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mercoledì 22 luglio 2020

White Russian's Bulletin



Come preannunciato e promesso, eccomi di ritorno al bancone del Saloon per un Bulletin che riprende le proposte passate da queste parti nelle ultime settimane, revisioni escluse - da questo punto di vista, è stato sicuramente un periodo in cui farsi coccolare da film già visti, stravisti e amati è stato un vero piacere -: principalmente si tratta di titoli legati a Netflix, la piattaforma che sta riscuotendo più successo nel nuovo Saloon, nonostante l'incalzare dei sempre presenti Disney+ e Prime, che hanno però fatto da serbatoio per i recuperi.
Spazio dunque a quello che la memoria mi permette di ricordare dei titoli che mi hanno fatto compagnia dalla seconda settimana di giugno a oggi.


MrFord



BORDERTOWN - STAGIONE 3 (Netflix, Finlandia, 2020)

Bordertown Poster

A cavallo dell'ultima fase del lockdown, alle spalle le visioni delle prime due stagioni nel periodo di piena clausura, Netflix aveva arricchito le sue proposte con l'annata numero tre legata alle vicende del Rocco Schiavone finnico, Sorjonen, anticonvenzionale profiler che dallo "stress" di Helsinki si trasferisce a Lappeenranta, sul confine russo, alla ricerca di una tranquillità che ovviamente non arriverà mai e poi mai.
Archiviati i primi episodi in lingua originale - una volta compreso che il finlandese non è propriamente un idioma affascinante per l'udito -, ho atteso l'edizione doppiata che ha momentaneamente chiuso le avventure dell'investigatore: una terza stagione a mio parere di transizione, con molti cambi importanti - la morte della moglie, il confronto con una nemesi da fumetto, la strana evoluzione del charachter della figlia, i possibili sbocchi narrativi per una possibile season four - e, forse, un pò più di discontinuità rispetto alla seconda.
Resta una proposta valida per gli appassionati di thriller e psicopatici, anche se, onestamente, con il caldo degli ultimi giorni forse andrebbe conservata per il prossimo inverno.




BECOMING CHAMPIONS (Netflix, Messico, 2018)

Becoming Champions Poster

Nata per veicolare l'attenzione sui Mondiali di due estati fa, Becoming Champions è una miniserie che ho apprezzato come compagnia per le pause pranzo, da appassionato di calcio - in fondo, pur essendo un tifoso molto tranquillo, lo sport più bello del mondo mi ha accompagnato fin dall'infanzia - e da appassionato della rassegna iridata, un appuntamento che, ad ogni occasione, mi trova sempre molto coinvolto nella visione di più partite possibili: questa mini, pur se molto televisiva, offre una panoramica sulle sole otto Nazionali che, nel corso della Storia, sono riuscite a portare a casa la Coppa del Mondo, il premio più ambito che ogni calciatore potrebbe sognare di vincere.
Il Brasile (con cinque titoli), l'Italia e la Germania (con quattro), Uruguay, Francia e Argentina (con due), Spagna e Inghilterra (con uno) diventano quindi una sorta di viaggio sportivo che attraverso interviste e rivisitazioni racconta - o prova a farlo - i perchè delle vittorie e delle sconfitte di questi Paesi. Una parentesi piacevole in un periodo che, senza dubbio, ha messo a dura prova anche lo sport.




THE TITAN GAMES - STAGIONE 1 (Netflix, USA, 2019)

The Titan Games Poster

Sponsorizzato dai Fordini - come ormai è risaputo, la Fordina ha da tempo dichiarato di voler sposare The Rock - e recuperato in ritardo rispetto a loro, The Titan Games ha riportato alla mente i tempi di Ultimate Beastmaster, finendo per intrattenere alla grande un vecchio sportivo che rifiuta di darla vinta al Tempo come il sottoscritto.
Divertente ed incentrato sulle storie di persone comuni, lo show capitanato da Dwayne Johnson fa tutto quello che deve fare, e per quanto pacchiano e a stelle e strisce sia, funziona, anche perchè per chi è abituato a fare attività fisica la curiosità di mettersi alla prova con prove come quelle portate sullo schermo è davvero molta.
Personalmente, dato che ormai il suddetto Tempo non è dalla mia parte, spero sempre di vedere, un giorno, uno dei Fordini - o entrambi - competere in qualche tamarrata di questo genere.
Ovviamente sempre con The Rock come host.




EUROVISION SONG CONTEST - LA STORIA DEI FIRE SAGA (David Dobkin, USA, 2020, 123')

Eurovision Song Contest - La storia dei Fire Saga Poster

In un annata per cause di forza maggiore privata delle uscite in sala, i portali di streaming sono diventati ancora di più un riferimento anche per le nuove uscite, finendo per portare alla ribalta anche titoli che avrei clamorosamente snobbato come questo, islandese per esigenze di copione ma per nulla di fatto, espressione di quella commediaccia a stelle e strisce che nelle serate senza impegno va un gran bene, anche perchè, come per Sanremo o l'Eurovision, se anche ci si addormenta e si perde un pezzo per strada, tutto sommato non fa troppo male.
A dire il vero, comunque, sarà che Will Ferrell finisce sempre per divertirmi, sarà che l'Islanda è un chiodo fisso che prima o poi dovrò togliermi o che il rapporto padre/figlio mi colpisce da qualsiasi angolazione lo si tratti, ma tutto sommato ho apprezzato La storia dei Fire Saga come visione senza impegno, finendo addirittura per apprezzarlo nel suo essere così com'è.
In fondo, fare i puristi e gli snob - che si tratti di Cinema o altro - serve sempre fino a un certo punto.
E la canzone trash, in fondo in fondo, piace a tutti.




THE OLD GUARD (Gina Prince-Bithewood, USA, 2020, 125')

The Old Guard Poster

Altro giro, altra produzione Netflix: chiudo questo primo Bulletin più corposo con uno dei titoli più pubblicizzati dalla popolare piattaforma in questo periodo, forte di un cast e di una produzione assolutamente da distribuzione su grande schermo globale e di un plot che pesca a piene mani dall'eredità action degli anni ottanta e novanta.
Peccato che, per qualcuno che in quegli anni è quasi nato e senza dubbio cresciuto, The Old Guard appaia come qualcosa di molto telefonato e già visto, che scorre via senza colpo ferire e si dimentica non troppi minuti dopo la visione, in barba a quanto, a conti fatto, possa menarsela di poter fare.
Per quanto mi riguarda, prevedibile, troppo lungo e per nulla in grado di sfruttare un cast che senza dubbio porta in dono un concentrato di talento ben diverso da quello che script e regia garantiscono.
Si lascia guardare, ma è un pò come uno di quegli appuntamenti con la figa di turno che dopo cinque minuti vorrei che fosse già finito, perchè sai bene dentro di te che sarà una lunga, lenta, inesorabile morte per noia.


lunedì 16 luglio 2018

Saloon Mundial: la dura legge del gol




E così, il Mondiale duemiladiciotto, il primo che abbia vissuto da "non tifoso", è finito.
Da un certo punto di vista si è chiuso nel modo peggiore, con la squadra tra le quattro rimaste in gara che meno avrei voluto vedere trionfare, ma dall'altro ha regalato senza dubbio una delle finali più ricche di gol della Storia, ed ha oggettivamente incoronato una squadra che, pur non giocando un bel calcio - del resto, non lo era neppure il nostro nel duemilasei - è stata in svantaggio per nove minuti in tutta la competizione, ha saputo costruire una generazione di giocatori giovani, affamati e talentuosi e negli ultimi vent'anni un team che ha raggiunto tre finali mondiali su sei ed una europea. Certo non cosa da poco.
Dall'altra parte, esce a testa alta una Croazia che ha regalato forse il miglior approccio al campo della competizione, e che ha patito principalmente la mancanza di qualcuno in grado di prendere per mano la squadra e, dopo minuti e minuti di nulla, cambiare il destino di uno - o più - match: Modric e Rakitic, forse i più talentuosi tra i biancorossi, soffrono entrambi del morbo di Messi, e personalmente ho finito per apprezzare decisamente di più gente come Vida, che pare uno uscito ieri dal carcere e lotta dal primo all'ultimo minuto, tecnica o no.
Del resto la Francia, che subisce come un incassatore e riparte con la velocità di una macchina da corsa, può invece contare sulle giocate di ragazzi forse difficili da digerire come Pogba e Mbappè - che, in realtà, sono semplicemente ragazzi - e sull'intelligenza di un grandissimo Griezmann, vero motore di quella che è considerata una squadra di fenomeni, e quando meno l'avversario se l'aspetta, sfodera zampate che sono macigni poggiati sulle spalle di chi si trova di fronte, in grado anche di rendere papere come quella di Lloris giusto un aneddoto da raccontare nel corso della sbronza che segue la vittoria.
Dunque, la finale ha consegnato la Coppa alla squadra che ha giocato peggio ma che ha saputo sfruttare al meglio i suoi talenti, che ricorda la canzone degli 883 ma che non deve sminuire i vincitori o giustificare i perdenti: è andata così, ed è stato giusto e bello vedere che tutti, in misura diversa, l'anno accettato condividendo anche la bellissima doccia finale. Putin escluso.
Ma ci sta anche questo.
Il Mondiale è finito, è stato emozionante ed intenso, ha regalato gioie e dolori, match dalla tensione palpabile - come quello di oggi pomeriggio - ed altri vissuti con leggerezza - l'Inghilterra non pervenuta alla "finalina" per il terzo e quarto posto, giustamente vinta dal Belgio -: è stato il primo Mondiale VAR - sistema che continuo ad apprezzare - e quello, forse, con più sorprese dai tempi della pilotatissima kermesse del duemiladue, ha portato un cambiamento nel panorama calcistico delle stelle e delle Nazionali considerate istituzioni ed una ventata di aria fresca in un calcio che, finalmente, pare uscire dall'epoca segnata dal tiki taka spagnolo.
Uno dei giocatori fondamentali - anche se deve ancora dimostrare davvero tutto - è un ragazzo che non ha ancora vent'anni, e che ai tempi in cui Deschamps sollevava la coppa nel novantotto non era ancora nato, quando si portavano divise larghissime e non era possibile rivalutare una decisione arbitrale.
Il bello del nuovo, del Tempo che passa, dell'idea che qui in Italia possa essere in fasce il giocatore che ci farà vincere di nuovo un Mondiale tra vent'anni è tutto qui.
E' giusto che i Bleus si godano la vittoria. Anche se qui al Saloon si sperava di festeggiare per le strade di Zagabria, che da quanto sento hanno già trovato lo stimolo per farlo comunque, rispetto ad un risultato storico.
Restano, a rovinare la festa, il pensiero del già citato Putin unico sotto l'ombrello durante la cerimonia di premiazione, ed il pensiero per il destino di chi, nel nome delle Pussy Riot, ha pacificamente invaso il campo sul finire della partita: sinceramente penso che tutto quello che si potrebbe risolvere male si risolva bene, e che la festa non nasconda troppa sporcizia sotto il tappeto.
Per il resto, brindo a chi ha vinto e a chi ha perso, sapendo bene per quale parte ho lottato e continuerò a lottare.



