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mercoledì 28 giugno 2017

T2 - Trainspotting (Danny Boyle, UK, 2017, 117')




Mi ci sono voluti dieci anni, ai tempi, per apprezzare davvero quello che è stato un cult generazionale per chi è stato adolescente nel corso dei nineties, Trainspotting.
Ai tempi dell'uscita in sala, infatti, stavo attraversando il mio periodo straight edge pseudo artistoide tutto stronzo contro il mondo, e l'idea di un film incentrato su un gruppo di amici tossici pseudo falliti non mi colpì per altro motivo se non la colonna sonora - assolutamente pazzesca - ed alcune trovate che ai tempi risultavano effettivamente fuori dagli schemi - la famosa scena del cesso, per dirne una, o quella delle lenzuola sporche -: non abbastanza, comunque, da pensare di preferirlo a cose come Pulp fiction, uscito nello stesso periodo ed adorato incondizionatamente dalla prima visione.
Con il tempo, la progressiva evoluzione personale, la crescita e la consapevolezza che bisogna spalare parecchia merda prima di poter pensare di uscire "a riveder le stelle" ho rivalutato e non poco quello stesso cult generazionale che probabilmente chi aveva esaltato solo per lo "sballo" aveva finito per perdersi per strada, considerandolo oggi come un importante manifesto ed uno dei film più riusciti mai realizzati sulla dipendenza dalle droghe.
A vent'anni di distanza, ammetto di aver nutrito lo stesso scetticismo di allora per il sequel, che pareva più una bieca operazione di amarcord commerciale che non il tentativo di raccontare una storia di cuore come quelle che vado inseguendo e cercando nel corso di questo duemiladiciassette, e sono felice, e più che felice, di riscontrare che ancora una volta avevo malriposto i dubbi rispetto a Danny Boyle ed alla sua allegra brigata.
Perchè certo, l'amarcord c'è e si sente, così come quel sapore di nostalgia legato a tutti i film - o libri, o dischi, o quello che volete - che hanno significato qualcosa di importante nel nostro passato e tornano a farsi sentire come vecchi amici che, una volta incontrati, paiono quei "migliori amici" alla Stand by me in grado di piegare il Tempo e ricominciare esattamente da dove si aveva smesso, non importa quando: eppure T2 è qualcosa in più, una riflessione sul Tempo - quello vero, che spazza via tutti senza guardare in faccia a nessuno - e sulle opportunità, sui rancori e i tradimenti, su quello che è stato e che occorre raccontare, prima che si perda tra le pieghe della memoria e non resti nulla da tramandare ai nostri figli, come un regalo - magari non richiesto - che farà da fondamenta per il futuro che costruiranno, si spera meglio di quanto possiamo avere fatto noi.
E' anche una colonna sonora nuovamente da urlo, lo stile pazzesco di un Danny Boyle che pare girare come un trentenne - e come dovrebbe fare l'ormai bollitissimo Malick -, un gruppo affiatato che tra George Best, le ruggini e la speranza che qualcuno di "troppo giovane" possa perdere la testa e ricominciare una vita al suo fianco trasmette tutta la genuinità di qualcosa che aveva davvero il bisogno di essere raccontato, vissuto, provato.
E' la testimonianza che "scegliere la vita" funziona, anche quando non è proprio come la si sarebbe sognata. E che non ci si deve dimenticare mai di spalare tanta merda.
Ed è una merda che funziona perchè a volte, anche se solo a volte, tira fuori qualcosa che neppure noi ci saremmo aspettati, e consegna agli annali uno Spud strepitoso, dai giochi di ombre neanche fosse Nosferatu di Murnau all'energia incanalata in una storia che sono tante storie, che sono la vita.
Scegli la vita, per l'appunto.
Io non ho amici stretti come questi, e la maggior parte di quelli con i quali sono cresciuto si sono persi, chissà dove.
Ma se ripenso ad alcuni di loro, a Max con il quale, che sia un giorno o qualche anno, quando ci si rivede è sempre come fosse passata un'ora, a Emiliano che sono convinto avrebbe amato questo film, a mio fratello, con il quale si continua a condividere anche a distanza, a Stefano che è arrivato dopo, ma è come se ci fosse stato anche prima, mi sento a casa, di fronte a storie come quella di Renton e soci.
Il Tempo ci ammazza tutti, cazzo. La vita, ci ammazza tutti.
Eppure è giusto, fottutamente giusto continuare a sceglierla.
Perchè altrimenti non potremmo mettere un disco, alzare il volume, e ricordarci di quanto è triste, intenso, fantastico, doloroso, terribile, liberatorio ballare.
E lasciarsi andare.




