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lunedì 22 luglio 2019

White Russian's Bulletin



La battuta d'arresto nelle pubblicazioni del Saloon delle ultime due settimane - legata, in verità, al fatto che ultimamente Fordini, lavoro e palestra prendono davvero tutto il mio tempo - mi ha messo di fronte anche ad un'altra triste realtà: non riesco più a ricordare come un tempo quante e quali visioni si sono avvicendate nel tempo, a meno che non si tratti davvero di cose degne di nota o legate a serate speciali. Dunque, in questa nuova puntata del Bulletin, troverete semplicemente gli unici titoli che ricordi degli ultimi quindici giorni, senza sapere se siano stati davvero solo questi, oppure no. In un certo senso, è magico anche questo oblio, in compagnia del Cinema.


MrFord



FUGA DA ALCATRAZ (Don Siegel, USA, 1979, 112')

Fuga da Alcatraz Poster

A distanza di anni dall'ultimo passaggio al Saloon, ho ritrovato il mitico Fuga da Alcatraz grazie ad un passaggio televisivo la sera in cui, dopo aver fatto tappa dai miei in montagna per lasciare i Fordini al fresco una settimana, ho riassaporato - come sempre quando vado da loro - l'ebbrezza delle non connessioni e di lettori dvd e vhs risalenti all'epoca in cui io e mio fratello eravamo adolescenti che reagivano malvolentieri all'idea di passare un weekend lontani dalla città. 
Il lavoro di Siegel reso noto soprattutto dall'interpretazione come sempre senza fronzoli di Clint, ispiratore di una marea di film carcerari successivi - su tutti Le ali della libertà - è ancora oggi tosto e potente, teso dal primo all'ultimo minuto e in grado di raccontare nel modo più diretto e semplice possibile una storia che è la più vecchia del mondo, quella della ricerca della libertà.
Certo, ad inseguirla sono uomini non proprio immacolati, ma è anche questo a rendere affascinante, spesso e volentieri, un'impresa: senza dubbio, e non solo nel suo genere, un Classico come si pensa sia un Classico. 




GREY'S ANATOMY - STAGIONE 15 (ABC, USA, 2018/2019)

Grey's Anatomy Poster

Passano gli anni, e nonostante da tempo la qualità dei bei tempi sia ormai dimenticata, casa Ford non riesce a non voler bene ai medici del Grey Sloane Memorial, sarà che le prime due stagioni erano state traghettatrici delle cene nella casa in cui ci eravamo appena trasferiti con Julez a fine duemilasette. Di quelle annate, così come di altre - quella del duemiladieci, incredibile -, è rimasto davvero ben poco, protagonisti compresi - ormai del nucleo originale del cast sono presenti soltanto quattro charachters -, ma l'appuntamento estivo con le vicissitudini dei "dottori" - così ribattezzati dai Fordini - è imprescindibile. 
Certo, vedere Karev, un tempo lo stronzo numero uno della serie, imbolsito e diventato capo, fa un pò strano considerato che è sempre stato il mio favorito, o storie d'amore e momenti da strizzata d'occhio al paraculismo quasi imbarazzanti, ma il Grey Sloane è ormai una fetta di famiglia, così ci si aggrappa ai sentimenti, ai ricordi, ad innesti particolarmente riusciti - il dottor Lincoln è balzato ai primi posti della mia classifica di gradimento - e ci si fa coccolare come da un divano che, ormai, ha ben impressa la forma del nostro culo.




