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mercoledì 25 luglio 2018

Calibre (Matt Palmer, UK, 2018, 101')




Non è mai semplice considerare l'etica. O approcciarla. Capire quando è il momento di seguirla e quando di ignorarla. Nel corso della mia vita ho fatto senza dubbio cose che mi avrebbero potuto portare guai, altre che avrebbero potuto - o l'hanno fatto - soffrire altre persone, altre ancora che le hanno rese felici.
E sono stato fortunato a non essermi mai trovato in mezzo a situazioni davvero complicate, da questo punto di vista. O quantomeno, ringrazio di non essermici trovato.
Perchè l'etica può portare a scelte strane, assurde, crudeli, non desiderate, trasformare la vita in un sogno o in un incubo nel giro di un istante: il Cinema anglosassone, in questo senso, aveva già sfornato proposte molto amate qui al Saloon come The Descent e Eden Lake, che a prescindere dal genere ponevano lo spettatore in una condizione scomoda e di disagio legata alle scelte dei protagonisti, e nello stesso filone, pur con risultati ed impatto inferiore, si può considerare inserito Calibre.
Il lavoro di Palmer, incorniciato dalla natura splendida eppure soffocande delle Highlands scozzesi, porta in scena il dramma da thriller con rimandi ad Haneke ed alla crudeltà del caso di due amici da una vita che, nel pieno di un weekend all'insegna dell'alcool e della caccia che celebri una delle ultime uscite goliardiche prima che uno dei due diventi padre, vengono travolti da una casualità che sfocia nel sangue, pronta ad innescare una spirale di eventi ovviamente pronti a peggiorare la situazione ora dopo ora.
Non siamo ovviamente di fronte ad un Polanski, al già citato Haneke o ai lavori migliori di Neil Marshall, eppure Calibre funziona, trasmette disagio e stimola riflessioni importanti nello spettatore, a prescindere dal fatto che possa essere d'accordo oppure no sulle scelte che porteranno i due main charachters - forse il punto debole della pellicola, rispetto alla location, allo script e ai caratteristi attorno - o che in alcuni punti si noti una certa incompletezza della produzione, o limiti naturali in termini di budget o approccio.
Cailbre è uno di quei progetti di nicchia per nulla radical, scontati o pronti alla concessione che andrebbero riscoperti, e senza dubbio tra i titoli "ripescati" più interessanti che abbia trovato sulla piattaforma di Netflix, pronto a lasciare indietro molti altri decisamente più in vista e distribuiti.
Ma a prescindere dalle questioni pratiche e tecniche, dalle analisi e dall'approccio, la verità è che titoli come questo sono destinati, in un modo o nell'altro, a restare per qualche tempo dentro chi li guarda, perchè inevitabilmente pronti a portare l'audience a considerare ogni posizione, dubbio, errore, approccio più o meno umano - non necessariamente nel senso buono del termine -.
Un incidente, una casualità, il Destino a volte sono arbitri di scelte e posizioni estreme, ma non per questo esistono per giustificare quelle stesse estremità: la nostra posizione, il rischio, la decisione di proteggere se stessi o nascondere qualcosa, il pensiero che una strada possa essere migliore di un'altra diventano arbitri non tanto della Legge o delle convenzioni sociali, quanto della capacità di guardarsi allo specchio e tenere i conti con se stessi.
Non molti di noi sono in grado di gestire quei conti.
Nella quotidianità ancora meno che rispetto a tutti gli estremi cui il mondo può mettere sul piatto.
E quando un film semisconosciuto distribuito in sordina da una delle piattaforme di streaming più note del mondo decide di farlo, l'unica cosa che pare etica è incoraggiarlo. E dargli la possibilità che si merita.



MrFord



giovedì 12 ottobre 2017

Thursday's child



Nuova puntata della rubrica con più ospitate della storia della blogosfera e della rete - forse -, come di consueto incentrata sulle uscite che ci attendono in sala nel weekend imminente, come di consueto pronta ad essere gestita dalle folli mani del sottoscritto e del Cannibale, e per questa settimana pronta ad accogliere Miki Moz.
Come se la sarà cavata il nostro ospite, alle prese con i due arcinemici della blogosfera?


"Lo sapevo che non potevo tenere lo stesso ritmo di Ford, con i White Russian!"



L'uomo di neve

"Questo spumantino farà ubriacare Cannibal e Miki. Datemi un White Russian fordiano, per giove!"

Miki Moz: I thriller ora si spostano tutti a nord, nei paesi dal suicidio facile dove fa buio a mezzogiorno e dove la neve non è piacevole. Ma siccome di neve ne ho avuta anche troppa, quest’anno, salto volentieri la visione.
Questo è il classico film le cui premesse possono far gasare Cannibal, che poi sarà deluso.
Cannibal Kid: Raccomando a Miki Moz, che arriva chiaramente impreparato all'appuntamento con questa rubrica trasformata per l'occasione in una Blog War – Special Edition, di leggere i nostri blog un po' più spesso. Se lo facesse, si renderebbe conto che il fan dei thriller nordici non sono io, ma Ford. L'uomo di neve è infatti tratto da un romanzo di Jo Nesbø, il secondo personaggio di cui si parla più spesso su WhiteRussian, appena dopo Stallone.
Io invece sono incuriosito più che altro per vedere come se la caverà alle prese con un thrillerone commerciale il Michael Fassbenderone, sebbene negli ultimi tempi non ne azzecchi più una. Al cinema. Nel privato invece, mettendosi insieme ad Alicia Vikander, lui sì che ha capito tutto della vita.
Ford: come Cannibal e chiunque segua come si deve il mio blog, Nesbo è uno degli autori che più ho amato negli ultimi anni, autore di una serie fantastica legata ad un personaggio fantastico, il detective alcolista Harry Hole.
Normalmente sarei gasato a mille per una produzione di questo tipo, ma ho due grossi punti interrogativi: il primo è che L'uomo di neve, nonostante il successo commerciale, è ben lontano dall'essere il primo libro della serie, ed iniziare una saga da metà percorso non è mai consigliabile.
Il secondo è Fassbender, che per quanto bravo e cool fisicamente c'entra con Hole più o meno quanto Cannibal con Miki Moz, o almeno spero per Miki Moz.
Staremo a vedere.

