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mercoledì 22 luglio 2020

White Russian's Bulletin



Come preannunciato e promesso, eccomi di ritorno al bancone del Saloon per un Bulletin che riprende le proposte passate da queste parti nelle ultime settimane, revisioni escluse - da questo punto di vista, è stato sicuramente un periodo in cui farsi coccolare da film già visti, stravisti e amati è stato un vero piacere -: principalmente si tratta di titoli legati a Netflix, la piattaforma che sta riscuotendo più successo nel nuovo Saloon, nonostante l'incalzare dei sempre presenti Disney+ e Prime, che hanno però fatto da serbatoio per i recuperi.
Spazio dunque a quello che la memoria mi permette di ricordare dei titoli che mi hanno fatto compagnia dalla seconda settimana di giugno a oggi.


MrFord



BORDERTOWN - STAGIONE 3 (Netflix, Finlandia, 2020)

Bordertown Poster

A cavallo dell'ultima fase del lockdown, alle spalle le visioni delle prime due stagioni nel periodo di piena clausura, Netflix aveva arricchito le sue proposte con l'annata numero tre legata alle vicende del Rocco Schiavone finnico, Sorjonen, anticonvenzionale profiler che dallo "stress" di Helsinki si trasferisce a Lappeenranta, sul confine russo, alla ricerca di una tranquillità che ovviamente non arriverà mai e poi mai.
Archiviati i primi episodi in lingua originale - una volta compreso che il finlandese non è propriamente un idioma affascinante per l'udito -, ho atteso l'edizione doppiata che ha momentaneamente chiuso le avventure dell'investigatore: una terza stagione a mio parere di transizione, con molti cambi importanti - la morte della moglie, il confronto con una nemesi da fumetto, la strana evoluzione del charachter della figlia, i possibili sbocchi narrativi per una possibile season four - e, forse, un pò più di discontinuità rispetto alla seconda.
Resta una proposta valida per gli appassionati di thriller e psicopatici, anche se, onestamente, con il caldo degli ultimi giorni forse andrebbe conservata per il prossimo inverno.




BECOMING CHAMPIONS (Netflix, Messico, 2018)

Becoming Champions Poster

Nata per veicolare l'attenzione sui Mondiali di due estati fa, Becoming Champions è una miniserie che ho apprezzato come compagnia per le pause pranzo, da appassionato di calcio - in fondo, pur essendo un tifoso molto tranquillo, lo sport più bello del mondo mi ha accompagnato fin dall'infanzia - e da appassionato della rassegna iridata, un appuntamento che, ad ogni occasione, mi trova sempre molto coinvolto nella visione di più partite possibili: questa mini, pur se molto televisiva, offre una panoramica sulle sole otto Nazionali che, nel corso della Storia, sono riuscite a portare a casa la Coppa del Mondo, il premio più ambito che ogni calciatore potrebbe sognare di vincere.
Il Brasile (con cinque titoli), l'Italia e la Germania (con quattro), Uruguay, Francia e Argentina (con due), Spagna e Inghilterra (con uno) diventano quindi una sorta di viaggio sportivo che attraverso interviste e rivisitazioni racconta - o prova a farlo - i perchè delle vittorie e delle sconfitte di questi Paesi. Una parentesi piacevole in un periodo che, senza dubbio, ha messo a dura prova anche lo sport.




THE TITAN GAMES - STAGIONE 1 (Netflix, USA, 2019)

The Titan Games Poster

Sponsorizzato dai Fordini - come ormai è risaputo, la Fordina ha da tempo dichiarato di voler sposare The Rock - e recuperato in ritardo rispetto a loro, The Titan Games ha riportato alla mente i tempi di Ultimate Beastmaster, finendo per intrattenere alla grande un vecchio sportivo che rifiuta di darla vinta al Tempo come il sottoscritto.
Divertente ed incentrato sulle storie di persone comuni, lo show capitanato da Dwayne Johnson fa tutto quello che deve fare, e per quanto pacchiano e a stelle e strisce sia, funziona, anche perchè per chi è abituato a fare attività fisica la curiosità di mettersi alla prova con prove come quelle portate sullo schermo è davvero molta.
Personalmente, dato che ormai il suddetto Tempo non è dalla mia parte, spero sempre di vedere, un giorno, uno dei Fordini - o entrambi - competere in qualche tamarrata di questo genere.
Ovviamente sempre con The Rock come host.




EUROVISION SONG CONTEST - LA STORIA DEI FIRE SAGA (David Dobkin, USA, 2020, 123')

Eurovision Song Contest - La storia dei Fire Saga Poster

In un annata per cause di forza maggiore privata delle uscite in sala, i portali di streaming sono diventati ancora di più un riferimento anche per le nuove uscite, finendo per portare alla ribalta anche titoli che avrei clamorosamente snobbato come questo, islandese per esigenze di copione ma per nulla di fatto, espressione di quella commediaccia a stelle e strisce che nelle serate senza impegno va un gran bene, anche perchè, come per Sanremo o l'Eurovision, se anche ci si addormenta e si perde un pezzo per strada, tutto sommato non fa troppo male.
A dire il vero, comunque, sarà che Will Ferrell finisce sempre per divertirmi, sarà che l'Islanda è un chiodo fisso che prima o poi dovrò togliermi o che il rapporto padre/figlio mi colpisce da qualsiasi angolazione lo si tratti, ma tutto sommato ho apprezzato La storia dei Fire Saga come visione senza impegno, finendo addirittura per apprezzarlo nel suo essere così com'è.
In fondo, fare i puristi e gli snob - che si tratti di Cinema o altro - serve sempre fino a un certo punto.
E la canzone trash, in fondo in fondo, piace a tutti.