SPIDER MAN - FAR FROM HOME (Jon Watts, USA, 2019, 129')

Spider-Man: Far from Home Poster

Avevo una discreta paura, di questo sequel di Homecoming, primo titolo ad inaugurare, di fatto, il passaggio tra la fase tre e quattro del Cinematic Universe. Molta paura.
Endgame ha chiuso un circolo, e riprenderlo senza rischi era un'impresa non da poco.
E devo ammettere che Watts ci è riuscito, e anche discretamente bene.
Far from home è un lavoro scanzonato e dal ritmo veloce, molto teen, con poche pretese, avvincente - anche grazie alla valorizzazione di un villain come Mysterio, più sfaccettato di quanto si possa pensare - e pronto a seminare in vista del futuro di quello che ormai è diventato una sorta di grande e sempre più grande affresco cinematografico, dal ruolo di Spider Man - bellissimo il recupero di J. Jonah Jameson sul finale - a quello che avrà la componente "cosmica" nella stessa fase quattro dell'MCU. 
Ma al centro di tutto, ed è questa la carta vincente, l'adolescenza di Peter Parker, sballottato dai tumulti del cuore nel corso di un viaggio in Europa con amici e compagni di scuola: divertenti i siparietti, geniale "Scimmia notturna", interessante il rapporto con Mysterio che ricorda, a tratti, quello con Octopus del secondo capitolo dello Spidey firmato Raimi.
E da antologia la sequenza con gli incubi creati dallo stesso Mysterio, davvero un momento notevole.
Non sarà epico o destinato a cambiare le regole come altri titoli dell'affresco marvelliano in sala, ma è un gran bel divertimento.


mercoledì 26 settembre 2018

Escape plan 2 - Ritorno all'inferno (Steven C. Miller, Cina/USA, 2018, 96')




- Considerato il suo status di idolo fordiano imperituro, qualsiasi pellicola che veda tra i protagonisti Stallone diventa una visione praticamente irrinunciabile per il sottoscritto, a prescindere dal valore effettivo della stessa.

- Qualche anno fa il primo Escape Plan, che riuniva Sly e Schwarzy sotto un unico tetto, mi divertì non poco nonostante alla vigilia non fossi propriamente speranzoso.

- Escape Plan 2 è una marchettazza commerciale che dovrebbe lanciare il brand sul mercato orientale, assolutamente risibile a livello di sceneggiatura e spesso e volentieri televisivo nella regia e nella messa in scena, con uno Stallone troppo poco presente e decisamente svogliato ed un Bautista sfruttato bene ma troppo poco - anche se continuo a pensare che il vecchio Dave dovrebbe tentare la strada della commedia -.

- Nonostante tutti i suoi difetti e gli evidenti limiti, devo ammettere di essermi parecchio divertito: la star cinese che Sly dovrebbe lanciare - Xiaoming Huang - se la cava bene quando si tratta di muovere le mani, e lo scontro finale tra il primo degli Expendables ed il cattivo di turno regala una mossa di chiusura davvero ad effetto.

- Senza dubbio il lavoro di Steven C. Miller è quanto di peggio potreste consigliare ad un radical chic incallito o a qualcuno che apprezzi esclusivamente il Cinema d'autore, e dovrebbe essere conservato per una serata da neuroni in vacanza o con gli amici più stretti ad accompagnare una bella sbronza.

- Nel caso vogliate recuperare un action carcerario degno di nota, sono molti i titoli decisamente più indicati di questo, da Sorvegliato speciale a The Raid: Redemption, ma sono certo che i più tamarri e pane e salame tra voi potranno apprezzare nel suo piccolo comunque anche questo filmaccio.

- Credo pagherei per assistere alle reazioni di Cannibal alla visione di Escape plan 2. Dal primo all'ultimo fotogramma.



MrFord



 

lunedì 30 maggio 2016

Le ali della libertà

Regia: Frank Darabont
Origine: USA
Anno: 1994
Durata:
142'








La trama (con parole mie): siamo alla fine degli anni quaranta quando Andy Dufresne, vicedirettore di banca, è condannato ad un doppio ergastolo per l'omicidio della moglie e del suo amante.
Incarcerato nella struttura di Shawshank, governata con pugno di ferro dal Direttore Norton e dal capo delle guardie Hadley, stringe immediatamente amicizia con Ellis "Red" Redding, che di norma si occupa del contrabbando tra i condannati: tra i due uomini si sviluppa un legame destinato a durare decenni, che vede detenuti essere rilasciati per finire fagocitati dal Sistema, altri barbaramente uccisi e le speranze alimentate un giorno dopo l'altro, in attesa del momento in cui la libertà possa cambiare le loro vite.
Quando Dufresne, divenuto prezioso per gli affari sporchi di Norton, diverrà una minaccia per il Direttore stesso, l'uomo deciderà di cambiare le carte in tavola rivelando un piano portato avanti per quasi due decenni.











