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martedì 25 luglio 2017

Spider Man - Homecoming (John Watts, USA, 2017, 133')




Ricordo molto bene il giorno in cui, in barba alle letture occasionali ed alle centinaia di Topolino passati tra le mani nel corso dell'infanzia, cambiò il mio rapporto con il mondo del Fumetto: era la fine di agosto del novantuno, avevo concluso la prima media, sembravo ancora un bambino delle elementari, avevo conosciuto il primo dolore della perdita con la morte di mia nonna pochi mesi prima ed ero al mare per le classiche ferie in famiglia: in edicola, una mattina in cui mio padre mi mandò a comprare i quotidiani, intravidi il numero settantotto della collana dell'Uomo Ragno targato Star Comics, intitolato Duello Selvaggio.
Restai spiazzato: in copertina campeggiava uno Spidey con indosso un costume nero che non avevo mai visto - e che resta il mio preferito ancora oggi -, minacciato da quello che, l'avrei appreso in seguito, era uno dei nemici simbolo degli X-Men, Sabretooth.
Sfogliando quelle pagine, scoprii che Peter Parker non era più il ragazzino che ricordavo dai cartoni animati, bensì un uomo - per quanto allora vecchi mi potessero sembrare gli universitari o poco più - con un lavoro, una fidanzata ed una vita "avviata": rimasi come ipnotizzato.
Da quel giorno per quasi vent'anni seguii ogni quindici giorni le avventure di Testa di tela, ancora oggi il mio eroe Marvel preferito, un nerd sfigato che rivelava attraverso la maschera tutto il suo potenziale, che costruiva il suo mito sulla fallibilità ed affrontava la paura a suon di battute.
Ricordo anche l'esaltazione che provai quando uscì il primo film diretto da Sam Raimi, perfetto nel ricostruire l'atmosfera classica dell'albo e lo spirito del personaggio, seguito da un secondo capitolo forse addirittura superiore al primo: da quel momento in poi, cominciai progressivamente ad allontanarmi dal Fumetto seriale, ed assistetti contemporaneamente al tracollo del destino cinematografico di Spidey.
Dopo il terribile terzo film firmato da Raimi vennero i due reboot di Marc Webb, non così pessimi ma totalmente privi di quel guizzo che aveva indotto un ragazzino pelle e ossa nei primi anni novanta a scommettere su quell'albo in particolare: questo fino a quando, nel Civil War che celebrava l'ennesimo successo del Cinematic Universe, faceva il suo esordio ufficiale il "nuovo" Spider Man, molto teen e molto moderno, in linea con le nuove generazioni di lettori e spettatori che ora finiranno per identificarsi in lui tanto quanto io, oggi, finisco per sentirmi più vicino ad Happy o Tony Stark.
O perfino all'Avvoltoio - specialmente quando si tratta di proteggere la propria figlia dai potenziali fidanzati -.
Di questo Homecoming avevo letto un gran bene, in giro, e devo ammettere che il lavoro svolto è senza dubbio fresco, veloce, appassionante e sorretto da un casting ottimo, dal giovane protagonista fino ad un sempre mitico Michael Keaton, che in questo caso pare aver rimembrato Birdman e sfoderato il suo lato da villain "operaio", senza dubbio superiore a tutti i film recenti dedicati all'amichevole Uomo Ragno di quartiere ma incapace, a mio parere, di raggiungere i livelli dei primi due film realizzati dal già citato Sam Raimi - nonostante Tobey Maguire mi abbia sempre fatto cagare come volto di Peter Parker -.
Devo inoltre ammettere che, se confrontato con molti prodotti legati, per l'appunto, al Cinematic Universe, il pur simpatico Homecoming perde il confronto sia con i due capitoli dedicati ai Guardiani della Galassia, a Strange, ad Ant Man e via discorrendo, risultando forse fuori posto quasi quanto si deve sentire il giovane Pete di fronte al veterano Tony Stark.
Niente di particolarmente grave, ovviamente, per un popcorn movie godibilissimo e divertente, ma forse, considerato l'amore che provo per il personaggio, non mi sarebbe dispiaciuto trovare qualcosa in più.
O chissà, forse quel bambino della fine di agosto del novantuno è ormai diventato troppo vecchio, e finisce per sentirsi "scomodo" di fronte ad un film di supereroi che gli fa immaginare il momento non così distante in cui dovrà accompagnare i figli adolescenti al ballo.
O a quello che sarà.




MrFord




 

lunedì 13 febbraio 2017

The founder (John Lee Hancock, USA, 2016, 115')




