martedì 31 maggio 2011

Fast Five

La trama (con parole mie): Toretto e O'Conner, riunitisi a Rio dopo la rocambolesca fuga organizzata per il primo al termine del quarto capitolo della saga, si troveranno invischiati con un altro boss senza scrupoli - tale Reyes, in diretta da 24 - e, nonostante la loro fedina penale sempre più chilometrica, finiranno per fare di nuovo la figura dei bravi ragazzi siamo una famiglia volemose bene portando dalla loro parte anche il mastodontico agente Hobbs e trascinandolo nel loro gioco amicizia virile/rivalità come spesso se ne vedevano negli anni ottanta ma che, ora, nonostante l'adrenalinica regia di Justin Lin, pare solo un tentativo fuori tempo massimo di salvare un franchise che non meritava neppure di arrivare al secondo capitolo. E qui, invece, si sente già odore di sesto.

Alla fine, proprio quando speravo di tirare un sospiro di sollievo e chiudere per sempre la mia avventura al cospetto della premiata ditta O'Conner/Toretto, ho avuto un tuffo al cuore.
Inevitabilmente, assisteremo anche al sesto capitolo della saga dei due criminali dal cuore d'oro più cool - o almeno questo è quello che vorrebbero darci a bere - del pianeta in questo momento.
E dopo questo quinto, rocambolesco film, pare che i ritorni illustri dei protagonisti delle pellicole precedenti non siano giunti al termine.
Occorre però dare a Lin quel che è di Lin: sicuramente Fast Five è il capitolo migliore dai tempi del primo, sia per quanto riguarda la parte tecnica che per lo spirito con il quale si approccia il genere.
Peccato che, al contrario del loro regista, tutti i protagonisti e gli attori che li interpretano - eccezion fatta per The Rock, ovviamente - non sappiano affatto dove sta di casa la parolina magica in grado di rendere una tamarrata di genere tendente alla serie b un piccolo cult da superappassionati: (auto)ironia.
Quello che Sly e Schwarzy - ma non dimentichiamo Willis - avevano insegnato a suon di esplosioni nel corso degli anni ottanta ora pare dimenticato nelle esibizioni macho di Vin Diesel, che con il suo amicone Paul Walker non riesce proprio a risultare simpatico neppure quando lo vorrebbe disperatamente, e lascia tutte le aspettative della banda sulle spalle - neppure troppo larghe - dell'Eddie Murphy dei poveri Tyrese Gibson/Roman Pierce e di Sung Kang/Han Lue, l'unica ragione per cui sottoporsi alla tortura della visione di Tokyo drift, non solo il film peggiore della saga, ma una delle voragini cinematografiche più buie degli ultimi anni, tanto oscura che tra il pubblico al di sopra dei dodici anni pare averla apprezzata il solo Cannibale.
Trascurando il risibile script, il punto forte di quest'ultimo episodio sono senz'altro le sequenze d'azione, dalle più improbabili e spettacolari - la rapina al treno in apertura di pellicola - a quelle old school come la scazzottata tra Toretto e Hobbs, unico momento in cui lo spettro degli eighties pare aleggiare sull'operato di Lin e soci.
Ok, voglio essere generoso: lo stesso spettro palesa la sua presenza anche nel corso della gara tra i quattro amici Toretto, O'Conner, Pierce e Han nel corso della gara con le macchine della polizia rubate.
Ma non diciamolo troppo in giro, prima che sembri che possa essermi davvero piaciuto.
Ad ogni modo staremo a vedere, ora che la famiglia Toretto/O'Conner pare effettivamente pronta ad allargarsi - in tutti i sensi - cosa riserveranno gli autori per il prossimo, ormai praticamente certo capitolo, sperando che, accanto al rientro clamoroso che si prospetta, venga mantenuta l'idea sicuramente valida di Fast Five di proporre una squadra che rappresenti, in qualche modo, il greatest hits dell'intera serie, per quanto bassa la qualità della stessa possa essere.
E a proposito del team dei protagonisti una domanda mi ha tormentato nel corso dell'intera visione: pur considerato che il suddetto Tokyo drift possa essere stato considerato come un quasi irrimediabile errore/orrore dagli sceneggiatori o come una realtà alternativa nell'entusiasmante mondo di Fast and furious, come cazzo è possibile che Han sia ancora vivo!?
Ricordo, nel bel mezzo di un inseguimento con il Drift King per le strade di Tokyo, la sua macchina ribaltata prendere fuoco e saltare bellamente per aria.
Per non rischiare un esaurimento in stile Annie Wilkes in Misery parlando dei film a episodi, rivolgo dunque un appello a chiunque possa aiutarmi a trovare una risposta a questa domanda, riformulandola nello stile della psicopatica figlia della penna di Stephen King: "A uscire da quella cavolo di macchina lui non ce l'ha fatta", dunque com'è che Han ancora sgomma e si acchiappa la pericolosissima ex agente del Mossad spassandosela alla grandissima?

MrFord

"Andavo a cento all’ora
per trovar la bimba mia
ye ye ye ye
ye ye ye ye
Andavo a cento all’ora
per cantar la serenata
blen blen blen blen
blen blen blen blen."

Gianni Morandi - "Andavo a 100 all'ora" -


lunedì 30 maggio 2011

Glee Stagione 2

La trama (con parole mie): Si torna al McKinley, accanto ai New directions, pronti ad affrontare l'assalto al sogno sfumato con la sconfitta patita per mano dei Vocal adrenaline nel finale della scorsa stagione. Nuovi volti nel club, nuove coppie e nuovi problemi fanno da sfondo ad un'annata che, almeno sulla carta, avrebbe dovuto risollevare le sorti di un serial partito fortissimo e poi, lentamente, imploso in se stesso.
Non bastano, tuttavia, energia da vendere e l'effetto delle canzoni, per rimanere grandi come parevano essere questi giovani cantanti che proprio non volevano "smettere di credere".
Non basta neppure uno dei cattivi più irresistibili che il piccolo schermo abbia regalato nelle ultime stagioni: Sue Sylvester.
Glee è (de)caduto. E non sappiamo se riuscirà mai a (ri)sollevarsi.

Ricordo quando, la scorsa primavera, l'inesorabile precipitare della qualità di Glee - soprattutto in fase di scrittura e gestione dei personaggi - si risolse, almeno apparentemente, con un ottimo season finale in grado di risvegliare le emozioni che parevano ormai in coma, più che sopite, passato il ciclone che furono i primi dieci episodi, una vera e propria rivelazione che portò i ragazzi di Will Shuester ad accarezzare l'idea di essere i simboli ed i nuovi volti delle comedy series.
Purtroppo, quello stesso episodio conclusivo - e posso dirlo alla luce della seconda stagione appena conclusa - non è stato che un fuoco di paglia cui si è cercato - ma neppure troppo, a dire il vero - di aggrapparsi disperatamente nel corso di questa poco ispirata serie, ormai prigioniera del fatto che siano le canzoni a controllare gli episodi, e non viceversa.
In particolare, il progressivo inaridimento dello script e la riduzione di tutti i protagonisti a macchiette in grado di cambiare radicalmente atteggiamento da un episodio ad un altro - spesso e volentieri in maniera del tutto ingiustificata, e senza mai alcuno strascico - ha reso la maggior parte delle puntate una sorta di noiosa attesa della canzone che risvegliasse lo spettatore dal torpore di vicende che parevano sempre più buttate allo sbaraglio anche quando sulla carta potevano garantire una resa notevole - su tutte, la questione Kurt/Karofsky e l'abbandono della McKinley da parte del primo -.
Non sono bastati un paio di episodi di qualità nettamente superiore agli altri - quello dedicato ai Fleetwood mac ed il penultimo, legato alla morte della sorella di Sue - per cancellare una stagione che non fa che confermare lo status di meteora di questo prodotto, nato ed esploso come un fenomeno inarrestabile - un pò come fu Lost, o come, al momento, è Misfits - e progressivamente affievolitosi perdendo fan, credibilità e appoggio della critica.
Certo, resta una serie simpatica e tutto sommato piacevole da seguire come riempitivo, soprattutto da amanti della musica, ma perduta l'empatia con i personaggi e l'attenzione per la costruzione della storia resta davvero poco per sentirsi ad essa legati: ulteriore conferma è il lavoro pessimo che è stato fatto sui protagonisti, a partire da Will Shuester ed il triangolo Finn/Rachel/Quinn - tutti e tre dimenticabili e dallo spessore nullo - per arrivare al progressivo inaridimento di Puck e Sue, le due "anime nere" del cast of charachters.
L'unica cui la seconda annata pare aver giovato è Brittany, cresciuta e divenuta a tutti gli effetti da caricatura un personaggio a tutto tondo, seguendo un percorso opposto a quello dei suoi compagni di canto.
Resta ora da scoprire se la prossima sarà effettivamente l'ultima stagione - scelta logica, essendo i protagonisti ormai entrati nell'anno dei senior - o se il successo comunque registrato convincerà Ryan Murphy e i produttori della serie ad allungare la minestra di un altro anno o due: sinceramente, spero che il prossimo sia l'ultimo giro per i New directions, che non venga presa in considerazione la tendenza a presentare principalmente canzoni originali composte per l'occasione - la rivisitazione dei pezzi è uno dei motivi che ancora mi lega a questa serie - e che non vada tutto come previsto e, dopo due tentativi falliti, il Glee Club più famoso del piccolo schermo non giunga alla famigerata vittoria delle Nazionali.
Perchè, altrimenti, rischierebbe davvero di suonare tutto più che telefonato.
Io ci spero.
O meglio, ci credo.
Del resto, don't stop believin', giusto?
O forse è tutta una favoletta inventata dagli autori per tenersi stretti l'audience.
In fondo, se anche Sue rischia di essere snaturata, come possiamo pensare che la nostra speranza abbatta la noiosa melensaggine della coppia Rachel/Finn?
Don't stop believin'.
I ragazzi si faranno, in ogni caso. Non deve necessariamente accadere sulla nostra pelle di spettatori.
Ryan, mettiti una mano sul cuore e credi anche tu.
Forse così la terza potrà essere come l'ultimo, grande bis prima che cali il sipario.