Dovevano essere quasi vent'anni, dall'ultima volta in cui vidi, nell'allora casa Ford, probabilmente con mio fratello, Le ali della libertà, film tra i più cult degli anni novanta e del genere carcerario che lanciò Frank Darabont e consacrò per l'ennesima volta Stephen King come ispiratore del Cinema - i due torneranno a collaborare negli Anni Zero con il più che discreto The Mist -.
Onestamente, temevo molto il confronto con questo titolo: l'esaltazione di molti critici e di una buona fetta di pubblico verso questo titolo è sempre stata alta - a mio parere, fin troppo, considerato il debito che la stessa ha soprattutto con Fuga da Alcatraz -, il Tempo spesso e volentieri non è tenero con i cult che non siano veri Capolavori e la mia percezione, sotto molti punti di vista, è cambiata, eppure la curiosità c'era, e parecchia.
Dunque, come prima cosa devo ammettere che Le ali della libertà - pessimo adattamento dell'originale The Shawshank redemption - è riuscito a tenere testa alle difficoltà alla grande, confermandosi assolutamente un cult di genere ed un grande film, con un cast assolutamente in parte ed un'escalation di quelle in grado di coinvolgere perfino i più freddi tra gli appassionati dediti al solo Cinema d'autore.
Allo stesso tempo, il lavoro di Darabont si conferma anche tra quelli più sopravvalutati - pur bonariamente - del Cinema degli anni novanta e recente, fenomeno che coinvolse titoli di quello stesso periodo come Forrest Gump, Il miglio verde o Strange Days: pellicole che ai tempi dell'uscita in sala apparvero strepitose e che, oggi, hanno il sapore del mito senza, di fatto, averne lo spessore.
Non che sia un male, considerato un tipo pane e salame come il sottoscritto, che li possiede orgogliosamente tutti nella propria videoteca - e non parlo di hard disk, in questo caso - pronto, all'occorrenza, a godersi ogni istante della visione dal primo all'ultimo minuto.
Proprio in questo senso, ripercorrere la vicenda di Andy Dufresne dal processo e dalla condanna al confronto con l'amico di una vita Red che chiude la pellicola vent'anni dopo è stato un vero piacere, dai volti perfetti dei caratteristi che compongono un cast che ogni appassionato si troverà a conoscere quasi a menadito ad un incedere rapido e serrato che spesso e volentieri non ci si aspetta da un film che viaggia spedito verso le due ore e venti, numerose soluzioni tecniche ottime - come la ripresa aerea del carcere all'arrivo del protagonista, davvero strepitosa considerati i tempi in cui i droni sfruttati come appoggio erano fondamentalmente considerati fantascienza - ed un'intensità da grande storia, passando dalla vicenda di Brooks - una delle più toccanti e meglio riuscite del film - alla determinazione quasi glaciale del solo apparentemente fragile Andy, uomo come gli altri detenuti "incastrato dall'avvocato" pronto a fare fronte alle violenze, alle privazioni ed alla propria condizione con acume ed intelletto, quasi fosse un Ulisse dell'evasione.
E nonostante l'elevata importanza dell'aspetto emotivo e partecipativo rispetto alla storia del protagonista, Le ali della libertà diviene un elogio della perseveranza e della pazienza, della capacità di godere delle proprie piccole vittorie - specie da detenuti privati della libertà - in attesa del momento in cui le carte in tavola possano rivelarsi in grado di cambiare le sorti della partita con la vita: come in una partita a scacchi, Dufresne dispone i suoi pezzi con una cura che ad individui istintivi come il sottoscritto, "istituzionalizzati" come Brooks, o rassegnati come Red è sconosciuta, riuscendo ugualmente ad emozionare come un pezzo di Mozart pronto a rapire la mente di uomini che a stento sanno leggere ma con facilità riescono a prendere una vita.
Del resto la Libertà - intesa come concetto, prima ancora che come condizione o fuga - e la Redenzione - che, come spesso cantava Johnny Cash, non avviene certo dietro le sbarre, ma dentro se stessi - passano da momenti di meraviglia come quello.
Momenti che, con tutti i suoi limiti, Le ali della libertà riesce a tradurre in immagini ancora oggi.





