese, La grande bellezza

Premio "be there": i sogni estatici e dai colori saturi, Spring Breakers


lunedì 30 dicembre 2013

Ford Awards 2013: i film (N°20-11)

La trama (con parole mie): ci avviciniamo alla vetta ed alla resa dei conti che condurrà al vincitore del Ford Award 2013 come miglior film, entrando in una top 20 che, seppur priva di un vincitore sicuro come nelle ultime due edizioni, ha visto battersi tutti i titoli presenti fino all'ultimo, lottanto posizione su posizione. In particolare la decina di oggi riunisce grandissima qualità e varietà di generi, nonchè una dose di emozioni che non avrebbe affatto sfigurato neppure in una top 10.


N°20: FRANKENWEENIE di TIM BURTON


Tim Burton torna a fare il Tim Burton maneggiando la materia che meglio riesce a plasmare, tirando fuori dal cilindro una piccola meraviglia pescata da un vecchio lavoro risalente ai tempi della sua collaborazione con la Disney.
Non sarà Nightmare Before Christmas, eppure Frankenweenie riesce a far tirare un sospiro di sollievo a tutti i fan del vecchio Tim, neanche si fosse tornati ai tempi magici di Edward mani di forbice.

N°19: A ROYAL AFFAIR di NIKOLAJ ARCEL


La sorpresa dell'ultima edizione degli Academy per la categoria del miglior film straniero: un intrigo avvincente, interpreti in grande spolvero, una riflessione sul potere che logora chi ce l'ha e chi no ed un piglio che pare una via di mezzo tra Barry Lyndon e Le relazioni pericolose.
Questo regista praticamente venuto dal nulla farà presto parlare di nuovo di sè, se continuerà a proporre piccole meraviglie come questa.

N°18: WOLF CHILDREN di MAMORU HOSODA


In un anno davvero terribile per l'animazione, orfana di proposte davvero interessanti, il lavoro di Hosoda - già noto per cose pregevoli come La ragazza che saltava nel tempo - raccoglie il testimone di Miyazaki rappresentando il meglio che il Sol Levante riesce ancora a proporre quando si tratta di "cartoni animati": una fiaba di formazione dalle atmosfere che rimandano dritte a Totoro poggiata sulle spalle di una Famiglia unica e su una delle figure materne più intense del Cinema recente.

N°17: NELLA CASA di FRANCOIS OZON


Francois Ozon, regista molto radical chic eppure da sempre amato dalle parti di casa Ford, stupisce ancora una volta raccontando un dramma borghese in uno splendido stile teatrale per uno dei titoli più riusciti che i nostri cugini francesi abbiano confezionato in quello che, probabilmente, sarà l'inizio della loro parabola discendente dopo le ultime, incantate stagioni.
Un film che è un gioiello di intelligenza, arguzia e tecnica.

N°16: BEHIND THE CANDELABRA di STEVEN SODERBERGH


Un Michael Douglas monumentale porta sullo schermo Liberace, pianista e showman che fu una delle icone più influenti ed importanti dello showbiz a stelle e strisce a cavallo tra gli anni settanta ed ottanta: una storia d'amore ed un dramma di solitudine che mostrano tutte le ombre che finiscono per accumularsi anche alla luce della ribalta più straordinaria.
Una parabola discendente sul potere dello spettacolo come poche altre se ne sono viste nel passato recente.

N°15: THE MASTER di PAUL THOMAS ANDERSON


Reso grande dalla consueta, strabordante regia e da due interpretazioni titaniche, l'ultimo lavoro di Paul Thomas Anderson non è riuscito forse ad essere memorabile come avrebbe voluto, reso ostico da un'eccessiva monumentalità e da una non facile interpretazione, eppure una volta sedimentato nel profondo rappresenta senza dubbio una delle esperienze più incredibili che uno spettatore possa chiedere al suo duemilatredici.
Un film da sudarsi dal primo all'ultimo fotogramma.

N°14: BEFORE MIDNIGHT di RICHARD LINKLATER


Richard Linklater chiude (?) la sua trilogia sull'amore con la più intensa e matura delle sue opere: Ethan Hawke e Julie Delphy si confrontano con i loro anni ed il tempo che è trascorso, portando in scena un botta e risposta di dialoghi da manuale pronti a culminare con un confronto finale che è poesia e drammatica realtà per ogni coppia che lotta ogni giorno per il suo amore.
Se deve esserci un titolo "romantico" per quest'anno sulla via del tramonto, eccolo qui, giunto attorno a mezzanotte.

