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giovedì 7 marzo 2019

Thursday's child



Settimana di uscite che mescola mainstream e possibili sorprese di nicchia, vecchi intenditori come Ford e giovani o finti giovani radical come Cannibal: fortunatamente, a cercare di dare un equilibrio al tutto, interviene Maruzza, che avrà l'arduo compito di tenere a bada i due scellerati rivali più rivali della blogosfera da buon ospite di questa rubrica.

"Non fare il furbetto con me, Peppa Kid! Ricordati bene che io, il vecchio Ford, sono tuo padre!"

Captain Marvel

"Ford guida a stento la macchina, io rompo il muro del suono con un jet: bella!"
Maruzza: L'ennesimo film a tema supereroi sta per invadere le sale. Però c'è finalmente una nota di cambiamento con la prima supereroina Marvel con un film tutto suo. Era ora! Brie, insegnaci come litigare con le vecchiette che ci hanno fregato il posto sul bus! Cannibal, io e te ci vediamo direttamente in rianimazione dopo il film.
Cannibal Kid: Quella dei vecchietti come Ford che ci fregano il posto sul bus è una terribile piaga di questo paese. Ma non possono starsene a vedere i cantieri tutto il giorno e non spostarsi con i mezzi pubblici?
Quanto al film, non mi sembra qualcosa di così rivoluzionario visto che già c'era stata Wonder Woman, per quanto eroina DC, e poi perché il cinema e le serie TV ci hanno già proposto numerose altre eroine tostissime, da Buffy a Katniss Everdeen, tanto per citare le mia favorite. La presenza del premio Oscar Brie Larson e l'ambientazione anni '90 comunque potrebbero renderlo un po' più interessante rispetto ai soliti poco entusiasmanti filmetti Marvel. Almeno spero.
Ford: i film Marvel stanno diventando ormai troppo presenti perfino per un grande fan dei Fumetti e di questo tipo di tamarrate come il qui presente. Devo ammettere, però, di essere curioso di scoprire come se la caveranno Brie Larson e la Grande M con il loro primo titolo tutto in rosa. Personalmente, spero bene. E spero sia lontano dalle schifezze che esalta normalmente Katniss Kid.

Cocaine - La vera storia di White Boy Rick

"Mi vuoi pagare per abbandonare la rubrica!? Ma litigare con te non ha prezzo, Radical Kid!"
Maruzza: Droga, anni '80, Matthew McCognomeimpronunciabile che fa il padre del protagonista (e forse rischia di strafare). Ovviamente una storia vera. Cosa può andare storto in questo film? Tutto. Il trailer sembra promettente, ma questi film sono pericolosi come il doppio gioco del giovane Rick. Secondo me la colonna sonora può far impazzire Cannibal.
Cannibal Kid: Droga, anni '80, Matthew McCoso e una colonna sonora figa?
Gli ingredienti per renderlo un mio nuovo cult ci sono tutti, non fosse che...
Questo tipo di storie vere su criminali e narcotrafficanti improbabili, rilanciate credo da Breaking Bad, cominciano a essere troppe e finiscono per somigliarsi tutte, si vedano i recenti Barry Seal - Una storia americana con Tom Cruise e Trafficanti con Miles Teller e Jonah Hill. Un genere ormai un po' abusato, quindi, ma una possibilità gliela si dà comunque.
Ford: il trailer è molto scorsesiano, il cast pare ottimo, la colonna sonora già cult. Gli elementi per renderlo uno dei titoli più interessanti di questo inizio duemiladiciannove ci sono tutti. Ora bisognerà solo capire se si tratta di un cult fordiano o della solita illusione cannibale. Nel dubbio, lo si guarda.