MrFord

mercoledì 11 luglio 2018

Saloon Mundial: usare la testa








E così, a quasi un mese dall'inizio del Campionato del Mondo di calcio, abbiamo uno degli ultimi verdetti espressi dal campo: la Francia guidata da Deschamps, che vinse la Coppa nel novantotto da giocatore, approda in finale - dopo aver perso quella dell'ultimo Europeo - per la terza volta nella sua Storia, mostrando di avere tecnica, capacità di incassare, carattere, furbizia e soprattutto testa.
Come quella di Umtiti, che spezza i sogni di un Belgio sicuramente talentuoso ma al quale manca la zampata decisiva, il salto di qualità che consacra davvero un collettivo, sportivo o no: Hazard è fenomenale, eppure pensare che negli ultimi sei minuti - quelli di recupero - si è giocato praticamente soltanto nell'area belga è abbastanza indicativo del reale desiderio di vincere mostrato dai Diavoli Rossi.
I transalpini, invece, che tra le quattro rimaste, pur non essendo più antipatici come ai tempi di Zidane e soci, erano e sono quelli che meno vorrei vedere trionfare, dimostrano oltre al talento - Griezmann e Mbappè sono spine nel fianco per qualsiasi squadra, là davanti - hanno anche solidità e coscienza: tra quarti e semifinale passano con il minimo - uno a zero in entrambi i casi - partendo da due calci da fermo con due gol di testa firmati dai due difensori centrali.
Nonostante questo, la partita è stata vivace, ricca di ribaltamenti di fronte, con occasioni da entrambe le parti, i dribbling ubriacanti del già citato Hazard - che forse troverebbe casa ideale nel Real orfano di CR7 - ed un numero magico di Mbappè che controlla la palla con il destro e di tacco sinistro libera Giroud in area che avrebbe meritato senza dubbio un gol solo per il coniglio uscito dal cilindro del dio del calcio e consegnato al numero dieci dei Bleus: certo, è un ragazzo di neanche vent'anni e pecca in provocazioni e cadute in stile Neymar specialmente nell'ultimo quarto d'ora - costategli anche una giusta ammonizione -, ma senza dubbio rappresenta uno degli astri nascenti più scintillanti non solo del Mondiale, ma del pallone in generale.
E non è detto che, sei i cugini d'oltralpe dovessero vincere anche domenica, non possa essere il primo a spodestare, un pò come è stato nel corso di questa competizione, Messi e Cristiano Ronaldo, dominatori delle scene negli ultimi dieci anni per quanto riguarda il prestigioso Pallone d'oro.
Domani toccherà a Croazia e Inghilterra, che si giocheranno l'altro posto disponibile in quella che sarà la partita conclusiva di un Mondiale che ha regalato sorprese ed emozioni pur se osservato senza l'adrenalina e l'entusiasmo del tifoso: personalmente, posso dire che chiunque vincerà nella seconda semifinale avrà il mio sostegno domenica rispetto alla Francia, storica nemica fordiana calcistica e non solo, che comunque andrà, avrà sicuramente guadagnato il suo posto e perfino un pò - ma solo un pò - della mia non belligeranza.
Non male davvero per una banda di ragazzini a metà tra i delinquentelli da film anni ottanta e i divi ubriacati dalla loro stessa strafottenza.



MrFord

lunedì 9 luglio 2018

Saloon Mundial: dai quarti alle quattro





E così, neanche il tempo di dedicarmi ad un weekend in trasferta a Torino con il clan dei Ford, ed ecco che i quarti di finale hanno consegnato alla Storia le quattro squadre che si contenderanno i Mondiali di questo duemiladiciotto.
Mondiali che saranno ricordati per le sorprese - del resto, credo che in pochi, alla vigilia della competizione, avrebbero ipotizzato che, a questo punto, gli idoli Messi, Cristiano Ronaldo e Neymar, nonchè la corazzata tedesca, sarebbero stati tutti a casa -, per i gol figli della "zona Cesarini", per la mancata partecipazione dell'Italia.
Ma cominciamo dall'inizio: l'Uruguay privo di Cavani responsabile dell'eliminazione dei Campioni d'Europa di Cristiano Ronaldo viene facilmente cancellato dalla Francia di Griezmann, che non sarà "fenomeno" come Mbappè ma difficilmente manca agli appuntamenti, e finisce per rappresentare l'ostacolo più grande verso la finale che personamente sogno, quella tra Belgio e Croazia.
Intanto il Belgio, in grado di incassare le sfuriate tecniche brasiliane, spezza i sogni dei carioca - con merito e qualche rischio - spezzando l'ultimo dei miti di quest'epoca, il sopravvalutato e simulatore Neymar, che si vede perfino respinto un tiro magico da un intervento da sogno di Courtois poco prima della fine. Sarà pure casualità, ma ormai è dal duemiladue che il Brasile non arriva ad una finale, e resta solo una promessa non mantenuta.
E' dunque giunto il turno dell'Inghilterra, altro grande classico del calcio che dai tempi di Italia '90 non guadagnava una semifinale, pronta a liberare diverse tifoserie dal fantasma svedese: personalmente approvo completamente una Nazionale rifondata e giovane, anche se questa Inghilterra è totalmente priva del fascino di quella di Lineker e Gascoigne che giunse terza nel corso delle "Notti Magiche".
A chiudere la carrellata, a seguito di un match fatto di botta e risposta, la Croazia, che dopo la Danimarca finisce per fare fuori sempre ai rigori la Russia padrone di casa, senza ombra di dubbio protagonista di un Mondiale che valorizzerà tutti i suoi giocatori.
A questo punto della cavalcata, è curioso notare come la rassegna iridata si concluda come un Europeo, e che le quattro squadre rimaste siano relativamente "nuove" in materia: la Francia ha in bacheca il titolo portato a casa in casa nel novantotto da Zidane e soci, l'Inghilterra lo stesso per il sessantasei, mentre Belgio e Croazia giungono vergini al confronto.
Io continuo a sperare che il Mondiale delle sorprese sorprenda fino alla fine, e che ogni match sia teso e combattuto come lo sono stati anche i quarti.
Chissà, magari pronti ad entrare nella Storia grazie ad un qualche momento epico che, ovviamente, sarò ben lieto di ricordare, trasmettere e raccontare.