Ho l'impressione che tutti, quantomeno nei Paesi in cui è presente ed almeno una volta nella vita - compresi i radical che continuano a mostrare repulsione in confronto, quasi fosse una sorta di versione fastfoodiana di Trump -, abbiano mangiato da McDonald's.
Prima o dopo la serata Cinema, a tarda notte di ritorno da una bella sbronza, in vacanza perchè a corto di soldi, in compagnia quando si è ragazzi e non si hanno ancora l'età o i fondi per girare per locali, e così via.
Personalmente, pur adorando il mangiare sano e completo - di norma i miei pasti vanno dal primo al dolce, senza alcuna portata "saltata", adoro mangiare lentamente e mi godo gli alimenti di prima qualità, quando ci sono -, trovo il fast food e McDonald's - il suo simbolo - assolutamente utili e goduriosi, l'equivalente culinario di quelli che sono i film action tamarri, o le trashate che esaltano senza ritegno: di tanto in tanto, la voglia di schiaffarsi un bel menù come si deve con l'aggiunta di qualche extra mi prende alla gola, specie ora che, lontano dal lavoro e dalla grande città, sto perdendo i ritmi della pausa pranzo.
Nonostante questa mia "debolezza", non conoscevo la storia dietro una delle imprese commerciali di maggior successo al mondo, ovvero l'intuizione che portò, negli anni cinquanta dei grandi sogni e delle grandi opportunità made in USA, il venditore Ray Kroc a creare dalle fondamenta quello che, ad oggi, è un vero e proprio impero multimilionario.
Il lavoro di John Lee Hankcock, già noto per i più che discreti The blind side e Saving Mr. Banks, incensato da buona parte della critica e perfetto ritratto del lato oscuro dell'American Dream, affronta principalmente il tema del confronto tra l'arrivismo grintoso dei perseveranti e la dimessa genialità degli outsiders di talento, che per quanto depositari di idee e, per l'appunto, talento, non giungeranno mai al successo, e saranno dunque destinati a fare da cibo per i veri squali dell'oceano, i loro colleghi e competitors meno dotati ma più decisi.
Un ritratto senza dubbio ben congegnato e critico delle grandi speranze a stelle e strisce, che dietro alle possibilità ed ai sogni celano senza dubbio un sottobosco smisurato di disillusione ed impossibilità di emergere: la storia di McDonald's e di Ray Kroc, in un certo senso, mostra proprio questo. Il percorso di un predatore che non si fermerà di fronte a nulla e quello di due sognatori che hanno avuto la sola colpa di avere un'intuizione clamorosa senza saperla sfruttare, o quantomeno non farlo a scapito di determinati valori.
Avendo avuto esperienza di vendita, probabilmente potrei pensare di essere più simile a Kroc che non ai due fratelli McDonald, eppure comprendo bene - pur se rispetto ad altri ambiti - quanto scomoda sia la verità che dietro un sogno ci sia il fatto incontestabile che spesso e volentieri non abbia l'ultima parola il più talentuoso o chi si merita un successo, quanto chi ha inseguito lo stesso con la determinazione più ferrea e la capacità di osare anche quando si rischia, o si mette a rischio quello che di norma viene considerato, per l'appunto, un valore.
Un film onesto, dritto, importante per certi versi, che ha come unico difetto il fatto di essere uguale a molti altri che toccano le stesse tematiche, e senza dubbio proiettato - malgrado le mancate nominations - alla "zona Oscar": un film da artigiani con le contropalle, ma un film che resta espressione di determinazione e non di talento, supportato per gran parte da un Michael Keaton che pare vivere una seconda giovinezza dopo essere stato sottovalutato per troppi anni.
Curioso che sia proprio lui ad interpretare Ray Kroc.
Perchè uno come Keaton rappresenta alla perfezione quell'immensa categoria di geni votati all'insuccesso.




MrFord




 

lunedì 22 febbraio 2016

Il caso Spotlight

Regia: Tom McCarthy
Origine: USA, Canada
Anno: 2015
Durata:
128'








La trama (con parole mie): siamo all'inizio degli Anni Zero quando la redazione investigativa di Spotlight, che fa capo al quotidiano Boston Globe, spinta dal nuovo redattore capo Marty Baron, si muove per scoprire la verità celata da un caso di molestie denunciate all'indirizzo di un prete locale.
Quando, indizio dopo indizio, i giornalisti di Spotlight si trovano a comporre un mosaico che pare decisamente più grande ed inquietante di quello che si erano immaginati in partenza, l'indagine assume una portata enorme, finendo per porre il Globe ed i suoi reporter nel mirino dell'ostruzionismo della Chiesa dell'Arcidiocesi di Boston: quello che infatti pare, è che gli ordini per i religiosi scoperti in comportamenti di questo tipo siano quelli di insabbiare le vicende, impedire le denunce e spostare gli stessi "uomini di dio" in un'altra parrocchia come se nulla fosse, e che le vittime - e di conseguenza i molestatori in abito talare - siano molti più di quanti non si sarebbero aspettati.
La redazione di Spotlight, a questo punto, ha in mano tutte le carte per realizzare un servizio destinato a fare la Storia.








Per quanto abbia sempre adorato scrivere, ed adori il giornalismo investigativo, non ho mai coltivato il sogno di tentare una strada come quella del reporter d'assalto: eppure, l'idea di lavorare con la testa e la penna soprattutto per mettere all'angolo chi pensa di averla fatta franca anche e soprattutto agli occhi della società è una delle cose più esaltanti che possa immaginare.
Se, poi, chi pensa di averla fatta franca è la Chiesa, e l'oggetto della discordia sono molestie operate dai religiosi su bambini e bambine, allora dalle mie parti si sfonda una porta aperta.
Personalmente, ho sempre trovato l'argomento pedofilia molto delicato, specialmente se legato a figure apparentemente autorevoli pronte a sfruttare la loro posizione ed il loro status - ed il senso di colpa radicato nella cultura cattolica - per approfittare di vittime troppo giovani per poter avere gli strumenti effettivi per affrontarli: onestamente, quando penso a determinate situazioni, finisco spesso a pensare che, forse, occorrerebbero misure decisamente più drastiche di una pena detentiva, per chi si macchia di reati simili.
Ma questa è un'opinione personale, ed un'altra storia.
Quella, al contrario, narrata da Il caso Spotlight, portato sullo schermo con il piglio dei grandi film d'inchiesta della New Hollywood anni settanta - su tutti il Capolavoro Tutti gli uomini del Presidente di Pakula, un vero gioiello - da Tom McCarthy, uno dei protetti del Saloon in materia di Cinema indie americano fin dal suo esordio con il piacevolissimo The station agent con un Peter Dinklage che ancora nessuno conosceva, passando poi per l'ottimo L'ospite inatteso e l'altrettanto efficace Win win - Mosse vincenti, è una vittoria civile e professionale contro il Sistema - per dirla come il redattore capo Marty Baron - di quelle indimenticabili, che portò alla ribalta il Boston Globe ed a galla una sequela di schifezze perpetrate nel nome della Chiesa per decenni.
Affidandosi ad un taglio che ricorda quasi più l'inchiesta documentaristica e ad un gruppo di attori affiatato, affidabile ed in gran forma - ottimi tutti, da Ruffalo a Tucci, passando per la McAdams e Slattery, con una menzione particolare per Keaton e soprattutto Liev Schreiber, lontano anni luce dall'apparenza che, di norma, è "costretto" anche fisicamente a dare ai suoi personaggi - McCarthy porta a casa un risultato convincente e solido, che forse non farà gridare molti al miracolo considerata la forse eccessiva uniformità - pare di stare a bordo di un treno comandato elettronicamente, di quelli che partono e arrivano in perfetto orario e non hanno sbavature di alcun tipo - ma che delinea alla grande quella che è una delle incarnazioni migliori del Cinema di denuncia americano, la stessa che non esagera con le stelle e strisce - concedendo soltanto un paio di sequenze alle suddette come il confronto tra Keaton e la sua fonte e la presa di coscienza dello stesso ex Birdman nella riunione di redazione nel finale - ma punta a sensibilizzare il pubblico senza ruffianerie e colpi bassi.
Certo, non è la Boston spietata di Mystic River, ma vedere questi uomini e donne assolutamente normali, armati solo della propria coscienza sociale e professionale - molto efficaci, in questo senso, il faccia a faccia tra Ruffalo e Keaton a proposito dei tempi di pubblicazione dell'inchiesta, e la crisi di D'Arcy James alla scoperta che la residenza di uno dei preti della loro lista risieda nel suo stesso quartiere - lottare tra documenti, ostacoli burocratici, intimidazioni più o meno celate, chiusura di chi è stato vittima delle violenze o chi quelle violenze ha colpevolmente nascosto è un esempio di Cinema civile come non ne passavano sul grande schermo da parecchio tempo, almeno per quanto riguarda la grande distribuzione.
Potrà dunque non essere uno scoop assoluto, un fulmine a ciel sereno, qualcosa di particolarmente geniale o innovativo: ma Il caso Spotlight è un film appartenente ad un genere che, forse, in una società pericolosa come la nostra, finisce per essere addirittura più importante.
Quello dei film necessari.