THE OLD GUARD (Gina Prince-Bithewood, USA, 2020, 125')

The Old Guard Poster

Altro giro, altra produzione Netflix: chiudo questo primo Bulletin più corposo con uno dei titoli più pubblicizzati dalla popolare piattaforma in questo periodo, forte di un cast e di una produzione assolutamente da distribuzione su grande schermo globale e di un plot che pesca a piene mani dall'eredità action degli anni ottanta e novanta.
Peccato che, per qualcuno che in quegli anni è quasi nato e senza dubbio cresciuto, The Old Guard appaia come qualcosa di molto telefonato e già visto, che scorre via senza colpo ferire e si dimentica non troppi minuti dopo la visione, in barba a quanto, a conti fatto, possa menarsela di poter fare.
Per quanto mi riguarda, prevedibile, troppo lungo e per nulla in grado di sfruttare un cast che senza dubbio porta in dono un concentrato di talento ben diverso da quello che script e regia garantiscono.
Si lascia guardare, ma è un pò come uno di quegli appuntamenti con la figa di turno che dopo cinque minuti vorrei che fosse già finito, perchè sai bene dentro di te che sarà una lunga, lenta, inesorabile morte per noia.


lunedì 27 aprile 2020

White Russian's Bulletin



La primavera è esplosa, la quarantena prosegue - anche se, fortunatamente, comincia ad intravedersi qualche spiraglio di "liberazione" - e anche in casa Ford cerchiamo di limitare i danni dando più spazio possibile alle serate Cinema con i Fordini, che spero possano ricordare questi momenti in un modo più gioioso di quanto non sia stato possibile per noi vecchi del Saloon. 
Spazio, dunque, accanto a Netflix e affini, alla prima cavalcata con Il signore degli anelli dei giovani eredi del vecchio cowboy.


MrFord


GLITCH - STAGIONE 1 (Netflix, Australia, 2015)

Glitch Poster

In pieno recupero da quarantena, che probabilmente ha rappresentato un'occasione per tantissime proposte da piccolo schermo semisconosciute, è giunto al Saloon l'australiano Glitch, ambientato in una ipotetica cittadina dell'entroterra del continente "down under" e basato sull'interessante intro legato al ritorno dalla morte di alcune persone trapassate in contesti ed epoche diverse, tra le quali appare subito come fondamentale la figura della moglie di uno degli agenti di polizia della città, morta neppure due anni prima, che ritrova il marito sposato con la sua migliore amica ed in procinto di diventare padre.
Le idee sono interessanti, la prospettiva per la seconda e terza stagione buona, il cast risulta abbastanza azzeccato - mio preferito assoluto il buon Fitzgerald, una specie di Crocodile Dundee, il più fordiano dei redivivi -, pesa forse una realizzazione a budget senza dubbio limitato e dal taglio molto televisivo.
Per il momento ci rifletto, i tempi comunque di socialità sfrenate, del resto, sono ancora parecchio lontani.




IL SIGNORE DEGLI ANELLI (Peter Jackson, Nuova Zelanda/USA, 2001/2002/2003)

Il Signore degli Anelli - Il ritorno del re Poster


Una delle cose più belle di essere un grande appassionato di Cinema è senza dubbio quella di poter trasmettere questa stessa passione ai propri figli: che diventino a loro volta fan della settima arte oppure no, avere la possibilità di vedere le emozioni che suscitano titoli che hanno costruito il percorso fatto dall'infanzia all'età adulta in noi è qualcosa di stupefacente, davvero magico.
Approfittando della quarantena e trasformandolo grazie alle versioni estese in una sorta di miniserie in sei puntate, ho potuto vivere la "prima volta" dei Fordini di fronte all'affresco dipinto da Peter Jackson legato al mitico romanzo - che, lo ammetto, non ho mai amato - di Tolkien: il risultato è stato una cavalcata divertentissima, dalla paura provata dai piccoli Ford nelle miniere di Moria alle imitazioni che ora fanno di Gollum, dalla passione del Fordino per Gandalf - anche se sembra più Peregrino Took - alle incitazioni all'indirizzo dell'esercito di "coloro che dimorano sotto la montagna" - detti più propriamente "fantasmi verdi" -.
Il lavoro di Jackson, anche a distanza di ormai quasi vent'anni, risulta sempre epico e magico, velato da quella malinconia da tempo che scorre ma che, se ben sfruttato, può trasformare una vita - anche la più piccola - nella più incredibile delle avventure.
Senza dubbio la meraviglia del Cinema, nel senso più puro e magico del termine, passa attraverso questa trilogia come in pochi altri titoli, e la rende e renderà sempre un Classico irrinunciabile.




TYLER RAKE (Sam Hargrave, USA, 2020, 116')

Tyler Rake Poster

Con le sale cinematografiche chiuse e le uscite scombinate, i network come Netflix diventano fondamentali anche oltre il piccolo schermo, assumendo il ruolo di bacino dal quale andare a pescare le eventuali novità del periodo: già puntato un paio di settimane fa, Tyler Rake - o Extraction - è il tipico action fordiano che indispettirebbe il Cannibale, tutto sequenze adrenaliniche, spari, botte e inseguimenti, costruito come se il fu Tony Scott incontrasse il Cinema action orientale.
Trama e personaggi sono piuttosto tagliati con l'accetta, e senza dubbio il motivo principale per il quale godersi la visione resta la qualità molto alta dei corpo a corpo e delle sequenze di combattimento, girate in uno stile davvero adrenalinico - ma non troppo tamarro, anzi, in stile The Raid - e tirate per il collo in modo da far restare senza fiato il pubblico.
Probabilmente i non appassionati potrebbero alla lunga patire le quasi due ore occupate per buoni due terzi dalla componente action, ma per chi apprezza Tyler Rake potrebbe diventare un piccolo guilty pleasure da quarantena da tenere buono per una qualche revisione anche in future serate da rutto libero e neurone spento.


giovedì 4 luglio 2019

Thursday's child



Nuovo appuntamento con le uscite in sala ed incredibile pubblicazione quasi in orario della rubrica che questa settimana vede come ospite d'eccezione ad affiancare me e quel tordo del mio rivale Cannibal Kid nientemeno che Giordano, che fortunatamente si è rivelato essere un discreto fordiano.
E tra horror e action stalloniani, l'estate è servita.