MrFord






mercoledì 4 luglio 2018

Saloon Mundial: è finita si dice alla fine parte due




Oltre al Mondiale delle sorprese, dev'essere anche quello dell'ultimo minuto.
Mai, che ricordi, nella competizione principale del mondo del calcio, così tanti match si sono decisi quando i giochi parevano fatti, e mai il concetto di "ultimo minuto" è valso così tanto.
E' valso per la Svezia, che due anni fa all'Europeo battemmo senza troppi patemi e che si è aggrappata alla kermesse in Russia all'ultimo minuto rappresentato dai playoff dopo aver lasciato a casa la ben più temibile - sulla carta - Olanda nel corso dei gironi di qualificazione: è stato allora che sono iniziate le dichiarazioni come "non esiste un Mondiale senza l'Italia", "la Svezia non sarà mai una minaccia senza Ibrahimovic" e via discorrendo.
La realtà è che i vichinghi ikea, pur non portando spettacolo sul campo, hanno finito per ridurre ai minimi termini gli Azzurri - impietosamente e giustamente rimasti a guardare i Mondiali sul divano -, sopravvivere ad un girone che vedeva la Germania farla da padrona e ad un ottavo di finale contro una Svizzera ricca di talento che chiude la gara con una superiorità schiacciante in termini di possesso palla - e non solo -.
Dimostrazione che il calcio sta nuovamente cambiando, e che l'era del guardiolismo è giunta al tramonto: in fondo, delle otto squadre rimaste a contendersi la Coppa è soltanto una a mostrare un gioco funambolico - il Brasile di Neymar -, mentre le altre sette - perfino squadre tecniche come Belgio e Croazia - sono decisamente più orientate ad un gioco che ha nel carattere, nella fisicità e nella solidità le armi migliori.
Se qualcuno, alla vigilia del playoff con l'Italia, mi avesse detto che la Svezia si sarebbe giocata l'accesso alla semifinale del Mondiale, avrei pensato si fosse fatto qualche birra di troppo.
Più ultimo minuto di così.
E di ultimi minuti ha vissuto la partita tra Inghilterra e Colombia, che alle spalle un primo tempo decisamente bruttino - forse il peggiore tra quelli degli ottavi di finale - ed un nervosismo crescente, scelgono di portare in scena un thriller che vede prima i britannici in vantaggio - su un rigore nettissimo - gestire ed amministrare la gara e dunque i Cafeteros buttarla dentro con un difensore - l'enorme Mina, tre gol al mondiale, una bella cifra per uno nel suo ruolo - dopo aver modificato l'assetto tattico per tentare il tutto per tutto con quattro attaccanti ad un minuto dalla fine del recupero.
A quel punto il vantaggio psicologico ha portato alla pressione dei colombiani, pronti a rispondere agli attacch inglesi per giungere alla lotteria dei rigori, vera regina del fiato sospeso.
E anche qui, succede di tutto: al terzo tiro dal dischetto, con la Colombia in vantaggio di un gol, pareva che i giochi fossero fatti e che all'Inghilterra non restasse che rassegnarsi ad una maledizione che li ha perseguitati più che l'Italia negli anni novanta.
E invece, prima il tiro troppo bello per entrare di Uribe che sbatte contro la traversa interna - dopo che proprio una sua bomba da distanza siderale aveva provocato il calcio d'angolo dal quale era nato il pareggio della sua squadra - dunque l'errore di Bacca - ma, da tifoso milanista, ricordo quanto fosse inaffidabile dal dischetto - spostano ancora gli equilibri.
Dier non sbaglia, e l'Inghilterra prende per i capelli un quarto di finale contro la Svezia che ha il sapore del calcio anni cinquanta e sessanta.
Rimangono dunque otto squadre delle quali sei europee e due sudamericane, e di almeno la metà alla vigilia del Mondiale non avrei detto sarebbero riuscite a giungere fino a dove sono giunte.
Ora, c'è una netta distinzione tra quello che sarà e quello che mi piacerebbe vedere, o quasi: perchè se con ogni probabilità le due semifinali vedranno opporsi Francia e Brasile da un lato e Croazia e Inghilterra dall'altro, sarei felice come un bambino se le final four fossero Uruguay e Belgio così come Croazia e Svezia.
Ma non voglio andare troppo oltre.
Anche perchè gli ultimi minuti non sono ancora finiti.



MrFord




martedì 3 luglio 2018

Saloon Mundial: è finita si dice alla fine




La giornata di calcio mondiale di oggi è stata senza dubbio meno poetica e magica di quella di ieri, nonostante i due match in programma siano stati a conti fatti più belli di quelli che hanno portato Russia, Spagna, Croazia e Danimarca alla lotteria dei rigori: nel pomeriggio il Brasile ha stroncato i sogni messicani - e i miei di vedere un'altra sorpresa materializzarsi sul tabellone - mostrando la differenza di tasso prettamente tecnico con gli avversari.
Personalmente, così come nel duemilaquattordici, il Brasile non mi piace: è una squadra leziosa, a mio parere meno incisiva e potente delle formazioni dell'illustre passato di questa Nazionale, ed ha il suo simbolo nel fastidioso Neymar, che per quanto bravo continua ad essere uno di quei calciatori dalla scena facile che difficilmente sopporto. E così come nel duemilaquattordici, spero che il loro cammino si possa interrompere prima della finale del quindici luglio, anche fosse per mano di squadra che non mi sono mai state particolarmente simpatiche - leggasi la Francia di Mbappè -.
In serata, invece, è andato in scena un match al cardiopalma: quando, all'inizio del secondo tempo, con un uno-due a dir poco incredibile - e splendido nella sua esecuzione - il Giappone si è portato sul due a zero contro il favoritissimo Belgio, ho pensato come prima cosa che l'analisi che avevo fatto dei Diavoli Rossi fosse esatta - ovvero che si sarebbero sciolti al primo ostacolo - e come seconda che nell'ironia di chi in questi giorni diceva, stando a tutte le sorprese, che forse era la volta buona per i nipponici di imitare gli eroi dei cartoni animati e vincere la competizione poteva addirittura nascondersi un'incredibile verità.
Ma come più volte ho sentito al Cinema, "è finita si dice alla fine", e la squadra belga con grandissima tenacia - ed una qualità complessiva decisamente alta - non solo è riuscita a rimontare, ma anche ad evitare i supplementari con un gol in pieno recupero: curioso solo che, in una serata così thrilling e giocata all'ultimo secondo, le tre reti siano arrivate da elementi tecnicamente non eccelsi - Vertonghen e Fellaini - o subentrati dalla panchina - Chadli - piuttosto che dai più blasonati, pagati e celebrati Mertens, Lukaku e Hazard.
Ora occorrerà capire se, nell'incrocio ai quarti, il Belgio sarà in grado di mostrare lo stesso carattere contro i funanboli - anche nelle cadute - brasiliani, o se si ripeterà l'eliminazione degli europei come quattro anni fa contro l'Argentina di Messi.
Per quanto mi riguarda, e nonostante li ritenga fondamentalmente degli incompiuti, come allora sarò al loro fianco. E come allora continuerò a sperare che a vincere possa essere il meno celebrato e favorito.
Anche se, come è accaduto oggi - ed in particolare stasera - è finita si dice alla fine, e non è detto che sia proprio la fine che avevamo sognato.



MrFord





lunedì 2 luglio 2018

Saloon Mundial: porte e portieri








Il ruolo del portiere è decisamente scomodo.
In un certo senso, è un pò come quello del genitore.
Sei l'ultimo baluardo, quello che apre le braccia o chiude con una mandata in più la porta di casa.
Quello a cui si guarda quando si è nella merda, o cui si passa la colpa nel momento in cui tutto è compromesso.
Del resto, è sempre più facile e meno responsabilizzante guardare dietro piuttosto che davanti.
La seconda giornata degli ottavi di finale è stata senza dubbio segnata dal ruolo dei portieri.
E, per uno strano gioco del destino, dal rapporto tra genitori e figli.
Non sono state due belle partite, quella tra Russia e Spagna e tra Croazia e Danimarca, lontane entrambe anni luce dai match che hanno inaugurato la fase eliminatoria ieri, eppure le emozioni non sono mancate.
Nel pomeriggio la Russia padrona di casa si guadagna un posto storico - che mancava dagli anni settanta dell'Unione Sovietica - ai quarti di un Mondiale al termine di un match in cui ha lavorato dall'angolo, e messo a nudo tutti i limiti di un sistema di gioco - quello della Spagna del tiki taka - ormai superato: nel calcio attuale, legato a preparazioni fisiche rigorose, la leziosità paga sempre meno, e non sempre la tecnica individuale riesce ad avere la meglio su un'intenzione di squadra.
Poi, senza dubbio, se Akinfeev, portiere russo presente dieci anni fa all'ascesa degli iberici che vinsero due Europei ed un Mondiale di seguito, non si fosse opposto ai rigoristi della Roja, le cose ora sarebbero ben diverse: in realtà Koke aveva scritto in faccia l'errore, ma sull'ultimo rigore spagnolo, il "guardia di porta" russo compie un mezzo miracolo - assistito dalla fortuna - dimostrando che non sempre vince il più forte, per fortuna.
Questa sera, poi, dopo una partenza a razzo - due gol in quattro minuti, una cosa incredibile per una partita ad eliminazione diretta di un Mondiale -, è parso di assistere ad un match fotocopia di quello tra Russia e Spagna, con la Croazia tecnicamente superiore messa in difficoltà dalla determinazione e dalla fisicità danesi: almeno fino al centoquindicesimo, quando a cinque minuti dalla lotteria dei rigori Modric, stella croata ed eroe della vittoria contro l'Argentina ai gironi, va sul dischetto con la responsabilità di un match point sulle spalle.
E fallisce.
E qui si torna al principio.
Il ruolo del portiere è decisamente scomodo.
Ne sa qualcosa Kasper Schmeichel, numero uno danese, figlio del mitico Peter, che nel novantadue condusse a sorpresa la sua Nazionale alla vittoria di un Europeo che tutti avrebbero giurato già in mano a squadre decisamente più forti - l'Olanda di Van Basten su tutte -: il buon Kasper, che ha avuto le palle di seguire le orme paterne ed è salito alla ribalta delle cronache qualche anno fa quando il Leicester di Ranieri vinse la Premier League, si trova di colpo la responsabilità dell'intera competizione sulle spalle.
E para.
Stringe quel pallone come se fosse un figlio, raggomitolandosi in posizione fetale, con tutti i compagni che lo abbracciano.
Praticamente, porta la Danimarca ai rigori. Sotto gli occhi del padre, orgoglioso e commosso.
E succede che ai rigori Kasper replica per due volte ai tiratori croati. Una cosa davvero non da poco.
Peccato che Subasic, suo collega dall'altra parte, forse per non sentirsi in difetto, decide di pareggiare il conto totale, e alla fine della serie le sue parate sono tre.
Danimarca a casa, sogno sfumato, la favoritissima Croazia avanza, anche se a fatica.
Il ruolo del portiere, scrivevo in apertura, è decisamente scomodo.
Come quello di un genitore.
Questa notte, in casa Schmeichel, probabilmente si vivranno emozioni molto intense.
Di certo, fossi Peter, sarei orgoglioso di Kasper come se avesse vinto il Mondiale.