MrFord






"If the heavens ever did speak
she's the last true mouthpiece
every Sunday's getting more bleak
a fresh poison each week."
Hozier - "Take me to the Church" -












giovedì 18 febbraio 2016

Thursday's child

La trama (con parole mie): questo inizio duemilasedici, nonostante tutto, si sta rivelando piuttosto interessante in termini di uscite e proposte potenzialmente interessanti.
Anche per il weekend imminente, infatti, si preparano ad esordire in sala almeno un paio di titoli molto attesi dal pubblico e dagli appassionati che potrebbero essere tra i protagonisti della Notte degli Oscar tra una decina di giorni.
Accanto a loro, la sorpresa del box office - ma non solo - USA del momento, pronta a sorprendere - almeno speriamo - anche qui in Italia: a commentare il tutto, come sempre, il sottoscritto accompagnato da quella bestia più unica che rara - e per fortuna - che risponde al nome di Cannibal Kid.




"Cazzo, questo Ford è proprio forte. Peccato che scriva solo a mano e su carta!"



Deadpool

"Avete di nuovo lasciato le chiavi della macchina a Ford, vero!?"

Cannibal dice: Le cose migliori di recente la Marvel le ha affidate alle serie tv Netflix. Questo Deadpool, nonostante la presenza dell'attore cagno Ryan Reynolds, sembra poter invertire la tendenza. Negli Usa sta ottenendo un successo di pubblico e di critica al di là di ogni più rosea previsione, e io spero possa essere effettivamente una figata anche se, come sempre nei confronti dei film supereroistici, resto un po' diffidente.
A Ryan Reynolds comunque dopo Lanterna verde e Deadpool manca solo un supereroe: a quando la parte di SuperFord?
Ford dice: Deadpool è da sempre uno degli antieroi Marvel prediletti del sottoscritto, una sorta di versione bad guy di Spider Man. D'altro canto, Ryan Reynolds è uno degli attori più inutili che abbiano mai calcato i palchi che contano.
Riuscirà questo film che sta sorprendendo gli USA a superare anche l'ostacolo del suo protagonista?

Sinceramente, ci spero. Un po' come spero che Cannibal Kid possa cominciare a scrivere delle cose sensate, di tanto in tanto.



Il caso Spotlight

"Ma quando la facciamo, un'inchiesta su questi due bloggers?"
Cannibal dice: Un'inchiesta giornalistica che cerca di far luce sui preti pedofili. Un tema importante per un filmone da Oscar?
Lo scopriremo presto, con le recensioni di Cannibal Kid e di quel caso umano di Ford.
Ford dice: uno dei film che si preannunciano protagonisti della prossima notte degli Oscar, con un cast all star ed una tematica molto scottante. Riuscirà nell'impresa più ardua di vincere l'ambita statuetta, ovvero mettere d'accordo Cannibal e Ford?
Tra pochi giorni avrete la risposta.



The Danish Girl

"Sono senza ombra di dubbio più bella di quella sciampista di Katniss Kid."
Cannibal dice: La storia del primo uomo trans: Mrs. Jane Ford... volevo dire Mr. James Ford?
No, lui è stato il secondo. Per scoprire chi è stato il primo andatevi a vedere The Danish Girl.
Ford dice: ma non era Katniss Kid il primo uomo trans della storia!?
Pare di no, e scoprirete la verità sui fatti grazie al film che potrebbe spingere Redmayne alla vittoria alla notte degli Oscar.
Io, nel frattempo, cercherò di spingere Cannibal a cominciare a capirne un po' di più di Cinema.



Zootropolis

"Ford e Cannibal? Quelli sì, che sono dei veri animali!"
Cannibal dice: Ennesima bambinata Disney perfetta per i Ford di tutte le età e io vi consiglio di passarla alla grande. Se proprio ci tenete a vederla, cercate almeno la versione in lingua originale, visto che il doppiaggio italiano è guidato da gente come Paolo Ruffini e Frank Matano e quindi fate voi...
Ford dice: produzione Disney tutta animali che so già che il Fordino smanierà per vedere, anche se sinceramente, considerati i doppiatori italiani, spero di recuperare in versione originale, in modo da evitare al più piccolo - per ora - del Saloon cattive influenze.
E no, non sto parlando di Cannibal.



Cinquanta sbavature di nero

"Se non chiudi la bocca finisci dritto dritto in Pulp Fiction!"
Cannibal dice: Ecco la cannibalata trashata della settimana e forse dell'anno. Marlon Wayans dai primi Scary Movie non ne azzecca più una e i suoi ultimi film parodia hanno fatto pena, però non me lo perdo comunque. Anche se il Cinquanta sfumature di grigio originale rischia di essere molto più divertente di questo.
Ford dice: già mi aveva fatto cagare Cinquanta sfumature di grigio, già di suo una sorta di parodia di film. Figuriamoci questa roba.



Shut In

"Mi avevano parlato della cameretta di Cannibal, ma non pensavo potesse fare tanta paura."
Cannibal dice: Thriller-horror psicologico che sa tanto di produzione di serie B fordiana, ma il buon cast capitanato da Naomi Watts e dal bimbetto di Room Jacob Tremblay potrebbe a sorpresa promuoverlo alla serie A cannibale. Chissà?
Ford dice: thriller che sa tantissimo da sabato sera su Italia Uno e pusillanimi come Peppa Kid. Lascio a lui l'incombenza senza pensieri.