40 sono i nuovi 20

"Hey, questo Miki Moz le spara più grosse di Cannibal e Ford!"

Miki Moz: Non ci vuole certo una commediola USA in stile classico (don—ehm, ragazza protagonista, qualche bellimbusto vario ed eventuale) a ricordarci che avere quarant’anni è il nuovo Avere vent’anni.
Ci ho basato il mio blog, su questo concetto. Io ne ho 12, di anni, quindi salto.
Cannibal Kid: Potrebbe sembrare la classica commediola americana senza pretese, ma non lo è. Vorrete mica dare ascolto a un blogger bimbominkia 12enne? Questo è il mio film e potrebbe diventare il mio nuovo manifesto esistenziale. Daje Reese, famme sognà!
Aspettate quindi di vederlo tra i migliori film dell'anno su Pensieri Cannibali e in cima alla classifica dei peggiori su WhiteRussian, dove probabilmente raccoglierà il testimone da Bad Moms, il “trionfatore” dell'anno scorso. Ford comunque è già stato chiamato come protagonista del sequel spin-off: 40 sono i nuovi 80.
Ford: dovrei essere il primo sostenitore di questa dottrina, seguito a ruota da quel fesso di Cannibal, che continua a fingere di avere dodici anni come Miki. Ma prima che possa avere anche la benchè minima esaltazione per vedere l'ennesima commediola ammeregana senza spessore, la strada è molto lunga.

Lego Ninjago – Il film

Maestro Ford pronto a prendere a calci nel deretano i suoi allievi Cannibal e Miki.

Miki Moz: L’azienda del mattoncino ha ormai intrapreso la strada del cinema: dopo i magnifici Lego Movie e Lego Batman è la volta del ninja verde Lloyd (il sosia di un mio amico) e degli altri Ninjago, linea di successo.
Non mi aspetto sviluppi e citazioni colto-nerd come nei precedenti due film, roba che Cannibal e Ford possono riempirci un anno di blog. E poi dalla Lego io aspetto la linea Masters of the Universe.
Cannibal Kid: I magnifici Lego Movie e Lego Batman?
Ma chi ci è capitato questa settimana? L'unico blogger al mondo che ne capisce di cinema meno di Ford? E aspetta pure la linea Masters of the Universe?
Posso rimangiarmi subito l'invito che gli ho fatto a partecipare a questa rubrica?

Quanto ai Ninjago, dico solo che sono tra i preferiti dei miei nipotini di 9 e 6 anni. Quindi una bambinata perfetta per Ford. E non intendo i piccoli di casa.
Ford: i due ultimi film dedicati ai mattoncini Lego, Movie e Batman, mi hanno intrattenuto e divertito parecchio. Ammetto però, per età mia e dei miei figli - ancora troppo piccoli - di non conoscere affatto i Ninjago, ma di essere molto incuriosito. Del resto, se la qualità resta quella dei due film precedenti, direi che siamo a cavallo. E chissà che non impari qualche nuova mossa con la quale stendere Cannibal e lo sventurato che ogni settimana ci farà compagnia per questa rubrica.

Nico, 1988

"Sono qui per acquistare un pò della roba che avete venduto a Miki. Mi pare parecchio buona."

Miki Moz: Nel 1988 l’unico Nico era Steven Seagal, uscito quell’anno con un action da serie A che univa un poliziotto italoamericano alla budinosa e futura Jackie Brown. E so che Mr. Ford è con me.
Ora invece Nico è anche la storia della cantante dei Velvet Underground, tra tour e vita privata.
Da vedere, sicuramente buona musica e buono sfondo storico.
Cannibal Kid: Preferisco dimenticare il d'altra parte dimenticabile Nico con Steven Seagal, uno dei peggiori film e uno dei peggiori attori di tutti i tempi, e concentrarmi su una pellicola premiata all'ultimo Festival di Venezia che racconta gli ultimi mesi di vita negli anni '80 di un'icona degli anni '60. Sono d'accordo che conterrà della buona musica. Per il resto Miki dovrebbe smetterla di drogarsi pesante insieme a Ford.
Ford: il Nico di Seagal resta indimenticabile, oltre ad essere uno dei pochi film decenti interpretati dal più parruccone degli action heroes anni ottanta, ma questo Nico legato alla mitica cantante dei Velvet Underground potrebbe perfino mettere d'accordo il sottoscritto e Cannibal. Che sia l'inizio di una svolta, e dunque di una Blog War tra noi due e Miki?

Il palazzo del viceré

"Da quando Ford è a capo del palazzo, la mattina solo whisky liscio."

Miki Moz: Film storico, quindi probabile mattonata sui coglioni, che ci parla dei rapporti tra India e Pakistan, prima che questi tizi arrivassero ad aprire negozi di cianfrusaglie e telefoni da noi. Cannibal ci sguazzerà dicendo che è da Oscar.
Cannibal Kid: Miki crede davvero che esalterò un film storico?
Ma è una cosa che non si è mai vista nella Storia di Pensieri Cannibali.
Ford: un film che si preannuncia come una mattonata devastante di quelle che Cannibal pensa io esalterò, ma che ormai non avvicino più con la scusa di spararmi l'ennesima revisione di un film con Sly.

L'altra metà della storia

"Non preoccuparti, Jim: non sei vecchio nemmeno la metà di Ford."