MrFord




domenica 1 luglio 2018

Saloon Mundial: ottavi di finale, parte prima








I Mondiali di calcio sono entrati nel vivo, e lo hanno fatto presentando i due ottavi di finale iniziali che, almeno sulla carta, avrebbero potuto tranquillamente essere almeno semifinali.
Due partite diverse ma giocate fino all'ultimo, tese e molto belle, che hanno emesso un verdetto importante: Leo Messi e Cristiano Ronaldo, le due superstar dominatrici degli ultimi dieci anni di calcio, tornano a casa.
Al loro posto, raccolgono il testimone per la competizione Mbappe - giovanissima star francese che pare anche essere un tipo piuttosto schivo, che a diciannove anni porta agevolmente il dieci che fu di Zidane sulle spalle - e Cavani - che toglie le castagne dal fuoco ad un Uruguay che nel secondo tempo è parso una sorta di Rocky Balboa, pronto a prenderne tante senza mai andare al tappeto, e che spero possa tornare in campo nonostante l'infortunio subito -.
Per quanto pronosticassi esattamente l'opposto, è stata comunque una giornata di grande calcio, con match combattuti, divertenti ed emozionanti, dallo spettacolare quattro a tre del pomeriggio - i gol di Di Maria e Pavard sono due perle - al serrato due a uno della sera, entrambi in grado di esprimere il bello di uno sport mediaticamente ed economicamente sempre troppo esposto ma che continua ad emozionare chiunque riesca a viverlo senza considerarne gli interessi.
Messi e Ronaldo, dunque, protagonisti di un Mondiale a conti fatti fallimentare, tornano a casa nello stesso giorno, il primo restando silenzioso ed anonimo ed il secondo reagendo stizzito e rabbioso, ma chiaramente in calo rispetto alle prime, diropenti due partite disputate - e qui si potrebbe pensare ad un errore nella preparazione atletica che l'ha visto arrivare all'esordio troppo carico per poi spegnersi progressivamente -: a questo punto la competizione dovrà trovare nuovi volti da copertina e nuovi protagonisti, cosa che, personalmente, apprezzo molto, specialmente nell'ottica di una finale inedita e, chissà, in grado di regalare la coppa ad un Paese mai premiato prima.
Curioso che i due rivali per eccellenza del pallone, con le loro differenze di approccio, di gioco, caratteriali, si ritrovino sconfitti insieme, neanche il Destino avesse deciso di riservare, con questo Mondiale, un cambio della guardia: per quanto mi riguarda, è giusto che il rinnovamento ci sia, considerato che tra quattro anni probabilmente nessuno dei due mostri sacri suddetti sarà parte della competizione, e che le rivoluzioni sono sempre ben accette.
Ora occorrerà capire se il quarto di finale che ci attende vedrà prevalere la spinta della "giovane Francia" multietnica, atletica e sprezzante - meno antipatica delle sue controparti passate, ma ugualmente per questioni storiche invisa a questo vecchio cowboy - o l'esperienza dell'Uruguay del mitico Tabarez - vederlo alzarsi con la stampella dalla panchina provoca un misto di tenerezza ed ammirazione - e di Cavani e Suarez - due che non ho mai particolarmente sopportato, ma che senza dubbio rappresentano una tipologia di giocatori di talento e combattenti ad un tempo -.
Domani, invece, vedremo se la Croazia potrà effettivamente candidarsi ad outsider da battere e se prevarrà il vantaggio di essere la squadra di casa o quella più blasonata - Russia e Spagna potrebbero riservare sorprese -: per oggi, e per quanto mi riguarda, più che Messi, Ronaldo, le rivalità e le superstar, vince il calcio.
Quello bello e ben giocato.
Quello che non lascia respiro fino all'ultimo secondo.
E metterei la firma perchè il Mondiale fosse così fino alla fine.



MrFord




venerdì 29 giugno 2018

Saloon Mundial: the curse of the winners, part two




E così, la maledizione è tornata a colpire.
Senza dubbio la notizia più clamorosa di questi ultimi due giorni di gironi eliminatori dei Mondiali è stata quella legata all'incredibile sconfitta maturata dalla Germania campione uscente contro la già eliminata Corea del Sud, che conferma quanto, negli ultimi vent'anni, la vittoria nel Mondiale precedente abbia influito negativamente sulla detentrice della Coppa.
La Francia, vincitrice nel novantotto, nel duemiladue uscì mestamente ai gironi; il Brasile che trionfò in Corea nel duemilasei uscì ai quarti - la migliore prestazione degli ultimi vent'anni dei detentori del trofeo -; l'Italia che sollevò la coppa a Berlino nel duemiladieci salutò sempre ai gironi, così come la Spagna vittoriosa in Sudafrica abbandonò subito la competizione in Brasile.
A questo giro è toccato alla Germania, che dall'ottantadue non era mai stata eliminata prima dei quarti di finale e che negli ultimi quattro Mondiali è stata rispettivamente seconda, terza, terza e prima.
La debacle di ieri contro la Corea è il simbolo di una supponenza che, probabilmente, colpisce i gruppi sportivi ormai affermati e poco affamati, che privi di stimoli e carattere, finiscono per sottovalutare troppo situazioni ed avversari e finire per essere rispediti a casa a testa bassa.
Passano così, a sorpresa, la Svezia che qualche mese fa aveva castigato l'Italia - suscitando l'ironia proprio dei tedeschi - e il Messico in quello che, senza dubbio, è stato il girone più sorprendente della competizione.
Dall'altra parte, il Brasile non tradisce le attese e passa come primo, guadagnandosi la sezione di tabellone più difficile ma candidandosi comunque ad essere una delle avversarie più difficili da affrontare in questo Mondiale, considerato che una partita da Brasile ancora non l'ha giocata.
Gli ultimi match della prima fase si sono conclusi un paio d'ore fa, confermando un Belgio in ottima salute - che, nonostante le speranze, continuo a pensare finirà non troppo bene - e consegnando agli opinionisti i dibattiti sulla questione tra Senegal e Giappone, che alla pari su tutto sono state giudicate in base al cosiddetto fair play, una di quelle regole assurde quanto il sorteggio della monetina di un tempo: per quanto mi riguarda, in questi - rari - casi dovrebbe essere organizzato una sorta di prequel degli ottavi di finale, una partita secca ad eliminazione diretta delle due squadre in posizione "scomoda". In modo che possa essere il campo a parlare.
Domani avremo la prima giornata di pausa del Mondiale in vista dell'inizio della carrellata degli ottavi di finale, primo passo verso l'incoronazione dei nuovi campioni: personalmente continuo a sperare in continue sorprese e partite tese dall'inizio alla fine, spettacolari ed emozionanti.
Per quanto riguarda i pronostici e le aspettative, aspetto di parlarne prima che il pallone dia il suo verdetto: quello che è certo, per ora, è che sia un Mondiale dal sapore di Europeo, con dieci squadre su sedici a rappresentare il Vecchio Continente, quattro sudamericane, Messico e Giappone.
L'Africa, per la prima volta come la Germania dall'ottantadue, resta senza rappresentanti nella fase più calda del torneo.
Chissà cosa accadrà?
Quello che è sicuro è che sarò in prima fila, aspettando di essere sorpreso.