MrFord





"Hold on to me
don't let me go
who cares what they see?
Who cares what they know?
Your first name is Free
last name is Dom
cause you still believe in where we're from
man's red flower
it's in every living thing
mind use your power
spirit use your wings."
Pharrell Williams - "Freedom" - 





lunedì 3 agosto 2015

Ex machina

Regia: Alex Garland
Origine: UK
Anno: 2015
Durata:
108'





La trama (con parole mie): Caleb, un giovane programmatore al lavoro per la più grande compagnia del mondo rispetto ai servizi offerti dalla rete e dai motori di ricerca, è il fortunato vincitore di un concorso che prevede una trasferta nella più che protetta tenuta di Nathan, altrettanto giovane fondatore dell'azienda, milionario e genio assoluto.
Al suo arrivo nella casa fortezza di Nathan, Caleb viene reso partecipe dell'esperimento al quale si dovrà sottoporre per tutta la durata del suo soggiorno: una valutazione complessiva di Ava, un'intelligenza artificiale sulla quale il suo ospite sta lavorando da tempo, e che promette di essere una vera e propria rivoluzione in termini tecnologici e sociali.
La ragazza artificiale, che dal primo momento colpisce l'immaginario del giovane programmatore, inizia così una sorta di relazione "a distanza" con lo stesso, alimentando i dubbi di Caleb nei confronti dell'eccentrico Nathan, scostante ed a tratti tirannico.
Cosa accadrà, dunque, quando l'esperimento diverrà un'espressione del legame sempre più forte tra Caleb ed Ava?