Miki Moz: Film inglese come sanno fare gli inglesi. Classico, quindi. La storia di un diario che spunta dal passato e che lega il protagonista a una sua vecchissima fiamma. Amore, perdono, granbretagna. Film per blogger cinefili come Ford & Cannibal, roba per fare gli intenditori british.
Cannibal Kid: Grazie per i cinefili, ma le pellicole classiche British non sono certo una specialità di casa, né dalle mie parti, né da quelle dell'altra metà della storia di questa rubrica, WhiteRussian. Trattandosi di un film con vecchietti, però, potrebbe fare più al caso di Ford che non al mio...
Ford: l'altra metà della storia non pare affar mio, così come queste discussioni da salotto tra Miki e Cannibal, che devono ancora farne di strada per arrivare agli scambi al vetriolo che io e Cannibal portiamo avanti dai tempi delle Blog Wars.

Dove non ho mai abitato

"Te lo prometto, chiederò a Cannibal e Ford di non invitare più quel tipo strano a partecipare alla loro rubrica, ma smetti di piangere, per favore!"

Miki Moz: Film italiano che sembra avere qualche pretesa di buon cinema; padri e figlie e spiriti santi nella Torino bene, dissapori dal passato e architettura. Ne varrà la pena. Mr. Ford forse sta già vomitando?
Cannibal Kid: Negli ultimi tempi sono diventato, a sorpresa, un acceso sostenitore del nuovo cinema italiano. 'Sta roba che sa di mattonata sui coglioni peggio del film storico British però giusto un fanatico nazionalista come Miki può cercare di vendervelo come una visione da non perdere. Non credetegli.
Quanto a Ford, quello il cinema italiano è un posto dove proprio non ha mai abitato. Così come il cinema in generale.
Ford dice: Torino a parte, non trovo un motivo per recuperare l'ennesimo tentativo presumibilmente fallimentare di presentare un film italiano pseudo autoriale. Un po' come qualsiasi tentativo di Cannibal di apparire competente in ambito cinematografico continuerà ad essere altrettanto fallimentare.

Nove lune e mezza

"Signora, ci sono i suoi dottori: Ford e Cannibal." "No, la prego! Mi porti da Miki Moz!"

Miki Moz: Due sorelle, due compagni. Due sorelle molto diverse tra loro, così come i loro compagni. E, di mezzo, una gravidanza. Dirige Michela Andreozzi, una commedia che probabilmente non dev’essere così male tipo quei film italiani che ora sono relegati alla terza serata di Italia 1.
Cannibal Kid: Continua la crociata di Miki in difesa del cinema italiano. Solo che questa robetta bisogna essere proprio generosi per definirla cinema. Considerando inoltre che la protagonista è Claudia Gerini, che non vedevo in azione dai tempi dei lavori con Carlo Verdone e ho ritrovato in pessima forma recitativa in Suburra – La serie, l'unica commedia al femminile da vedere questa settimana è e resta 40 sono i nuovi 20.
Ford: ennesima porcata italiana che se neppure Cannibal corre a difendere deve essere davvero qualcosa di terribile. A meno che non si tratti del film del secolo.

Made in China Napoletano

"Sai, in Cina abbiamo delle copie tarocche di Ford e Cannibal." "Spero non l'abbiate anche di Miki Moz!"

Miki Moz: Chi tarocca di più tra i napoletani e i cinesi? Devono essersi chiesto questo quando hanno messo su questo film. Una simpatica guerra tra contraffazioni che si preannuncia divertente (anche se in questi casi il rischio di film superficiale è sempre alto, speriamo di no…).
Cannibal Kid: Miki Moz arriverà a sponsorizzare persino questo altro film italiano?
No, dai, è troppo persino per lui...
E invece no. L'ha fatto!
Ok, è ufficiale. Non credevo sarebbe mai successo, ma ho trovato qualcuno con dei gusti cinematografici che mi spaventano più di quelli di Ford. Che puntata di rubrica davvero sorprendente. E terrificante.
Ford: non pensavo che esistesse un blogger pronto a difendere il Cinema italiano al suo peggio ancora più di Cannibal, e invece l'ho trovato. Forse è il caso che la prossima volta, prima di scrivere per questa rubrica, faccia bere due o tre white russian dei miei a Miki.

martedì 11 luglio 2017

Codice criminale (Adam Smith, UK, 2016, 99')




Da grande appassionato di musica - anche se, devo ammetterlo, ultimamente ho battuto parecchio la fiacca, rispetto alla ricerca di nuove proposte o esperimenti come mi capitava di fare una quindicina d'anni fa - mi è capitato spesso di incrociare il cammino con un nuovo disco di una nuova band - o artista solista, poco importa - che avesse tutte le carte in regola per fare breccia nel cuore del sottoscritto, non fosse niente male, toccasse le corde giuste ma, per qualche misterioso motivo, finiva per non accendere la scintilla necessaria quando si andava alla ricerca di un potenziale cult.
Codice criminale - o, come al solito sarebbe decisamente meglio, Trespass against us - rientra a livello cinematografico esattamente nella stessa categoria: il lavoro di Adam Smith è ben diretto e recitato - non solo dai due noti protagonisti -, tocca tematiche qui al Saloon sempre ben accolte come il rapporto tra padri e figli e l'ineluttabilità del destino di chi intraprende per scelta, costrizione o vocazione la strada del crimine, nonostante la voglia effettiva o "di responsabilità" di tirarsene fuori, eppure, nonostante tutto, ha finito per passare senza lasciare una traccia così evidente, andandosi ad accomodare assieme a molti altri titoli di genere destinati a fare numero più che a rappresentare pietre miliari.
Il mondo dei gipsies anglosassoni, portati sullo schermo ad un tempo come rednecks incontrollabili ed irrefrenabili e vittime di un pregiudizio che non cesserà mai di esistere a prescindere dalla loro effettiva condotta è esplorato in modo interessante e realistico - molto più che in produzioni decisamente più memorabili come The Snatch, ad esempio -, il lavoro linguistico è notevole - questa è una di quelle pellicole da recuperare assolutamente in lingua originale -, le sequenze d'azione - soprattutto di guida - portate sullo schermo con grande professionalità, ma neppure tutti questi potenziali pregi finiscono per regalare al prodotto finito il carattere che ambirebbe ad avere e mostrare, neanche si trattasse del main charachter Chad, ansioso - e marcato stretto dalla moglie - di affrancarsi dalla figura ingombrante del padre e dal mondo del crimine ma incapace - per colpa o per destino - di sottrarsi allo stesso, neanche ci si trovasse di fronte ad una versione made in England di cose come Ray Donovan.
In questo modo, il passo da potenziale cult a pellicola come tante altre finisce per essere decisamente breve, ed anche a neppure un'ora dalla visione resta davvero poco su cui lavorare emotivamente per mettere sulla carta un post che vada oltre la mera cronaca di una visione senza picchi: perfino l'escalation finale, che dovrebbe rappresentare il momento commovente e profondo della pellicola incide poco - nonostante la bravura del piccolo volto di Tyson, interpretato da Georgie Smith -, finendo per chiudere il tutto con un sapore di già sentito, lasciando al colloquio tra Chad e Kelly con la preside della scuola dei loro figli il punto più alto del lavoro di Smith.
In realtà, nonostante un'ottima esperienza come regista da piccolo schermo e video musicali, il tempo ed i margini di miglioramento possono essere ampi per il buon Adam: si spera soltanto che la prossima volta il suo "disco" non abbia il sapore di qualcosa già superato da almeno una decina d'anni.