N°13: IL GRANDE GATSBY di BAZ LUHRMANN


Alle spalle la delusione di Australia, Baz Luhrmann si confronta con un Classico della Letteratura USA tornando ai fasti di Moulin rouge, e regalando a Leonardo Di Caprio la prima delle sue due incredibili performance attoriali di quest'anno: Gatsby e la sua New York di eccessi e luci nella nebbia, parabola che ricorda quella del Kane di Quarto potere e dello Hughes di The aviator è una gioia per gli occhi ed un turbamento per il cuore, una tragedia quasi shakespeariana costruita come uno spettacolo da circo. Praticamente, un colpo di fulmine.

N°12: NOI SIAMO INFINITO di STEPHEN CHBOSKY


Ed ecco un titolo soltanto per un soffio non inserito nella top ten, un racconto di formazione che ha saputo risvegliare antichi ricordi dei tempi in cui il vecchio Ford era un adolescente timido ed introverso, una bomba emotiva che ho impiegato giorni e giorni ad assorbire nella sua dirompente carica esplosiva.
Interpreti perfetti, una storia tanto reale quanto magica, tutti i dolori della crescita e tutta la voglia di affrontarli per arrivare, un giorno o l'altro, a godersi il resto della vita.

N°11: QUESTIONE DI TEMPO di RICHARD CURTIS


Giunto sugli schermi del Saloon spinto da un paio di fidate recensioni positive, Questione di tempo è riuscito a spiazzare e sorprendere il sottoscritto passando rapidamente dalla stralunata commedia romantica in stile Ruby Sparks ad uno dei migliori ritratti del rapporto tra padre e figlio passati in sala dai tempi di Beginners.
Raramente mi capita di commuovermi davanti ad un film, ma sarà stato il numero dei gin tonic, sarà stata la fresca paternità, ma con il finale di Questione di tempo ho versato un vero e proprio tsunami di lacrime.


TO BE CONTINUED...


MrFord

domenica 29 dicembre 2013

Ford Awards 2013: i film (N°30-21)

La trama (con parole mie): prosegue la cavalcata inesorabile verso le posizioni più alte della classifica dei migliori film del duemilatredici usciti in sala, con una decina di tutto rispetto che unisce agli effettoni dei grandi blockbuster d'autore più di un'irruzione nel Cinema d'essai più sfrenato. Autori con la A maiuscola che, in passato, sono riusciti ad ottenere anche posizioni decisamente più alte in occasione dei Ford Awards.


N°30: HITCHCOCK di SACHA GERVASI


Cominciamo questa seconda carrellata con una piccola chicca made in UK interpretata benissimo, girata con grande rispetto di un Maestro del Cinema e decisamente interessante nei risvolti umani che porta sullo schermo: un titolo che gli amanti di Hitchcock e della settima arte non possono farsi scappare, ma anche una possibilità per chi non mastica troppa autorialità di confrontarsi con un vero mostro sacro.

N°29: FACCIAMOLA FINITA di EVAN GOLDBERG e SETH ROGEN


Uno dei due grandi cult della commedia passati sul grande schermo nel duemilatredici è un sopra le righe, sguaiatissimo e sboccato calderone di metacinema ed autoironia divertentissimo dall'inizio alla fine, talmente trash da rasentare la genialità - un pò come l'apparizione fugace di Channing Tatum -.
Hollywood prende per il culo Hollywood. E alla grande.

N°28: LO HOBBIT - LA DESOLAZIONE DI SMAUG di PETER JACKSON


Secondo capitolo della trilogia tratta da Lo Hobbit che Peter Jackson sta via via trasformando in un complesso prequel de Il signore degli anelli: essendo, di fatto, una sequenza di raccordo, non raggiunge per me i livelli del primo film, eppure scorre via che è un piacere, regala un cliffhanger da serie tv ed anche un personaggio che resterà a lungo nella memoria, facendo concorrenza all'indimenticato Gollum, un'altra creatura prodigio della tecnica, lo Smaug del titolo.