MrFord


"Meglio non far vedere a Sly cosa scrive il Cannibale su di lui, altrimenti quello vola a Casale a gonfiarlo di cazzotti."

Annabelle 3

"Sono Katniss Kid, e sono qui per farti compagnia."
Giordano: Il fatto che un franchise come Annabelle sia riuscito ad arrivare al suo terzo capitolo, penso la dica lunga sullo stato attuale del cinema. E degli spettatori. Ammetto di avere abbandonato la nave della bambolina inquietante dopo il primo film e da quel che ho sentito da chi, invece, ha scelto di proseguire temerariamente, mi sa che ho fatto bene. Questo "Annabelle 3", però, prova a rigenerarsi e a rilanciarsi inglobando Vera Farmiga e Patrick Wilson, i due protagonisti di " The Conjuring" - quello si che come horror non era male - che probabilmente, da contratto, hanno il dovere di immolarsi anche per la causa (persa) di uno spin-off che li riguarda marginalmente. Chissà se questo potrà bastare a risollevare interesse verso una saga che fino ad ora ha spaventato e interessato poco...
Cannibal Kid: Annabrutta per quanto mi riguarda è stata una delle esperienze cinematografiche recenti più terrificanti. Non certo perché facesse paura, ma perché realizzare una pellicola tanto noiosa senza la consulenza di Ford è qualcosa di shockante. O forse in gran segreto il Ford ha collaborato alla realizzazione di quel film – ma che dico film? – quello scempio. Dopo essermi risparmiato il sequel, credo proprio farò lo stesso anche con il sequel del sequel. Qui a Pensieri Cannibali non c'abbiamo mica tempo di stare a pettinà le bambole.
Ford: penso che Annabelle e il suo franchise siano senza dubbio uno dei punti più bassi mai toccati dall'horror a parte le merdine adolescenziali consigliate dal mio rivale Cannibal. Nonostante, dunque, il tentativo di recupero giocato sulla presenza della Farmiga e di Wilson - protagonisti dei due ottimi Conjuring - la voglia che ho di sciropparmi questa roba è più o meno la stessa di rimanere lontano da un qualsiasi alcolico per il resto dell'estate.

Escape Plan 3 - L'ultima sfida

"Buonasera, vorrei prenotare un volo per l'Italia e un autista che mi porti a Casale Monferrato. Rocky ha un ultimo match da vincere."
Giordano: Ecco, "Escape Plan 3" è già qualcosa di più stuzzicante. Anche qui terzo capitolo. Anche qui un franchise che non ha mai attecchito. Però il cinema di Stallone ormai - specialmente quello in cui è protagonista - per me rappresenta il cinema malinconico, testardo, di chi non ha intenzione di arrendersi alla terza età e decide di voltargli le spalle. Io mi immagino le sale cinematografiche che proietteranno "Escape Plan 3" piene di anziani con la maglia di Rocky o di Rambo: di romantici ottantenni tatuati - magari col catetere come compagno di posto - che guardano il loro mito e sognano anche loro, un giorno, di eludere il centro anziani e fuggire; di salvare una vita - la loro - e poi rifugiarsi nei boschi in attesa che qualcuno provi a stanarli e gli dica di tornare a giocare a briscola. Una proposta che da un lato li farà vacillare, e che qualcuno potrebbe trovare allettante, ma dall'altro potrebbe scatenare anche una battaglia epica che, sinceramente, non vorrei perdermi.
Cannibal Kid: Le prime parole di Giordano su Escape Plan 3 mi hanno fatto vacillare, lo ammetto. Poi però io stesso non avrei saputo dirlo meglio: i film con Stallone ormai sono giusto per “romantici ottantenni tatuati - magari col catetere come compagno di posto”. Che poi è la descrizione più accurata che abbia mai letto di James Ford. Considerando che lo stesso Stallone ha descritto Escape Plan 2 come il film più brutto della sua carriera – e sì che di film di merda è un campione – è presto intuibile il motivo per cui ha accettato di girare il 3. Sto parlando dei soldi?
Ma va, della gloria. E per tentare di realizzare un film ancora peggiore del precedente.
Ford: dice bene Giordano a proposito del Cinema malinconico e testardo di chi non ha intenzione di arrendersi, che si parli di età o di qualsiasi altra cosa. In fondo, Stallone sul grande schermo ha sempre rappresentato questo, e anche nei casi peggiori, il suo è un Cinema onesto, che è rimasto fedele a se stesso, in barba a quanto possano dire Cannibal e i suoi amichetti radical. Personalmente, che l'abbia fatto per soldi o per la gloria, poco importa: questo Escape Plan 3 non me lo perdo. Così come non mi perderei mai la battaglia epica descritta da Giordano.