MrFord



 

mercoledì 28 giugno 2017

T2 - Trainspotting (Danny Boyle, UK, 2017, 117')




Mi ci sono voluti dieci anni, ai tempi, per apprezzare davvero quello che è stato un cult generazionale per chi è stato adolescente nel corso dei nineties, Trainspotting.
Ai tempi dell'uscita in sala, infatti, stavo attraversando il mio periodo straight edge pseudo artistoide tutto stronzo contro il mondo, e l'idea di un film incentrato su un gruppo di amici tossici pseudo falliti non mi colpì per altro motivo se non la colonna sonora - assolutamente pazzesca - ed alcune trovate che ai tempi risultavano effettivamente fuori dagli schemi - la famosa scena del cesso, per dirne una, o quella delle lenzuola sporche -: non abbastanza, comunque, da pensare di preferirlo a cose come Pulp fiction, uscito nello stesso periodo ed adorato incondizionatamente dalla prima visione.
Con il tempo, la progressiva evoluzione personale, la crescita e la consapevolezza che bisogna spalare parecchia merda prima di poter pensare di uscire "a riveder le stelle" ho rivalutato e non poco quello stesso cult generazionale che probabilmente chi aveva esaltato solo per lo "sballo" aveva finito per perdersi per strada, considerandolo oggi come un importante manifesto ed uno dei film più riusciti mai realizzati sulla dipendenza dalle droghe.
A vent'anni di distanza, ammetto di aver nutrito lo stesso scetticismo di allora per il sequel, che pareva più una bieca operazione di amarcord commerciale che non il tentativo di raccontare una storia di cuore come quelle che vado inseguendo e cercando nel corso di questo duemiladiciassette, e sono felice, e più che felice, di riscontrare che ancora una volta avevo malriposto i dubbi rispetto a Danny Boyle ed alla sua allegra brigata.
Perchè certo, l'amarcord c'è e si sente, così come quel sapore di nostalgia legato a tutti i film - o libri, o dischi, o quello che volete - che hanno significato qualcosa di importante nel nostro passato e tornano a farsi sentire come vecchi amici che, una volta incontrati, paiono quei "migliori amici" alla Stand by me in grado di piegare il Tempo e ricominciare esattamente da dove si aveva smesso, non importa quando: eppure T2 è qualcosa in più, una riflessione sul Tempo - quello vero, che spazza via tutti senza guardare in faccia a nessuno - e sulle opportunità, sui rancori e i tradimenti, su quello che è stato e che occorre raccontare, prima che si perda tra le pieghe della memoria e non resti nulla da tramandare ai nostri figli, come un regalo - magari non richiesto - che farà da fondamenta per il futuro che costruiranno, si spera meglio di quanto possiamo avere fatto noi.
E' anche una colonna sonora nuovamente da urlo, lo stile pazzesco di un Danny Boyle che pare girare come un trentenne - e come dovrebbe fare l'ormai bollitissimo Malick -, un gruppo affiatato che tra George Best, le ruggini e la speranza che qualcuno di "troppo giovane" possa perdere la testa e ricominciare una vita al suo fianco trasmette tutta la genuinità di qualcosa che aveva davvero il bisogno di essere raccontato, vissuto, provato.
E' la testimonianza che "scegliere la vita" funziona, anche quando non è proprio come la si sarebbe sognata. E che non ci si deve dimenticare mai di spalare tanta merda.
Ed è una merda che funziona perchè a volte, anche se solo a volte, tira fuori qualcosa che neppure noi ci saremmo aspettati, e consegna agli annali uno Spud strepitoso, dai giochi di ombre neanche fosse Nosferatu di Murnau all'energia incanalata in una storia che sono tante storie, che sono la vita.
Scegli la vita, per l'appunto.
Io non ho amici stretti come questi, e la maggior parte di quelli con i quali sono cresciuto si sono persi, chissà dove.
Ma se ripenso ad alcuni di loro, a Max con il quale, che sia un giorno o qualche anno, quando ci si rivede è sempre come fosse passata un'ora, a Emiliano che sono convinto avrebbe amato questo film, a mio fratello, con il quale si continua a condividere anche a distanza, a Stefano che è arrivato dopo, ma è come se ci fosse stato anche prima, mi sento a casa, di fronte a storie come quella di Renton e soci.
Il Tempo ci ammazza tutti, cazzo. La vita, ci ammazza tutti.
Eppure è giusto, fottutamente giusto continuare a sceglierla.
Perchè altrimenti non potremmo mettere un disco, alzare il volume, e ricordarci di quanto è triste, intenso, fantastico, doloroso, terribile, liberatorio ballare.
E lasciarsi andare.