N°27: COME UN TUONO di DEREK CIANFRANCE


Dopo avermi favorevolmente colpito con Blue Valentine, Cianfrance confeziona un'altra opera intensa e traboccante passione, imperfetta quanto la precedente eppure senza dubbio emozionante dal primo all'ultimo minuto. Qualche lungaggine di troppo - specie nella parte centrale - ma davvero un grande cuore.
Avercene, di film di formazione come questo.

N°26: PAIN&GAIN - MUSCOLI E DENARO di MICHAEL BAY


Per quanto possa suonare decisamente strano trovare a questo punto della classifica - ed in questa classifica - un film di Michael Bay occorre ammettere che Pain&Gain non solo rappresenta il suo lavoro migliore, ma anche la vera e propria sorpresa dell'estate duemilatredici. Una vicenda nerissima ed assolutamente reale raccontata come una commedia slapstick grondante sangue, con un The Rock mai così bravo.
Già cult fordiano.

N°25: IL PASSATO di ASGHAR FARHADI


Farhadi, autore dello splendido Una separazione, torna sul grande schermo con un'altra opera struggente pronta a raccontare la fine di una storia attraverso una serie di drammatici confronti che rischiano di spezzare due famiglie proprio nel pieno del loro tentativo di diventare una soltanto. Seppur non ai livelli del lavoro precedente ed un pò troppo europeo nello stile, siamo pur sempre dalle parti del grande Cinema.

N°24: PROMISED LAND di GUS VAN SANT


Van Sant, abbandonate le atmosfere algide dell'ottimo Restless, torna al dramma sociale raccontando una vicenda che avrebbe potuto narrare anche un Clint Eastwood, una storia semplice e toccante di quelle che riescono a tenere lontana la retorica di grana grossa per concentrarsi su una grande umanità.
Non sarà il Gus delle grandi occasioni, eppure è proprio quello che piace a me: sincero, diretto, di pancia. 

N°23: CLOUD ATLAS di ANDY e LANA WACHOWSKI e TOM TYKWER


La fantascienza, genere ostico e difficile per ogni autore che abbia una qualche ambizione di trasformarlo in un'esperienza memorabile per lo spettatore, ha regalato ottime sorprese nel corso di questa stagione cinematografica: una di queste è senza dubbio Cloud Atlas, ridondante e strabordante affresco targato Wachowski in grado di strabiliare con effetti meravigliosi ed emozionare neanche si fosse tornati nel pieno degli anni ottanta. Una controversa meraviglia capace di risvegliare le emozioni di un'epoca che fu passando dal futuro.

N°22: STAR TREK - INTO DARKNESS di J.J. ABRAMS


Altro giro, altro regalo per la sci-fi, che grazie a quel geniaccio di J. J. Abrams spolvera la sua componente action con un secondo capitolo del reboot di Star Trek ancora più coinvolgente e tirato del primo, in grado di legarsi a doppio filo alla serie di film originali senza snaturarne spirito e vicende.
Effetti e regia splendidi, ed un cattivo da brividi: il Khan di Benedict Cumberbatch, senza dubbio uno dei villains più interessanti degli ultimi dodici mesi.

N°21: SOLO DIO PERDONA di NICOLAS WINDING REFN




Non poteva mancare, nella classifica del meglio del duemilatredici del Saloon, uno dei registi più fordiani in assoluto, il Refn vincitore del Ford Award per il miglior film due anni or sono con Drive.
Solo dio perdona, accolto tiepidamente da pubblico e critica, è pura poesia per gli occhi, e seppur compiaciuto e decisamente troppo autoriale rispetto al suo illustre precedente, rappresenta una vera manna per chiunque ami il Cinema in una delle sue forme più pure, l'estetica, curata con una perfezione tale da farmi provare ancora una volta il brivido dei miei anni di sole proposte d'essai.


TO BE CONTINUED...


MrFord

sabato 28 dicembre 2013

Ford Awards 2013: i film (N°40-31)

La trama (con parole mie): ed eccoci giunti alla classifica delle classifiche, il premio più importante dei Ford Awards, quello dedicato al meglio uscito in sala dal primo di gennaio ad oggi che sia passato su questi schermi. Iniziamo con le posizioni più basse - ma non per questo meno meritevoli - della classifica, che a mio parere rispetto alle corrispettive dello scorso anno riescono ad avere qualcosa in più, tanto da costringermi a tagliare dalla scelta finale perfino titoli action che in tempi più magri avrebbero fatto certamente la loro porca figura.