Onda su onda

"Quei due stronzi di Ford e Cannibal ce l'hanno di nuovo con me: che depressione!"
Cannibal dice: Un nuovo film di e con il detestabile Rocco Papaleo?
Quasi quasi preferisco una visione consigliata da Ford...
Ma facciamo finta che non l'abbia mai detto.
Ford dice: Papaleo, con Ceccherini, è forse l'attore italiano che più detesto. Considerato che Basilicata coast to coast è uno dei film italiani finto autoriali che ho più massacrato negli ultimi anni, direi che questo Onda su onda posso anche risparmiarmelo.



Fuocoammare

"Un altro Kid che si allontana da Cannibal dopo aver realizzato che non capisce una mazza di Cinema."
Cannibal dice: Documentario dedicato agli sbarchi a Lampedusa firmato da Gianfranco Rosi, già autore del film vincitore di Venezia 2013 Sacro GRA, molto apprezzato in questi giorni al Festival di Berlino. Ancora devo recuperare quello, chissà se e quando mai vedrò questo.
Ford dice: per quanto ami il documentario, e per quanto Berlino pare aver accolto molto bene quest'ultimo lavoro di Rosi, il precedente Sacro GRA mi aveva convinto davvero poco, quasi fosse più impegnato a fare scena che non, per l'appunto, a documentare.
Lo segno con riserva. Che già è qualcosa in più rispetto a quello che faccio con i film promossi da Cannibal.


lunedì 20 aprile 2015

Beetlejuice - Spiritello porcello

Regia: Tim Burton
Origine: USA
Anno: 1988
Durata: 92'





La trama (con parole mie): Adam e Barbara Maitland, giovani sposi ancora senza figli che vivono in campagna in una grande casa, a seguito di un curioso incidente stradale, tornano nella loro dimora solo per scoprire di essere morti. La natura di fantasmi, però, mette in crisi la coppia, alle prese con lo studio di un Manuale dedicato proprio ai novelli deceduti, i nuovi inquilini della loro casa e le regole di un Aldilà che appare molto più scombinato e complesso di quanto non credessero: quando, disposti a tutto per cacciare i così diversi da loro Deetz, si rivolgono all'esorcista di esseri umani Betelgeuse, le cose si complicano oltre misura.
I Maitland, dunque, dovranno affidarsi all'amicizia della giovane Lydia ed alla loro consulente tombale Juno per risolvere i guai che li vedranno in bilico tra la curiosità da ricchi in fuga dalla città dei Deetz ed il caos senza controllo di Betelgeuse.








Nel corso della Storia del Cinema è capitato più spesso di quanto non si possa pensare che film assolutamente perfetti dal punto di vista tecnico e stilistico venissero, di fatto, dimenticati, mentre altri solo discreti, per merito dei loro autori o attori, del tempismo o del caso, divenissero non solo dei fulmini a ciel sereno, ma anche degli assoluti cult.
Appartenente a questa seconda categoria è senza dubbio Beetlejuice, forse uno dei titoli più amati dai fan tra quelli firmati da Tim Burton, che regalò uno dei Michael Keaton più incredibili di sempre e divenne immediatamente un guilty pleasure per un'intera generazione di appassionati: personalmente, e per quanto questa introduzione o il voto possano suggerire il contrario, ho sempre adorato il racconto delle gesta dello spirito più irriverente della settima arte, e ancora oggi lo ritengo uno dei miei favoriti del regista di Edward mani di forbice e Big fish.
Dalla splendida coppia di protagonisti Geena Davis - che, ai tempi, è stata uno dei miei primi sogni erotici, anche se più grazie a Thelma e Louise - e Alec Baldwin alla colonna sonora ritmata dai classici di Harry Belafonte, passando attraverso un'interpretazione assolutamente unica ed originale dell'Aldilà, Beetlejuice ha rappresentato per anni nell'allora casa Ford una delle visioni più gettonate da me e mio fratello, sempre in trepidante attesa dell'arrivo del mitico charachter interpretato da Michael Keaton, tra i cattivi più affascinanti, rozzi, sboccati e clamorosamente divertenti di sempre: quel suo motivetto "Io scopo, vomito, sputo e rutto, faccio porcate chiedetemi tutto!" è ancora oggi impresso indelebilmente nella memoria di questo vecchio cowboy, così come il completo a righe che segretamente ho sempre sognato di possedere, e che avrei rubato volentieri all'attore che interpretava Beetlejuice nello spettacolo mancato all'interno del parco Island of adventure di Orlando, quando con Julez finimmo per fare una capatina da quelle parti qualche anno fa, e perdemmo la rappresentazione e l'omaggio a questa pietra miliare - programmato in un teatro all'aperto - a causa di una sorta di tempesta tropicale che generò una vera e propria chicca nel tentativo di muoversi sotto il diluvio in due coperti dallo stesso poncho di plastica.
Ma questa è un'altra storia.
Quello che conta, ora, è ricordare con affetto un vecchio amico e riproporre un vero e proprio festival del grottesco, ironico e graffiante eppure a suo modo anche malinconico, pronto a rileggere la concezione di vita oltre la morte per come le religioni classiche l'hanno sempre intesa, povero nella realizzazione eppure clamorosamente ricco di riferimenti, influenze ed effetti tanto artigianali quanto gustosi da godersi ancora oggi: l'idea, poi, di contrapporre la solare compattezza del legame tra i Maitland all'oscurità cercata da adolescente di Lydia, all'approccio da radical-ricchi dei Deetz e alla sboccata irruenza di Betelgeuse appare vincente fin dal principio, e regala un equilibrio perfetto ad una commedia nera tra le più riuscite degli anni ottanta.
L'amarcord cinematografico è uno dei piaceri che negli ultimi anni ho finito per apprezzare maggiormente, partendo dalle prime meraviglie dell'infanzia per ripercorrere la mia crescita come spettatore, parallela a quella di uomo: e devo ringraziare Tim Burton, il suo "Beetle-coso" e tutte le trovate di questo film, perchè nonostante gli anni passino, continuano a rinverdire i fasti di un'epoca davvero indimenticabile.
Come questo film e i suoi protagonisti.
Da una parte e dall'altra della vita e della morte.