MrFord

"Growing up, growing up,
looking for a place to live.
Growing up, growing up
looking for a place to live."
Peter Gabriel - "Growing up" -

L'ultimo cavaliere

La trama (con parole mie): Roland, ultimo dei pistoleri di un mondo come non è più, si aggira tra i fantasmi della nuova realtà all'inseguimento del misterioso uomo in nero, stregone che potrebbe essere la chiave per giungere alla famigerata Torre Nera, crocevia di universi.
Attraverso la maledetta città di Tull, un deserto che pare infinito, le montagne ed il sottosuolo abitato dai lenti mutanti, i ricordi del passato mescolati alla presa di coscienza del presente, Roland dovrà sacrificare parte di se stesso - e non solo - per giungere al termine di questo viaggio ed iniziare un'epopea ancora più grande.
King, maestro dell'horror, si cimenta con il fantasy mescolandolo al filone apocalittico in questo primo capitolo di una delle sue più fortunate creazioni, la saga della Torre Nera.
A volte troppo frammentato, non sempre convincente, eppure inesorabilmente affascinante.

Onestamente, non sono mai stato un grande lettore di Stephen King: nel corso degli anni ho più volte riconosciuto il suo valore e la sua furbizia, la sua fortuna e la grande abilità nel costruire romanzi in grado di colpire grande pubblico e critica di nicchia, ma se si eccettuano il saggio On writing - che ho profondamente apprezzato perchè autobiografico e molto sentito - ed il meraviglioso La lunga marcia - scritto ancora sotto pseudonimo, prima di diventare il grosso nome che tutti conosciamo - quasi non ricordo altro, rispetto alla mia esperienza con il romanziere nativo del Maine.
Da tempo accarezzavo, tuttavia, l'idea di cimentarmi con la sua saga più ambiziosa, spinto anche da pareri positivi letti ed ascoltati in più occasioni e la presenza di questo primo capitolo in libreria, eredità delle passate letture di Julez.
Il risultato è stato piuttosto altalenante, anche se certamente ha costituito un buon intrattenimento ed ha beneficiato di un crescendo finale coinvolgente e quasi mistico in grado di catturare la mia attenzione fin nel profondo: il difetto più grande - evidenziato anche dallo stesso King nella postfazione - è risultato la poca omogeneità dell'opera, completata dal maestro del terrore nell'arco di dodici anni ed interrotta più volte per dedicarsi ad altri progetti.
Soprattutto nella prima parte, a questo proposito, appare evidente l'approccio ancora acerbo alla narrazione dell'autore, sicuramente ai tempi confuso a proposito della direzione da far prendere al suo protagonista ed alla vicenda nella sua interezza: addirittura, nel corso del racconto fatto da Roland al colono riguardo le sue avventure nella città maledetta di Tull è palpabile e tendenzialmente fastidiosa la sensazione di un caos tale da confondere rispetto al presente, al passato e al futuro della narrazione.
Superato l'effetto straniante delle prime cento pagine, con l'inserimento del giovane Jake, compagno di viaggio di Roland, l'intera struttura pare trovare la sua quadratura, e lo stesso equilibrio con i racconti legati al passato del protagonista diviene più efficace, oltre a definire lo stesso pistolero con grande efficacia - il racconto del suo passaggio all'età adulta ed il confronto finale con il Maestro Cort sono pagine di potenza notevole -.
Il tutto concorre dunque progressivamente alla costruzione dell'ultimo, drammatico, incredibile confronto tra Roland e l'uomo in nero, ed il viaggio attraverso sogni e realtà che costituirà il faccia a faccia definitivo tra i due antagonisti prima dell'inizio del nuovo viaggio del pistolero verso la Torre Nera oltre il mare, un mondo fuori e dentro il mondo, un universo che racchiude altri universi, il punto focale dell'occhio di Dio - o dell'architetto del tutto, chiunque e qualunque cosa sia -.
Personalmente, anche se si tratta di libri molto diversi tra loro, nel corso della lettura questa prima avventura di Roland mi ha riportato alla mente l'apocalittica crudeltà di Black Flag, gli scenari terrificanti dipinti da McCarthy nel suo The road e consumati nel rapporto tra padre e figlio e l'inseguimento all'ultimo respiro del protagonista de Uno studio in rosso.
Certo, non sono stato conquistato come da Lansdale con Una stagione selvaggia - che mi indusse a pressare Julez in modo che mi regalasse al volo il resto dei romanzi della serie dedicata a Hap e Leonard -, ma la curiosità di continuare a seguire le avventure dell'ultimo pistolero resta, e certamente, prima o poi, tornerò ad incrociarne il cammino nella speranza, un giorno, di giungere con lui alle pendici di questa famigerata Shambala oscura.

MrFord

P. S. Pare ormai certa la realizzazione, sotto l'egida del colosso Universal, di un adattamento cinematografico previsto per il 2013 firmato da Ron Howard con Javier Bardem nel ruolo di Roland.

"Lost in the shadow I search for my sun
fly and face it before the new moon
there where chaos rules."
Rhapsody - "The dark tower of abyss" -

domenica 29 maggio 2011

Fast and furious - Solo parti originali

La trama (con parole mie): Dopo aver fatto il giro del mondo tra una gara e una rapina, Dom Toretto si ritrova costretto a fare ritorno a Los Angeles a seguito della morte di Letty, sua ex fidanzata. 
Riunitosi con l'ex amico O'Conner - divenuto nel frattempo un agente federale -, i due si metteranno sulle tracce del boss messicano Braga, nuovo leader dell'importazione di droga negli States.
Ovviamente riusciranno ad entrare nelle grazie del boss stesso, e grazie alla consueta abilità al volante, ad assicurare il cattivo alla giustizia.
Ma non tutte le ciambelle riescono col buco, e di fronte all'incarcerazione di Toretto, O'Conner sarà costretto a scegliere definitivamente da che parte stare.