N°40: NO - I GIORNI DELL'ARCOBALENO di PABLO LARRAIN


Alle spalle il deludente - almeno per il sottoscritto - Tony Manero ed il troppo autoriale Post mortem Pablo Larrain firma una pellicola di grande importanza sociale, una lezione che gli abitanti del Cile soggiogato da Pinochet diedero al loro dittatore attraverso l'assolutamente democratica via del voto.
Un gioiellino emozionante e visivamente vintage che ho apprezzato anche grazie a più di un pensiero rivolto alla situazione politica - disastrosa - italiana, nella speranza che un giorno o le cose possano cambiare anche per noi.

N°39: ANNA KARENINA di JOE WRIGHT


Joe Wright, che tempo fa era riuscito a colpirmi al cuore con l'ottimo Espiazione, torna in sala con un lavoro tecnicamente incredibile, bellissimo per gli occhi seppur decisamente freddo dal punto di vista delle emozioni: un titolo, comunque, che sarebbe stato davvero difficile non premiare con un inserimento nella top 40, non fosse altro per la sopraffina messa in scena a metà tra il Teatro e l'estetica di Baz Luhrmann.

N°38: NOW YOU SEE ME di LOUIS LETERRIER


Divertissement realizzato benissimo nonchè una delle sorprese più piacevoli della scorsa estate, questo giocattolone che ricorda il gusto per l'illusione di cult decisamente più autoriali come The prestige ha incontrato il favore di Julez, che sicuramente l'avrebbe posto in posizioni più alte in questa classifica facendo scendere, al contrario, qualcuno dei titoli sponsorizzati dal sottoscritto.
Promosso, comunque, come intrattenimento intelligente, e a dispetto della posizione, anche dalla metà più tamarra dei Ford.

N°37: LA MIGLIORE OFFERTA di GIUSEPPE TORNATORE


Sopresa in positivo, questo La migliore offerta, che ha rilanciato ai miei occhi uno dei registi italiani più sopravvalutati di sempre, Giuseppe Tornatore, e che lego al ricordo di uno dei primi giorni passati interamente da solo con il Fordino, che per l'occasione fu ancora più bravo del solito e mi tenne compagnia in una visione emozionante ed a suo modo magica, come raramente riescono a concederne, soprattutto di recente, i prodotti nostrani.



Altra posizione, ed altra più che piacevole sorpresa: considerata la presenza di Nicholas Cage mi sarei aspettato una tamarrata da competizione e di basso livello, e invece il risultato del lavoro di Scott Walker è un ottimo thriller ispirato alla vera storia di uno dei più feroci serial killer del Nord America, responsabile di un numero imprecisato di uccisioni nell'Alaska degli anni ottanta. Finale da brividi ed una Vanessa Hudgens splendida in versione dark, nonchè bravissima.

N°35: GRAVITY di ALFONSO CUARON


Così come per Anna Karenina, l'attesissimo Gravity di Alfonso Cuaron, deludente dal punto di vista di trama ed emozioni, è risultato talmente strabiliante tecnicamente da rendere impossibile una sua esclusione dalla classifica finale dei migliori film usciti in sala: il buon Alfonso, che aveva già lasciato a bocca aperta con il meraviglioso I figli degli uomini - in quel caso anche a livello emotivo -, confeziona una meraviglia registica come raramente se ne sono viste negli ultimi dodici mesi, con piani sequenza da capogiro ed una maestria con la macchina da presa praticamente unica.

N°34: CANI SCIOLTI di BALTHAZAR KORMAKUR


Non poteva mancare, nella classifica fordiana con il best del duemilatredici, qualche tamarrata come si deve nel classico stile Expendables: il nuovo lavoro di Kormakur, che già mi aveva ben disposto con Contraband, è una vera chicca in pieno stile Lansdale con due protagonisti in grande spolvero - soprattutto il Denzellone -, sparatorie, azione, battutacce da cameratismo e amicizia virile e chi più ne ha, più ne metta.
Insomma, una vera manna per gentaglia come me.