A volte è curioso, il destino di alcuni film.
Specie quando le aspettative diventano parte integrante della visione.
Non troppo tempo fa, e non ricordo in merito a quale post, il mio fratellino Dembo e la commentatrice numero uno del Saloon Lazyfish, parlando di una scena in particolare della pellicola d'esordio dietro la macchina da presa dello sceneggiatore Alex Garland - che firmò, tra gli altri, lo script di 28 giorni dopo -, mi lasciarono intendere che mi sarei trovato di fronte ad un piccolo cult, una di quelle chicche destinate a risollevare una settimana - o un mese, o una stagione - di uscite poco convincenti, un titolo "minore" destinato a ritagliarsi uno spazio non indifferente nelle classifiche di fine anno.
Ebbene, nonostante le impressioni positive di Julez, più o meno a tre quarti della visione, con la già citata sequenza alle spalle, ero sul punto di scatenare le bottigliate, prima che su Ex Machina, sul consiglio dei due fidatissimi di questo bancone: perchè il lavoro di Garland, per quanto curatissimo a livello tecnico ed estetico, studiato nei dettagli ed impreziosito da una cornice splendida, mi pareva assumere le sembianze di un ibrido di Her e Foxcatcher decisamente più freddo e noioso di entrambi, dal ritmo troppo dilatato e dalla distanza presa progressivamente da un Nathan decisamente poco sopportabile, dal protagonista Caleb, troppo privo di mordente per ispirarmi empatia, e dall'Intelligenza artificiale Ava, così algida da apparirmi come la regina delle fighe di legno, o quantomeno la loro principessa.
Poi, come lo stesso Caleb, dopo oltre un'ora passata a pensare che io sarei stato una "cavia" molto più divertente per Nathan, tra citazioni di Ghostbusters anticipate rispetto alle battute del film, allenamenti con i pesi ed alcool, sono stato proprio dallo stesso Nathan riportato alla realtà: e di colpo, Ex Machina è diventata una delle pellicole più interessanti dell'estate - e forse non solo -, una favola nerissima che incrocia sci-fi e storie d'amore, disagio emotivo e sociale a voglia di riscatto, una riflessione nota a proposito del rapporto tra Uomo e Scienza, mito di Frankenstein e Blade Runner pronta ad assumere una nuova posizione grazie ad un'evoluzione ed un epilogo che piacerebbero molto a Nolan, per quanto, forse, troppo poco mascherati da illusioni, e decisamente reali nella loro cruda escalation.
Del resto, il confronto tra Passione e Scienza, Razionalità ed Istinto, Realtà ed Ignoto suscita un'attrazione irresistibile ed a più livelli sull'Uomo fin dall'alba dei tempi, ed il modo di vivere lo stesso, interpretarlo e tentare di affrontarlo continuerà a rappresentare una sfida cui chi eccede - Nathan - e chi trattiene - Caleb - continuerà a non mancare di rinnovare: da parte mia, avendo vissuto entrambi gli aspetti, ho trovato in Ex Machina uno specchio - deformante, in frantumi, perfettamente limpido, e chi più ne ha, più ne metta - nel quale gettare uno sguardo sul desiderio a volte irrefrenabile di compiere quel passo oltre, come quando all'apice di una sbronza si butta giù quello shot di troppo che ci farà scontare ogni cocktail retto nel corso della nottata.
E come ben conosce chi ha diverse cicatrici addosso e ricordi annebbiati alle spalle, non è mai una buona cosa: non per questo, però, si finirà per fare un passo indietro.
Questo perchè le risposte non bastano mai, a chi, per un motivo o per un altro, tiene aperta la mente, o il cuore: ricordo quando, ai tempi delle superiori, detestavo la matematica con tutte le mie forze, e quanto vorrei, ora, tornare indietro per avere un'altra chance per riscoprire quello che è, di fatto, semplicemente un linguaggio che, probabilmente, non mi è stato insegnato nel modo giusto, ed io non ho voluto imparare.
Crescendo, tentando e sanguinando, e scoprendo, proprio grazie alle ferite, di essere presenti, vivi, umani, nel Bene e nel Male: anche quando le cose non andranno affatto secondo i piani, e scopriremo di avere scoperto troppo, o finiremo per non avere capito nulla, e dovremo riconoscere una sconfitta che, d'altra parte, significherà la vittoria per chi non avremmo mai pensato.
Come in amore.
Come rispetto alla vita.
Perchè non c'è un "deus" che controlla la macchina.
Ma solo una macchina che non può controllarsi.




MrFord




"There is no political solution
to our troubled evolution
have no faith in constitution
there is no bloody revolution."
The Police - "Spirits in the material world" - 





venerdì 25 ottobre 2013

Escape plan - Fuga dall'inferno

Regia: Mikael Hafstrom
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 115'




La trama (con parole mie): Ray Breslin è uno specialista in fughe da penitenziari di massima sicurezza a capo, con il socio Lester Clark, di una società che si occupa di sorveglianza. Quando un'agente della CIA propone di testare una struttura privata progettata per contenere i peggiori criminali e terroristi del mondo in modo da farli sparire dalla faccia della Terra, Breslin si ritrova, suo malgrado, incastrato e tagliato fuori dai contatti che potrebbero, in caso di bisogno, tirarlo fuori dai guai.
Trovato un insolito alleato nel detenuto Rottmayer, Breslin, ribattezzato Portos, dovrà riuscire ad individuare una falla in un sistema apparentemente inviolabile in modo da riguadagnare la luce del sole e scoprire chi l'ha voluto fregare: ovviamente non sarà facile, ed ovviamente a fronteggiare il duo di protagonisti si staglierà un direttore senza scrupoli.