MrFord

mercoledì 27 giugno 2018

Saloon Mundial: being human, part 2








Il fatto che la sorpresa, dopo due turni a dir poco da incubo, sia il parziale risveglio di Messi, è quasi un simbolo di quello che è stato più volte definito il Mondiale delle sorprese, anche se, a conti fatti, con la metà del tabellone per gli ottavi di finale completato, non c'è poi così tanto da restare stupiti.
Forse il vero colpaccio è rappresentato non dalla decantata Pulce - che pur gioca la sua partita migliore e con più carattere fino ad ora -, ma da Rojo, che a cinque minuti dalla fine toglie le valigie dei suoi compagni dall'aereo e le tiene ancorate al suolo russo.
D'altra parte, la favola islandese che aveva animato l'Europeo di due anni fa e le speranze degli italiani delusi pronti a tifare per l'outsider per eccellenza, finisce miseramente sotto i colpi della Croazia, che si candida ad un ruolo da protagonista nella competizione: e così, al termine di un girone tesissimo e combattuto, possiamo tirare un sospiro di sollievo e proseguire nell'eterna lotta tra Messi e Cristiano Ronaldo anche al prossimo turno, quando i due simboli di squadre, approcci e filosofie agli antipodi si troveranno di fronte due sfide decisamente importanti, con il Portogallo ad affrontare l'Uruguay e l'Argentina la Francia.
Ci sarà tempo, comunque, di analizzare - e pronosticare - gli ottavi tra qualche giorno, e intanto, a partita ed emozioni archiviate, posso affermare che, nonostante tutto, l'Argentina alla fine ce l'ha fatta più per demeriti dell'avversaria che per meriti propri, almeno nel secondo tempo: con qualcuno di più sicuro dietro e spietato davanti, credo che difficilmente ora Messi e soci potrebbero essere a festeggiare la permanenza nel Mondiale.
Nulla da ridire rispetto alla Nigeria, che si è battuta ed ha combattuto fino alla fine, ma senza dubbio offrire le stesse occasioni ad una squadra come la Francia - giusto per fare un esempio realistico di cosa aspetta l'Albiceleste - significa essere pronti a prendersi una bella batosta e tornare a casa con la coda tra le gambe.
Certo, la Storia ci ha insegnato che a volte le protagoniste che iniziano con il freno a mano tirato esplodono poi a competizione iniziata - in fondo l'Italia delle magie di Baggio nel novantaquattro si qualificò per il rotto della cuffia ai gironi e proprio contro la Nigeria agli ottavi ringraziò il Codino che la condusse in finale, e il Portogallo di Cristiano Ronaldo agli ultimi Europei trionfò dopo aver collezionato se non ricordo male cinque pareggi consecutivi entro i novanta minuti -, ma farsi scudo con tradizioni, almanacchi e scaramanzie varie funziona solo come palliativo, perchè per vincere una competizione come un Mondiale occorrono sì fortuna e Destino, ma anche una sonora dose di palle e di carattere.
Se penso all'Italia, infatti, credo che quella che sollevò la Coppa nel duemilasei non fosse la migliore - quelle che vidi nel novanta e novantaquattro erano senza dubbio superiori -, ma aveva un grande cuore, un gruppo affiatato ed una solidissima tenuta fisica e mentale: tutte caratteristiche fondamentali in manifestazioni così lunghe e potenzialmente imprevedibili.
Parallelamente, nel girone pomeridiano, Francia e Danimarca si accontentano di non farsi male, passano insieme il turno e regalano al Mondiale il primo zero a zero - decisamente noioso -, mentre il Perù salva l'onore a scapito dell'Australia, che chiude all'ultimo posto nonostante i proclami della vigilia di voler tentare il miracolo per qualificarsi agli ottavi.
Domani lo spettacolo riprende, con altre due grandi a giocarsi il tutto per tutto in match che possono voler significare rilancio o sprofondo: chissà cosa riserverà il Mondiale delle sorprese?



MrFord

martedì 26 giugno 2018

Saloon Mundial: being human








E così, il Mondiale delle sorprese chiude i primi due gironi regalando al pubblico due ottavi di finale che, a conti fatti, sorprese non sono ma che promettono scintille, riporta sulla Terra - ma il bello dello sport è anche questo - l'alieno Cristiano Ronaldo e regala tensione fino all'ultimo secondo: alle spalle l'ottimo e spettacolare pareggio tra Giappone e Senegal - le partite dovrebbero essere sempre così - e l'eliminazione della Polonia di Lewandowski, che doveva essere una delle outsider più temibili della competizione, il Girone A si è chiuso lasciando come fanalino di coda l'Egitto di Salah - altro grande deluso - e regalando a sorpresa il primato all'Uruguay, che strapazza i padroni di casa della Russia e si prepara ad affrontare il Portogallo.
Proprio la Russia affronterà nella prossima fase ad eliminazione diretta la Spagna, che a fatica passa come prima nel Girone B dopo aver agguantato nel recupero il pareggio contro il certo non irresistibile Marocco: sarà interessante vedere se avranno la meglio la tecnica e la classe degli iberici o la forza che essere padrona di casa in un Mondiale regala sempre ad una squadra.
L'incertezza alimenta curiosità e potenziali match da ricordare, quindi ben venga.
Dall'altra parte, contro la Celeste guidata da un indomito Tabarez - che dimostra davvero una grande forza d'animo a continuare ad allenare una squadra in una competizione così importante e stressante nonostante la malattia - assisteremo alla caduta o alla risalita di Cristiano Ronaldo, che dopo un avvio da cartone animato nel Mondiale questa sera è parso nervoso e stanco, ha finito per fallire un calcio di rigore e rischiato un'espulsione che sarebbe stata pesantissima per i suoi: eppure, il risultato dei suoi errori risulta essere differente da quello della sua controparte Messi.
Nel momento in cui sbaglia il tiro dal dischetto Ronaldo appare stizzito, come un ragazzino che vuole sempre vincere e che non si aspetta altro che vincere nel momento in cui fallisce un'occasione clamorosa: non c'è una chiusura, una disperazione, il terrore di avere le spalle al muro.
Si intravede, nei suoi occhi, quasi una rabbia da maniaco del controllo che viene messo alle strette dal Destino e non ci sta, non ci sta neanche per scherzo: il suo problema, la sua umanità, pare trovare spazio agli antipodi di quella di Messi, quasi il portoghese fosse un fiume che prende a testate la diga che cerca di arginarlo e l'argentino un fiume che chiede, quasi supplica, di essere rinchiuso da una diga.
E anche se so che questo sarà uno dei temi ricorrenti di questo Mondiale visto dal Saloon, anche quando sbaglia e si rivela umano - che poi è la cosa migliore che ci sia - CR7 si rivela più interessante della Pulce, perchè riesce a trasmettere comunque più emozioni.
In tutto questo circo di divinità del Pallone che mostrano il fianco neanche fossero i grandi nomi dell'Olimpo ai tempi dell'Antica Grecia, senza dubbio merita un applauso l'Iran, che lotta fino all'ultimo rischiando di mandare a casa prima la Spagna e dunque proprio il Portogallo, e soprattutto per la prima volta porta finalmente le donne del proprio Paese allo stadio, aprendo uno spiraglio ad un'evoluzione culturale e sociale sacrosanta, giusta e considerato tutto rivoluzionaria: in questo senso la loro vittoria, i giocatori iraniani l'hanno ottenuta.
E se avrà ripercussioni dal punto di vista della vita entro i confini della loro terra, sarà senza dubbio più importante di una qualificazione.



MrFord

venerdì 22 giugno 2018

Saloon Mundial: Messi non tanto bene








Al secondo giro di giostra - e di partite - i Mondiali cominciano ad emettere i loro verdetti.
Nel gruppo A la Russia e l'Uruguay accedono matematicamente agli ottavi - e si giocheranno il primo posto nell'ultima partita del raggruppamento -, nel B la Spagna e il Portogallo si avviano a conquistare la qualificazione - anche se Cristiano Ronaldo, sempre decisivo, e soci farebbero meglio a non sottovalutare lo scontro con l'Iran -, nel C pare ormai chiaro che saranno Francia e Danimarca ad accedere alla fase successiva - nonostante non brillino particolarmente per spettacolarità, ma del resto al Mondiale non sempre vince lo show -, ma è nel girone D che si sta consumando una delle sorprese più grandi della kermesse calcistica russa: l'Argentina di Leo Messi, erede sbandierato di Maradona, dopo il fiacco pareggio con l'Islanda, porta a casa una sonora batosta contro la Croazia di Modric e Rakitic - anche a causa di una papera da manuale del portiere Ceballos - candidandosi al ruolo che è stato dell'Italia negli ultimi due appuntamenti calcistici iridati in Sudafrica e Brasile.
Se domani, in quella che di colpo è diventata la partita più importante della giornata, la stessa Islanda dovesse superare la Nigeria, l'Albiceleste sarebbe matematicamente fuori dalla rassegna, protagonista di un'eliminazione che oltre a privare la competizione di una delle favorite della vigilia rappresenterebbe per l'Argentina lo stesso dramma sportivo vissuto dal Brasile quattro anni fa nella semifinale persa con punteggio tennistico contro la Germania.
Ma a prescindere dalle scarse possibilità che la squadra sudamericana abbia di passare il turno, la prova che mi aspettavo avrebbe fornito la competizione, ovvero che Messi, talento indiscusso a parte, non sia affatto quel Messia che tanti dipingono, è giunta sul campo: il buon Lionel, che al Barcellona fa faville con alle spalle una squadra di fuoriclasse che lavorano per lui - Rakitic compreso -, con la sua Nazionale - molto forte in attacco, ma dalle fondamenta tutt'altro che solide in difesa - stenta non solo a trovare spazio, gol e prestazioni, ma dimostra come se non fosse già chiaro di essere privo del carattere distintivo dei grandi campioni, lo stesso che il suo rivale Cristiano Ronaldo pare sfoderare in quasi tutti i match.
Il fatto, per quanto mi riguarda, ormai è questo: Messi è incapace di gestire la pressione, è come uno di quei bambini che dicono "la palla è mia" o di quei cattivi capi che al lavoro quando tutto va bene sono prodighi di pacche sulle spalle e grasse risate e poi, quando la musica cambia, trovano sempre qualcuno o qualcosa cui dare la colpa; il fatto è che il talento è un peso difficile da portare sulle spalle, a prescindere dalle responsabilità. E forse, a volte, è quasi meglio che se ne abusi e ci si mostri "cocky" e sbruffoni, quando lo si ha, piuttosto che coprirsi il viso con la mano e fare finta di non esistere anche quando è chiaro che sarebbe impossibile farlo.
La verità è che Lionel Messi è un insulto al suo stesso talento.
Perchè io, se l'avessi, scenderei in campo con lo spirito che animava gente come George Best, o Gascoigne, Cantona, lo stesso Maradona: avrei il coraggio di segnare anche di mano, quasi contando sul fatto che nessuno potrebbe contraddirmi, perchè a farlo sarebbe il migliore.
Lionel Messi è un insulto a tutti quelli che si devono fare il culo a capanna ogni giorno della loro vita, nello sport e nel lavoro, quando uno come lui dovrebbe solo scendere in campo e tirare fuori i coglioni buttando la palla nel sacco.
Lionel Messi ha paura di vincere, a meno che non ci sia qualcuno - o un gruppo di qualcuno - con le spalle abbastanza larghe da assicurarsi il peso della sconfitta, se dovesse arrivare.
E' così nel Barcellona. Non con l'Argentina.
E l'Argentina non è neanche la minima parte di quello che è la vita.
Quindi, caro Lionel, mi auguro che questo, per te, sia un brusco, pessimo, terribile risveglio.
Ma che ti dia il calcio in culo che ti serve per non fare incazzare chi deve sudare anche solo per sognare di avere le tue possibilità.