N°33: DON JON di JOSEPH GORDON LEVITT


L'esordio dietro la macchina da presa del già lanciato come attore Joseph Gordon Levitt, seppure acerbo, è un divertente e profondo excursus nella commedia romantica in grado di prendere abilmente per il culo il genere senza per questo risultare sguaiato, oltre che un ritratto davvero niente male del triangolo Uomo/Donna/Porno.
Se le premesse sono queste, il futuro anche registico del ragazzo sarà decisamente luminoso.

N°32: STAND UP GUYS - UOMINI DI PAROLA di FISHER STEVENS


Seconda, vera fordata di questa decina, questo Stand up guys, versione old school ancora più old school degli Expendables, è una chicca riuscita a far breccia perfino nel cuore di quel pusillanime del Cannibale, che è stato in grado non solo di sopportarlo, ma di giudicarlo perfino discreto.
Cast delle grandi occasioni, amicizia virile, onore d'altri tempi ed una profondità stemperata da una signorile abilità di prendersi molto, molto per il culo: e neppure il Tempo viene risparmiato.

N°31: THE CONJURING - L'EVOCAZIONE di JAMES WAN




James Wan, che negli anni scorsi era incorso spesso e volentieri nelle peggiori bottigliate by Ford, sorprende con un vintage horror sicuramente derivativo eppure perfettamente funzionale, nonchè una delle pellicole in grado almeno in parte di fare quello che un horror dovrebbe fare - paura - più interessanti degli ultimi anni.
Tecnica pregevole, costruzione interessante ed almeno un paio di sequenze memorabili rese grandi anche solo grazie ad un battito di mani.

TO BE CONTINUED...


MrFord

venerdì 27 dicembre 2013

Ford Awards 2013: il peggio del nostro peggio

La trama (con parole mie): e siamo giunti ad uno dei momenti più importanti dei Ford Awards, ovvero quello dedicato alle peggiori pellicole passate su questi schermi nel corso degli ultimi dodici mesi. Se lo scorso anno avevo dato ampio spazio alle delusioni d'autore, a questo giro ho deciso di tornare al caro, vecchio trash senza se e senza ma, anche perchè, privo dei cavalli di razza come Von Trier e per nulla stupito dal flop dell'ultimo Malick, restava ben poco da bottigliare rispetto ai fan del radicalchicchismo.
Largo dunque ad una decina davvero pessima, dove la qualità non è certo di casa.
Tappatevi dunque il naso e sperate di non averne visto neppure uno.


N°10: NON APRITE QUELLA PORTA 3D di JOHN LUESSENHOP


Non esiste decina dedicata al peggio, ormai, senza almeno un bell'horror di serie infima da piazzare per partire con il botto: se il Leatherface del primo, indimenticabile, Chainsaw Massacre vedesse questa roba, si farebbe a pezzetti da solo.
Decimo solo grazie alle grazie delle due protagoniste, davvero un bel vedere nonostante la qualità di tutto il resto.



Fuqua, che all'inizio del Nuovo Millennio stupiva con cose toste come Training day, è ormai ridotto ai minimi termini e ad una sorta di involontaria parodia di 24, che se non fosse stato per Gerardone Butler, un fordiano per eccellenza, sarebbe stata cestinata ancor prima di arrivare a metà pellicola.
Trash a stelle e strisce tronfio e gonfio per far contenti tutti i detrattori del Cinema USA.

N°8: ENDER'S GAME di GAVIN HOOD


Altro giro, altro regalo: da un regista pessimo come Gavin Hood una pellicola ispirata ad un romanzo cult per gli appassionati di sci-fi che pare un compendio di bushismo giunto decisamente fuori tempo massimo: interpreti affossati, sceneggiatura tagliata con l'accetta, sequenze improbabili ed una morale che avrebbe fatto felice il Verhoeven di Starship Troopers.
Praticamente, buono giusto per riderci sopra. A denti strettissimi.

N°7: TWO MOTHERS di ANNE FONTAINE 


Rileggendo i titoli di questa classifica dopo averla stilata, appaiono tutti perfino peggiori di quanto non lo siano stati durante le visioni, cosa certo non facile: non è da meno questa simil soap patinatissima e solo apparentemente pruriginosa che vede due cinquantenni scambiarsi felicemente e reciprocamente i figli come toy boys costruendo un quadretto di famiglia quantomeno desolante.
Non fosse stato per la splendida cornice australiana, probabilmente l'avremmo ritrovato più in alto in graduatoria.