Gloria Bell

"Questa robetta sciapa va giusto bene per Katniss Kid. Datemi subito un White Russian!"
Maruzza: L'ennesima commedia che cerca di raccontare una donna forte e complicata. Dove può essere il tocco in più? Forse nell'interpretazione di Julianne Moore che ha sempre la capacità di migliorare qualunque film. Un paio di cose anzi tre. Perché gli americani hanno la fissa di mettere nei film il ballo? Che abbiamo fatto di male per meritarci tutto questo? Mi era bastato Richard Gere ballerino.
Potrei aver scambiato Turturro per Giuseppe Fiorello nel trailer? Eccome. Da dietro è U-G-U-A-L-E. Beppe, pensaci, forse c'è un posto da controfigura a Hollywood. Per ultimo, ma non meno importante, ho urlato quando è partita Gloria. Le royalties che sta intascando Tozzi nessuno mai. Umberto, adottami. Adottaci.
Cannibal Kid: Questo è il nuovo film di Sebastián Lelio, il regista di Una donna fantastica e Disobedience, e quindi lo si guarda e, probabilmente, lo si apprezza pure a prescindere. Il fatto che sia il remake con un'attrice più famosa (Julianne Moore al posto di Paulina García chiii?) di un suo stesso film, Gloria del 2013, potrebbe renderlo piuttosto autoreferenziale e pure inutile. Considerando però che non ho visto l'originale, me ne frego e guardo direttamente questo.
Riguardo al protagonista maschile, non credo si tratti di John Turturro, ma proprio di Beppe Fiorello nei panni di John Turturro. Prossimamente inoltre è pronto a interpretare anche James Ford in un'inedita Rai Fiction dalle tinte horror.
Ford: purtroppo concordo con Cannibal rispetto al fatto che il film sia firmato dal regista di Una donna fantastica e Disobedience, e dunque andrà visto. Spero di non concordare con lui su tutto il resto. Ovviamente.

Il colpevole - The Guilty

"Ogni settimana penso che quei due bloggers abbiano raggiunto il fondo, e alla successiva finiscono sempre per smentirmi."
Maruzza: Si può mettere un'angoscia pazzesca solo da un trailer? Sembra proprio di sì.
Tutto si basa sul solo attore protagonista ed è girato dentro una stanza e con solo un telefono. No, non è Affari tuoi. State tranquilli. Quanto è quotato il remake americano entro l'anno? Cannibal, Ford, chi pensate potrebbe essere adatto per il ruolo? Voto Ben Affleck.
Cannibal Kid: Thriller danese molto apprezzato nel circuito dei festival, dal Sundance a quello di Torino, sembra sia una di quelle visioni tesissime che ti lasciano davvero senza fiato. Un po' come le recensioni di WhiteRussian ti lasciano senza parole. Non l'ho ancora visto perché questi film con un'ambientazione unica mi danno un certo senso di claustrofobia, ma presto vedrò di vincere la mia paura e guardarlo. Dopotutto, non potrà rivelarsi un'esperienza più traumatica di quella di co-condurre una rubrica insieme a Mr. James Ford.
Ford: i film troppo incensati nei Festival finiscono per giungere al Saloon spinti da determinate aspettative per poi essere massacrati di bottigliate neppure fossero un Cannibal qualsiasi. La trama è interessante almeno quanto un probabile remake americano, dunque una visione potrebbe starci tutta, sempre nella speranza che non sia la solita roba da radical che piace al mio rivale.

I villeggianti

"Sarò io la prossima ospite della rubrica di Cannibal e Ford!? Che emozione!" "Valeria, aspetta ad esultare: nessuno sopravvive a quei due, e Maruzza ne sa qualcosa."
Maruzza: Valeria Bruni Tedeschi che interpreta Valeria Bruni Tedeschi regia di Valeria Bruni Tedeschi. Marc Jacobs non sei nessuno. Valeria, io ti adoro e so già che amerò tutto nonostante i sicuri difetti. Un film che è un po' terapia, un po' un modo per raccontarsi. Già dal trailer scene iconiche da trasformare in gif su cui spicca la distruzione a colpi di zoccolo del cellulare. Chi non hai mai pensato di farlo, almeno per un secondo? Secondo me Ford l'ha pensato ogni volta che gli è arrivata l'ennesima notifica di commento di Cannibal.
Cannibal Kid: Per anni ho ignorato i film di e/o con Valeria Bruni Tedeschi, che a pelle non mi stava troppo simpatica. Manco facesse Ford di cognome. Dopo La pazza gioia, in cui mi ha fatto impazzire, in senso positivo intendo, sono finalmente pronto per vedermi un lavoro da lei scritto, diretto e interpretato. Ed è pure ambientato in Costa Azzurra. Credo quindi sia un autorevole candidato al titolo di film più radical-chic dell'anno e la sua visione potrebbe rivelarsi tanto goduriosa per me, quando fastidiosa per il mio blogger nemico. Doppia libidine.
Ford: Cinema italiano? Cinema italiano Radical chic? Costa azzurra? Credo che lascerò volentieri a Cannibal e a tutto il suo circolo da pomeriggio da zitelle il piacere. E filerò a guardarmi l'ennesimo action movie tamarro.