MrFord




 

martedì 11 aprile 2017

Io, Daniel Blake (Ken Loach, UK/Francia/Belgio, 2016, 100')




Alla fine della scorsa estate, in attesa del momento in cui Julez sarebbe tornata al lavoro dopo il periodo di maternità, mi preparavo a darle il cambio per passare qualche mese a casa con i Fordini così come avevo fatto nell'estate del duemilatredici, che si rivelò, difficoltà economiche a parte - decidere di mettersi in maternità o paternità facoltativa è decisamente tosto, considerato che si percepisce il trenta per cento del proprio stipendio -, la più bella della mia vita.
Per correttezza ed evitare qualsiasi ripercussione successiva, lavoravo il mio capo ai fianchi da mesi cercando di fargli digerire il fatto che sarei mancato nel periodo più caldo dell'anno - quello invernale -, lottando contro le sue neppure troppo velate speranze che potessi essere presente a dicembre: il giorno in cui gli comunicai che sarei sicuramente rimasto a casa almeno fino al trentuno gennaio, la sua reazione fu straordinariamente pacata, tanto che pensai "devo aver fatto proprio una bella opera di convincimento".
Peccato che, lo scoprii soltanto dopo, dai piani alti gli avessero comunicato il giorno prima di me che avremmo chiuso proprio con la fine dell'anno, e che dunque, di fatto, non sarei più tornato in quello che era stato il mio posto di lavoro - nonostante i cambi di gestione - dal novembre del duemilaquattro.
Trascorsa la paternità, dunque, dal dodici di gennaio scorso sono ufficialmente senza lavoro.
Niente drammi, per carità: ho vissuto ogni istante di questa nuova "avventura" come un'opportunità per ricominciare e reinventarmi, magari tentando di percorrere una strada che possa essere più vicina a quelle che sono le mie passioni.
Ma non è questo, quello di cui volevo parlare: in Italia al momento non esiste più la mobilità come la si conosceva, ma, in caso di licenziamento per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore, si utilizzano piattaforme studiate affinchè il lavoratore stesso percepisca un'indennità di disoccupazione subordinata ad un patto di servizio stipulato dallo stesso con un'agenzia di collocamento o un ente che si occupi di ricollocazione che di mese in mese diminuisce fino allo scadere del periodo per il quale è diritto riceverla.
Il diciotto gennaio scorso, seguendo il percorso che lo Stato ha tracciato per il sottoscritto, ho fatto partire questa procedura, dovendo affrontare tutte le piccole e grandi menate burocratiche che anche online si fanno sentire - il sito della Regione Lombardia, in questo senso, è una vera merda, sappiatelo -, inviando i documenti di rito all'INPS e sottoscrivendo il suddetto patto di servizio.
Sono passati quasi tre mesi, da quel momento.
Tre mesi in cui ho fatto progetti alternativi per il mio futuro, oltre a godermi i Fordini, la casa ed il tempo a disposizione, e migliorare molto come casalingo.
Tre mesi in cui, dall'INPS e dallo Stato, non ho visto arrivare ancora nulla.
Tre mesi in cui il massimo sforzo dell'agenzia sono stati due incontri da due ore e mezza per aiutarmi a compilare per l'ennesima volta il curriculum ed inviarlo sfruttando le piattaforme assurde di alcuni siti molto noti di ricerca di lavoro ed un'offerta per un colloquio per un posto non certo di rilievo in una grande azienda al quale sarebbero seguiti due contratti da una o due settimane, ed in caso uno da tre o sei mesi.
E nel frattempo, se posso permettermi di percorrere le strade alternative di cui parlavo, posso farlo solo grazie ai soldi arrivati dal mio ex datore di lavoro, lo stesso per il quale ora mi ritrovo disoccupato.
Se non fosse che sono un ottimista, un ingordo di vita e abbia voglia davvero di cambiare, per me e per la mia famiglia, ci sarebbe quasi da piangere, nel pensare al grottesco di certe situazioni.
Dev'essere per questo, o perchè sono cresciuto in una famiglia in cui si è sempre lavorato, o perchè, semplicemente, come ai tempi del post dedicato all'ultima stagione di Spartacus, "non sono nato Romano", che Ken Loach mi arriva senza scorciatoie dritto al cuore.
Io, Daniel Blake è stato un colpo profondo e sofferto, di quelli come fu per My name is Joe.
Ed ancora una volta al termine di un film firmato dal più comunista tra i grandi registi europei - e non solo - mi sono ritrovato con il fiato corto e le lacrime agli occhi.
Io non sono un uomo tutto d'un pezzo come Daniel Blake: nella mia vita ho tradito, mentito, rubato, ho fatto in modo, con i mezzi che avevo ed ho avuto, di ritornare i colpi che ricevevo.
Non sono un puro. Anzi.
Ma so cosa significa aver voglia di far sentire la propria voce, così come avere la sensazione che nessuno, a parte chi ti ama davvero, farà nulla affinchè questo possa accadere.
Anche quando afferma il contrario.
So cosa significa farsi il culo, ed avere una dignità.
So cosa significa vederla in chi ci sta di fronte e magari, in quel momento, sta lavorando per noi.
Ma come cantava De Andrè, "Certo bisogna farne di strada da una ginnastica d'obbedienza, fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza, però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni".
E quando i "poteri buoni" ci mettono alle strette, è importante, giusto, vitale far sentire quella voce.
La stessa che dice "Io sono Daniel Blake".
Fosse anche l'unica e l'ultima cazzo di cosa che facciamo.


 


MrFord 




 

sabato 25 giugno 2016

Predator - Dark ages

Regia: James Bushe
Origine: UK
Anno: 2015
Durata:
25'







La trama (con parole mie): Thomas, un templare a comando di un manipolo di guerrieri d'elite, è richiamato dagli esponenti della Chiesa che lo costringono a collaborare con un saraceno affinchè la sua squadra si metta sulle tracce di una bestia che pare aver preso di mira i soldati.
Thomas, che vede decisamente male la collaborazione con lo straniero, apprende dallo stesso che, in realtà, la cosiddetta bestia che vanno cercando potrebbe essere un cacciatore venuto da chissà dove pronto a sterminare qualsiasi uomo per guadagnare nuovi trofei: i due uomini dovranno, nel corso della missione, mettere da parte le divergenze e lottare fino allo stremo delle forze per cercare di completare la loro missione.