MrFord

mercoledì 20 giugno 2018

Saloon Mundial: sorprese e speranze



Ogni appuntamento con il Mondiale di calcio, per quanto mi riguarda, e anche senza l'Italia, continua ad avere un fascino irresistibile: l'atmosfera, le sorprese, le certezze, le possibilità prendono corpo partita dopo partita, regalando momenti che restano impressi nella memoria come fossero sequenze memorabili di film.
Dopo aver latitato per questioni lavorative legate alla vita quotidiana di questo vecchio cowboy, la rubrica dedicata alla competizione più importante del mondo del calcio torna riassumendo, alla vigilia delle partite di oggi, le ultime due giornate: la Svezia, dopo aver giustamente lasciato a casa gli Azzurri, liquida la Corea senza troppi patemi, candidandosi a possibile "esecutore" anche per la Germania già sconfitta dal Messico, e mentre anche il Brasile si appende a Neymar come quattro anni fa senza rendersi conto che non si tratta, come per Messi, di Cristiano Ronaldo, sperando che gli acciacchi fisici possano permettergli di essere in campo, esplodono altre due sorprese, Giappone e Senegal, che battono le ben più quotate Colombia e Polonia, mentre il Belgio dilaga - ma si scioglierà appena gli scontri si faranno più seri, come sempre - e l'Inghilterra ringrazia il recupero e Kane.
Il primo verdetto, nel frattempo, pare quasi essere stato emesso: la Russia padrone di casa strapazza l'Egitto di Salah e si qualifica virtualmente per gli ottavi di finale, rivelando talenti che probabilmente il prossimo anno giocheranno in grandi club europei e che, a questo punto e considerando il fattore "casa", potrebbero ambire senza dubbio almeno ai quarti.
Personalmente, ad ogni match io spero principalmente di divertirmi e restare sorpreso, anche perchè il calcio, così come la società, l'arte e qualsiasi cosa possa venirvi in mente, ha bisogno di ventate d'aria fresca che permettano a tifosi, addetti ai lavori e giocatori di rimettersi in gioco, commentare, sognare: il bello della vita - e dello sport come sua espressione - in fondo, è proprio questo, e dunque un sostenitore della Resistenza questo vecchio cowboy non può che sperare che il "Mondiale delle sorprese" come è stato già ribattezzato possa continuare come è iniziato, e regalare sfide mai viste e momenti imprevedibili.
Neanche fossimo in uno di quei cartoni animati anni ottanta in cui il Giappone arriva in finale.
E magari vince anche.



MrFord

lunedì 18 giugno 2018

Saloon Mundial: the curse of the winners




Dopo Francia '98, vincere un Mondiale non è mai stato presagio di buona sorte, per i detentori del titolo, all'edizione successiva.
La squadra trascinata da Zidane che vinse in casa in quell'anno uscì malamente come ultima del girone nel duemiladue, il Brasile trionfatore in Corea venne superato proprio dalla Francia ai quarti nel duemilasei, l'Italia che alzò la Coppa a Berlino tornò a casa in Sudafrica come i cugini d'oltralpe dopo i gironi, destino identico per la Spagna vincitrice nel duemiladieci in Brasile quattro anni fa.
Oggi, questa maledizione che pare non risparmiare nessuno ha colpito anche i teutonici, tra i favoriti di questo torneo: a seguito di una partita bella e combattuta, che gli stessi tedeschi paiono aver sottovalutato almeno quanto i colleghi argentini contro l'Islanda ieri, il Messico si è imposto meritatamente, facendo iniziare il cammino in salita ai Campioni.
Certo, nel già citato duemiladieci la Spagna iniziò proprio con una sconfitta contro la Svizzera, e poi andò a vincere, ma pare che, in questo caso, le cose non vadano proprio in quella direzione.
Il fatto è che nel calcio di oggi, divenuto globale, non sempre basta essere i più tecnici, i più quotati, i più forti: a volte, quando la condizione fisica spinge una forte motivazione, anche compagini meno favorite possono riuscire in quello che appare come incredibile.
E sinceramente, non posso che esserne contento.
Perchè questo pare un Mondiale costruito sulle sorprese, che per una volta potrebbe davvero regalare una finale - ed una vittoria - ad una squadra nuova, che sorprenda e stupisca - un pò come era accaduto in Sudafrica, quando si giocarono la coppa Spagna e Olanda, che mai l'avevano sollevata prima -: e dunque, a seguito dei miracoli dell'Islanda, del Messico e della Svizzera - ancora una volta - stasera, pronta a fermare al pareggio il Brasile del divo Neymar, in questo momento comincio a coltivare davvero la speranza di una competizione diversa da tutte le altre, che potrebbe regalare al pubblico un'escalation diversa da tutte le altre, e dalle solite schermaglie tra i soliti noti.
Siamo appena all'inizio, e tutto potrebbe accadere o cambiare, considerato quanto questo tipo di competizioni siano imprevedibili, ma voglio continuare a sperare che il buongiorno si veda dal mattino e che il mattino abbia l'oro in bocca, e possano essere la fame e la passione, e non il divismo e le certezze, a farla da padrone sul campo da qui all'ultimo giorno.
Per ora, in questo Mondiale orfano dell'Italia - della quale, sinceramente, non sento così tanto il bisogno se non per trasporto - sento fermentare la voglia di ribaltamento rispetto ai "poteri forti" che stimola il mio animo da ribelle, e mi porta a sperare che quache rivoluzione calcististica sia già in atto, e pronta a sorprendere il mondo.
Nel frattempo, mi godo le vittorie e le sorprese giorno per giorno.
Sperando non siano certo le ultime.



MrFord

domenica 17 giugno 2018

Saloon Mundial: and Messi...





Se dovessi scegliere tra una persona di carattere pronta a starmi profondamente sul cazzo o una totalmente anonima dalla mia parte, credo sceglierei senza troppi patemi d'animo la prima.
Questo perchè amo il confronto, la sfida, la passione che emerge e bussa alla porta.
Nel corso della mia vita di amante del calcio ci sono stati giocatori in grado di emozionarmi come un grande film, o un romanzo, o una canzone: penso soprattutto a Roberto Baggio, uno che il Mondiale o la Champions non li ha mai vinti, che ha dovuto lottare per ogni successo, superare conflitti, fugare ad ogni partita dubbi, quasi fosse sempre il primo match, il debutto, il momento della conferma.
E che praticamente ogni volta mi ha regalato quella magia di chi è in grado di prendere per mano chi sta al suo fianco e portarlo dove non avrebbe neppure immaginato.
Personalmente trovo che i due giocatori considerati i più grandi di quest'epoca, Cristiano Ronaldo e Lionel Messi, non siano all'altezza di Roberto Baggio. O di Van Basten. O di Maradona. E via discorrendo.
Eppure, tra loro c'è un abisso.
Il primo, nel suo divismo quasi tomcruiseiano, è come un bambino che vuole sempre tutto e anche di più. Il secondo, circondato da un'aura che non gli corrisponde neppure per scherzo - quella del mitico Diego -, scompare ogni volta in cui gli si chiede di tirare fuori le palle.
Ancora negli occhi la tripletta di Ronaldo di ieri contro la Spagna, e la punizione che ha siglato il pareggio finale, oggi ho visto il suo più grande rivale - questioni "caprine" a parte - avvicinarsi al dischetto in una partita che a mio parere l'Argentina ha sottovalutato contro la rivelazione degli ultimi Europei, l'Islanda divenuta il vero simbolo dei Goonies del calcio, con il terrore e la rassegnazione negli occhi.
E neanche l'avessi gufato, prima ancora di sbagliare un calcio di rigore - non è mica da questo particolare che si giudica un giocatore, canterebbe De Gregori - ha in qualche modo e ancora una volta tarpato le ali alla sua squadra mostrandosi la cosa più lontana da un trascinatore si potesse immaginare: e così nasce una nuova favola islandese, e per l'ennesima volta mi trovo a confermare quello che penso di questo indubbio, inutile talento.
Inutile perchè forte solo nei momenti in cui chi è pronto a coprirgli le spalle è forte, a dare il meglio solo quando la vittoria è sicura, o già in cassaforte.
Troppo facile, caro Leo. Troppo scontato.
Mi viene da pensare che se fosse stato islandese, o un giocatore di una qualsiasi squadra di un qualsiasi campionato di serie b, e non il pupillo ed il predestinato del Barcellona, uno dei club più ricchi e potenti al mondo, ricettacolo di campioni, Messi non sarebbe stato dov'è ora, considerato com'è ora.
In un certo senso, Messi è come un figlio di papà che ha trovato la pappa pronta e che non è mai stato davvero pronto a guadagnarsela. E sinceramente, ritengo sia giusto che all'ennesimo Mondiale questo limite venga finalmente riconosciuto, a meno che lui non sia davvero pronto a superarlo.
Come lo sport insegna, come lo sport permette di sognare di fare.
Perchè se uno dei calciatori più talentuosi al mondo si permette di tirarsi indietro quando squadre certo non fenomenali come Danimarca e Perù si danno battaglia dal primo all'ultimo minuto emozionando e sbagliando e continuando a lottare come se fosse il giorno più importante delle vite dei loro giocatori, allora qualcosa in quello stesso calciatore non funziona.
Forse non ama quello che fa. O non lo ama abbastanza.
Di certo, per uno cresciuto a guardare partite come questo vecchio cowboy, non è abbastanza.
E allora è giusto che fallisca. Che veda la sua casa di carta crollare su fondamenta che non reggono.
Ed il suo rivale fare quello che dovrebbe fare anche lui, e sbeffeggiarlo.
Perchè da un grande talento - o potere - derivano grandi responsabilità.
La prima fra tutte, far sognare chi ti guarda.
E Messi non fa sognare proprio nessuno.
O almeno, non fa sognare me.