Credo che, se fosse stato ancora il 1985, un titolo di questo genere, con Sly e Schwarzy in pompa magna protagonisti uno accanto all'altro, pronti anche ad un accenno di scazzottata tra loro, sarebbe stato un cult assoluto, un must che ora i vecchi nostalgici degli Expendables dei tempi andrebbero cercando in una qualche edizione speciale in bluray con tanto di contenuti extra, interviste, curiosità e chi più ne ha, più ne metta.
Peccato che l'anno corrente sia il duemilatredici, e che, a meno di un utilizzo di (auto)ironia massiccio come ben insegnano i due capitoli - presto tre - dedicati proprio agli Expendables, difficilmente un action movie in pieno stile eighties corre il rischio di lasciare davvero il segno, soprattutto rispetto al pubblico attuale.
E' il caso di questo Escape plan, che il sottoscritto ha letteralmente adorato dal primo all'ultimo minuto ma che, in tutta onestà, non ha i mezzi o il carattere di fondo - dicesi anche palle -  necessari per riuscire in qualche modo ad imporsi come riferimento attuale, che si parli di pubblico o, purtroppo, di critica.
Eppure il lavoro di Hafstrom è assolutamente onesto, i nostri due mitici si divertono come i matti a fare gli spaccaculi - e non solo, qui si ritrovano anche mezzi geni - e a fronteggiare il naturalmente perfido direttore intepretato da Jim Caviezel neanche fossimo tornati ai tempi di Sorvegliato speciale, altro cult firmato Sly cui continuo a volere un gran bene in memoria di quei favolosi tempi andati.
Certo, si potrebbe perfino pensare che la scelta di mettere il Gesù gibsoniano contro le due divinità dell'action per eccellenza sia stata voluta ed ironicamente pensata in modo che lo zoccolo duro di fan di Rocky e Terminator potesse pensare che i loro eroi non conosceranno mai davvero una fine, sia essa cinematografica o fisica, e che continueranno a fare polpette di tutti quelli che si frapporranno tra loro e l'ovvia vittoria finale, ma nutro qualche dubbio in proposito.
Comunque, a prescindere da quello che si potrebbe mettere in discussione delle interpretazioni, dello script, della logica di alcune scelte, della retorica di altre, dell'involontaria comicità dell'intera situazione - ma davvero c'è qualcuno che crede che Stallone e Schwarzenegger possano rimanere chiusi in un carcere detto impenetrabile per più di un'oretta di pellicola? O che possano cedere a maltrattamenti e torture assortiti? -, Escape plan è una vera e propria manna dal cielo per gli spettatori pane e salame come il sottoscritto, un prodotto artigianale del tutto privo di originalità eppure godibilissimo e piacevole, traboccante di quello spirito da "tutto è possibile" che rese grandi gli eighties che ora in molti rimpiangiamo.
E da "picchi come un vegetariano" al famigerato piano b, passando attraverso le sventagliate di mitragliatore fisso portato a braccia da Schwarzy come fosse una borsetta semivuota, non mancano i momenti di goduriosissima pacchia che hanno già il sapore di reiterata visione nelle serate da sbronza e rutto libero non appena uscirà la versione home video.
Poco importa, poi, che nonostante l'accoglienza discreta negli States, la critica "illustre" e radical continuerà a bersagliare tamarrate di questo genere: io, in barba alla logica e alla sanità mentale, continuerò a pensare che effettivamente quello che i sempre allegri Portos e Rottmayer finiscono per sconfiggere è un idolo da oppio dei popoli, e che loro, al contrario, dimostreranno che, in un modo o nell'altro, nessuno potrà pensare di farli fuori, perchè il grande potere del Cinema li ha resi in un certo senso immortali alla stregua dei Grandi che con loro non si mescolerebbero neanche per scherzo.
E fanno davvero un gran male.
Perchè non so voi, ma io vorrei sempre uno Sly e uno Schwarzy a pararmi il culo.


MrFord


"Out for my own, out to be free
one with my mind, they just can't see
no need to hear things that they say
life's for my own to live my own way."
Metallica - "Escape" - 



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