E' sempre un piacere, per il sottoscritto, ospitare al Saloon cortometraggi e prodotti di nicchia di autori semisconosciuti pronti a cercare la loro strada ed il loro spazio nello sconfinato oceano delle produzioni cinematografiche.
Lo stesso piacere è ancora più grande se a sponsorizzare un'opera è il mio fratellino Dembo, e come protagonista della stessa ritroviamo un esponente della razza dei Predator, divenuta famosa nel Cinema come nei Fumetti e Videogiochi e dal sottoscritto amata nei secoli dei secoli grazie alla strepitosa pellicola firmata nel cuore degli anni ottanta da John McTiernan con protagonista l'inossidabile Arnold Schwarzenegger.
Il lavoro dell'anglosassone James Bushe è infatti, nonostante l'ambientazione medievaleggiante, un omaggio sentito e profondo alla pellicola originale dedicata alla razza di alieni cacciatori, un giocattolo di venticinque minuti che volano in un vero e proprio festival di effetti artigianali ma ottimamente studiati ed una trama che rispecchia abbastanza - per quello che i mezzi e la durata potevano concedere - quell'epico primo capitolo delle avventure del Predator.
La sensazione, osservando la squadra di guerrieri capeggiata da Thomas avventurarsi nelle foreste dei Secoli Bui alla ricerca di una belva assetata di sangue in compagnia del malvisto saraceno che è stato testimone delle imprese dell'alieno, è senza dubbio quella che, con i mezzi e la produzione adatti, Bushe potrebbe senza ombra di dubbio consegnare al pubblico un prodotto forse non all'altezza dell'originale ma superiore - e di gran lunga - allo spento numero due ed ai vari Alien VS Predator usciti più di recente: in questo senso, resta il rammarico legato a combattimenti risolti molto velocemente - del resto, i mezzi ed il minutaggio non potevano offrire niente più di quanto non sia stato portato sullo schermo - accanto alla speranza che, in qualche modo, possa essere affidato proprio a questo regista un eventuale nuovo titolo con protagonista uno dei mostri più affascinanti ed esteticamente efficaci della Storia del Cinema di genere.
Senza ombra di dubbio resta una visione adatta solo agli amanti di questo tipo di titoli ed ai cultori del già citato Predator, che esulteranno come hooligans memori dell'esaltazione che, fin da bambini, la visione di quel supercult provoca in tutti loro - e mi inserisco fieramente nel novero -, dalla quale schizzinosi, radical e presunti alternativi vari faranno bene a tenersi lontani per evitare i consueti, inutili e poco interessanti commenti negativi scritti con l'altezzosità dei critici di nicchia.
Dunque, se siete dei nostri, armatevi di birra e rutto libero e concedetevi una mezzora di puro, sanguinoso, predatorio divertimento.
Il successo, in quel caso, è garantito.




MrFord




"Dark Ages
shaking the dead
closed pages
better not read
cold rages
burn in your head."
Jethrotull - "Dark Ages" - 






mercoledì 13 aprile 2016

Victor: la storia segreta del Dottor Frankenstein

Regia: Paul McGuigan
Origine: USA, UK
Anno:
2015
Durata:
110'







La trama (con parole mie): Igor, da sempre vissuto al circo come clown ed attrazione a causa della sua deformità, in realtà medico brillante e studioso autodidatta, viene sottratto alla sua "famiglia" da tendone quando un incidente occorso alla trapezista Lorelei mostra le sue doti a Victor Frankenstein, medico al lavoro su un progetto apparentemente folle come quello di rompere la barriera tra vita e morte.
Guarito dalla malattia e ripulito, Igor diviene non solo l'assistente, ma anche e soprattutto il partner di Frankenstein, che trovato un insperato finanziatore nel giovane Finnegan, iscritto anch'egli alla scuola di medicina di Londra e rampollo di una delle famiglie più ricche d'Inghilterra, ha la possibilità concreta di realizzare il suo progetto di dare vita ad un uomo dotato di intelletto e capacità razionali  partendo da componenti fisiche morte.
Ma Scotland Yard è sulle sue tracce, e l'esperimento risulterà decisamente più complesso del previsto.