MrFord

sabato 16 giugno 2018

Saloon Mundial: Cristiano again




E' davvero curioso quanto il Destino giochi con noi.
Quattro anni fa, a cavallo tra il primo ed il secondo giorno del Mondiale brasiliano, scrissi un post furente ed arrabbiato contro i poteri forti ed i geni, spinto da un periodo non facile a livello personale e lavorativo, e dal fastidioso atteggiamento dei carioca che, sulla carta, partivano favoriti nella competizione.
Come tutti sappiamo, il Brasile ai tempi rimediò solo un quarto posto e due batoste clamorose in semifinale e nella "finalina" per il terzo posto, e ad oggi siedo alla tastiera con la mente decisamente più sgombra di allora. Certo, sono e resterò sempre un sostenitore degli outsiders, ma inizio la consueta cronaca dei Mondiali di calcio - ormai alla sua terza "edizione" qui al Saloon - dedicando la "copertina" a Cristiano Ronaldo, che qualche mese fa era già comparso da queste parti a seguito del gol fantascientifico segnato nell'andata dei quarti di finale della Champions - poi vinta dal suo Real Madrid - contro la Juventus.
Questa sera, infatti, si è tenuto il primo, vero big match della competizione, il duello tra Spagna - come sempre negli ultimi anni, tra le favorite - e Portogallo - Campione Europeo uscente, ma squadra decisamente inferiore alla Roja -, e Cristiano, a differenza della sua "nemesi" Messi, non ha voluto saperne di scomparire dai radar: anzi, con una tripletta che è un mix di furbizia - il rigore e la punizione conquistati sono quantomeno dubbi -, tecnica e quella meraviglia da cartone animato che è anche il bello del calcio e dello sport: quando un campione - perchè di campioni così, inutile negarlo, non ne nascono molti - decide di prendere in mano la propria squadra e, dopo essersi visto rimontare due volte e superare, a due minuti dalla fine inventa qualcosa come la punizione che ha siglato il tre a tre conclusivo, allora, per dirla come Ivan Drago in Rocky IV - tanto per restare in tema russo - "è un vero campione".
E dunque, a distanza di quattro anni, da sostenitore dei Goonies e degli outsiders, mi trovo a dover esultare per uno di quei geni afflitti da divismo che tanto criticavo nel post che inaugurò i Mondiali brasiliani: ma il bello dello sport è anche questo.
Riconoscere un gesto, qualcosa che colpisce e lascia senza parole.
Qualcosa che vada oltre il fatto che per la prima volta da quando sono nato assisto a questa competizione senza avere l'occasione di tifare per l'Italia - giustamente per molte ragioni eliminata ai playoff lo scorso autunno dalla Svezia -, oltre alle nazioni partecipanti, a chi scegliere di tifare, alle voci di mercato e a tutto il circo che gira attorno al mondo del pallone, tra i più ricchi e mediaticamente esposti di tutto lo sport: io voglio sentire l'emozione sulla pelle, dalla rabbia che provai ai tempi delle Notti Magiche alle lacrime di gioia per i miracoli di Roberto Baggio in USA, dalla rivisitazione di Seven Nation Army all'essere ancora qui, ad una tastiera, per raccontare quello che provo quando qualcosa mi coinvolge e conquista, che si tratti di Sport, Cinema o altro stuzzichi quel desiderio di magia e l'ingordigia che mi contraddistinguono.
E lo scrivo da outsider affamato come un genio.
Come il più anonimo e scombinato mediano possibile animato dallo stesso lampo visto negli occhi e nei gesti di Cristiano Ronaldo che, a due minuti dalla fine della partita, sposta l'arbitro che lo stava intralciando e calcia una punizione perfetta.
E la barriera, la tensione, il portiere, il pubblico, il tempo, per un attimo spariscono.
E resta solo la magia.
Quella che voglio. Quella che placa il mio appetito. Quella che cerco.
Cristiano Ronaldo pare avermi letto nella mente.
Ora, quello che chiedo a questo Mondiale, è di andare avanti così.



MrFord




mercoledì 4 aprile 2018

Cristiano



Ho sempre amato lo sport, sarà per l'influenza di mio padre, o per le emozioni che regala a chi lo segue, la disciplina e gli insegnamenti che lascia a chi lo pratica.
Da tempo, ormai, ho passato il periodo della mia vita in cui si è tifosi della propria squadra e dunque nemici giurati di tutte le altre, ed ho imparato ad apprezzare il gesto, il momento, la magia, a prescindere da quale disciplina si stia osservando.
Questa sera ho guardato l'andata dei quarti di finale di Champions League giocata a Torino tra la Juventus - che in Italia è padrona, e giustamente, da anni - e il Real Madrid, e c'è stato un momento in cui tutto è stato come messo in pausa: il pubblico, le squadre, il calcio stesso, qualsiasi cosa potesse essere in movimento in quell'istante.
E' stato come essere spettatori di una sequenza da cartone animato, da Holly e Benji da bambini, da fantascienza, da chi, come me, ha visto ai tempi Van Basten e Maradona: è stato così incredibilmente bello, quel gesto tecnico, da farmi quasi sentire male. Perchè per la squadra avversaria una cosa del genere significa non solo essere destinata alla sconfitta, ma non avere più neppure la forza di reagire.
Eppure, a quel gesto spaziale ed incredibile, quasi si potesse congelare il tempo come in Matrix o Inception, ne è seguito un altro ancora più straordinario: il pubblico dello Juventus Stadium si è alzato ad applaudire, perchè in questi casi non si può fare altro se non ammirare la "grande bellezza", e Cristiano Ronaldo, di rimando, ha applaudito e ringraziato a sua volta.
Uno sport come il calcio, spesso e volentieri in vetrina per cose certo non lusinghiere, in momenti magici come questo pare davvero "il gioco più bello del mondo".
Ma il motivo è uno, ed uno soltanto: perchè dietro queste emozioni c'è tutto il bello dello sport.
Lo sport che ho amato attraverso i racconti di mio padre, la mia vita di spettatore e di sportivo, i piccoli gesti tra compagni di squadra o di allenamento, la competizione positiva, le magie come quella cui ho assistito stasera.
Quelle che fermano il tempo, e fanno sembrare vero l'incredibile.
Neanche fossero un film.



MrFord

venerdì 23 settembre 2016

Pelè - Birth of a legend (Jeff&Michael Zimbalist, USA, 2016, 107')



Come dimostrano le lunghe serie di post dedicate a Mondiali ed Europei, qui al Saloon il calcio è sempre stato ben accolto, in barba agli haters ed ai fighetti che, in occasione delle manifestazioni suddette, finiscono a fingere di tifare per squadre estere salvo poi, eccezionalmente, tornare indietro in caso di vittoria o con una punta di superiorità affermare che a loro "il calcio non interessa": una delle figure più mitiche che il pallone abbia regalato ai suoi tifosi - forse la più mitica, insieme a quella di Diego Maradona - è senza alcun dubbio quella di Pelè, per molti il giocatore più forte della storia di questo sport.
A cavallo tra il Mondiale carioca e l'Olimpiade di Rio, una pellicola da grande distribuzione dedicata alla celebrazione della sua ascesa, partita dalle favelas e culminata con la finale del Campionato del mondo del cinquantotto vinto a sorpresa contro la favoritissima Svezia padrona di casa ed allora praticamente uno schiacciasassi, pareva un'idea pressoche perfetta, considerato il ruolo di ambasciatore sportivo occupato da O Rey negli anni: peccato che, nonostante il fascino indubbio che questo sport riesce ad esercitare sul sottoscritto, la rivalità tra Pelè e Altafini, la presenza di Vincent D'Onofrio ed il ruolo che la ginza - stile legato alle tradizioni di origine africana dei primi schiavi portati in America ai tempi del colonialismo ed alla nascita della capoeira che rese famosi fuoriclasse come Pelè o Garrincha - ebbe nella rivincita sportiva ed umana di quel Brasile, il film risulti talmente romanzato, patinato, scritto e realizzato ad uso e consumo della commercializzazione più bieca da quasi infastidire anche in momenti piacevoli come l'omaggio a Pelè in persona, che compare brevemente nel corso della scorribanda dei giocatori della nazionale verdeoro dentro e fuori l'albergo che la ospita prima della finale insperata contro la già citata Svezia.
Siamo dunque lontani da esempi di perfetto Cinema calcistico come Il maledetto United o Fuga per la vittoria - che, peraltro, vedeva proprio Pelè tra i protagonisti -, e più vicini ad una versione meno avvincente e ben riuscita di pellicole dedicate alla rivincita degli outsiders come The Millionaire, che probabilmente il pubblico occasionale o non amante del calcio non potrà cogliere in tutte le sue sfumature e quello invece innamorato della settima arte troverà scontato o retorico - la morte del piccolo amico di Pelè in gioventù -: l'atmosfera è quella della visione da tv in una serata in cui non si è trovato nient'altro da vedere di più interessante, e benchè si finisca comunque per farsi coinvolgere dalla ginza dei giocatori carioca ansiosi di dimostrare il loro valore ed il loro retaggio al mondo ed ai detrattori, tutto risulta per essere davvero troppo poco per poter considerare non tanto come memorabile Pelè - Birth of a legend, ma anche soltanto meritevole di una menzione che possa rimanere impressa nella memoria a fine stagione.
Se, dunque, O Rey è stato un fuoriclasse assoluto ed uno dei giocatori simbolo di quello che è lo sport più seguito al mondo, il film che ne celebra gli esordi e l'ascesa dal Santos alla Nazionale non è neppure paragonabile all'ultimo dei panchinari.