N°6: DEAD MAN DOWN di NIELS ARDEN OPLEV


La risposta del 2013 a Knockout - Resa dei conti dello scorso anno: azione da brividi - nell'accezione peggiore -, una trama agghiacciante, interpretazioni pessime e chi più ne ha, più ne metta.
Pensare che l'avevo approcciato sperando in una bella tamarrata delle mie rende ancora più grande la delusione: probabilmente il punto più basso dell'action thriller degli ultimi anni.

N°5: IL POTERE DEI SOLDI di ROBERT LUKETIC


Se un tempo Harrison Ford era una sorta di garanzia di qualità e divertimento assicurato, ormai pare l'ombra di se stesso e perfino del parrucchino di Nicholas Cage: ne è la conferma questa porcata abissale che pare una versione dei poverissimi di Wall Street con tanto di lieto fine Disney e tutti felici e pronti a perdonare un protagonista che pareva uno stronzo da competizione fino alla scena precedente.
Patetico è la parola giusta per definirlo.

N°4: LE STREGHE DI SALEM di ROB ZOMBIE


C'era una volta Rob Zombie, un regista cattivo, sopra le righe, grindhouse e molto, molto tamarro in grado di realizzare due cose più che pregevoli come La casa dei mille corpi e La casa del diavolo: presa una bella sbronza di successo, il vecchio Bob ha deciso di virare sul trash d'Autore.
Peccato che il risultato sia più imbarazzante del già terribilmente brutto Machete Kills, scampato a stento a questa stessa classifica.

N°3: QUELLO CHE SO SULL'AMORE di GABRIELE MUCCINO


Cimentarsi con la visione di un qualsiasi Muccino regala la certezza di una posizione della worst ten di fine anno saldamente occupata, e a volte è davvero confortante avere questo tipo di sicurezze anche in negativo. Il Gabrielone nazionale, talmente pieno di se da essersi praticamente mangiato ed essere ingrassato di conseguenza, regala al pubblico una ciofeca pseudo romantica buona giusto per far registrare la seconda presenza in questa classifica di Gerard Butler, che per quanto mi stia simpatico finisce in qualche modo per bazzicare ogni anno da queste parti.

N°2: AFTER EARTH di M. NIGHT SHYAMALAN


Dalle parti del Saloon, pochi registi sono detestati ai livelli di Shyamalan, un pallone gonfiato da competizione partito molto bene e sprofondato negli ultimi anni in una desolante mediocrità creativa peggiorata da una spocchia da grande autore - che, a questo punto, può solo sognare di essere -: se a lui si uniscono poi in pompa magna Will e Jaden Smith, coppia finto cool di padre e figlio amici amiconi che ha imperversato ovunque quest'anno, la frittata è fatta.
After Earth è pura immondizia cinematografica. 
Ma c'è stato, purtroppo per me, anche chi ha fatto di peggio.

N°1: IL CECCHINO di MICHELE PLACIDO


In un anno davvero terribile per il Cinema italiano, non poteva che essere una produzione firmata da un regista nostrano ad occupare la posizione più alta di questa classifica: senza se e senza ma, Il cecchino è uno dei titoli più terribili che mi sia capitato di vedere negli ultimi anni, un mix di pretese di Cinema alto e bassezze che neppure il più trash dei b-movies costruiti ad arte - volontariamente o no - potrebbe regalare.
Se non ci fosse stato Il mercante di pietre, perla inarrivabile del peggio tricolore, questo sarebbe stato un ottimo candidato anche per quel posto "d'onore".

I PREMI

Peggior regista: Michele Placido per Il cecchino
Peggior attore: Will e Jaden Smith per After Earth
Peggior attrice: Sheri Moon Zombie per Le streghe di Salem
Premio "parrucchino di Nicholas Cage" per il personaggio trash: Ben Kingsley/Mazer Rackham per Ender's game
Effetti "discount": Le streghe di Salem
Premio "dolcetto o scherzetto" per il costume più agghiacciante: la tunica di Mazer Rackham, Ender's game
Stile de paura: Muccino obeso durante le riprese di Quello che so sull'amore
Premio "veline": Alexandra Daddario e Tania Raymonde in Non aprite quella porta 3D
Peggior scena d'amore: le madri si scambiano i figli, Two mothers
Premio "pizza, spaghetti e mandolino": il film dall'inizio alla fine, Il cecchino


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