Restiamo amici

"Quando Stallone è venuto a Casale a cercare Cannibal, non pensavamo ci sarebbe andato così pesante."
Giordano: Tra le uscite settimanali, una commedia nostrana. "Restiamo Amici". Con Michele Riondino, Alessandro Roja e Libero Di Rienzo. Che dire? Dal trailer sembra una di quelle commedie degli equivoci alla-Vanzina, una roba estiva, nulla a pretendere. Il regista è Antonello Grimaldi, uno di quelli che se vai a leggere la sua filmografia vedi grossomodo tutte fiction Mediaset - l'ultima, tra l'altro è il ritorno de "La Dottoressa Giò" - e quel "Caos Calmo" che ti fa pensare: ma non è che Wikipedia s'è sbagliata?! Ora, non avendo visto il film, non lo so se in questo caso ci troviamo più dalle parti di "Caos Calmo" o più in quelle de "La Dottoressa Giò", l'unico consiglio che posso dare, comunque, è che se sentite il bisogno di lanciarvi in questa esperienza cercate di andarci coi piedi di piombo. Anche perché non vorrei che rimaneste scottati di brutto e poi all'ospedale vi troviate ad essere curati da Barbara D'Urso.
Cannibal Kid: Il fatto che una pellicola diretta dal regista de La dottoressa Giò sia – e pure di gran lunga – il film più promettente della settimana, la dice lunga su quanto l'estate sia calata sulle sale cinematografiche in maniera funesta come una mannaia. O come il caldo di questi giorni. O come Ford che parla di cinema. Considerata la presenza del quasi sempre interessante Libero De Rienzo, Restiamo amici potrebbe anche essere una visione meno scemotta di quello che si potrebbe immaginare. Stuzzicato dal titolo di questo film, lancio inoltre una proposta a Ford: restiamo nemici.
Ford: caro Cucciolo, resto volentieri tuo nemico e nemico del Cinema italiano inutile delle commediole che continuano a proliferare senza portare nulla di nuovo o, quantomeno, provarci. Il Cinema di Sly sarà sempre lo stesso da quarant'anni, ma almeno ha più senso di tutti quei titoli che paiono il classico stereotipo dell'italiano che incontri all'estero quando viaggi ed eviti arrivando a fingerti di un qualsiasi altro paese nel mondo.

Ti presento Patrick

"Così sistemato sono più cuccioloso del Cucciolo Eroico."
Giordano: L'ultimo candidato ad accaparrarsi i bruscolini del box-office estivo è anche l'underdog del gruppo. Underdog perché, a pelle, dà l'impressione di essere l'uscita più debole della settimana, ma Underdog perché ha pure letteralmente un cane tra i protagonisti: e questo potrebbe portarlo a prendersi quella fetta di pubblico rilevante e che non ti aspetti. Qui davvero c'è da aspettarsi molto poco: con un Carlino che fa impazzire la protagonista tornata single, ma che poi - e non è spoiler, perché non ho visto il film, ma vado a intuito - la aiuterà a rimettere insieme i cocci della sua disastrosa vita. Magari sbaglio, è, ma sarà che quando vedo un Carlino io penso subito alla canzone di Califano (Piercarlino), quella in cui si lamenta di questo cane che a lui la vita non glie l'ha rovinata non migliorata. Sarà per questo, forse, che ora mi sto immaginando un bel crossover, una sorta di film Marvel intitolato "Patrick vs Piercarlino".
Si, questo, probabilmente, lo andrei a vedere. Sarebbe un colossal.
Cannibal Kid: Non vado d'accordo con i cani, non vado d'accordo con i film sui cani e non vado d'accordo con Ford. Cosa c'entra quest'ultima affermazione? Niente, però mi piace sempre ricordarlo una volta di più. E che nessuno osi presentarmi questo film, per favore.
Ford: più che presentarmi in sala per vedere questo film, mi presenterei volentieri a sorpresa a Casale Monferrato per portare Cannibal fuori per una notte da leoni da bravi nemici. Ma lui continua avere questa immagine del grosso cane da guardia che fa polpette del gattino sperduto, quindi continuerò a fargli credere che un giorno, aprendo la sua porta, gli si presenterà un ottantenne tatuato. E non sarà Stallone.

lunedì 3 dicembre 2018

White Russian's Bulletin



Nonostante gli impegni lavorativi, la desertificata blogosfera e Red Dead Redemption 2 che mi cattura sempre di più, anche a questo giro di giostra sono riuscito a portare a casa qualche visione nel corso della settimana: titoli criticati, non perfetti, lontani dal poter essere considerati tra i migliori dell'anno, eppure a loro modo di carattere e ottimi da gustarsi per serate da divano e White Russian - ovviamente - lontani dal freddo ormai quasi invernale.


MrFord


RED ZONE - 22 MIGLIA DI FUOCO (Peter Berg, USA, 2018, 94')

Red Zone - 22 miglia di fuoco Poster


Peter Berg da queste parti è sempre ben accetto dai tempi di Friday Night Lights, e nonostante si tratti di uno dei registi action più americani - nel senso stelle, strisce e se metti piede nella mia proprietà ti pianto una palla in corpo - che si possano immaginare, è sempre riuscito a trasportare la tipica retorica bianca, rossa e blu in qualcosa di sanguigno e tosto.
Non è da meno il tanto vituperato - in patria - Mile 22, action di stampo orientale - in più occasioni mi ha ricordato The Raid - che vede un altro fordiano d'eccezione, Mark Wahlberg, capitanare una squadra di operativi paramilitari incaricati di accompagnare un prigioniero politico fino ad un recupero che pare distante anni luce nel tipico action survival che quasi ricorda un videogiocone sanguinoso.
Strepitosi i combattimenti, da quello con protagonista Lauren Cohan a tutti quelli che vedono al centro dell'azione Iko Uwais, già star di The Raid - per l'appunto -: e come se non bastassero botte, proiettili ed un ritmo incalzante, i twist continui del finale aggiungono pepe ad un titolo, a mio parere, sottovalutato ed incompreso. Roba tosta.



BOHEMIAN RHAPSODY (Bryan Singer, UK/USA, 2018, 134')

Bohemian Rhapsody Poster


Freddy Mercury e i Queen sono stati, ai tempi delle medie, una delle mie prime cotte musicali, con quel loro gusto kitsch e sopra le righe e pezzi che praticamente parevano nati per far parte di compilation e greatest hits vari: la storia di Mercury, legata a doppio filo all'AIDS e alle controversie sulla sua sessualità è da sempre materia di chiacchiere tra gli appassionati, e nonostante la critica illustre non veda la sua band come una delle più importanti del rock non ci sono dubbi rispetto al fatto che ne abbia fatto indubbiamente la Storia.
Il lungometraggio che ne racconta le gesta sul palco e non solo, firmato dal Bryan Singer de I soliti sospetti ed interpretato da un grandissimo Rami Malek, è a tratti troppo facile nel suo svolgimento, per certi versi clamorosamente hollywoodiano e pronto a fare leva nella seconda parte sul coinvolgimento emotivo ed ovviamente sui pezzi immortali scritti dalla band, eppure è, come Mile 22, pane e salame e di cuore anche nel mostrare quegli stessi limiti, esibiti al contrario orgogliosamente almeno quanto le modifiche "storiche" operate per alimentare la drammatizzazione del soggetto - come le tempistiche secondo le quali Freddy comunicò ai suoi tre compagni di aver contratto l'HIV -: in questo senso, probabilmente, sarebbe piaciuto ad un "eccessivo" come Mercury.
Ed il concerto del Live Aid replicato alla perfezione nel finale resta davvero da brividi.