C'è tempo

"Piuttosto che far guidare Ford, me ne sto fermo nel parcheggio."
Maruzza: Nuovo film di Veltroni che con l'ennesimo escamotage del viaggio on the road parla della nascita del rapporto tra due fratelli che non sapevano di esserlo. Ford, Cannibal, avete fatto un film e non ce l'avete detto?
Cannibal Kid: Non ho mai visto film di Walter Veltroni per un semplice motivo. Finora ha diretto solo documentari e io – come chi mi segue da tempo già sa – non sono un gran patito di documentari. Sarà che piacciono tanto a Ford e quindi io per partito preso devo stare all'opposizione. Questo suo debutto nel cinema di fiction C'è tempo, se c'ho tempo potrebbe così rappresentare l'occasione per valutare come si comporta dietro la macchina da presa. Sento l'odore di buonismo, ma pazienza. Sempre meglio il buonismo veltroniano della malvagità salviniana, per dire.
Ford: sono d'accordo con Cannibal per quanto riguarda le questioni politiche, ma spero di continuare ad essere su fronti opposti per tutto quello che riguarda il Cinema, o mi dovrei convincere di essere destinato a vivere in un mondo di radical chic della settima arte. Un incubo che diventa realtà.

Asterix e il segreto della pozione magica

"E tu pensi di essere vecchio quanto Ford? Sei un bimbo, in confronto!"
Maruzza: Asterix è sempre Asterix. Il vecchio druido ha deciso di prendere un giovane apprendista. Si candidano una serie di personaggi disastrosi oltre ogni limite, forse una cosa del genere si è vista solo alle primarie del PD. (Ogni altra battuta è stata giudiziosamente cancellata per evitare altre crisi diplomatiche Francia-Italia).
Cannibal Kid: Uno dei cult della mia infanzia è Le 12 fatiche di Asterix. Perché fin da bambino ero radical-chic e preferivo il cinema d'animazione francese alle disneyate, ok? A parte quel singolo film, comunque, devo dire che le gesta di Asterix nel complesso non è che mi esaltino così tanto, quindi mantengo quel ricordo, ormai antico quasi quanto un amarcord fordiano, e preferisco saltare questa nuova versione.
Ford: non sono mai stato un amante di Asterix, nonostante i beveroni e l'ambientazione tutto sommato tamarra dei gallici. Dunque penso continuerò per la mia strada lasciando Cannibal al suo amarcord e all'illusione di poter diventare, un giorno, fordiano.

mercoledì 8 marzo 2017

Land of mine - Sotto la sabbia (Martin Zandvliet, Danimarca/Germania, 2015, 100')