E' davvero curioso quanto, negli ultimi anni, causa crisi di idee o, forse, di una voglia di impegnarsi più limitata, molti registi e sceneggiatori abbiano pescato a piene mani dall'oceano dei reboot e dei remake, o di personaggi e vicende che hanno fatto la Storia del Cinema e non solo: uno di essi è senza dubbio quello di Frankenstein, nato dalla penna di Mary Shelley - moglie dell'altrettanto straordinario poeta Percy -, creatura crepuscolare perfetta per il romanticismo con la sua natura di predestinato e maledetto, protagonista di Classici dell'horror, rivisitazioni moderne, pellicole d'aspirazione autoriale ed improbabili produzioni simil-action.
La versione di Paul McGuigan, talentuoso regista mai davvero esploso - ricordo che, ai suoi esordi con Gangster N°1 mi colpì parecchio -, non è meglio o peggio di molte altre, tentativo di mescolare le versioni di Guy Ritchie di Sherlock Holmes ed un'atmosfera quasi romantica alla Moulin Rouge! pronta a sfruttare il ruolo di protagonista di Igor, interpretato da un sempre inutile Daniel Radcliffe - nonostante l'impegno profuso, soprattutto nella prima parte, rispetto alla postura fisica - spalleggiato da un James McAvoy che, pur folle e scombinato nei panni di Victor Frankenstein, ripulito, ben rasato ed acconciato non funziona certo come nei panni del Lercio.
Le recensioni oltreoceano e non solo di questo prodotto erano a dir poco terribili, ed il mio approccio è stato assolutamente privo di aspettative, eppure non mi è parso di trovarmi di fronte qualcosa di davvero agghicciante, quanto un prodotto d'intrattenimento spicciolo mascherato da produzione cool simil gotica che ha come principale colpa quella di aver snaturato il personaggio del mostro: una delle cose più affascinanti, infatti, della storia di Frankenstein, era data principalmente dal fatto che, in conclusione, era il visionario e folle genio Victor a risultare effettivamente mostruoso, al contrario della sua triste e malinconica creatura, destinata ad essere sempre e comunque reietta nel mondo degli uomini, pronti ad essere più pericolosi di quanto, nonostante l'apparenza e la forza, potesse essere lei.
Nell'interpretazione di McGuigan, invece, la creatura diviene soltanto l'espediente principale di un finale quasi da film action, o d'avventura, poco digeribile almeno quanto la prima parte ambientata al circo, culminata con l'improbabile fuga a suon di pugni e colpi acrobatici di Igor e Victor: molto meglio, al contrario, la parte centrale del lavoro, incentrata sull'ossessione crescente dei due medici di poter realizzare qualcosa che mai era stato realizzato prima, e superare il confine apparentemente invalicabile tra vita e morte, impreziosita dalle parti affidate ad Andrew Scott - il Moriarty di Sherlock - ed il sempre mitico Charles Dance, cui basta una sequenza per rubare la scena a tutto il cast.
Per il resto, questo Victor: la storia segreta del Dottor Frankenstein trova perfetta collocazione nel grande calderone dei film che passano e vanno senza infamia e senza lode, nonostante i tentativi del suo regista di renderlo appetibile e figo agli occhi del pubblico più giovane ed affascinante a quelli dei più cinefili - le strizzate d'occhio al Lynch di Elephant Man o a Terry Gilliam sono parecchie - ed un finale che prevederebbe addirittura un eventuale sequel - che spero vivamente non veda la luce -.
Peccato per i personaggi di Victor e della creatura - che meriterebbero davvero un'opera degna del romanzo -, mentre nel caso di Igor peccato per la scelta dell'interprete - Radcliffe, purtroppo per lui, resterà a vita imprigionato nel ruolo del maghetto Harry Potter che gli ha regalato soldi, fama e celebrità -, considerato che, Frankenstein Jr a parte, non ricordavo alcuna pellicola che lo vedesse protagonista quasi indiscusso.
Se, dunque, siete in cerca di qualcosa che possa riportarvi all'oscurità ed allo struggimento del periodo della Londra vittoriana, mettetevi l'anima in pace: l'esperimento fallirà clamorosamente.
Al contrario, se il vostro obiettivo è divertirvi senza alcun pensiero, orientatevi verso qualcosa di più scanzonato e veloce in termini di ritmo.
Resta soltanto, a sostenere questo film, la voglia di scommettere o tentare di quella parte di pubblico che non ha paura di sporcarsi le mani, un pò per coraggio ed un pò per follia.
Un pò come Victor Frankenstein.





MrFord






"Feed my Frankenstein
meet my libido
he's a psycho
feed my Frankenstein
hungry for love
and it's feeding time."
Alice Cooper - "Feed my Frankenstein" - 






giovedì 7 aprile 2016

Thursday's child

La trama (con parole mie): alle spalle un inizio anno piuttosto interessante, i distributori italiani devono aver pensato a quale potesse essere il modo migliore per far scontare le uscite dei vari Boyle, Inarritu, Tarantino e via discorrendo soprattutto a chi, come il sottoscritto ed il suo sgradito socio Cannibal Kid, ogni settimana si ripresenta all'appuntamento con una rubrica dedicata alle uscite.
Il modo migliore è senza dubbio infilare una serie di weekend stipati di titoli per la maggior parte inutili senza alcuna vera pellicola di richiamo, che si parli di blockbuster o di chicche d'autore.
Non resta che portare pazienza e confidare negli scambi come sempre al miele dei due antagonisti numero uno della rete.


"La più bella del reame non è Edward Furlong Kid, ma sono io!"
Il cacciatore e la regina di ghiaccio

"L'ultimo film che mi ha suggerito il Cannibale mi ha fatto davvero vomitare!"
Cannibal dice: Un prequel dell'inutile Biancaneve e il cacciatore?
Darei la caccia a chi ha avuto questa malsana idea e pure chi ha scelto di metterci dentro Jessica Chastain, cosa che mi costringerà a dare un'occhiata a 'sta robaccia più maleficent di Mr. Ford.
Ford dice: a me Biancaneve e il cacciatore, in termini di schifezzuole, non è dispiaciuto come avrei pensato e forse sperato.
Questo sequel, però, mi pare totalmente inutile se non per questioni estetiche del cast, unica valida ragione per recuperarlo.
Quello che è sicuro, è che quella regina di ghiaccio di Katniss Kid è uno dei nemici più acerrimi non solo del sottoscritto, ma del Cinema.



Veloce come il vento

"Anche ubriaca, alla guida saresti meglio di Ford sobrio." "Perchè, quello è anche sobrio!?"

Cannibal dice: Descritto come una specie di Rush all'italiana, così come Ford è un po' un Donald Trump all'italiana, questo Veloce come il vento potrebbe confermare lo sfrecciare veloce dell'attuale cinema italiano. Oppure schiantarsi brutalmente come chi si affida a WhiteRussian per scegliere di vedere un bel film.
Ford dice: ho visto la locandina di questa roba quando ho portato con Julez il Fordino a vedere Kung Fu Panda 3, e sono stato assalito dai dubbi. Considerato che il mio rapporto con il Cinema italiano è ormai incrinato, direi che per il momento posso anche correre veloce come il vento via.