MrFord



"Lift six foot, seven foot, eight foot bunch
naylight come and me wan' go home
six foot, seven foot, eight foot bunch
daylight come and me wan' go home."
Harry Belafonte - "Day-O (The Banana Song)" -







domenica 22 febbraio 2015

Road to the Oscars: Academy VS Ford

La trama (con parole mie): appuntamento fisso di questo periodo dell'anno nonchè evento mediatico principe del mondo della settima arte, la Notte degli Oscar rappresenta anche un momento ludico niente male per tutti noi bloggers cinefili, pronti ad affrontare a viso aperto l'Academy con i premi assegnati secondo i nostri gusti, di norma non coincidenti con quelli che determineranno l'assegnazione delle ambite statuette.
Come andrà a questo giro di giostra? I piani verranno rispettati o sarà un'edizione all'insegna delle sorprese?
Questo lo sapremo solo stanotte, e da queste parti se ne parlerà martedì: nel frattempo, ecco qui pronte sul bancone le previsioni dei premiati e quelle che, al contrario, sarebbero le statuette fordiane.




Miglior film:

American Sniper di Clint Eastwood
Birdman di Alejandro Gonzales Inarritu
Boyhood di Richard Linklater
The Imitation Game di Morten Tyldum
Grand Budapest Hotel di Wes Anderson
Selma - La strada per la libertà di Ava DuVernay
La teoria del tutto di James Marsh
Whiplash di Damien Chazelle


Academy: Boyhood di Richard Linklater
Ford: Boyhood di Richard Linklater

Curiosa selezione, quella per il miglior film, quest'anno ridotta a otto titoli - dai dieci delle ultime edizioni - di cui quattro definibili biopic. Onestamente, non si tratta di una delle migliori edizioni degli Oscar degli ultimi anni, e se non ci fosse Boyhood - già trionfatore ai Globes e nettamente al di sopra di tutti gli altri titoli - mi ritroverei a tifare il tanto discusso vecchio leone Eastwood, molto più coraggioso nel mostrare l'orrore che non i suoi rivali, per la maggior parte intenti solo a fare sfoggio di tecnica.


Miglior attore protagonista:

Steve Carell per Foxcatcher
Benedict Cumberbatch per The Imitation Game
Bradley Cooper per American Sniper
Michael Keaton per Birdman
Eddie Redmayne per La teoria del tutto

Academy: Eddie Redmayne
Ford: Michael Keaton

Cinquina interessante, anche se decisamente costruita. Nessuna di queste interpretazioni, infatti, è riuscita neppure ad avvicinarsi a quelle che non sono valse la statuetta a DiCaprio per Django Unchained o The Wolf of Wall Street.
Comunque, dovendo scegliere, invece dello scontato Redmayne, io vado con Keaton tutta la vita.

Miglior attrice protagonista:

Marion Cotillard per Due giorni, una notte
Felicity Jones per La teoria del tutto
Rosamund Pike per L'amore bugiardo - Gone girl
Julianne Moore per Still Alice
Reese Whiterspoon per Wild

Academy: Julianne Moore
Ford: Rosamund Pike

Due su cinque mi mancano, e delle tre che ho avuto modo di vedere escluderei a priori Felicity Jones, patinata come il noioso La teoria del tutto.
L'Academy premierà l'esperienza della brava Julianne Moore - che comunque è stata anche meglio, in passato -, ma per quanto mi riguarda la statuetta dovrebbe correre tra le mani della Pike, davvero notevole nell'ultimo Fincher.

Miglior attore non protagonista:

Robert Duvall per The Judge
Ethan Hawke per Boyhood
Edward Norton per Birdman
Mark Ruffalo per Foxcatcher
J. K. Simmons per Whiplash

Academy: J. K. Simmons
Ford: Edward Norton

Vincerà a mani bassi l'ottimo J. K. Simmons, che dopo un'intera carriera da caratterista salirà agli onori della cronaca grazie all'insegnante dal pugno di ferro Fletcher, ma per quanto mi riguarda, il premio è tutto dell'ex ragazzo prodigio dell'Actor's Studio Eddie Norton, che porta in scena i suoi squilibri in Birdman, e lo fa alla grande.

Miglior attrice non protagonista:

Patricia Arquette per Boyhood
Laura Dern per Wild
Keira Knightley per The Imitation Game
Emma Stone per Birdman
Meryl Streep per Into the woods

Academy: Patricia Arquette
Ford: Patricia Arquette

Secondo pronostico che condivido con quella che, probabilmente, sarà la scelta dell'Academy. Del resto, Patricia Arquette è stata una delle scelte più felici di Linklater per il suo progetto Boyhood.
Non mi dispiacerebbe neppure se dovesse vincere Emma Stone, a dirla tutta.
L'importante è che non si concretizzi la follia dell'ennesimo premio alla Streep.

Miglior regia:

Richard Linklater per Boyhood
Alejandro Gonzales Inarritu per Birdman
Bennett Miller per Foxcatcher
Wes Anderson per Grand Budapest Hotel
Morten Tyldum per The Imitation Game

Academy: Alejandro Gonzales Inarritu
Ford: Alejandro Gonzales Inarritu

Questo premio sarà, di fatto, il contentino rispetto a quello per il miglior film.
Considerati i due grandi rivali di questa notte degli Oscar, Boyhood e Birdman, trovo sarà più facile un'affermazione del primo come film e del secondo come regia, anche perchè, oggettivamente, il lavoro di Inarritu è assolutamente stato meraviglioso, da questo punto di vista.


Miglior sceneggiatura originale:

Boyhood
Birdman
Foxcatcher
Grand Budapest Hotel
Lo sciacallo

Academy: Boyhood
Ford: Lo sciacallo

Premio piuttosto incerto, che potrebbe diventare un riconoscimento per outsiders come Grand Budapest Hotel o Lo sciacallo - il mio favorito -, oppure ingrassare il bottino dei già citati favoriti Boyhood e Birdman. Staremo a vedere.


Miglior sceneggiatura non originale:

American Sniper
Vizio di forma
The Imitation Game
La teoria del tutto
Whiplash

Academy: The Imitation Game
Ford: Vizio di forma

Per quanto vorrei veder vincere la sceneggiatura del film di Eastwood, e non abbia ancora visto il nuovo ed attesissimo lavoro di Paul Thomas Anderson, trovo che un riconoscimento a quest'ultimo e a Pynchon, autore del romanzo, sia assolutamente doveroso. Vado, dunque, con le avventure di Doc Sportello.