MAKING A MURDERER - STAGIONE 1 (Netflix, USA, 2015)

Making a Murderer Poster


La Storia della Giustizia americana è senza dubbio ricca di casi eclatanti raccontati spesso e volentieri dal grande e dal piccolo schermo, da Hurricane a O. J. Simpson.
In questo caso a portare sullo schermo l'incredibile lavoro in termini di dedizione degli autori è ancora una volta Netflix, che qualche anno fa fece parlare di sé grazie a questa serie dedicata all'incredibile vicenda di Steven Avery, condannato a metà degli eighties per uno stupro che non ha commesso e scarcerato grazie alla prova del dna dopo diciotto anni, che, dopo due anni di libertà ed una causa milionaria intentata contro il dipartimento di polizia della sua regione viene accusato di un omicidio dai contorni orrorifici con il giovanissimo nipote in quello che pare, dall'esterno, essere un vero e proprio caso di "costruzione di reato".
Stilisticamente antispettacolare - le riprese furono tutte fatte seguendo i protagonisti delle vicende, senza alcun fronzolo -, agghiacciante da seguire se non altro come critica feroce al sistema di giudizio negli USA, non privo di domande da una parte o dall'altra della barricata lo si guardi - in questo caso ricorda lo splendido Capturing the Friedmans di Jarecki -, forse non avrà la potenza emotiva o visiva di altri titoli, ma senza dubbio tocca nel profondo e fa riflettere su quanto fallibile sia o possa essere l'Uomo.


lunedì 5 novembre 2018

White Russian's Bulletin

 


Dovessi tornare con la memoria ad un anno di così scarsa attività da spettatore e cinefilo, dovrei perdermi nei tempi, forse, del periodo wild tra il duemilasei e duemilasette, quando nei rari momenti in cui facevo ritorno nell'allora casa Ford passavo il tempo perso in Lost: non so se sia fisiologico, se il ritorno ad una vita lavorativa impegnativa dopo quasi due anni di clamoroso svacco o la sempre maggiore presenza in palestra, se i cicli prevedano anche questo, se le energie investite in famiglia e nella quotidianità lascino poca benzina per il divano la sera, ma il fatto è che, tolti i weekend, finisco sempre più per destinare le poche ore post-cena prima del tracollo ad attività più easy.
Dunque, anche a questo giro, il Bulletin sarà in versione "very light", in attesa di concludere i tre serial che stiamo affrontando al Saloon per rimpolpare una delle prossime puntate della rubrica.


MrFord



THE PREDATOR (Shane Black, USA/Canada, 2018, 107')

The Predator Poster


Come i più affezionati frequentatori del Saloon ben sanno, il primo Predator è in assoluto uno dei miei cult personali in materia di film action anni ottanta, un vero cult che fu innovatore per i mezzi tecnici utilizzati - la vista termica del cacciatore alieno fu affidata a macchine da presa ad uso militare per la prima volta nella Storia del Cinema -, uno dei mostri esteticamente meglio riusciti di sempre ed un livello di tensione altissimo dall'inizio alla fine: dai tempi di quella pellicola tutto quello che è stato prodotto attorno alla figura del mitico Predator è stato davvero poca cosa, e devo dire che quest'ultimo reboot, previsto come una trilogia - anche se, a giudicare dagli incassi, penso chiuderà qui la sua esistenza come franchise -, non si allontana troppo dal resto dei tentativi.
Certo, la presenza di Shane Black in regia si fa sentire soprattutto per quanto riguarda la componente più ironica, il cast è interessante e potenzialmente anche l'idea della storia: peccato che tutto finisca per essere dimenticato davvero in fretta, e a qualche giorno dalla visione non freghi davvero più nulla di come potrebbe proseguire la storia con protagonista un Boyd Holbrook decisamente lontano da quello visto in Narcos.
Un titolo buono per l'estate giunto fuori tempo massimo, spazzato via dai primi venti autunnali.







HALLOWEEN (David Gordon Green, USA, 2018, 106')

 Halloween Poster


Confrontarsi con un supercult come Halloween, una delle pietre miliari del Cinema horror, è quasi peggio rispetto all'idea di confrontarsi con Predator. 
Il lavoro che fece John Carpenter - un mito assoluto - quarant'anni fa fu strepitoso sia in termini tecnici che iconici, andando a creare uno dei charachters più importanti del genere, che nel corso dei decenni ha generato spin off, sequels e reboot quasi più terribili di quelli della già citata pellicola di John McTiernan: David Gordon Green, benedetto dal Maestro, sfodera inaspettatamente un sequel funzionale ed interessante, in grado di rendere giustizia ai personaggi di Laurie e Michael e fornirne una rappresentazione attuale, sconcertante - a volte la vittima si trasforma a sua volta in un mostro - ed assolutamente importante a livello sociologico - emblematico il ruolo del terzetto nonna madre e nipote nell'affrontare Myers -.
Violento quanto serve, questo prodotto semplice e diretto - ovviamente non ai livelli dell'originale - colpisce nel segno, omaggia il classico che l'ha ispirato e fornisce un intrattenimento di tutto rispetto, ricco anche di riflessioni non da poco.
Senza dubbio, un esempio per tutti i tentativi di omaggio o ripescaggio di vecchi cult.
Quantomeno, pur non brillando per originalità, qui si avverte continuità di intenti.


mercoledì 26 settembre 2018

Escape plan 2 - Ritorno all'inferno (Steven C. Miller, Cina/USA, 2018, 96')




- Considerato il suo status di idolo fordiano imperituro, qualsiasi pellicola che veda tra i protagonisti Stallone diventa una visione praticamente irrinunciabile per il sottoscritto, a prescindere dal valore effettivo della stessa.