Il bello del Cinema - e dell'Arte in generale, a prescindere dal campo in cui ci si muove -, almeno a mio parere, è la capacità di raccontare storie trasformandole da qualcosa di lontano e "sentito dire" in altro decisamente più vicino, interiore, quasi vero per chi ne è soltanto spettatore.
Non avevo mai sentito o letto, ad esempio, neppure ai tempi della scuola, della credenza degli alti papaveri della Germania nazista che quello che è passato alla Storia come lo sbarco in Normandia sarebbe dovuto avvenire sulle coste danesi, e che le stesse per questa ragione furono costellate di mine, tanto da rappresentare un pericolo anche a guerra conclusa.
Allo stesso modo, non avevo idea che molti dei soldati tedeschi superstiti, per la maggior parte ragazzini, vennero "arruolati" a resa della Germania compiuta per mettere in sicurezza tutte le aree giudicate pericolose proprio a causa delle mine in tutto il paese, fungendo, di fatto, da carne da macello per l'esercito danese.
La vicenda di Land of mine, uno tra i candidati all'Oscar per il miglior film straniero assegnato a Il cliente di Fahradi, racconta la drammatica, piccola epopea di un gruppo di giovanissimi tedeschi divenuti la squadra di lavoro di un durissimo sergente danese cui è stata promessa la libertà - e con essa il ritorno a casa - a lavoro terminato, senza possibilità di poter rifiutare l'incombenza.
Il lavoro di Martin Zandvliet, che sulla carta temevo molto per il rischio potenziale di retorica, si è rivelato al contrario una piacevolissima sorpresa, ripescando atmosfere come quelle di cult legati alla Seconda Guerra Mondiale in modo "trasversale" come Arrivederci, ragazzi! di Malle e trovando nel charachter del sergente Rasmussen un pilastro sul quale poggiare non solo l'ossatura della vicenda e l'evoluzione dei protagonisti, ma anche la figura paterna inesorabilmente assente, considerati i tempi, dei giovani soldati assegnatigli e soprattutto la cartina tornasole delle emozioni umane pronte a scatenarsi in questi scenari decisamente al limite.
Se, infatti, per certi versi si può considerare il lavoro di Zandvliet - erroneamente, a mio parere - convenzionale e forse troppo concentrato - per una volta, non mi sarebbe dispiaciuto un minutaggio maggiore con un approfondimento ed un'evoluzione meno rapida della vicenda -, dall'altro assistiamo non solo alla terribile formazione di giovanissimi ancora lontani dall'essere e diventare uomini già segnati dalla guerra, ma anche e soprattutto al ribaltamento delle parti, ritrovando i soldati danesi nel ruolo di oppressori e quasi "bulli" all'indirizzo di quelli che, per buona parte del conflitto, erano stati esattamente le stesse cose - e peggio - per le popolazioni di mezza Europa.
Lo stesso Rasmussen, in molti sensi la figura cardine e "positiva" dell'opera, mostra spesso e volentieri il suo lato violento e terribile, quello per mezzo del quale ogni uomo, soprattutto in situazioni estreme, mostra la propria Natura, che, continuo ad esserne convinto, è predatoria e feroce: dal pestaggio che apre la pellicola all'umiliazione "canina" di uno dei ragazzi, fino alle dimostrazioni di amore, se così si può definire, per la propria squadra, e quelli divenuti in una certa misura suoi figli, il pubblico finisce per trovarsi di fronte l'intero spettro di umanità che si potrebbe aspettare da ognuno, dalla crudeltà agli atti d'amore in grado di mettere a rischio chi li commette.
In questo senso, Land of mine è un film piccolo e non perfetto, ispirato da fatti rimasti in ombra rispetto alle grandi pagine della Storia di quel periodo, ma non per questo meno umano, intenso, sentito: in questo duemiladiciassette, mi pare di essere alla ricerca proprio di questo.
Di film che abbiano cuore.
Anche quando è nascosto dietro crudeltà e sofferenza.
Sotto la sabbia.
Del resto, siamo umani.




MrFord




 

mercoledì 2 settembre 2015

Wednesday's child

La trama (con parole mie): con il giro di uscite di questa settimana, riprende di fatto alla routine post vacanze. Potenziali titoli interessanti, wannabe blockbuster, film italiani inguardabili.
Perfino quello squilibrato del mio antagonista Cannibal Kid. Insomma, bentornati a scuola.
Purtroppo per voi. E soprattutto per me.


"Sta arrivando Cannibal: stai pronto a fare fuoco."

Operazione U.N.C.L.E.
(dal 2 settembre)

"Ammazza, questi cocktails preparati da Ford sono troppo pesanti per noi damerini!"