Miglior film d'animazione:

Boxtrolls - Le scatole magiche
Big Hero 6
Dragon Trainer 2
Song of the sea
Storia della principessa splendente

Academy: Big Hero 6
Ford: Dragon Trainer 2

Non ho ancora avuto modo di visionare parte dei titoli candidati a questa categoria, e anche se Big Hero 6 mi ha esaltato non poco, quest'anno volterò le spalle a Disney e Marvel tifando Dreamworks, che con Dragon Trainer 2 ha confermato gli altissimi livelli di un franchise tra i migliori attualmente presenti nell'ambito dell'animazione. Sempre che non giunga la sorpresa di un premio - meritatissimo - allo Studio Ghibli.


Miglior film straniero:

Mandariinid di Zaza Urushadze
Ida di Pawel Pawlikowski
Leviathan di Andrey Zvyagintsev
Storie pazzesche di Damian Szifron
Timbuktu di Abderrahmane Sissako

Academy: Storie pazzesche
Ford: Ida

Rispetto alle ultime edizioni giungo piuttosto impreparato rispetto alla cinquina di titoli presenti come candidati alla statuetta per il Miglior Film Straniero, che conto di recuperare al più presto. Per quello che ho potuto vedere, verrà probabilmente premiato Storie pazzesche - che ha la possibilità di raggiungere un bacino di pubblico più ampio -, mentre la mia preferenza va tutta a Ida, un film piccolo, ma un vero gioiellino.

Miglior fotografia:

Birdman
Grand Budapest Hotel
Ida
Turner
Unbroken

Academy: Grand Budapest Hotel
Ford: Ida

Altro riconoscimento "di consolazione" che giustificherà il grande gusto estetico di Wes Anderson e la sua presenza alla cerimonia, mentre da queste parti il premio andrebbe dritto dritto al lavoro splendido fatto attorno alle due protagoniste ed al paesaggio invernale della chicca di Pawlikowski.

Miglior montaggio:

Boyhood
The Imitation Game
Grand Budapest Hotel
Whiplash
American Sniper

Academy: Boyhood
Ford: Boyhood

Non solo il lavoro operato sulla creatura di Linklater è unico nel suo genere, semplice ed efficace, ma è coordinato da un montaggio pressochè perfetto che sarebbe assurdo non riconoscere e premiare.

Miglior Production Design:

Grand Budapest Hotel
The Imitation Game
Interstellar
Into the woods
Turner

Academy: Grand Budapest Hotel
Ford: Turner

Un premio tecnico che mi interessa solo relativamente. Prevedo una vittoria dell'esteticamente perfetto Grand Budapest, anche se a mio parere un riconoscimento a Turner potrebbe starci davvero tutto.

Migliori costumi:

Grand Budapest Hotel
Vizio di forma
Into the woods
Maleficent
Turner

Academy: Grand Budapest Hotel
Ford: Grand Budapest Hotel

Altro premio di consolazione per Wes Anderson e la sua creatura quasi troppo curata per essere vera. Un premio che, comunque, pare indiscutibile.

Miglior trucco:

Grand Budapest Hotel
Foxcatcher
Guardiani della Galassia

Academy: Grand Budapest Hotel
Ford: I Guardiani della Galassia

Si veda la categoria precedente, anche se in questo caso tiferò per i Guardiani senza ritegno.

Miglior colonna sonora:

The Imitation Game
Grand Budapest Hotel
Interstellar
La teoria del tutto
Turner

Academy: La teoria del tutto
Ford: Interstellar

Altra categoria di cui mi importa poco o nulla. La soudtrack di Interstellar è eccessiva e ridondante come il film, a ben guardare, ma quantomeno emoziona più delle altre in lizza.

Miglior canzone:

The Lego Movie
Selma - La strada per la libertà
Beyond the lights
Glenn Campbell: I'll be me
Tutto può cambiare

Academy: Tutto può cambiare
Ford: The Lego Movie

Nonostante il premio telefonatissimo a Begin Again, tiferò spudoratamente per la spettacolare canzone traino di The Lego Movie, inaspettatamente escluso dalla cinquina per il miglior film d'animazione.


Miglior mixaggio sonoro:

American Sniper
Birdman
Interstellar
Unbroken
Whiplash

Academy: Interstellar
Ford: American Sniper

Categoria ultratecnica della quale mi importa più o meno quanto dell'acqua naturale quando esco a bere in un locale. Il mio voto andrà comunque ad American Sniper.

Miglior montaggio sonoro:

American Sniper
Birdman
Interstellar
Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate
Unbroken

Academy: Interstellar
Ford: American Sniper

Vedete sopra.

Miglior effetti visivi:

Capitan America: Il soldato d'inverno
Apes Revolution
Guardiani della Galassia
Interstellar
X-Men: Giorni di un futuro passato

Academy: Interstellar
Ford: Guardiani della Galassia

Chiunque vinca, quantomeno una selezione fatta con criterio, considerato il premio.
Nessuno scandalo a prescindere da chi sarà il vincitore, anche se la mia preferenza resta per gli ottimi Guardiani.

Miglior documentario: 

Citizenfour
Alla ricerca di Vivian Maier
Last days in Vietnam
Il sale della Terra
Virunga

Academy: Il sale della Terra
Ford: Il sale della Terra

Purtroppo non ho visto nulla, per il momento, di questa selezione, e spero di poter rimediare presto.
Nel frattempo, la mia scelta ricade sul tanto decantato lavoro di Wenders legato alla fotografia di Salgado.

Seguono le nominations per le categorie dei corti, come al solito difficili da reperire e pertanto riportate solo per dovere di cronaca.