La cavalcata attraverso la molto discutibile saga di Fast and furious, iniziata a causa del Free drink di quello scellerato di Cannibale e mossa principalmente dalla curiosità di scoprire se il quinto capitolo sia clamorosamente tamarro e divertente come dicono in giro si accinge ad arrivare - finalmente - alla sua conclusione.
Se non altro, rispetto all'indegno Tokyo drift, in questo quarto capitolo tornano alla ribalta i due protagonisti della prima pellicola, ancora una volta a metà strada tra l'amicizia e la rivalità serrata, a dare un pò di spessore ad una vicenda che , altrimenti, troverebbe la sua collocazione tra le più dimenticabili delle esperienze di serie b che si possano fare rispetto al genere action.
Certo, si tratta della garanzia che possono dare ad una pellicola Vin Diesel e Paul Walker - quindi non molta, a conti fatti -, ma almeno la loro presenza riesce a rendere quantomeno digeribile con qualche risata uno script fuori tempo massimo che, ai tempi d'oro - e parlo della metà degli anni ottanta - si sarebbero potuti permettere solo mostri sacri come Sly o Van Damme.
Si nota anche un deciso balzo in avanti rispetto alla seconda pellicola della serie per quanto riguarda le parti dedicate alle corse in macchina, assolutamente improponibili ed irrealistiche ma perlomeno divertenti, tendenzialmente associabili a quelle che si finisce per fare nei videogiochi legati a questo argomento - dalla serie di Need for speed al Midnight club della celeberrima Rockstar Games, chiaramente ispirato a questa serie -.
Quello che, onestamente, ho digerito meno dell'intero film, è stato il tono socialmente distorto con il quale sono presentate la figura di Toretto, nonchè - cosa ben peggiore - quella del suo compare O'Conner: perchè se in Point break l'affascinante Bodhi non viene risparmiato, così come Tony Montana o Carlito Brigante - per citare due figure recentemente trattate da queste parti -, Toretto non solo la scampa, ma anche di fronte alla sentenza di incarcerazione avvenuta in seguito alla coraggiosa scelta di restare passa pure per il bravo ragazzo della situazione, posizione aggravata dalla scelta finale di O'Conner che, come il stesso avversario Braga dichiara, più che un buono che si finge cattivo è un cattivo che si finge buono.
Ora, forse sono io a voler dare uno spessore eccessivo ad una serie che non merita nulla se non una visione - e pure di sfuggita - ma non riesco a togliermi dalla testa il pensiero che pellicole di questo tipo, chiaramente indirizzate ad un bacino d'utenza giovane e poco riflessivo - e ho usato parole assolutamente da gentleman per l'occasione -, siano colpi bassi in pieno stile televisivo capaci di mettere in crisi e portare all'inevitabile confusione i ragazzini che escono esaltati dalla sala pensando che sia giusto e soprattutto figo quello che hanno appena visto.
Certo, fanno lo stesso anche con Tony Montana, e una generalizzazione di questo tipo è discutibile almeno quanto la scelta stessa della sceneggiatura, eppure non riesco proprio ad accantonare il pensiero che, una ventina d'anni fa, a noi bambini negli anni ottanta veniva mostrato come cambiare presa a braccio di ferro e quanto quella stessa presa fosse inesorabilmente invincibile o come, una volta trovato il giusto maestro, avremmo regolato i bulli del quartiere ad un torneo di arti marziali chiuso con un improbabile quanto magistrale colpo della gru.
Ora, invece, qualcuno ci suggerisce che, se siamo poliziotti ed un nostro amico dalla fedina penale lunga un chilometro - ma simpatico e legato alla famiglia - si consegna e viene condannato pur avendo aiutato la giustizia, noi dobbiamo fare il possibile affinchè torni alla libertà.
E ovviamente, in pieno stile studioapertiano, nessuno rivelerà mai che fine potrà aver fatto il resto dei detenuti presenti sul bus diretto al carcere insieme al buon Toretto.
Non si sa mai che si possa lanciare un messaggio davvero negativo.
Del resto, si parla di cattivi travestiti da buoni, non di buoni travestiti da cattivi, giusto!?
Per  favore, Expendables, venite da queste parti e rendete giustizia ai buoni, vecchi eroi degli anni d'oro del grande Real. Perchè di questi montati dalle macchine grosse e colorate non sappiamo proprio che farci.


MrFord


"I remember we were driving driving in your car
the speed so fast I felt like I was drunk
city lights lay out before us
and your arm felt nice wrapped 'round my shoulder
and I had a feeling that I belonged
and I had a feeling I could be someone, be someone, be someone."
Tracy Chapman - "Fast car" -


sabato 28 maggio 2011

Jackass - The movie

La trama (con parole mie): A seguito del successo enorme della serie passata su Mtv, il regista Jeff Tremaine, Johnny Knoxville e Spike Jonze decisero di portare l'irridente, demenziale, a tratti agghiacciante Jackass al Cinema, cercando di allargare la cerchia di aficionados hardcore che gli stunt al limite dell'assurdo dello stesso Knoxville, Steve-O, Bam Margera e compagni avevano portato a questa cricca di devastati nel corso degli anni.
Un campionario che, sicuramente, diverte di più all'interno della tipica serata da sbronza con gli amici che da soli, e perde il suo fascino sia rispetto al format televisivo che agli anni che passano, trasformando anche gli irriducibili jackassari in decisamente più attenti ed equilibrati esploratori della vita.


Non nascondo di essere da sempre stato un fan delle scombinate gags della truppa di Jackass, ottimo modo per rilasciare il cervello e farsi due risate senza pretesa alcuna di cui ogni expendable fatto e finito come si deve necessita ogni tanto: c'è stato un periodo - corrispondente al mio stato brado del 2006 - in cui avrei fatto carte false per realizzare una trasmissione di questo tipo con un gruppo di amici fidati, dedicandomi personalmente agli stunt più fisici e dolorosi, e lasciando senza troppi patemi ai miei ipotetici compagni quelli di natura tendenzialmente più schifosa - e qui se ne trovano parecchi, dal cono di neve aromatizzato con una bella pisciata al wasabi sniffato -.
Rivedere questo primo film a distanza di anni, lo ammetto, non è stato facile: innanzitutto perchè avendo seguito tutta la serie ricordo momenti certamente più divertenti di quelli scelti per la pellicola, senza contare che, con il tempo e le vicissitudini della vita, ora come ora mi sento molto meno affine allo spirito goliardico totalmente distruttivo che caratterizzava la sgangherata gang di Knoxville.
Certo, Bam Margera che spezza le notti di sonno del padre a suon di fuochi d'artificio o lo stesso Knoxville in compagnia di Ryan Dunn che si ribalta sulla macchinina da campo da golf sono piccoli must, ma il tempo dell'autodistruzione pare - almeno in parte - trascorso, e più che al rischio di tornare a casa mezzo sfasciato senza pensare al domani preferisco farmi due risate con gli amici e, quello sì, sfoderare qualche bottigliata tra noi, un pò come gli schiaffoni che i nostri protagonisti si rifilano a tradimento nel corso della magnifica sequenza introduttiva - e non solo -.
Una sola gag non mi pare invecchiata di un secondo, rispetto ai tempi d'oro del jackassanesimo sfrenato, e ancora oggi riesce a farmi ridere sguaiatamente causando una sorta di effetto domino a tutte le mie cellule cerebrali: quella di Party boy.
Quando sento quella musichetta tamarra e terrificante e vedo Chris Pontius denudarsi nei negozi di hi-fi o per la strada non riesco neppure a immaginare di essere cresciuto: la sua esibizione con il poliziotto giapponese è ancora oggi un supercult che mi proietta dritto al centro di una sorta di Notte da leoni in anticipo di qualche anno.
Sicuramente si tratta di un prodotto totalmente anticinematografico, qualitativamente infimo e certamente irritante per una buona fetta di pubblico e la quasi totalità della critica, montato e girato amatorialmente e sinceramente anche parecchio volgare: ma hey, un pò di sano relax distruttivo, specie se accompagnato da una compagnia casinista al punto giusto e una buona dose di voglia di divertirsi, non ha mai fatto male a nessuno.
O quasi.

MrFord

"If the crocodile hunter smoked weed
Steve Irwin burnin' herb in his Jeep
thinks the kangaroos are laughin' at his haircut
used a bowl for that too but."
 Bloodhound Gang - "Jackass" -

No ordinary family - Stagione 1

La trama (con parole mie): I Powell, nel corso di un viaggio in Sud America, rimangono vittime di un incidente aereo che dona loro dei poteri unici, che i singoli membri della famiglia si trovano improvvisamente a dover gestire dentro e fuori le mura domestiche. 
Così, se il forzuto e quasi invulnerabile Jim scalpita per diventare una sorta di supereroe aiutato dall'amico procuratore George, sua moglie Stephanie cercherà di sfruttare la sua acquisita supervelocità per passare più tempo con la famiglia, mentre i giovani Daphne e J. J. dovranno imparare a gestire le loro abilità in relazione al periodo più difficile delle loro vite: l'adolescenza.
Ma una partenza discreta, anche se spinta da superpoteri, non può salvare un'intera serie se alla stessa mancano logica e sostanza.