Cannibal dice: Notevole incognita, questo Operazione U.N.C.L.E., film retrò spionistico dal sapore troppo da F.O.R.D.. Guy Ritchie è un regista che non mi ha mai convinto molto, l'ho sempre considerato una copia sfigata di Quentin Tarantino, e i due protagonisti Henry “Superman” Cavill e Armie “The Lone Ranger” Hammer insieme mi fanno paura. La splendida Alicia Vikander riesce però a farmi apprezzare qualunque roba, dai drammoni in costume ai lavori sci-fi, quindi chissà che non le riesce l'impresa pure in questa nuova e rischiosa operazione.
Ford dice: Guy Ritchie, tolti i primi lavori molto Tarantino-style ma comunque convincenti, non mi ha mai convinto particolarmente, ma se non altro nell'ambito dell'intrattenimento dovrebbe essere meglio di tante schifezze come quelle che spesso e volentieri promuove il mio rivale.
Dunque, pur con tutte le riserve del caso, un'occhiata a questo film si può dare senza problemi.


Southpaw - L'ultima sfida
(dal 2 settembre)

"Ammazza quanto pesta questo Ford!"

Cannibal dice: Quando arriverà l'ultima sfida tra me e Ford?
Non ne ho idea. Nell'attesa, potete godervi intanto l'ultima sfida recitativa di Jake Gyllenhaal, qui alle prese con una pellicola pugilistica. Il genere non mi attira granché, visto che pare roba più adatta a uno pene... pardon, pane e salame come Ford, però la presenza di Gyllenhaal più quella della mia amata Rachel McAdams, più una colonna sonora curata da Eminem fa schizzare questo film tra quelli che attendo maggiormente nella nuova stagione cinematografica.
Ford dice: uscita fordiana della settimana a mani basse. Gyllenhaal è uno dei pochi attori in grado di mettere d'accordo perfino il sottoscritto ed il suo sparring partner Peppa Kid, l'ambito è quello della boxe, il tema quello del riscatto. Si direbbe che sia stato distribuito solo ed esclusivamente per farmi contento. E spero, ovviamente, scontenti alla grande il Cannibale.



Città di carta
(dal 3 settembre)

"Non ti pare di essere troppo cuccioloso, Cannibal!?"

Cannibal dice: Un film adolescenziale tratto da un romanzo di John Green, l'autore di Colpa delle stelle, con protagonista la promettentissima ex modella Cara Delevingne?
Goduria totale e doppia. Oltre al fatto che io personalmente non vedo l'ora di vederlo, gioisco al solo pensiero che Ford possa guardarlo e patire dal primo fino all'ultimo istante le pene dell'inferno cannibalesco!
Ford dice: un film adolescenziale tratto da un romanzo di John Green, l'autore di Colpa delle stelle? Dovessi aver bisogno di un lassativo, ho il rimedio già pronto.



Sinister 2
(dal 3 settembre)

"Cannibal, basta dire cazzate."

Cannibal dice: Il primo Sinister era un horrorino ridicolo, banale e dal finale penoso, che aveva fatto paura giusto alle peggio mammolette come Ford. Questo sequel comunque racconterà un'altra storia con altri personaggi e altri attori e quindi sono fiducioso del fatto che difficilmente potrà fare peggio del precedente. Anche se, con gli orrori che ci sono in giro oggi e che puntualmente vengono esaltati dal mio blogger rivale, mai dire mai.
Ford dice: il primo Sinister, con tutte le sue imperfezioni, è stato uno degli esperimenti più interessanti dell'horror recente, eppure sinceramente dubito che questo sequel possa aggiungere davvero qualcosa ad una visione che parte male già in partenza.
Certo, rispetto alle proposte inutili del mio antagonista, tutto grasso che cola, ma a conti fatti, assolutamente evitabile.



Un'occasione da Dio
(dal 3 settembre)

"Cucciolo eroico, tu sì che mi capisci fino in fondo!"