- Qualche anno fa il primo Escape Plan, che riuniva Sly e Schwarzy sotto un unico tetto, mi divertì non poco nonostante alla vigilia non fossi propriamente speranzoso.

- Escape Plan 2 è una marchettazza commerciale che dovrebbe lanciare il brand sul mercato orientale, assolutamente risibile a livello di sceneggiatura e spesso e volentieri televisivo nella regia e nella messa in scena, con uno Stallone troppo poco presente e decisamente svogliato ed un Bautista sfruttato bene ma troppo poco - anche se continuo a pensare che il vecchio Dave dovrebbe tentare la strada della commedia -.

- Nonostante tutti i suoi difetti e gli evidenti limiti, devo ammettere di essermi parecchio divertito: la star cinese che Sly dovrebbe lanciare - Xiaoming Huang - se la cava bene quando si tratta di muovere le mani, e lo scontro finale tra il primo degli Expendables ed il cattivo di turno regala una mossa di chiusura davvero ad effetto.

- Senza dubbio il lavoro di Steven C. Miller è quanto di peggio potreste consigliare ad un radical chic incallito o a qualcuno che apprezzi esclusivamente il Cinema d'autore, e dovrebbe essere conservato per una serata da neuroni in vacanza o con gli amici più stretti ad accompagnare una bella sbronza.

- Nel caso vogliate recuperare un action carcerario degno di nota, sono molti i titoli decisamente più indicati di questo, da Sorvegliato speciale a The Raid: Redemption, ma sono certo che i più tamarri e pane e salame tra voi potranno apprezzare nel suo piccolo comunque anche questo filmaccio.

- Credo pagherei per assistere alle reazioni di Cannibal alla visione di Escape plan 2. Dal primo all'ultimo fotogramma.



MrFord



 

lunedì 10 settembre 2018

Mission Impossible: Fallout (Christopher McQuarrie, USA/Cina, 2018, 147')








- Nonostante gli anni passino e perfino su un eterno Peter Pan come lui comincino a vedersi i segni dell'età, nonostante la follia e l'ego smisurato, continuo ad adorare senza ritegno Tom Cruise, che non ricordo avermi mai deluso neppure nelle produzioni peggiori cui ha preso parte.

- Il brand di Mission Impossible, dai tempi dell'esordio nel novantasei con De Palma in regia, rappresenta forse il più curato e meglio realizzato che l'action d'avventura classica abbia proposto negli ultimi vent'anni, in barba ai più pubblicizzati 007.

- Christopher McQuarrie, già regista del buonissimo Rogue Nation, si supera portando sullo schermo un film serrato, tecnicamente ottimo, ricco di twists e colpi di scena, che si regge sulle spalle di Cruise ma non alimenta il suo divismo sfrenato come in altre occasioni - Ghost Protocol o Mission Impossible 2, ad esempio - e porta il pubblico ad appassionarsi e restare inchiodato allo schermo dal primo all'ultimo minuto.

- La produzione è sicuramente ricca di livello, così come lo sono tutti i passaggi legati agli effetti speciali, ma un plauso particolare va, a mio parere, alle coreografie dei combattimenti e delle parti più fisiche, adrenaliniche e tiratissime neanche fossimo catapultati all'interno di un titolo made in Hong Kong o qualcosa come The Raid. Nello specifico, la sequenza della lotta nella toilette degli uomini a Parigi di Cruise, Cavill e del loro bersaglio è da antologia.

- La squadra dell'IMS, malgrado la perdita di un elemento e, come scritto poco sopra, dell'età che avanza, continua a convincere, grazie anche alle spalle Ving Rhames e Simon Pegg, perfetti nel ruolo di comprimari.

- Sempre a proposito di personaggi, la Vedova Bianca di Vanessa Kirby rappresenta forse uno dei migliori charachters femminili dai tempi della migliore tradizione, anche in questo caso, della serie con protagonista un certo James Bond. Speriamo che venga di nuovo considerata.

- L'entusiasmo che ha accolto la critica anche illustre soprattutto oltreoceano è forse eccessivo, ma se non è questo l'action dell'anno, non vedo proprio quale altro potrebbe essere. Senza contare che parliamo di uno dei titoli più solidi dell'intera saga di Ethan Hunt.

- Gli incassi parlano chiaramente, e indicherebbero la strada per un ulteriore capitolo: non so se il buon Tom riuscirà fisicamente ad essere sempre ai livelli cui ci ha abituati, ma senza dubbio se deciderà di vestire ancora una volta i panni dell'agente Hunt, i Ford saranno pronti a gettarsi a capofitto in una qualsiasi missione impossibile. E senza aspettare che il messaggio che la preannuncia si autodistrugga.



MrFord



venerdì 13 aprile 2018

Until death (Simon Fellows, UK/Bulgaria/Germania/USA, 2007, 101')




Non avrei davvero mai pensato di scrivere queste righe.
Ho visto un film con Jean Claude Van Damme che mi è parso inesorabilmente, totalmente, clamorosamente inutile e noioso.
Un film che pensa e spera di essere un noir o un hard boiled, e non fa che provocare sonno e nostalgia per i calci rotanti dell'attore belga.
Un vero peccato per un appassionato della mia risma, che sperava in una bella serata da rutto libero e neuroni in vacanza e si è trovato narcotizzato sul divano.
Poco altro ho da dire su un film così fuori tempo massimo da farmi quasi sentire il Cannibale che stronca un action fordiano.