Avevo già parlato, qualche mese fa, di No ordinary family, progetto che vedeva tornare alla carica sul piccolo schermo Michael Chicklis e Julie Benz dopo i fasti di The shield e Dexter.
Ricordo che il pilota, in quell'occasione, non mi parve affatto male nell'ambito dei serial d'intrattenimento senza pretese, e che lo archiviai come una delle possibili sorprese di questa stagione.
Purtroppo, come altri prima di lui - Heroes su tutti -, anche No ordinary family ha ceduto - e piuttosto rapidamente, occorre ammetterlo - alla carenza di logica e ai tentativi disperati di rendere necessariamente accattivante una serie che, a conti fatti, accattivante non era per nulla.
Idee sulla carta potenzialmente buone sono state irrimediabilmente e da subito sprecate, ed il tono e l'atmosfera generali non hanno trovato un'identità precisa - fosse essa drammatica, o virata alla commedia -, e spesso, con il passare delle puntate, il dubbio che si assistesse ad una qualsiasi sit com in famiglia con l'aggiunta dell'elemento superumano - peraltro sfruttato poco e male - è clamorosamente divenuto una granitica certezza.
A partire dall'inserimento nel cast del personaggio di Victoria, inoltre, la piega presa dallo script è divenuta quantomeno ridicola, sfociando nel progressivo, assurdo coinvolgimento di tutti i protagonisti - più o meno importanti - della serie in vista della chiusura anticipata annunciata a una manciata di puntate dalla conclusione di quella che, sulla carta, avrebbe dovuto essere soltanto la prima stagione.
Un'occasione sprecata, dunque, ma anche la conferma di quanto, sul piccolo come sul grande schermo, la qualità e l'inventiva siano elementi determinanti per il successo dei prodotti finiti, che anche nell'ambito dell'intrattenimento necessitano di spessore come fosse aria per non chiudere in apnea o implodere in se stessi: in questo senso, opere come Misfits, Lost o Mad men dovrebbero essere d'esempio a chiunque possa pensare che basta arrangiare un set precario e protagonisti riconoscibili per confezionare un serial destinato a durare.
Il contrario di No ordinary family, che ci saluta prematuramente dopo essere stato tutto fuorchè straordinario.
Onestamente, non ne sentiremo la mancanza.


MrFord


"We're just ordinary people
we don't know which way to go
cuz we're ordinary people."
John Legend - "Ordinary people" -

venerdì 27 maggio 2011

La sottile linea rossa

La trama (con parole mie): Di ritorno sul grande schermo dopo un silenzio quasi ventennale, Terrence Malick racconta la guerra illuminandola con la luce della sua fede e della magnificenza della Natura, senza avere timore di mostrare orrore, violenza e tutti i terrificanti effetti che un teatro come quello bellico porta sull'Uomo. Sfruttando lo scenario della terribile battaglia per la conquista di Guadalcanal, punto strategico della lotta per il dominio del Pacifico nella Seconda Guerra Mondiale, il regista più schivo del Cinema Usa confezione l'altra faccia della medaglia di Apocalypse now, nonchè uno dei grandi Capolavori degli ultimi trent'anni di settima arte. E anche qualcosina in più.

Dunque, anche lo scivolone di The tree of life è servito.
Incuriosita dallo scoprire da che parte pendesse l'ago della bilancia tra il magnifico The new world e il noiosissimo e sconclusionato ultimo vincitore del Festival di Cannes, Julez ha lanciato la proposta - ovviamente accolta a braccia aperte dal sottoscritto - di farle vedere per la prima volta questo fantomatico La sottile linea rossa, che sul finire degli anni novanta sconvolse come uno tsunami il mondo del Cinema, sbancando Berlino e venendo clamorosamente snobbato alla notte degli Oscar, che preferì a quest'opera monumentale il molto più convenzionale Salvate il soldato Ryan.
Non ricordo esattamente quante volte ho visto questo film. 
E quanto, ad ogni visione, continua a stupirmi e a lasciarmi senza fiato.
E' una riflessione su Bellezza, Natura, Fede, Amore, Morte di potenza visiva ed emotiva senza pari, terribilmente crudele eppure straordinariamente avvolgente e luminosa, vero e proprio altro volto di Apocalypse now, che nel suo incedere altrettanto titanico conduce lo spettatore attraverso una progressiva discesa nelle tenebre di un orrore che chiude la pellicola quasi fosse il Nadir dello Zenith malickiano, avvolto dalla luce del crescendo conclusivo.
Certo, gli anni dalla prima visione sono passati, e se ai tempi cercavo di identificarmi nell'illuminato, quasi profetico Witt, ora trovo una dimensione sicuramente più affine alla mia personalità nel granitico sergente Welsh e nel soldato Bell, che vive gli orrori della guerra filtrandoli attraverso la storia d'amore con la moglie lontana, regalando le pagine più struggenti della pellicola ed alcuni dei momenti più alti che il Cinema abbia mai concesso all'Amore stesso.
E di Amore pare pervasa l'intera pellicola: un sentimento a tratti religioso, fondato più sulla fede nella vita che non sulla religione stessa, che assume connotati differenti per ognuno dei protagonisti, quasi l'ideale di ognuno - o la mancanza di esso - divenisse il motore di ogni scelta, dagli atti eroici alle morti immotivate ed assurde. 
Così, se il sergente Keck è travolto dal freddo e dal pensiero di aver perso la vita facendosi saltare il culo per un errore da recluta e si raccomanda ai commilitoni in modo che a sua moglie sia riportata una fine da eroe, il capitano Staros vive attraverso gli occhi dei suoi "figli", i ragazzi che ha guidato e cercato di proteggere dal destino terribile dei soldati in battaglia per più di due anni, mentre il colonnello Tall avanza senza deviare nella speranza di poter concludere al meglio la sua tanto attesa guerra, in modo da non doversi più piegare di fronte a generali più giovani ed arroganti di quanto lui potrà mai essere.
E nell'impatto cui sono sottoposti occhi e cuore rispetto ad ognuna di queste vicende, si è come travolti dalla marea che è l'occhio di Malick, straordinario nel mostrare l'immensità della vita ed i più piccoli, fangosi dettagli della morte: guidato da una sceneggiatura che si snoda passando attraverso e attorno al contesto principale come fosse un film corale altmaniano grazie ai numerosissimi protagonisti e alle loro storie personali, il gusto estetico del regista, portato alla contemplazione e al misticismo è bilanciato dalle ugualmente straordinarie sequenze d'azione, all'interno delle quali la macchina da presa appare così presente da essere percepita dallo spettatore quasi stesse fagocitando l'azione stessa.
Ma non esiste un post, una descrizione tecnica o sentimentale, una spiegazione - sia essa razionale o completamente istintiva - in grado di rendere l'idea dell'effetto che la visione di questo film induce nell'audience, la prima volta ma non solo: La sottile linea rossa è uno dei più grandi Capolavori del Cinema contemporaneo, il tuffo in un oceano splendido e spietato in cui luce e colore ci prendono per mano cullandoci verso quello che, si creda o no, sarà l'ultimo nostro viaggio.
Un'apnea magica, meravigliosa, unica, così potente da essere paragonata ad un grande amore.
E come il soldato Bell, anche noi che ci troviamo con il fiato sospeso e la pelle d'oca sulle ultime immagini non dimenticheremo mai quello che è stata, anche se non dovesse ripetersi mai più.


MrFord


"Per me sei figlio, vita morente,
ti portò cieco questo mio ventre,
come nel grembo, e adesso in croce,
ti chiama amore questa mia voce.
Non fossi stato figlio di Dio
t'avrei ancora per figlio mio."