Cannibal dice: Il titolo italiano rimanda a Una settimana da Dio e al suo spin-off Un'impresa da Dio, pellicole agghiaccianti che se Dio esistesse non avrebbe mai fatto esistere. Nonostante questo, Un'occasione da Dio è una pellicola britannica con Simon Pegg e Kate Beckinsale che con i quasi omonimi “colleghi” americani ha in comune giusto lo spunto di partenza e il titolo. Almeno spero.
Ford dice: io con Dio ho sempre meno a che fare ad ogni anno che passa.
Così come rispetto ai titolisti italiani e ad un film che, malgrado Simon Pegg, non lascia presagire nulla, ma proprio nulla, di buono.




The Visit - Un incontro ravvicinato
(dal 3 settembre)

"E così questa è la cameretta di Peppa Kid. Inquietante!"

Cannibal dice: Da non confondere con The Visit, l'imminente nuovo film diretto da M. Night Shyamalan. A questo punto ci si potrebbe chiedere perché i film si copiano i titoli l'uno con l'altro, ma rischierebbe di essere una domanda senza risposta, un po' come quella: “Perché a Ford i bei film non piacciono?”.
Questo documentario è inoltre firmato da Michael Madsen, ma non si tratta di “quel” Michael Madsen, quello di Le iene e Kill Bill, bensì di un omonimo danese.
Voglia di vedere questo film, saltami addosso!
Ford dice: documentario danese a metà tra l'inquietante ed il nerd legato a doppio filo agli alieni.
A meno che questi ultimi non si siano decisi a rapire Cannibal per sperimentare torture atroci su di lui, direi che non è la visione giusta per me.




Bolgia totale
(dal 3 settembre)

"Questa moto l'ha guidata Ford!? Allora è pronta per lo sfasciacarrozze!"
Cannibal dice: Pellicola italiana che vorrebbe essere un omaggio ai poliziotteschi degli anni '70 e che rischia di essere come un film a caso consigliato da Ford: una schifezza totale.
Ford dice: senza ombra di dubbio, questo film si prospetta come un qualsiasi film osannato come un Capolavoro da Cannibal: un abominio totale.



Storie sospese
(dal 3 settembre)

"Chiedo ufficialmente scusa per aver preso parte a questo progetto."
Cannibal dice: Altro film italiano, altra visione sospesa. A tempo indeterminato.
Ford dice: il Cinema italiano, purtroppo, andrebbe sospeso. Almeno al novanta per cento. Cannibal Kid, invece, tranquillamente al cento.


mercoledì 9 aprile 2014

Nymphomaniac Vol. II

Regia: Lars Von Trier
Origine: Danimarca, Francia, Germania, Belgio, UK
Anno: 2013
Durata: 123'




La trama (con parole mie): prosegue il racconto di Joe, soccorsa in strada dal colto e pacato Seligman, divenuto il suo confessore nel viaggio attraverso la vita e le vicissitudini sessuali della donna, che non esita a definirsi malvagia e ninfomane.
Stretto un legame con Jerome ed avuto un figlio da lui, Joe pare estraniata dalla realtà, impossibilitata a provare il piacere dell'orgasmo malgrado lo desideri ardentemente. La sua ricerca del godimento perduto la porterà sulla strada di uomini sempre più violenti e legati al lato oscuro della società, costandole la storia con lo stesso Jerome e la custodia del bambino.
Anni dopo, divenuta una specialista del recupero crediti, la donna si troverà a svezzare ed educare alla sua stessa attività una giovane ragazza che finirà per prendere il suo posto in tutto e per tutto, letto di Jerome compreso.
La confessione riuscirà in qualche modo a purificare l'anima di Joe? O Seligman riserverà risposte inaspettate?