MrFord



 

lunedì 27 novembre 2017

Nemesi (Walter Hill, Francia/Canada/USA, 2016, 95')





Se si potesse legittimare una petizione a favore dell'old school, sarei senza dubbio il primo firmatario.
Le lezioni che giungono dal passato - soprattutto se con due palle considerevoli - non andrebbero mai dimenticate nel momento in cui si decide di costruire il futuro, a prescindere dal fatto che non si saprà mai, quando lo stesso diverrà passato, se sarà stato abbastanza forte da fare la differenza.
Walter Hill è da sempre uno dei registi più importanti per quanto riguarda il Cinema americano del sottoscritto: I guerrieri della notte, I guerrieri della palude silenziosa, Danko sono solo alcuni dei cult che questo spigoloso Maestro ha regalato agli appassionati ai tempi della sua consacrazione, prima che la stessa spigolosità e l'essere parte di un'epoca in cui non si facevano sconti finissero per relegarlo in un angolo del mondo dorato della settima arte.
L'ultima volta che il vecchio Walt aveva dato sue notizie la ricordo piuttosto bene, grazie a quel Jimmy Bobo che vedeva tra i protagonisti Stallone e l'allora non così conosciuto Jason Momoa, una tamarrata vecchio stile che non sfigurava affatto - anzi - rispetto ai tentativi maldestri dei registi attuali di lanciarsi in esperimenti dello stesso tipo, che mi fece gridare il bentornato ad un vecchio leone del Cinema a stelle e strisce: questo Nemesi - terribile adattamento italiano dell'originale The Assignement - non raggiunge, purtroppo, il livello del lavoro precedente del regista, ma senza ombra di dubbio conserva alcuni dei tratti distintivi di un Autore che non ha mai fatto sconti a nessuno e che ancora oggi paga per il carattere che l'ha sempre contraddistinto.
Il plot di Nemesi, del resto, sarebbe stato più che bene sia negli anni ottanta che - oso - nei novanta, regala buoni twist e quasi strizza l'occhio all'ondata di tentativi pseudo pulp - ovviamente di caratura minore - nati all'inizio degli Anni Zero - da Sin City a 300, sono molti gli esempi in questo senso -, un finale decisamente interessante ed un'idea di base fuori dagli schemi del genere: peccato, di contro, che un limitato budget ed un approccio forse troppo artigianale finiscano per minare un prodotto implausibile e sopra le righe ma potenzialmente molto divertente, finendo per giungere ad una via di mezzo che con ogni probabilità schiferà l'audience radical lontana da un certo tipo di pellicole e lascerà perplessi i fan della prima ora, abituati al meglio che questo grande regista ha regalato in passato.
Non una produzione, comunque, da sottovalutare, ma da seguire con attenzione non tenendo troppo conto della trasformazione decisamente imbarazzante della protagonista Michelle Rodriguez - che pare più mascolina in veste femminile che truccata decisamente male da uomo nella prima parte - quanto più del racconto a posteriori della "nemesi" Sigourney Weaver, pronto a regalare spunti di riflessione sia in termini di intrattenimento che etici, senza contare il suo strano rapporto con l'antagonista, personaggio comunque negativo e costruito sulle ombre almeno quanto il suo.
Un duello, dunque, tra villains - pentiti o no che siano - inedito in termini di trama e svolgimento, non perfetto nella messa in scena o nello stile ma ugualmente efficace, segno che, seppur invecchiato e limitato da fattori più legati a scrittura e produzione che non regia, Hill abbia comunque ancora qualcosa da dire, un dettaglio assolutamente non trascurabile che alcuni registi che potrebbero essere suoi figli o nipoti possono anche tranquillamente scordarsi di immaginare.
Potrà senza dubbio considerarsi ben lontano dall'essere in prima linea, ma Walter Hill conferma, almeno idealmente, di essere ancora ed indiscutibilmente un "guerriero".




MrFord



 

martedì 14 novembre 2017

Security (Alain Desrochers, USA, 2017, 88')





Ho sempre provato una simpatia notevole, per Antonio Banderas.
Sarà che, dagli esordi come pupillo di Almodovar in pellicole decisamente impegnate alle chicche da neuroni zero come Two much, passando per gli action targati Rodriguez o le ultime scorribande accanto a Stallone e ai suoi Expendables, l'ho sempre trovato non solo credibile, ma decisamente easy e guascone quanto basta per evitare la sensazione di essere qualcuno pronto a menarsela: figuratevi, finisce per risultarmi divertente anche negli spot del Mulino Bianco.
Quando, credo agli inizi dell'estate, il mio fratellino Dembo mi parlò di questo film, decisi di dedicarmi al recupero nonchè alla visione nel corso di una serata di quelle da divano e rutto libero che di norma finiscono per ricaricarmi al termine di giornate particolarmente impegnative, e devo ammettere che ancora una volta l'attore spagnolo è riuscito nel suo intento.
Aiutato da un'atmosfera da assedio che ha riportato alla mente del sottoscritto gli echi del Carpenter di Distretto 13 o del sottovalutato - e fortissimo - Nido di vespe, questo Security finisce per diventare un piccolo miracolo dell'action dal budget ridotto dell'ultimo anno, una piccola chicca che gli appassionati del genere non dovrebbero perdersi, a prescindere da quanto telefonata possa essere: lo scontro tra Banderas reduce dell'esercito alla ricerca di un lavoro qualsiasi - una parentesi molto attuale quella della richiesta del protagonista di un impiego anche al "minimum wage" - ed i suoi colleghi abituati alla routine da centro commerciale ed un Ben Kingsley nella sua versione villain spalleggiato da un piccolo esercito di professionisti è pane per ogni appassionato della materia, ben gestita dal regista e pronta ad intrattenere come è giusto che questo tipo di proposte facciano, dalle evoluzioni del protagonista spaccaculi ai problemi dello stesso che divengono il motore per superare qualsiasi difficoltà.
Interessante anche lo sviluppo in pieno stile da horror survival dei comprimari del protagonista, nonchè la presentazione decisamente inquietante degli uomini del suo rivale, almeno in principio in grado di apparire quasi come dei veri e propri mostri anche grazie ad un look che riesce a farli sembrare, più che un gruppo di sicari militarmente addestrati, come una banda di selvaggi usciti dritti dal deserto australiano di Mad Max.
Pur se implausibile, molto divertente anche l'utilizzo in pieno stile McGiver degli oggetti a disposizione nei negozi del centro commerciale da parte dei guardiani capitanati da Banderas, così come i momenti più tamarri come quello legato all'utilizzo del mezzo messo in palio dal centro stesso, una sorta di incrocio tra una moto ed un quad.
Certo, i datori di lavoro di un gruppo di sicari pronti a farsi sgominare - pur con fatica - da cinque guardie disarmate - almeno al principio - non saranno certo contenti, ma il tutto funziona nel suo essere un bel giocattolone action, e consegna all'audience uno dei Banderas più cazzuti che ricordi, oltre ad un'ora e mezza di sano, puro intrattenimento a neuroni zero con assedio compreso nel prezzo, proiettili a profusione e botte da non fare invidia alcuna ai classici anni ottanta.
Finale positivo compreso.
Cosa volere di più, per una serata in pieno stile Saloon?