Fabrizio De Andrè - "Tre madri" -

giovedì 26 maggio 2011

Blog Wars: i 90s colpiscono ancora (Parte II)

La trama (con parole mie): se ieri avete assistito alle Guerre Mondiali, oggi vi ritroverete catapultate in quella dei mondi. Con la lista del Cannibale i vostri due contendenti preferiti hanno davvero dato fondo ad ogni risorsa e al meglio - o al peggio, a seconda dei punti di vista - di loro stessi.
Preparatevi ad una vera carneficina, ad uno scontro in grado di far sembrare Freddy vs Jason la merenda di due bambini dell'asilo.
Lascio dunque la parola al mio alquanto discutibile antagonista: squillino le trombe, tremate, è l'ora della guerra!
Il buon, vecchio Kurt è così fatto che sbaglia anche il dito da mostrare al suo amico Cannibale
Ho iniziato ad ascoltare musica seriamente a metà degli anni Novanta, quindi è qui che si trovano gli album a cui sono più legato in assoluto. I dischi delle decadi precedenti li ho infatti scoperti più in là nel tempo e senza riservare loro lo stesso numero di ascolti, così come dal 2000 in poi con l’avvento di Napster e dello scaricamento selvaggio da Internet avrei scoperto un sacco della più variegata musica, ma allo stesso tempo non avrei vissuto più “l’album” nella stessa viscerale maniera.
I dischi degli anni ’90 per me sono quelli effettivamente comprati nel negozio di fiducia, ancora con le lire, in CD e qualcuno ancora persino in cassetta (perché costavano meno). Quelli con il cellophane scartato avidamente, quelli dei testi letti sul libretto, quelli imparati a memoria come poi non sarebbe più successo. Non alla stessa maniera, almeno.
Un po’ di nostalgia per quei tempi quindi c’è, ma è tutto qui perché poi Internet è stato più che benvenuto. Giusto una lacrimuccia malinconica, così come è stato il riascolto di album che era da parecchio che non frequentavo. Qualcuno ha perso fascino, altri l’hanno mantenuto intatto e qualcuno col tempo ne ha persino guadagnato.
Mr. Ford, dopo la tua già dimenticata lista di ieri, se finora con te sono ancora stato buono (o quasi), qui mi si tocca in prima persona e quindi sono più che mai pronto alla guerra. Per quanto riguarda me e la mia musica è infatti tutto cominciato da qui, da questi dischi, da queste band, quindi ecco la mia più personale e sentita tra le playlist proposte.
Cannibal Kid

1. Blur “Blur” (1997)
Cannibal Kid I Blur sono il mio gruppo preferito in assoluto di tutti i tempi, quindi il primo posto nella mia classifica 90s è loro di diritto e basta. Incapaci di fare un disco anche meno che bello, da “Parklife” a “The Great Escape” e “13”, il mio favorito è il loro quinto omonimo album, quello che segna la grande fuga dal brit-pop (genere che è stato fondamentale nella mia formazione musicale iniziata proprio a metà anni ’90, quindi cito anche altre band che adoro come Suede, Pulp, Mansun, Ash, Elastica, Supergrass, Super Furry Animals, Bluetones, Verve, Sleeper, Dodgy, Charlatans, Cast… ma potrei andare avanti davvero per due giorni interi). (What’s the story) Morning Glory è stata la prima musicassetta che ho acquistato, però ben presto la mia preferenza è volata sulla band rivale della scena brit-pop.
I mitici Blur qui non dimenticano il favoloso lato pop della loro musica, ma abbracciano a questo giro molte altre sonorità, dall’indie-rock americano al grunge, dall’elettronica passando pure per il country e il punk fino ai primi esperimenti di quel che Damon Albarn farà in futuro con i Gorillaz (in “On your own”).
Un disco grandioso e quella bomba di “Song 2” in meno di 2 minuti fa saltare per aria per intero tutti i tuoi pseudo dischi, Mr. Ford, ma quello “It’s not my probleeeeem”!
WOOOOOOOOOOH
OOOOOOOOOOOOH!
Mr. James Ford Onestamente, anche io ho sempre preferito Albarn e i suoi esperimenti ai poco simpatici e parrucconi Oasis, che ero già bello pronto a bottigliarti. Evidentemente, però, non sei partito del tutto e hai optato per una scelta saggia, affidandoti al disco che contiene uno dei singoli più tosti del decennio.
Certo, il resto dei gruppi brit pop che citi li getterei senza ritegno in un bidone dando loro fuoco ed assaporando l'odore di pappamolle bruciato di mattina, ma non voglio infierire troppo, dato che per questo ci sarà tempo.
CK Tra anni '80 e anni '90 non hai inserito un solo singolo gruppo britannico. Ma come è possibile??? C'è poco da fare, Ford: sei proprio il mio opposto!
JF E meno male: altrimenti che Blog Wars sarebbero state!?

2. Smashing Pumpkins “Mellon Collie and the Infinite Sadness” (1995)
CK Il doppio disco simbolo per eccellenza della depressione teen degli anni Novanta. Poteva forse mancare dalla mia lista? Abbelli, non direi proprio. Questo è un manuale della poesia rock anni Novanta con una serie infinite non solo di sadness ma anche di canzoni inni: “Bullet with Butterfly Wings”, “1979”, “Zero”, “Bodies”, quel capolavoro totale di “Tonight Tonight”. Ma quando mai i tuoi artistucoli l’hanno scritta una canzone così BELLA, dai Ford, quando mai? E tengo fuori gli altri album pumpkinsiani “Siamese Dream” e “Adore” che pure da soli sono più belli di tutti i tuoi dischi messi insieme.
Questa è la musica con cui sono cresciuto, se ti sta bene ok. Se non ti sta bene vai a nasconderti dietro una maschera con i tuoi amici Slipknot!
Oltre al rap che ti beccherai dopo, ti dedico intanto anche una canzone:

“1979 (Cannibal Kid Remix)”
Ford sei nato nel 1979,
i cannibal kids per te non trovavano mai il time
i metallari noi li tiravamo sotto nella street
penso io e te non dovremo mai e poi mai meet

e a me non frega un cazzo se
ti piace il tuo vecchio blues
ma proprio non so
come ti ascolti anche il Guccio
penso sia perché
hai il cerume nelle orecchie, oh no?

la strada si scalda per il mio suono come un forno
hey Mr. Ford, non vedi che non hai più nessuno intorno?
JF Povero Cannibale, se penso che tu, nel tentativo vano di ottenere un vantaggio, critichi tutti i miei dischi incondizionatamente senza conoscerli e invece io i tuoi li posseggo e conosco praticamente tutti, un pò mi fai tenerezza. Ma solo un pò.
Concordo sulla potenza e la bellezza di questo album fondamentale, ma potevo io inserire uno dei manifesti della depressione nella mia lista? Non credo proprio.
Caro Kid, non sei altro che il Dandi della blogosfera, ed io, da buon Bufalo, non avrò pace finchè non ti avrò tolto di mezzo!
E per rincarare la dose, schiaffo una bella risposta alla tua canzonetta:

ZERO (Mr Ford Remix)
La mia forza, antagonista,
non sta nell'essere re della pista,
non ne ho bisogno, caro il mio zero,
spezzo il tuo sogno, ma per davvero!

Tieniti stretta una preghiera,
soprattutto quando vien sera,
con Ozzy mando Guccio
a ribaltare il tuo lettuccio.

Suicidio e solitudine, malinconia e disperazione,
me le mangio a colazione perchè sono un bruto, un bruto, sì!
CK Tu i dischi della mia lista li possiedi, perché ti piacciono e ti devi quindi inchinare alle mie scelte indiscutibilmente meravigliose. Io molti dei tuoi dischi merdavigliosi non li ho perché mi fanno schifo. D'altra parte puoi mica pretendere che abbia un disco di Kid Rock? Oh, nei 90s i dischi si pagavano e 40mila delle vecchie lire le buttavo nel cesso piuttosto che per un disco sciacquone del genere. E comunque, tu come i tuoi ometti mascherati da Kiss e Slipknot sei solo un duro di facciata e di apparenza e a colazione mangi giusto i Tarallucci. Per il resto del tempo passi la giornata a disegnare cuoricini intorno alla foto di Ben Harper appicciata sul tuo diario.
JF Io i dischi della tua lista li possiedo perchè ho gusti molto più variegati dei tuoi, anche se non lo ammetterai mai. Un pò come il fatto che i cuoricini sui diari, probabilmente, li metti tu, e mi usi come spaventapasseri per non deludere i tuoi fan. Ma tranquillo, io non ho paura e ho le spalle larghe. E mi mangio i Tarallucci senza problemi, intingendoli in un pò di Jack Daniels prima di venire a frullarti come si deve.
CK Li possiedi, ma se poi preferisci i dischetti di Ben Harper o Kid Rock a Ok Computer i tuoi gusti non sono variegati, ma solo avariati.