MrFord
 
 
 
 
 

mercoledì 13 luglio 2016

Euro 2016: la finale


Domenica sera è andata in scena allo Stade de France di Saint Denis la finale di Euro 2016, competizione calcistica che ha visto confrontarsi ventiquattro nazionali nel corso di un mese di partite, sorprese, polemiche e tormentoni di ogni genere, dall'haka stile geyser diventato ormai virale dei giocatori islandesi al tiro al bersaglio sul nostrano Pellè dopo il rigore sbagliato contro la Germania ai quarti di finale.
Di fronte, il Portogallo ancora in cerca di una grande affermazione internazionale di Cristiano Ronaldo - al suo quarto Europeo - e la rinnovata, giovane e multietnica Francia di Deshamps, forse la formazione più "simpatica" dei nostri cugini ed eterni rivali d'oltralpe da trent'anni a questa parte.
Considerati i due percorsi, almeno sulla carta non c'era partita: Francia molto più prolifica, più tecnica, semplicemente più forte, sostenuta da un Griezmann - capocannoniere del torneo - in grandissimo spolvero, Portogallo più contenuto e contenitivo, ripescato tra le migliori terze e capace di vincere entro i novanta minuti soltanto in semifinale contro il Galles.
Nessuna delle due era particolarmente favorita alla vigilia della manifestazione, e nessuna delle due ha mostrato cose clamorose, ma senza dubbio i Blues partivano - da padroni di casa, come se non bastasse - nettamente in vantaggio rispetto agli avversari.
E dev'essere quello che hanno pensato tifosi e giocatori anche e soprattutto quando, a seguito di un'entrataccia di Payet - una delle sorprese dell'Europeo - all'ottavo minuto, Cristiano Ronaldo, capitano del Portogallo ed uno dei giocatori più attesi della partita, dopo un quarto d'ora di inutili tentativi, si arrende uscendo in barella, sostituito dall'ex bidone Quaresma.




Lo ammetto, l'ho pensato anch'io. Simpatizzando per i lusitani, ho temuto che si sarebbe ripetuta una storia come quella del quarto di finale che ha visto proprio la Francia spezzare il sogno dell'Islanda.
E invece no, come direbbe il Lucarelli dei tempi d'oro di Blu Notte.
Perchè non solo i ragazzi in rosso si compattano e non perdono la calma, imbrigliando una Francia abulica che, fatta eccezione per un colpo di testa pazzesco di Griezmann e le giocate di Sissoko non mostra nulla di quanto portato in campo contro la Germania, ma attendono, da buoni nostalgici a ritmo di fado, il momento propizio.
Un momento che si può riassumere in due eventi: il palo di Gignac a termine di un'azione splendida che ha impedito alla Francia di andare in vantaggio e l'ingresso in campo del semisconosciuto Eder - che, accenti a parte, condivide il cognome con il nostro attaccante -, pronto a cambiare la partita prima interpretando alla grande il ruolo di boa centrale e riferimento offensivo per i compagni come sponda, dunque tirando fuori dal cilindro un gol che, probabilmente, resterà il più importante della sua carriera.




A conti fatti, per quanto non fosse certo tra le mie squadre preferite, sono contento per il Portogallo: è il primo trionfo internazionale per una squadra da sempre presente nelle fasi finali di queste competizioni eppure sempre perdente, in questo caso ennesima dimostrazione che, in questo tipo di tornei, contano più coesione e determinazione che non spettacolo o tecnica, e la consacrazione definitiva di Cristiano Ronaldo, che potrà non essere simpatico - anche se ho apprezzato molto il suo invito alla vedova di Borgonovo, che quelli della mia generazione ben ricorderanno come uno dei primi calciatori a testimoniare il dramma della SLA, per la finale - ma che, se rapportato al suo eterno rivale Messi, dimostra ancora una volta un carisma ed un carattere che la Pulce può solo sognare.
Dalla rabbia e le lacrime per l'infortunio agli incitamenti ai compagni nel corso dei supplementari a bordo campo fino alla gioia incontenibile per la vittoria, si può dire che CR7 abbia vinto anche e forse più fuori che non dentro al campo.
Ora non ci resta che attendere due anni, e scoprire cosa accadrà quando i Mondiali torneranno a far parlare di calcio una volta ancora questo vecchio cowboy.




MrFord

venerdì 8 luglio 2016

Euro 2016: semifinali


L'Europeo delle sorprese e delle polemiche, delle conferme e delle emozioni, di questo duemilasedici, è giunto a ridosso del suo atto finale: ieri e l'altroieri sera, infatti, si sono giocate le due semifinali, che hanno decretato quali saranno, domenica, le squadre che si giocheranno il titolo continentale.
Il primo dei due match ha visto il Portogallo di Cristiano Ronaldo non solo aggiudicarsi la prima vittoria entro i novanta minuti dall'inizio del suo Europeo, ma anche porre fine alla seconda favola della competizione, quella di un Galles troppo limitato tecnicamente - Bale escluso - rispetto ai suoi avversari, reso più debole dall'assenza della spalla di quest'ultimo - Ramsey "Bolton", così ribattezzato in onore di uno dei charachters più importanti delle ultime stagioni di Game of thrones dal sottoscritto - e letteralmente messo in ginocchio da un uno/due che in tre minuti non solo ha deciso la partita come un fulmine a ciel sereno o una sveglia improvvisa con una secchiata di acqua gelata, ma ha di fatto distrutto le speranze dei gallesi, che non sono più stati in grado di reagire - sempre Bale escluso -.
Personalmente non stravedo per il Portogallo, e non mi è parso per nulla una squadra da finale, ma il calcio è anche questo, e non mi dispiace il fatto che Cristiano Ronaldo riesca dove il suo eterno rivale Messi ha fallito, anche perchè, valori tecnici a parte, tra i due ho sempre preferito CR7, senz'altro più carismatico rispetto alla Pulce nonchè trascinatore dei suoi in questa semifinale, avendo realizzato uno splendido gol di testa e propiziato la rete di Nani poco dopo.
 
 

 


 
Ma evidentemente l'exploit di Ronaldo non doveva restare l'unico, in questo penultimo atto dell'Europeo: nella seconda semifinale, infatti, la Francia supera i Campioni del Mondo della Germania con una doppietta del capocannoniere attuale della rassegna, Griezmann, che finalizza alla grande le occasioni costruite per lui dai compagni - su tutti Pogba, partito nel mirino dei giornalisti in questo torneo e cresciuto partita dopo partita: il centrocampista della Juventus, che chissà per quanto resterà tale, è uno dei talenti più interessanti del calcio continentale - e porta i Blues a giocarsi la vittoria contro CR7 e compagni.
La Germania torna dunque a casa avendo in un certo senso peccato di superbia ed essendo stata incapace, nonostante la grande organizzazione di squadra, di chiudere le partite - la mancanza di un finalizzatore come Griezmann ha pesato tantissimo sulla resa complessima dei panzer, che ieri sera sono stati strabordanti nel primo tempo ed hanno dominato sul possesso palla, eppure, probabilmente scioccati dal vantaggio francese giunto a sorpresa proprio a ridosso del finale del primo tempo, non sono più riusciti a riprendersi -, mentre la Francia, così come capita a volte in questi tornei - ed è accaduto anche al Portogallo - ha avuto dalla sua anche il fattore culo, determinante per avere la spinta giusta.
Di norma e quasi per contratto, considerate soprattutto le mie esperienze di vita in terra d'oltralpe, detesto i francesi e spero sempre che i cugini transalpini facciano la fine dei polli spennati, eppure devo ammettere che questa compagine giovane e fresca è riuscita in qualche modo a conquistarmi, allontanando lo spettro dell'antipatia dei vari Platini e Zidane: non saprei, dunque, da quale parte schierarmi in vista di domenica, e nel dubbio mi contento di sperare che Ronaldo e Griezmann guidino le rispettive squadre con un'altra grande notte da fenomeni.
In questo modo, mi parrà di aver vinto comunque.
 
 
 
 
MrFord
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