MrFord




 

sabato 12 ottobre 2013

24: redemption

Regia: Jon Cassar
Origine: USA
Anno: 2008
Durata: 84'




La trama (con parole mie): Jack Bauer, al termine delle vicende della sesta stagione di 24, si trova nel cuore dell'Africa presso la scuola amministrata da un ex agente delle Forze speciali suo vecchio amico, rifugio presso il quale ha trovato una sua dimensione da mesi dopo aver viaggiato praticamente in ogni continente.
Quando un sedicente generale pianifica un colpo di stato sfruttando bambini soldato e armamenti forniti da un misterioso finanziatore di Washington, il ruvido Jack si troverà di nuovo costretto ad imbracciare le armi in modo da salvare i giovani allievi della scuola, e garantire loro una via di fuga verso un futuro di speranza negli States, in procinto di salutare l'elezione di un nuovo Presidente.




I frequentatori più assidui del Saloon ben conoscono, ormai, la predilezione ed il profondo rispetto che suscitano nel sottoscritto gli action heroes, personaggi destinati ad entrare nell'Olimpo dei preferiti fordiani di sempre nonchè a costutuire l'ossatura di quelle che saranno le prime visioni del Fordino non appena comincerà a desiderare qualcosa di diverso dai cartoni animati.
Negli ultimi anni, complice la crisi "cinematografica" del genere, in soccorso a questo vecchio cowboy è giunto uno dei charachters più tosti del genere, il reazionario Jack Bauer, protagonista di una serie cult - 24, di ritorno nel 2014 con una nuova stagione - dal ritmo serratissimo e sempre in grado di divertire grazie ad una mancanza di ironia dal curioso potere di assumere una valenza positiva proprio perchè pronta a prestare il fianco a commenti e riflessioni a proposito di problematiche quali la stupidità dei terroristi di turno che, dopo aver constatato di aver a che fare con il suddetto Bauer, continuano a sperare che i loro piani possano andare a buon fine.
Avendo da non troppo tempo terminato la visione della sesta stagione, ed avendo appreso dell'esistenza di un film per la tv realizzato come raccordo con la settima - prossimamente su questi schermi -, ho recuperato in men che non si dica 24: redemption, che racconta una disavventura nel cuore dell'Africa dilaniata dalle guerre civili e dal problema dei bambini soldato vissuta dal vecchio Jack, convinto a non fare più ritorno negli States.
Badate, però: non siamo nei paraggi del bellissimo Rebelle, o di un titolo di genere come potrebbe confezionarlo Michael Mann.
A dire il vero non siamo neppure vicini a Michael Bay, o a Blood diamond.
Purtroppo, quello che pare una sorta di episodio tirato per le lunghe - seppur sempre narrato in tempo reale - della serie è un prodotto di qualità decisamente bassa, reso divertente solo dai commenti e che neppure le gesta come di consueto al limite dell'incredibile di Bauer riescono a rendere interessante.
Uniche segnalazioni degne di nota sono la partecipazione di Robert Carlyle e l'introduzione di un Presidente degli Stati Uniti donna, segno di quanto in qualche modo avveniristica è stata questa serie: dopo aver anticipato i tempi inserendo il charachter del Presidente afroamericano Palmer, infatti, è la volta dell'ex senatrice Allison Taylor segnare un'epoca che, dalla nostra parte dello schermo, non si è ancora trasformata in realtà - anche se sono convinto che non manchi poi molto, a quel momento -.
Per il resto parliamo di un action movie scontato e piuttosto bolso che senza dubbio non risultava necessario al brand di 24, e che ha il solo merito di preparare il terreno alla visione della già citata settima annata, attesissima dal sottoscritto e che, spero, si rivelerà all'altezza di quella che è stata la saga di Jack Bauer fino ad ora.
Redemption, ovviamente, escluso.


MrFord


"It's gonna take a lot to drag me away from you
there's nothing that a hundred men or more could ever do
I bless the rains down in Africa
gonna take some time to do the things we never had."
Toto - "Africa" - 


domenica 20 maggio 2012

Once upon a time Stagione 1

Produzione: Abc
Origine: Usa
Anno: 2011/2012
Episodi: 22



La trama (con parole mie):  Emma Swan, donna tosta e sola che vive alla giornata, viene raggiunta e convinta dal piccolo Henry a seguirlo nella cittadina di Storybrook, Maine. Qui scoprirà non soltanto che il bambino è suo figlio naturale - che diede in adozione anni prima -, ma che lo stesso crede fermamente che proprio Emma sia la salvatrice destinata a liberare dal giogo di una potentissima maledizione i personaggi delle fiabe che noi tutti conosciamo, intrappolati nella nostra realtà.
Regina Mills, sindaco di Storybrook e madre adottiva di Henry, infatti, altri non è se non la Regina Cattiva che avvelenò Biancaneve, unica - o quasi - in città a ricordare il passato degli abitanti nel mondo della magia.
Emma si troverà combattuta tra il rimanere e fuggire, riscoprirsi madre o lasciare che Henry superi quelle che lei ritiene fantasie grazie alla crescita: nel frattempo imparerà a conoscere gli strani abitanti della città, da Tremotino ai Sette Nani.