3. Nirvana “Nevermind” (1991) e “In Utero” (1993)
CK Ed eccoci arrivati alla discussione forse più attesa e pericolosa dell’intera nostra serie di blog wars: quella sui Nirvana e su Kurt Cobain. Ho scelto 2 dischi, e Mr. Ford me lo concederà dopo il doppio Johnny Cash e se non me lo concede me ne sbatto e li metto lo stesso, perché senza Nevermind non si dovrebbe nemmeno avere il diritto di parlare, degli anni ’90. Capito Ford?
Al di là di “Nevermind”, quel capolavoro universalmente riconosciuto da tutti tranne uno (il mio rivale), che ancora oggi a 20 anni di distanza è l’esperienza rock e punk più incredibile si possa provare, personalmente sono affascinato soprattutto da come Cobain abbia reagito al successo mondiale di quell’album, a come se ne sia sbattuto di quel successo, a come abbia tirato fuori un disco di puro alternative rock come “In Utero”, in cui a chi gli chiedeva un’altra “Smells like teen spirit” lui ha risposto ironicamente con “Rape me” (Strauss-Kahn: non era un ordine da seguire alla lettera!). Una fuga dal successo pazzesca da concepire, soprattutto in tempi odierni in cui a un pirla chiunque basta passare 15 minuti dentro la casa del Grande Fratello per considerarsi Dio. A Kurt invece importava solo della sua musica, non delle maledette luci della ribalta, e infatti da queste è finito per rimanerne schiacciato. Non solo da queste, comunque, ma anche dalla sua nota dipendenza da eroina e dai suoi problemi serissimi allo stomaco. E qui veniamo al punto che a Mr. Ford probabilmente preme di più: come per i Joy Division di Ian Curtis, non potendo dire nulla sul valore indiscutibile della musica va a toccare questioni personali, personalissime. Cosa ne sai tu dei dolori lancinanti allo stomaco di Kurt? Io non li conosco e quindi non mi permetto di discutere sulla sua scelta. A te comunque se vuoi li faccio conoscere con un paio di pugni ben attestati ahahah!
Comunque io preferisco giudicare gli Artisti da ciò che hanno fatto in vita, piuttosto che dal modo in cui sono morti. E se non ti piace la musica depressa, lacerante e bellissima di Kurt, che ti devo dire? A me ogni volta provoca ancora una fitta al cuore e tu se vuoi vai pure ad ascoltarti la Macarena!
JF Giustamente ricambio il favore dei sixties accettando di buon grado uno dei protagonisti indiscussi delle blog wars: Kurt Cobain.
Ovviamente tu, che sei una fashion victim della peggior specie, ti fermi alla superficie e scegli due lavori bellissimi ma invecchiati male come Nevermind e In utero preferendoli all'Unplugged, all'interno del quale sì che si notava tutta la sofferenza del leader dei Nirvana rispetto al successo che l'aveva investito, una roba da pelle d'oca che tocca nel profondo anche il sottoscritto. Detto ciò, passiamo ai punti dolenti.
Sinceramente, del mal di pancino di Cobain - forte o no che fosse - non mi frega proprio una fava secca: puoi avere tutti i mali del mondo, ma se a neppure trent'anni ti guardi attorno e hai il successo, un genio musicale incredibile, una figlia appena nata, i soldi, un pubblico che ti adora e la strada in discesa verso il mondo, e decidi di buttare tutto via perchè sei piccolo e fragile allora fanculo, sei proprio un povero stronzo che non si sarebbe meritato nulla di tutto quello che ha avuto al pari dell'ultimo dei minchioni del Grande Fratello. Ci sono persone che lottano tutta la vita per una briciola di quello che tu hai avuto, o avresti potuto avere, e tu, poverino, ha la bua al pancino e per alleviarla ti fai di eroina e se non basta la fai finita!? Bravo, complimenti.
Ma sai che ti dico, caro il mio piccolo, fragile Kurt? Non sei affatto bruciato subito, perchè non sei bruciato affatto. Tu eri morto già prima di iniziare.
E da queste parti, si ama la vita. Quindi prendi tutte le tue cazzo di stronzate, schiacciale bene nella cartuccia, e rilassati: ci penso io a premere il grilletto.
Direi che con questo ho appena sancito l'inizio della terza guerra mondiale. :)
CK Guarda, non provo pena per te (ai mostri non la concedo), ma solo per chi avrà la sfortuna di leggere, purtroppo anche sul mio blog, una delle più grandi maree di bestemmie e assurdità che mi sia mai capitato di vedere contenute tutte insieme in una volta sola su uno dei più grandi di sempre. Non solo in ambito musicale. Chi spara a zero giudizi del genere su persone e scelte assolutamente private e personali che nemmeno conosce, lui sì che per me è davvero bruciato nel cervello. O più semplicemente dentro al cranio ha solo delle scimmie urlatrici.
Ad essere invecchiati male comunque non sono certo Nevermind o In Utero (per dire, i Foo Fighters con lo stesso sound sono attualmente ai vertici delle classifiche mondiali), ma, come le tue parole oltre che le tue scelte musicali confermano: sei solo tu.
JF Kurt Cobain sarebbe uno dei più grandi di sempre in ambito musicale - e potrebbe starci - e non solo!? E cosa sarebbe questo "non solo"? Ha rifiutato i soldi, il successo, la vita? Bene, bravo, bis. Ops, niente bis. Non ci sono bis, una volta che sei schiattato.
I grandi di sempre sono ben altri. Mi vengono in mente giusto Gandhi, o, visto che sono i giorni giusti, Giovanni Falcone.
Cobain era soltanto un ragazzino viziato con molto più talento di quanto si sarebbe meritato.
Purtroppo, però, come dice il vecchio Clint, "i meriti non c'entrano, in queste cose", e così mi devo anche sopportare tutte le tue fregnacce sui mostri neanche fossi Von Trier. E poi scusa, non sei tu che sostieni la distruzione dei miti e delle leggende? Tu prenditi il resto, che io demolisco con grande piacere tutto il Nirvana dei tuoi amichetti grunge. E dopo essermeli pappati, li cago volentieri dritti in fondo all'Inferno.
CK Di Kurt e dei Nirvana rimarrà comunque per sempre l'unica cosa di cui tu non hai parlato: la musica.
JF Rimarrà, come ho più volte sottolineato, ma per me resteranno sempre un passo fuori dalla cerchia di quelli che continuerò ad ascoltare e ricordare.

4. Garbage “Garbage” (1995)
CK Questo esordio dei Garbage rappresenta il mio suono ideale in assoluto: la voce sensuale, dolce e all’occorrenza incazzata di Shirley Manson, melodie pop dietro un muro di chitarre distorte, basi elettroniche a rendere il tutto più ritmato. Per me in pratica l’estasi musicale, roba da raggiungere il Nirvana (e non a caso della band fa parte Butch Vig, il produttore di Nevermind). Canzoni mitiche come “Only happy when it rains” (sì, un inno alla depressione e al lato dark alla facciazza tua, Sunny Fordy di ‘sta cippa), “Stupid Girl”, “Queer” e la spettacolare “Milk”.
E sì: Garbage significa “spazzatura” ma in fondo al cassonetto Ford finisce solo la tua musica.
JF Dopo lo sfogo contro Cobain, sinceramente, non spreco neanche un briciolo di energia per questa roba da fighette.
Con dischi come questo non spreco neppure le bottigliate.
Se non altro, almeno sono stati onesti, e hanno rivelato la loro natura già nel nome.
CK Cos'è, sono finito su Scherzi a parte oppure in un mondo parallelo? Uno che si ascolta Kid Rock, Ben Harper e i Kiss ha qualcosa da ridire sugli spettacolari Garbage???
Ma poi spiegami: sono roba per fighette solo perché la cantante è una donna? Ah già che nella tua misogina e maschilista visione del mondo per te le donne dovrebbero starsene solo in cucina e non a fare musica. D'altra parte in 40 anni di dischi ne hai citata solo una. E se Tracy Chapman è stata per te la più grande artista musicale femminile del secolo, direi che hai una visione davvero moooolto discutibile...
JF Hai qualche problema con le donne, Cannibale? Perchè io sono tranquillo, in questo senso, con o senza citazioni. Tracy Chapman è una grande artista, troppo troppo lontana dai Garbage in toto, che mi fanno letteralmente vomitare a prescindere dal sesso. E trovo alquanto ridicolo che venga accostato il nome di Ben Harper - uno che suona, e cazzo se suona! - ad una band che, praticamente, vive di produzione, e i cui strumentisti, probabilmente, sono in grado di suonare poco più di quanto potrei fare anch'io con qualche ora al giorno di pratica per, diciamo, al massimo sei mesi.
CK Essere bravi tecnicamente è una cosa. Avere talento e fare grande musica (anche con l'elettronica, i computer e la produzione) un altro.
JF Credo che anche il tuo amico Kurt si rivolterebbe nella tomba a sentirti dire che i Garbage fanno grande musica.
CK Tra loro ti ricordo che c'è anche Butch Vig, produttore di Nevermind (ma anche di dischi di Smashing Pumpkins, Sonic Youth e Foo Fighters) e a Kurt credo proprio sarebbero piaciuti.