Miglior corto documentario:

Crisis Hotline: Veterans Press 1
Joanna
Nasza klatwa
La parka
White Earth

Miglior corto d'animazione:

The Bigger Picture
The Dam Keeper
Winston
Me and my moulton
A single life

Miglior corto (Live action):

Aya
Boogaloo and Graham
La lampe au beurre de yak
Parvaneh
The Phone Call

lunedì 9 febbraio 2015

Birdman

Regia: Alejandro Gonzales Inarritu
Origine: USA, Canada, Messico
Anno:
2014
Durata: 119'






La trama (con parole mie): Riggan Thomson è una superstar. O quantomeno, lo è stata.
Vent'anni or sono, ai tempi in cui impersonò il supereroe Birdman in tre blockbuster dal successo clamoroso. Archiviata l'epoca del costume e della maschera, più nulla, o quasi, se non crisi d'identità, un matrimonio fallito, una figlia ribelle e tutte le speranze - ed il denaro - investiti in uno spettacolo teatrale messo in scena nel cuore di Broadway tratto da Carver.
Ossessionato dal voler realizzare un'opera in grado di rimanere impressa nella mente di pubblico e critica e soprattutto dall'idea di volersi emancipare dalla maschera di Birdman, Riggan lotterà con ogni fibra del suo essere affinchè il lavoro possa non solo essere portato a termine, ma definirlo come attore, artista, performer e Uomo.
Ma è davvero questo, quello che cerca? E cosa suggerisce davvero la sua voce interiore?
Quale ruolo giocherà, in tutto questo, la figlia Sam? 
O tutti i personaggi della sua personale commedia?






Ai tempi dell'uscita di Amores Perros, dovevamo essere in quattro, in sala.
Ricordo benissimo i brividi, le emozioni, la sensazione di essere di fronte ad un futuro cult, all'esperimento più riuscito del post-Tarantino in termini di destrutturazione della storia portata sullo schermo.
Inarritu, allora un nuovo volto per la settima arte, finì per fare il botto e venne di colpo catapultato nel dorato mondo di Hollywood: ricordo quando uscì 9/11/01, insieme di cortometraggi firmati da registi provenienti da qualsiasi latitudine realizzato per ricordare i fatti del World Trade Center, e quanto attesi il momento di godermi quello firmato dal cineasta messicano, che si rivelò, al contrario, uno dei più autocompiaciuti e deludenti della selezione.
Sperai in un incidente di percorso, ed invece il peggio accadde: Inarritu collezionò, da quel momento, solo ed esclusivamente bottigliate con i fin troppo sopravvalutati 21 grammi e Babel, tanto da indurmi a non visionare neppure Biutiful, nonostante ottime recensioni lette anche qui nella blogosfera.
Ma il discorso con Birdman era diverso.
Recensioni entusiastiche, grandi aspettative, un Michael Keaton assoluto protagonista rendevano questo titolo uno dei must see della prima parte di questo duemilaquindici: ed effettivamente, per due terzi del film il mio unico pensiero è stato "WOW", che liberamente tradotto nella lingua fordiana significa "porca puttana e santo cazzo, che film enorme ha tirato fuori Inarritu".
Tecnica pazzesca, un cast in forma smagliante - perfino Zack Galifianakis sembra un bravo attore -, un turbinio di parole e sentimenti che non solo travolge, ma mette all'angolo ed induce ad abbassare la guardia in modo da avere una sorta di autostrada per una scarica di cazzotti emotivi ed intellettuali da lasciare più che KO, e come se tutto questo non bastasse, metacinema ed una graffiante ironia indirizzata a tutto il mondo della recitazione e della regia, dai teatri di Broadway al Cinema, senza risparmiare la critica.
E dunque, fino a poco più di un'ora e mezza di visione, mi sono sentito frastornato dai colpi di Inarritu - aiutato e non poco da Carver e dal suo strepitoso protagonista -, pensando già a come scrivere questo post, ad un nuovo header, all'esaltazione che si prova quando capita di vedere un film che già pare proiettato nella top ten dell'anno: poi, proprio nel momento migliore - la prima apparizione dell'alter ego mascherato di Riggan e la sequenza che lo vede finalmente e fisicamente protagonista -, il film, che per novanta minuti abbondanti aveva volato alto, finisce per cavalcare la corrente ascensionale sbagliata ed avvitarsi su se stesso, incappando in una serie noiosissima di finali in pieno stile Il ritorno del re diventando forzato e poco naturale, quasi il regista e gli autori avessero superato la linea che separa il suggerito dall'imposto.
Un vero peccato, perchè senza dubbio questo Birdman è il miglior Inarritu proprio dai tempi di Amores Perros: un film denso, divertente e drammatico, ricco di citazioni e girato davvero da dio - a tratti è riuscito quasi a scomodare paragoni con cose enormi come Enter the void o Arca russa, grazie all'utilizzo massiccio del piano sequenza -, eppure rispetto a titoli che toccano temi simili come Synecdoche, New York o Holy Motors il confronto è nettamente perso, e proprio a causa di quel troppo che stroppia.
Personalmente, con una mezzora in meno il finale con il tassista che rincorre Riggan in teatro avrebbe consegnato a Birdman le chiavi del Paradiso dei bicchierini, ma quel crescendo "al contrario" sul finale è stato davvero un colpo basso, invece che un diretto vincente.
E così come con il Wolf di Scorsese - anche citato - ero partito dal divano per finire seduto per terra davanti allo schermo, con Birdman ho iniziato pronto a volare nella stessa posizione ed ho finito proprio sul divano stesso, sdraiato in posizione da letto in attesa trepidante della fine.
E forse, ora, Birdman se la prenderà anche con me, che da critico che non crea come un artista mi rifugio in parole e giudizi per tarpare le ali di un'opera complessa e stratificata: ma sapete che vi dico?
Non me ne importa un cazzo.
Dovrebbe già ringraziare proprio il mio lato critico che non gli siano arrivate per indiscutibili meriti tecnici delle prepotenti e sonore bottigliate da una parte e dall'altra della maschera.



MrFord




"Like a bird on a wire
like a drunk in a midnight choir
I have tried in my way to be free
like a fish on a hook
like a knight in some old fashioned book
I have saved all my ribbons for thee."
Johnny Cash - "Bird on a wire" - 





giovedì 5 febbraio 2015

Thursday's child

La trama (con parole mie): in tutta onestà, adoro settimane come quella che ci attende. E no, non perchè torna da queste parti ad infestare la rubrica sulle uscite in sala Angelina Kid, o perchè le occasioni di discutere con lui diventano potenzialmente più numerose, ma perchè la settima arte tenta di giocarsi tutte le sue carte passando da prodotti d'autore a schifezze colossali, dal crime alla commedia, dall'animazione al dramma, con una spruzzata di sci-fi che non guasta mai.
Insomma, ce n'è per tutti i gusti.
E considerato che al Saloon siamo forti sostenitori del caos, ben vengano weekend di Cinema come quello che ci aspetta.