Victor - La storia segreta del Dottor Frankenstein

"Credimi, Igor: un ibrido tra Cannibal e Ford SI PUO' FARE!"
Cannibal dice: Certo che le idee originali questa settimana proprio si sprecano. Nel giro di pochi giorni, esce il secondo film dedicato a quel mostro di Fordenstein... volevo dire Frankenstein. Considerando che qui c'è pure l'insopportabile maghetto Daniel Radcliffe, direi che è il secondo film dedicato a Frankenstein che mi evito alla grande nel giro di pochi giorni. È un record. Quasi quanto quello di Ford che è il primo uomo al mondo ad aver dato personalmente alla luce due figli, stracciando così il precedente primato di Arnold Schwarzenegger in Junior.
Ford dice: così come ho evitato il Frankenstein della scorsa settimana, eviterò accuratamente anche questo come e più che se fosse un radical finto Capolavoro consegnato da quello scienziato pazzo di Victor Kid.



Grimsby - Attenti a quell'altro

"Quelli sono Ford e quell'altro: stacci alla larga, sono due tipi poco raccomandabili."
Cannibal dice: Sacha Baron Cohen non mi sta particolarmente simpatico e questo film negli Usa si è rivelato un megaflop. Ciò nonostante, sono piuttosto curioso di assistere a questo Grimsby, più che altro per vedere Sacha Baron Cohen alle prese con un personaggio che ricorda parecchio Liam Gallagher degli Oasis. Non ho mica detto James Ford dei WhiteRussian.
Ford dice: archiviate un paio di buone idee agli esordi, Sacha Baron Cohen è scivolato nello zalonismo più totale. Direi che eviterò anche questo, e piuttosto punterò su qualche filmetto teen made in Cannibalandia da stroncare come si deve.



Microbo & Gasolina

"E con questo mezzo batteremo quelle mezze cartucce di Ford e Microbo Kid."
Cannibal dice: Michel Gondry ha fatto un nuovo film ed esce pure in Italia e io non ne sapevo niente?
L'influenza funesta di Mr. Ford purtroppo si sta cominciando a far sentire. Per rimediare è necessaria una bella dose di cinema francese radical-chic e questa pellicola sembra davvero l'ideale. Il mio ideale.
Ford dice: ho l'impressione che Michel Gondry, archiviati i successi di una decina di anni or sono, si sia fossilizzato su se stesso neanche fosse un Tim Burton o un Cannibal Kid qualsiasi.
Quest'ultimo Microbo & Gasolina mi pare destinato a rafforzare ancora di più quest'ipotesi. Peccato.



Mister Chocolat

"Ed ecco a voi, signore e signori, due veri fenomeni da baraccone: Ford e Cannibal!"
Cannibal dice: Altra pellicola francese. Cosa che significa che oui, me la gusterò più che volentieri. In più il protagonista è il simpatico Omar Sy di Quasi amici, film che avrà presto un remake/sequel/spinoff italiano: Per niente amici, interpretato dal sottoscritto Cannibal Kid e da Mr. James Ford.

Ford dice: credo che l'ottimo Quasi amici sia stato una vera e propria maledizione, per Omar Sy. Non in termini di carriera o economici, questo è sicuro, quanto di standardizzazione: ormai il buon attore francese è diventato solo un nome sulla locandina, un po' come il Cannibal Kid delle recenti puntate di questa rubrica rispetto a quello delle prime Blog Wars.




Una notte con la regina

"Mi dispiace, cara, ma io sono già promesso ad Alessia Carmicino."
Cannibal dice: Questa sembra un'inglesata regale perfetta per la blogger Alessia Carmicino. Non essendoci attori muscolosi o storie strappalacrime sulla maternità, la di nuovo neo mamma Ford invece girerà al largo alla grande, mentre io potrei farci anche un pensierino a passare una notte insieme alla regina. Sperando sia più come Elizabeth Hurley nella serie The Royals che non Elisabetta II.
Ford dice: preferirei passare una notte con Dua Lipa - una delle poche donne in grado di convincere sia me che il Cannibale - che non accanto a Peppa a guardare una roba da salotto come questa, ennesima conferma di una settimana funesta, almeno in sala.



Banat - Il viaggio

"Questa parte della piantagione deve averla curata Cannibal: non c'è un albero che sia sopravvissuto."
Cannibal dice: Film che parla dell'immigrazione, ma con un punto di vista opposto rispetto a quello cui siamo abituati di solito, quello di un italiano in Romania. Verrà trattato come le rumene qui da noi, ovvero sarà costretto a prostituirsi? Lo scopriremo guardando questa istruttiva pellicola e sperando che presto anche Ford emigri. Verso la Romania, o possibilmente anche verso la Luna.
Ford dice: altro titolo italiano, altri dubbi. Ormai, quando si parla di Cinema nostrano, sono più scettico addirittura di quando leggo un post su Pensieri Cannibali.



Che cos'è un manrico

"Andiamo immediatamente a chiedere un miracolo per quei due disastrati di Cannibal e Ford." "Sul serio? Pensavo fossero senza speranza!"
Cannibal dice: Mentre io ancora devo scoprire cos'è un Ford, questo film ci spiega cos'è un manrico, o meglio chi è. Manrico è un trentenne distrofico e questa pellicola italiana rischia di essere o una ruffianata pazzesca o un potenziale Quasi amici nostrano.
Ford dice: questo titolo, a prescindere da come si rivelerà, avrà quantomeno il merito di aver ispirato il mio primo documentario, chiamato Che cos'è un Cannibal.



L'età d'oro

"E così ho completato un altro video segreto del mio sogno erotico Cannibal Kid!"

Cannibal dice: Ma basta! Quanti film escono? E quanti film italiani escono? E soprattutto: quanti film fanno fare a Laura Morante e chi diavolo li va a vedere?
Ford dice: probabilmente, il mio nuovo acerrimo nemico è il responsabile della distribuzione italiana. E dei titoli italiani. Altro che Cannibal Kid.



Troppo napoletano

Una bella foto ricordo scattata per Ford e Cannibal da parte della troupe di Troppo napoletano.
Cannibal dice: Più che troppo napoletano, sembra troppo una porcheria!
Ford dice: troppo una schifezza, vorranno dire!


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