5. Radiohead “Ok Computer” (1997)
CK Un disco di una grandezza infinita e per me di un’emozione pura data dai geniali cambi di “Paranoid Android”, dalla voce lacerata di “Karma Police” ed “Exit music (for a film)”, ma andrebbe citata ogni singola canzone. Tu però avrai sempre giudicato i Radiohead troppo radical-chic...
Karma police, arresta Mr. Ford per favore, suona come una stazione non sintonizzata sulla frequenza giusta: quella dei Radiohead. Se si chiamava KO Computer sarebbe stato il tuo disco, caro vecchio antiquato Ford. Peccato sia il contrario e ad andare KO sarai solo tu (vedi il mio rap successivo).
JF Qui non ho nulla da dire: è un disco che anche io ho amato moltissimo, e nella mia decina non è entrato soltanto perchè ho in serbo un loro lavoro - il mio preferito di Yorke e soci - per gli anni zero. Ogni tanto, in mezzo al delirio mentale che lo domina e lo porta a scelte discutibili come quella dei Garbage, anche il Cannibale ha momenti di lucidità.
Meno male, altrimenti a furia di menare bottigliate finivo per dislocarmi una spalla!
CK D'altra parte sei solo capace a fare il figo contro i morti... Ma tanto tranquillo che te le pigli pure da loro!
JF Sinceramente, a Thom Yorke potrei dare una manica di botte anche da ubriaco. Quindi mandamelo pure, se proprio ci tieni!

6. Bjork “Post” (1995)
CK La folletta (in tutti i sensi) islandese è stata tra le prime ad avvicinarmi alla musica elettronica, flirtando con i suoni della fantastica scena trip-hop del periodo (cito Portishead, Massive Attack, Tricky e Lamb rimasti fuori a malincuore dalla mia lista). Pure “Debut” e quella meraviglia assoluta di “Homogenic” sono degli spettacoli di dischi, però è da qui che ho cominciato ad amarla e a seguirla in tutte le sue mutazioni.
“Army of me” è una bomba atomica che ti riduce come Hiroshima, Ford non mon amour.
Ma soprattutto ti invito a risentirti “It’s oh so quiet”, giusto per capire cosa voglia dire innovare all’interno della tradizione. E poi fila dritto a casa zitto.
Shhhhh
Shhhhh
JF Mi stupisco che un ragazzino moderno e sempre attento all'innovazione come te, caro antagonista, possa addirittura citare Hiroshima mon amour, ma evidentemente la mia influenza sui film Classici sta cominciando a dare i suoi frutti.
Detto questo, grande rispetto per la folletta, che ha regalato una serie di dischi incredibili e pezzi memorabili come l'appunto esplosivo Army of me.
Perchè lo so che Cannibale continua a pensare che io stia a mangiare carne crude nella prateria tutto il tempo, ma la scena elettronica degli anni novanta la conoscevo quando ancora lui si schiacciava i brufoletti ascoltando le sigle dei cartoni animati.
Lavori come Dummy o Mezzanine, giusto per citare i più universalmente noti, sono rimasti fuori dalla mia decina solo per una questione di scelte di cuore, più che di ragione.
Perchè come già più volte detto, il cowboy Ford resta clamorosamente più eclettico nelle sue scelte del settoriale e radical chic Cannibale.
CK Mi stupisco che un vecchio dentro come te riesca a usare un computer.
Eclettico tu? AAHAHAHAHAHAHAHAHAHAAAAH che risate! A parte AAHAHAHAHAHAAAAAAAAAAHAHAH - scusa ma questa è la battuta più divertente che ti abbia mai sentito raccontare - ok, mi ricompongo e torno serio: a parte qualche rara eccezione che hai messo giusto per fingerti alternativo e chic come me -tentativi tra l'altro falliti miseramente-, quella che ci hai proposto finora qui in questi 40 anni musicali è stata solo la più grande rassegna di pseudo cantautoroni finto machi mascherati cui io abbia mai assistito. E sinceramente me la sarei anche risparmiata.
JF Io, almeno, ho osato. Tu sei stato al calduccio nelle tue pantofoline da britpopparo elettronico senza mai uscire dal seminato. Meno male che dici di amare gli innovatori!
CK Confondi l'osare con proporre dischi che fanno semplicemente schifo. Bjork, Thom Yorke, Chemical Brothers, Damon Albarn, Trent Reznor... di innovatori io ne ho parecchi, tu chi hai? Ben Harper???
JF Non ho mai detto che non siano stati innovatori, i nomi che citi. Provocavo solo dicendo che non lo sei stato tu, con le tue scelte prevedibili. ;)
CK Quindi per il gusto di fare l'innovatore avrei dovuto escluderli? Ormai ti stai arrampicando sugli specchi, Ford...

7. Chemical Brothers “Dig your own hole” (1997)
CK La scena elettronica degli anni Novanta è stata un autentico spettacolo, tra Prodigy, Fatboy Slim, Underworld, Orbital, Goldie, Daft Punk (ma di loro credo riparleremo nel prossimo decennio…). Ovviamente tu Ford manco sai di che sto parlando… La mia scelta comunque è caduta sul disco più notevole dei fratelli chimici.
Un album ancora oggi di una potenza devastante dall’inizio alla fine, alla faccia delle tue banderuole oramai strasorpassate che non ascoltano più nemmeno nei peggiori bar per motociclisti zarri. Questa è la psichedelia di oggi e i King Crimson li possiamo vedere giusto visitando Jurassic Park. Quando partono le note di “Block rockin’ beats” e “Setting Sun” la voce di quel certo Mr. James Ford che ripete “anni Novanta depressi bla bla bla” è solo un rumore di fondo che il DJ sfuma via veloce. Mentre tutto il mondo balla senza sosta tu te ne stai seduto in un angolino insieme al tuo triste wrestler Randy the Ram sparito nel nulla con gli anni ’80, proprio come il vostro sport preferito. Chi fa festa, adesso? Chi? Oh cavolo, Ford, è già mezzanotte, forse è meglio se lasci il locale, ché al ricovero c’hai il coprifuoco.
Come dici?
Parla più FORTE che non ti sento, la musica è troppo ALTA. Mi spiace, ma proprio NON TI SENTO FORD!
JF Cannibale, guarda che mentre tu stavi in pista a ballare agitando tutto il tuo corpicino da teen Randy the Ram giocava al pompiere in compagnia della tua accompagnatrice.
Come dici!? Che questo pezzo è fighissimo da ballare!?
GUARDA CHE RANDY THE RAM E' CHIUSO NEL BAGNO CON LA TUA RAGAZZA!
Lo so che non si sente niente! E' la musica, troppo alta!
CK Sì, bravo bravo. Intanto sia lui che te senza dosi ingenti di Viagra in bagno vi chiudete solo perché siete incontinenti e ve la fate continuamente sotto. D'altra parte tra wrestler e gruppi sfigati mascherati vari, fate bene a farvela addosso dalla paura!
JF Il giorno in cui io avrò bisogno del viagra tu e i tuoi amici eroinomani non avrete più bisogno di rifugiarvi nei vostri nirvana artificiali. Quindi temo che sarà molto, molto lontano.

8. Jeff Buckley “Grace”
CK No, ma questa devi proprio spiegarmela, Ford.
Kurt Cobain e Ian Curtis, che avevano seri problemi fisici (stomaco ed epilessia), tu li consideri dei depressi malati di mente. Jeff Buckley e Jim Morrison, le cui morte sono molto misteriose, solo perché ufficialmente non sono stati riconosciuti suicidi invece sono ok. Sei per caso un suicidofobo?
Bah, io come detto comunque preferisco giudicare gli artisti in base alla musica e la grandiosità, l’intensità, la profondità, la grazia del disco di Jeff Buckley ci trova per una volta d’accordo. C’è davvero da intonare un “Hallelujah”!
JF Non spreco altre parole su Cobain, Curtis e la mia posizione rispetto ai loro suicidi.
Grido solo Halleluja!, perchè con questo disco si toccano vertici così alti e mitici da mettere d'accordo perfino noi.
Jeff rules!
CK Hai detto bene: "sprecare" parole. Vuoi regalarci qualche perla pure su Van Gogh?
JF Appena facciamo un post sulla pittura, volentieri. Tu ce la fai, nel caso?
CK Sì, se vuoi ti faccio anche un disegnino dove ci sono io che getto i tuoi dischi nel cesso.
9. Nine Inch Nails “The Downward Spiral”
CK Sorry Fordy, ti tocca beccare un altro po’ di depressione esistenziale più che adolescenziale, con Mr. Self Destruct ma oggi anche premio Oscar Trent Reznor. Indeciso con il grandioso doppio The Fragile in cui anticipa le sue future doti da compositore di colonne sonore, alla fine ho optato per questa spirale discendente nelle profondità dell’abisso umano.
Riascoltato oggi è ancora un disco di un impatto estremo e violentissimo, seppure anche con sapienti momenti di dolcezza (o quasi), come nella conclusiva “Hurt”, poi ripescata dall’amato (per una volta da entrambi) Johnny Cash. Almeno sulla grandezza di questa canzone converrai pure tu. Altrimenti, parafrasando Trent:
“Fooooord is deeeead.
And noooone caaaaares!”
JF Un disco depresso, è vero, ma anche energico e grandioso, tra i più riusciti del decennio, ma distante per approccio dal punto di vista fordiano tutto chitarra e fuoco da campo.
Tanto che Hurt, un pezzo incredibile, è stato riportato alla mia mitologia grazie a Johnny Cash, che ha preso il lavoro stupefacente di Reznor portandolo ancora più in alto.
Ma di questo parleremo nel prossimo decennio.
CK Un disco distante dal punto di vista fordiano? Non finirò mai di ringraziarti, Trent!!!
JF Dovresti ringraziarlo davvero, perchè lui è uno che è cresciuto e si è evoluto. Mica come il teen spirit!