Raramente capita che una serie riesca a rompere gli schemi ed affermarsi da subito come una delle visioni imprescindibili di casa Ford. Ovvero: per i film è più semplice, per durata ed immediatezza, fare breccia ed indurre il sottoscritto a recuperare al più presto il dvd o il bluray del titolo che è stato in grado di rompere il muro del file sull'hard disk esterno per finire all'interno della collezione a parete, mentre per i serial, opere più complesse, strutturate su numerose puntate - non sempre all'altezza di uno stesso standard - o stagioni, il processo è più complicato.
Once upon a time può essere considerata, di fatto, parte di quel ristretto circolo che, negli anni, ha accolto tra le sue fila titoli del calibro di Lost, Dexter, Six feet under e pochissimi altri: ma allora, vi starete chiedendo, come mai un voto solo discreto per un titolo apparentemente folgorante?
Perchè Once upon a time è stata clamorosamente adorata da Julez, ma a parere del sottoscritto ha espresso soltanto in parte le sue potenzialità, che spero davvero di poter vedere esplodere completamente il prossimo anno, data la recente conferma del titolo da parte della Abc, dato il successo riscontrato da questo esordio.
Certo, la struttura e l'approccio ricordano molto quelli che fecero di Lost la serie che più ho amato in assoluto, con continui salti dal passato al presente ed episodi incentrati sui singoli personaggi - ottimi i cambi nella schermata del titolo, a seconda del protagonista della puntata -, una trama complessa che ricorda un vero e proprio mosaico ed una varietà che permette ad ogni tipo di spettatore di trovare il suo - o i suoi - preferiti tra i charachters principali: eppure qualcosa, nella resa complessiva, non è riuscito a conquistarmi come avrebbe dovuto.
Sarà che la potenza e la qualità registica del prodotto non sono minimamente paragonabili a quelli di Game of thrones - altra recentissima serie di culto -, che l'uso degli effetti non riesce ad essere tamarro quanto in Spartacus e l'ironia non raggiunge i livelli delle prime due folgoranti stagioni di Misfits, o forse, semplicemente, che l'insieme del prodotto appare forse decisamente femminile per arrivare a toccare corde troppo fordiane per la delicata - e più di legno di Pinocchio, senza dubbio - Biancaneve, ma purtroppo non sono riuscito ad avvertire il tipico crescendo di tensione ed affezione che normalmente risulta travolgente per le serie destinate a rimanere nella Storia del piccolo schermo.
D'altra parte, sarei decisamente spocchioso e poco sincero a non affermare che a tratti le trovate degli autori sono state decisamente ottime - dal ruolo di Cappuccetto Rosso a quello dei Nani -, e che il parallelo tra le fiabe e la realtà risulta efficace, divertente e decisamente affascinante: inoltre, personaggi come il clamoroso Tremotino di Robert Carlyle - gigantesco - o lo Specchio interpretato da Giancarlo Esposito riescono a supplire anche alle carenze evidenti di protagonisti decisamente poco convincenti - Il Principe Azzurro su tutti -.
Tremotino stesso, per il suo spessore ed ambiguità, meriterebbe una serie dedicata, e si pone di gran lunga rispetto ad Emma, Biancaneve o il Principe come il vero cardine dell'intero prodotto, anche e più della vera "villain" Regina, spesso e volentieri messa all'angolo dall'enigmatico Gold/Rumplestiltskin con i suoi melliflui "please": fortunatamente l'ottimo season finale pare aver spostato la sua attenzione proprio sul personaggio interpretato da Carlyle - quelli a lui dedicati restano tra le altre cose gli episodi più riusciti della serie, a mio parere -, che a questo punto si suppone avrà un ruolo ancora più importante nel corso della prossima annata.
Dunque definirei Once upon a time come un tentativo ancora non espresso al massimo di andare a creare un nuovo standard di riferimento per i titoli caotici - dei quali Lost fu il capostipite - in grado di coinvolgere un bacino di pubblico ampio e diversificato, sognatori e pragmatici frequentatori della quotidianità, sentimentali in cerca di magia e amore o stronzi fatti e finiti sempre dalla parte dei "cattivi".
Resta da vedere se il secondo giro di giostra sarà un passo avanti verso la sua affermazione o una rovinosa caduta.
Dal canto nostro, non possiamo che associarci ad Emma e buttarci a capofitto: avere fede, a volte, può portare un caos che non sempre viene per nuocere.
Almeno, non del tutto.


MrFord


"Once upon a time I could control myself
ooh, once upon a time I could lose myself, yeah...
Oh, try and mimic what's insane...ooh, yeah...
I am in it...where do I stand?"
Pearl Jam - "Once" -

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