MrFord




 

venerdì 20 ottobre 2017

Guardians - Il risveglio dei Guardiani (Sarik Andreasyan, Russia, 2017, 89')




Speravo di godermi una tamarrata senza ritegno.
Non pensavo mi sarei trovato di fronte alla versione poraccia e da sabato pomeriggio su Italia Uno nel giorno del Gran Premio o della partita di calcio di turno degli Avengers.
Per di più, prodotta e confezionata in Russia.
Neanche fossimo tornati ai tempi della Guerra Fredda.
E se neppure un tamarro come me riesce a promuovere questa roba che pare lo Sharknado dei supereroi, è difficile che ci siano speranze.



MrFord



 

lunedì 9 ottobre 2017

Come ti ammazzo il bodyguard (Patrick Hughes, USA/Cina/Bulgaria/Olanda, 2017, 118')




Da tamarro appassionato di action anni ottanta, potrei dire di nutrire una sorta di debolezza congenita rispetto ai buddy movies: mi bastano due compari bene o male assortiti pronti a prendere a suon di battute o cazzotti - o entrambi - loro stessi e gli avversari di turno, e il gioco è fatto: da Bud Spencer e Terence Hill ad Arma letale, da Kevin Smith a Danko, il genere è senza dubbio territorio fordiano al cento per cento.
Eppure, alla vigilia, nutrivo ben più di una perplessità, rispetto a quest'ultimo lavoro di Patrick Hughes con protagonisti Samuel Jackson e Ryan Reynolds: per prima cosa rispetto alle scelte di casting, considerata la scarsa sostanza che di norma il buon Sam mostra una volta messo alla prova al di fuori di contesti tarantiniani e la scarsa sostanza che di norma mostra il decisamente meno buono Ryan Reynolds, che se non fosse figlio d'arte a mio parere potrebbe al massimo aspirare a fare il portaborse ad un qualsiasi attore professionista; come se tutto questo non fosse bastato, a meno di sceneggiature dalla battuta pronta dal primo all'ultimo minuto o di colpi di genio, l'idea che il genere risulti essere senza dubbio fin troppo sfruttato e compromesso, almeno da un punto di vista più "tecnico", con tutti i rischi che un'affermazione del genere può comportare rispetto al sembrare radical, non aiuta certo le cose che già dal trailer paiono essere i classici tentativi di registrare incassi decenti nei multisala nel weekend e poco altro.
Premesse, dunque, tutt'altro che buone.
E purtroppo, come non avrei voluto fosse così prevedibile, la visione di Come ti ammazzo il bodyguard, iniziata come un riempitivo da serata in relax, si è rivelata una delle più noiose dell'ultimo periodo, di quelle in grado di mettere in difficoltà perfino il me stesso pronto a cavacare il momento migliore del blog e della blogosfera di qualche anno fa rispetto a quanto si potrebbe scrivere in una recensione, figurarsi ora, a fronte di una situazione decisamente ben diversa e della voglia decisamente sotto le scarpe di tirare fuori post interessanti per film che non lo sono affatto.
Ringrazio, da questo punto di vista, il fatto che con la signora Ford dopo dieci anni ancora si mantenga la tradizione del "quando lo spirito ed il corpo chiamano, fanculo il film", grazie alla quale la visione si è interrotta ad un certo punto di stanca permettendoci di indirizzare la serata ad obiettivi decisamente più soddisfacenti, perchè altrimenti non sarei certo stato capace di essere in qualche modo tenero e comprensivo rispetto ad una pellicola di qualità davvero molto bassa, commerciale nel peggior senso del termine, inutile e poco divertente.
Considerato tutto, dunque, posso affermare che Come ti ammazzo il bodyguard risulta essere un film che non aggiunge nulla al panorama - già scarso - di questa stagione, così come al genere, ma che quantomeno ha davvero poco perfino per risultare nocivo o in grado di ispirare recensioni cattive e creative come in questi casi si spera sempre di portare sulla pagina scritta.
Sempre che il fatto in questione sia da considerara un bene.
Archiviato tutto questo, resta un action dal sapore retrò poco incisivo e divertente solo a piccolissimi sprazzi, evidente più per i meriti economici della produzione che non per quelli effettivi ed artistici, o quantomeno soltanto d'intrattenimento, dalla durata eccessiva e dal ritmo, nonostante la vicenda portata sullo schermo, assolutamente blando.
Considerato il risultato, e la strada scelta per tentare di raggiungerlo, direi che l'idea migliore sarebbe stata quella di tagliare la maggior parte delle situazioni create per "approfondire", o viceversa: in questo caso, non mi pare sia stata raggiunta nessuna delle due.
Quantomeno consciamente.




MrFord




 
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