10. Lauryn Hill “The Miseducation of Lauryn Hill” (1998)
 
CK La voce di Lauryn Hill è un miracolo, basti sentire la sua rilettura di “Killing me softly” su quell’altro capolavoro hip-hop che è “The Score” dei Fugees (quello dei Fugees ricordo che è stato il primo cd in assoluto che ho comprato). In questa miseducazione solista ci insegna tutto quello che c’è da sapere sullo stile del soul, sulla classe dell’R&B e sulla cazzutaggine del rap. Tutto realizzato da una donna sola, una persona di grande ispirazione che mi dà anche il pretesto per presentare un mio nuovo rap.

Ecco un freestyle dedicato a te, Mr. Ford.
Vuoi il wrestling? Io ti do la boxe…
In ogni caso te le prendi!

DING
Round round round: round uno
se tu sei il mare io sono il Dio Nettuno
se sei una foglia io son l’autunno e ti faccio il culo
se tu sei Berlino io ti tiro su un muro
ma sei un finto duro
te sciogli al sole come er buro

DING
Round round round: round due
tiro più io di un pelo di figa su un bue
se non ti piace quello che vedi metti pure Rai2
dico tante cazzate ma sempre meglio delle tue
come gli Spandau: I know this much is true
vai in un angolo a piangere ue ue ue

DING
Round round round: round tre
pensi sia arrivata per te l’ora del the?
No ti sbagli ti butto giù a colpi di karaté
Mr. Ford lo conoscete? Io non so chi cazzo è
uno che le piglia da me è peggio di un bebé
sì lo so adesso me ne vado pure io a caghé

DING
Round round round: round quattro
ti senti sotto assedio? No, sei sotto sfratto
questo è un ricatto
perché io non conosco il tatto
proprio me ne sbatto
adesso me ne sto quatto quatto
poi scatto e ti schiaccio come un ratto
hai capito bene? sì, esatto
dichiaro scacco matto!

DING suona la fine dell’incontro e t’ho mandato K.O.
DING è giunto il tuo ultimo giorno e gridi solo: “No no no!”
JF E così, neanche il tempo di credere che tu possa essere rinsavito, che piazzi come ultimo disco un album sopravvalutatissimo che non ha nulla a che spartire con gli immensi dischi di genere black e hip hop usciti nel corso di un decennio ricchissimo, che ha visto protagonisti Notorious, i Wu Tang, Erikah Badu, i Roots e miei adorati Cypress Hill.
E tu, scellerato, scegli Lauryn Hill!? Avrei approvato con molto più entusiasmo un disco bellissimo come Crazysexycool delle TLC, piuttosto.
Ma del resto, da uno che preferisce 2Pac a B.I.G. non c'era da aspettarsi altro.
E alla tua boxe freestyle non posso che rispondere con un pò di sano wrestling.

Pyros, intro, musica sparata,
questa per Cannibale non è una gran serata,
perchè sul quadrato non c'è Cobain,
ma Ford, che non è l'event, ma il main!

Qui non ci sono round, solo una gabbia
colpi così forti da ridurti come sabbia,
un superkick dritto sulla faccia
le tue rime fasulle son ridotte a carta straccia!

Il pubblico inneggia, fiato sospeso,
e tu sei a terra, lungo e disteso,
volo dalla cima, come un luchador,
e Beck in prima fila canta "sei un perdedor"!
Caro Cannibale, qui sei nel mio campo,
avversari come me non sono del tuo stampo,
e mentre festeggio il titolo mondiale,
a te non resta che piangere: il vecchio Ford ti ha fatto male!

CK I miei dischi possono anche essere sopravvalutati, la gran parte dei tuoi no perché mai nessuno li ha considerati di alcuna rilevanza nè per la storia della musica, nè per gli anni '90, nè per l'anno in cui sono usciti e nemmeno per il giorno in cui sono stati pubblicati. Lauryn Hill è grandiosa, ma da chi osanna Kid Rock e insulta Kurt Cobain ormai ho perso ogni speranza che sia anche solo lontanamente recuperabile. Comunque ecco le mie rime fiche in risposta alle tue parole stitiche.

Hai fatto su un gran baccanale, certo non mi hai fatto del male
sei giusto un vecchio maiale, il proverbio cinese dice: "Fold vai a cagale!"
delle robe che hai detto potresti fare lo spelling?
visto che a me e al resto del mondo non frega un cazzo del wrestling
La tua musica dell’ano è proprio roba da matti
ti caccio via da Milano insieme alla Moratti
guarda invano cadere il tuo Fordismo
è superato ormai come il Berlusconismo

Il pubblico sta tutto dalla mia parte
perché tu manco hai idea di cosa sia l'arte
fetente sai solo scherzar con la morte
lascia la musica a me, tu meglio se ti dai alle torte
Le tue rime -scusa se sbadiglio- sono rugose
quanto le mie -lontane da te un miglio- son goduriose
hey di Kid in giro c'è solo Cannibal
Kid Rock lo do a merenda a Lecter Hannibal

Meglio di Lauryn Hill le TLC?
guarda smettila di prendere l'ecstasy
ti senti tanto crazysexycool?
ah Ford, ma vai a dar via il cul!
Ti fingi figo con i Beastie Boys
quando in autoradio ascolti solo i Backstreet Boys
ah no, scusa, fa niente
nemmeno hai ancora la patente
quindi vedi di lasciar riposare in pace Kurt
e vattene a fare un giro coi bimbi sui go-kart!
JF

Guarda bene, insulti anche il cinese
è proprio vero che il tuo rap è senza pretese,
vuoi lo spelling? Certo, subito servito
lo batto come morse - crack! - dito per dito!

Kid, arrivi tardi, me ne sono già andato,
ma tu, come la Moratti, presto finirai cacciato!
Perchè di Cannibale la dottrina
la può seguire sol chi si fa d'eroina!

Meglio re all'inferno che servo in paradiso,
scriveva John Milton con il sorriso,
ma tu, oltre a ridere, non sai campare,
altro che Joker, ti devi ritirare!

Le rughe sono tutta, tutta esperienza,
cicatrici di vita, viva la Resistenza,
tu che sei imberbe, oltre che strafottente,
a parte la tua casetta non conosci niente!

Ai Prodigy lascio pasticche ed illusioni,
mi tengo il fuoco, e le mie canzoni.
Perchè i tuoi drift sono fatti da catorci,
e le mie parole tutte perle ai porci.
La patente, tranquillo, non ho fretta arriverà,
anzi è già qui, anche solo per metà.
Così al momento giusto, sfrecciando senza freno,
troverò il piccolo Kurt, in culo all'arcobaleno.
E con forza schiaccerò quello che è il vero peccato,
da una vita vissuta essere scappato.

CK
Sai qual è il tuo problema con Cobain?
tutta invidia perché non hai talento che scorre in vein
prova prova -dai!- tanto sarà solo in vain
lascia stare -ahi!- per te arriverà solo del gran pain
JF
Al buon, vecchio Kurt - poverino, che pena! -
è l'eroina l'unica cosa a scorrere in vena,
e l'invidia non ce l'ho, perchè lui sta sotto terra,
e invece io son qui dei blog a far la guerra!
E così dopo una lunga battaglia senza tregua e non priva di colpi bassi, abbiamo esaurito anche gli anni '90.
La prossima settimana ci sarà l'ultimo scontro sul ring musicale. Tema, ovviamente, gli ANNI ZERO!

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