Ford perseguitato da quel tordo di Piccione Kid.
Jupiter - Il destino dell'universo

"Stai tranquilla, Mila: Angelina Kid non è più bella di te!"
Cannibal dice: I Wachowski sono un grande rischio. Dopo il primo ancora oggi esaltante Matrix, il film scopiazzato da tutti persino da Eastwood che ha cambiato il cinema sia action che di fantascienza degli ultimi anni, checché ne dica Ford, non ne hanno più azzeccata una. Il loro ultimo Cloud Atlas è una delle peggiori schifezze viste da parecchio tempo a questa parte e il nuovo ambizioso Jupiter è, fin dal trailer, ad altissimo rischio ciofeca. Potrebbe essere uno dei film più involontariamente ridicoli dell'anno e quindi Ford potrebbe esaltarlo come un nuovo Capolavoro proprio come ha fatto con l'agghiacciante Cloud Atlas. Io comunque sono fiducioso: impossibile fare peggio di quello.

Ford dice: sono contento che i Wachowski tornino sul grande schermo, sempre con la loro amata fantascienza un po' tamarra che è, di fatto, un marchio di fabbrica della filmografia che li rappresenta.

Considerato, infatti, quello che accadde con Cloud Atlas, si prospetta un litigio con i fiocchi e controfiocchi tra me e Spielberg Kid, che ormai si porterà dietro per tutto l'anno i pistolotti contro American Sniper e cercherà di infilarli a forza anche per criticare Jupiter.



Birdman

Ford e Peppa Kid alle prese con la preparazione del post dedicato alle uscite settimanali.
Cannibal dice: Birdman begins. Il film in corsa per gli Oscar presto volerà sui cieli di Pensieri Cannibali e, credo, pure su quelli di WhiteRussian. Che impressione mi avrà fatto?
Mistero totale e, per una volta, non so davvero cosa ne potrà pensare Mr. Fordman. Presto però lo scopriremo...
Ford dice: Birdman è stato, in questi primi quaranta giorni circa del duemilaquindici, uno dei film di cui più si è parlato, e forse uno di quelli che dovrà confrontarsi con le aspettative più alte di pubblico e critica.
Inarritu tornerà ai livelli dell'esordio di Amores Perros volando alto o si schienterà rovinosamente contro una muraglia di bottigliate come fu per Babel? A breve avrete la risposta, mia come quella del mio rivale. Purtroppo.



The Iceman

"Ciao Cucciolo: Chris Kyle ti manda i suoi saluti."
Cannibal dice: Film del 2012 che arriva ora nelle sale italiane giusto con quel solito piccolissimo ritardo. Nonostante in rete circoli già da parecchio tempo, non l'ho ancora visto ma credo sia arrivato il momento. Anche se non mi ispira più di tanto perché mi sa di – com'è quell'espressione? – fordianata colossale, eccola trovata!

Ford dice: la distribuzione italiana resta uno dei grandi misteri della Natura e del Cosmo, un po' come i processi mentali di Cannibal Kid.

Fatto sta che, con quasi tre anni di ritardo, giunge in sala un film del duemiladodici che più o meno dallo stesso tempo giace nel mio hard disk esterno, e che, dunque, sarà il momento di riesumare.
Su due piedi, direi che si tratta di una cosa molto più nelle mie corde che in quelle di Peppa.



Non c'è 2 senza te

Il cast di Non c'è 2 senza te mostra la sua aspettativa di voto su Pensieri Cannibali.
Cannibal dice: Film agghiacciante fin dal titolo, che persino io mi rifiuterei di usare in un mio post. Ci sarebbe da vedere 'sta roba con Belen Rodriguez giusto per infoltire la classifica dei peggiori film dell'anno, ma già soltanto con le pellicole guardate a gennaio ho la Flop 10 quasi piena.
Ford dice: qui non c'è neanche uno. E forse neanche lo zero. Passo, e non lo auguro neppure al mio antagonista.



Leoni

Ford e Cannibal Kid: Tag Team Champions.
Cannibal dice: Commedia italiana che promette di riflettere sulla situazione lavorativa e sociale nostrana di oggi con protagonista Neri Marcoré, uno che secondo me al cinema proprio non funziona. Ora che ci penso, manco in televisione funziona. E il trailer mi ha fatto venire voglia di vedere questo film quanto di partecipare a una sfida di wrestling in tag team (è giusto il termine?) in squadra con Ford.
Ford dice: di questo film non mi importa praticamente nulla, ma sono strabiliato dal fatto che Peppa conosca il termine tag team, e lo citi immaginando un nostro incontro di wrestling, per giunta in coppia.
Per l'occasione, potremmo vedercela con Brad Pitt e Angelina Jolie: in questo modo, tra lei e il Cucciolo, potrebbe scattare una spassosa catfight!



Non sposate le mie figlie!

"E così quelli sarebbero Ford e Cannibal? Le nostre figlie non le devono vedere neanche per sbaglio!"
Cannibal dice: Fino a poco tempo fa le produzioni transalpine mi ispiravano immediata fiducia, adesso sono più diffidente, soprattutto nei confronti di questa commedia matrimoniale che pare davvero una robetta. Che è successo al cinema francese, perché si è fordizzato? Per fortuna ogni tanto tira ancora fuori radical-chiccate cannibali gradevoli come il recente Gemma Bovery.
Ford dice: dopo un paio di stagioni a dir poco esaltanti, il Cinema d'oltralpe pare essere clamorosamente crollato a livelli che lo avvicinano a quello nostrano, finendo per distruggere uno dei campi di battaglia più interessanti per le discussioni con Cannibal. Salto, nella speranza che si possa tornare ad avere qualcosa di davvero interessante dai nostri cugini.



Mune – Il guardiano della Luna

Opinioni fordiane e cannibalesche: praticamente come il giorno e la notte.
Cannibal dice: Come quasi ogni settimana, ecco qua la bambinata fordianata del weekend, che si preannuncia pure peggiore del solito. E il fatto che sia una produzione francese non basta per renderla appetibile al mio palato radical-chic.
Ford dice: ho visto e stravisto il trailer di Mune su tutti i canali di cartoni animati che si schiaffa il Fordino, e seppur non esaltato, mi è sembrato che non fosse neppure così male. Credo che, comunque, fino a quando Po impazzerà da queste parti, sarà dura che venga recuperato.


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