Caro Lars,
ti scrivo, molto contrariato, per la seconda volta in due giorni.
Ieri sera ho visto il Volume II del tuo Nymphomaniac, e passati i primi cinque minuti ho pensato che, forse, finalmente c'eravamo ritrovati: la partenza con la levitazione di Joe bambina e la visione duplice a seguito dell'orgasmo spontaneo era degna delle tue pagine peggiori, e ammetto di aver pregustato l'idea di un vero e proprio massacro della parte conclusiva di questo tuo ambizioso progetto.
Ma niente da fare. Questa volta ti sei proprio impegnato per fare in modo che la rivalità tra me e il Cannibale continui a rimanere tutto sommato sopita. Perchè posso capire perfino che ad uno spostato radical chic come il mio antagonista possa essere piaciuto questo tuo pippone.
Hai letto bene. Lo posso addirittura capire.
Non che questo significhi che Nymphomaniac mi sia piaciuto, sia chiaro: personalmente ritengo che questa seconda metà sia nettamente peggiore della prima, noiosa ed involontariamente comica in più di una sequenza, ed inutile per la maggior parte del suo minutaggio.
La realtà dei fatti, però, è che nelle quattro ore complessive di visione qualche idea interessante si può sicuramente trovare - giusto per citare un momento, nel confronto tra Joe e Seligman che precede il pessimo epilogo mi è quasi parso di intravedere un tuo grido d'aiuto, una sorta di confessione della difficoltà che devi avere a relazionarti in maniera socialmente umana con il mondo -, e probabilmente, se avessi realizzato un director's cult da un'ora e venti scarsa con il "greatest hits" di quello che hai mostrato, avresti perfino rischiato di incontrare un mio favore. Quasi.
E invece niente: tra un Jamie Bell decisamente poco credibile nel ruolo del dominatore pronto a punire e la parte dedicata al recupero crediti che pare uscita da un film di genere mal riuscito, hai voluto allungare il brodo finendo per diventare soporifero e decisamente poco scandaloso, se non per la questione - per quanto mi riguarda assurda e discutibile, che potrebbe addirittura far pensare ad un'altra confessione - decisamente interessante da discutere legata alla comprensione del pedofilo che non ha mai consumato le sue fantasie da parte di Joe, che di tanto in tanto esplode in passaggi al limite del ridicolo involontario come la fuga tra le montagne della protagonista, girata come capita con i porno amatoriali arrangiati nel giardino dietro casa o l'agghiacciante sequenza con la discussione dei due simpatici e decisamente dotati partner di letto della nostra "eroina" di origini africane - e bada bene, caro Lars, che non ho parlato forbito per evitare la tua trappola a proposito della Libertà e della Democrazia costruita attorno alla parola negri -.
Tralasciando, comunque, la tua evidente invidia del pene rispetto ai due signori appena menzionati, quello che resta è un verboso pistolotto radical chic che, però - e lo dico davvero con dispiacere - non raggiunge neppure alla lontana i vertici di follia cui mi avevi abituato, e finisce per scorrere senza far venire voglia di prenderti a pugni fino a farsi male alle mani o di esplodere in un'esultanza necessaria come una boccata d'aria giunta la conclusione.
Semplicemente, quello che hai portato sullo schermo è una complessa ed egoriferita analisi pseudo colta che racconta una delle storie più vecchie del mondo - la dipendenza da un certo tipo di istinti che tutti, in misura più o meno pronunciata, abbiamo -: peccato che non lo faccia in modo liberatorio ed interessante come avrebbe potuto.
E peccato che tu abbia perso completamente la tua caotica e malvagia follia.
Vedi di tornare in te, caro Lars, perchè se continui su questa strada di pseudo redenzione potresti finire, un giorno, per mettere d'accordo anche tu il sottoscritto e Cannibal.
E tutti gli dei e non solo ce ne scampino.
Atei o devoti, Oriente o Occidente, penitenza o godimento.



MrFord




"La visione della figa da vicino, 
la visione della figa da vicino, 
la visione della figa da vicino, 
la visione della figa. 
Passano i secoli, passano i millenni, 
passano gli uomini che si alternano ai governi."
Elio e Le Storie Tese - "La visione" -  




mercoledì 8 maggio 2013

Il sospetto

Regia: Thomas Vinterberg
Origine: Danimarca
Anno: 2012
Durata:
115'




La trama (con parole mie): Lucas ha quarantadue anni, è divorziato e lavora in un asilo, combattendo ogni giorno una battaglia a distanza con la ex moglie per la custodia di suo figlio Marcus. I bambini lo adorano, e lui è un membro assolutamente rispettato della piccola comunità in cui vive, fatta di persone che si conoscono da talmente tanto tempo da averci perso la memoria.
Un giorno, la piccola Klara, figlia del suo migliore amico Theo che vede in Lucas tutta la pace che non vive in casa propria, si avvicina così tanto all'uomo da costringere lo stesso a mettere una distanza tra loro: la bambina, sentitasi respinta, racconta una bugia che sconvolgerà la vita dell'amico suo e di famiglia.
Accusato dalla comunità di essere un pedofilo, Lucas verrà licenziato ed indagato dalla polizia, finendo per diventare il bersaglio di soprusi, violenze, accuse ed un moltiplicarsi di voci sul suo conto tanto pressanti da condizionare anche chi gli è più vicino.




Da mesi leggevo in lungo e in largo di questo film, che fosse dalle parti di Dae o del Cannibale.
Prima di poterne parlare come se fosse una recensione di tutti i giorni, però, lascerò che una digressione di vita vissuta si faccia carico di alcuni dei temi trattati dal lavoro di Vinterberg: non troppi giorni fa parlavo con un collega a proposito della mia recente condizione di paternità, che insieme ad una serie di sentimenti positivi e fortissimi - mi basta guardare il Fordino appena torno a casa perchè tutto possa cambiare, a prescindere da quello che accade all'esterno - ha portato nella vita del sottoscritto una sorta di aumento dell'aggressività atta a proteggere quello che consideriamo il nostro territorio, il nostro mondo, la nostra Famiglia.
Raccontando dell'episodio che citai ai tempi in cui parlai di Polisse, ricordo di aver affermato in tutta onestà che se dovesse capitare una cosa del genere a mio figlio, se anche dovessi nutrire soltanto il dubbio che un suo insegnante, un estraneo, un amico, un tizio qualsiasi potesse avere una qualsiasi mira nei suoi confronti, probabilmente andrei a cercarlo in modo da ricordare fisicamente che quello non è il genere di intendimento gradito dal sottoscritto.
Altrettanto onestamente, da ex obiettore e da democratico, ammetto che non mi scandalizzerebbe l'idea della pena di morte per i pedofili.
I bambini sono il nostro futuro, e spesso sono il ritratto di un'innocenza totalmente disarmata di fronte ad un mondo di adulti e di cose abiette come le violenze su di loro.
Il sospetto, uno dei titoli più potenti che abbia avuto occasione di veder passare dal Saloon negli ultimi mesi, è in questo senso una sfida: il pubblico, fin dal principio, sa bene, infatti, che il protagonista Lucas è innocente, e che il dramma della sua accusa e delle violenze ad essa conseguite sono legate alla bugia di una bambina che ha l'unica colpa di sentirsi rifiutata, a partire dalla sua stessa casa. Una bambina che continua ad essere innocente quanto il suo "persecutore" anche quando appare chiaro lo spirito per il quale la sua menzogna nasce e si sviluppa.
A ben guardare, e minuto dopo minuto, appare evidente che questo saggio di bravura del regista di Festen - felicemente bottigliato dal sottoscritto - e del suo protagonista - uno straordinario Mads Mikkelsen, premiato con la Palma d'oro per la migliore interpretazione maschile all'ultimo Festival di Cannes - non tocchi, in realtà, il tema della pedofilia quanto Million dollar baby non toccava di quello dell'eutanasia: l'associazione più vicina, infatti, è quella di lavori come Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti o The Village di Shyamalan, legati a doppio filo al potere della comunità e delle dicerie, dei sussurri e di una società pronta a stare zitta in coro in una chiesa la notte di natale - perchè, si sa, davanti a Dio è bene non alzare la voce - ed al contempo sempre al posto e al momento giusto quando si tratta di lasciare che il giustizialismo, la frustrazione, la violenza repressa ed il desiderio di dispensare una giustizia sommaria facciano il loro corso.
Certamente l'essere consci del fatto che Lucas sia innocente facilita in qualche modo - e non di poco - noi spettatori, eppure i meccanismi messi in moto dal crescendo di quest'opera assolutamente toccante sono ben più complessi di quanto si possa pensare, e più che nella vittima cui presta volto e cuore il fordiano Mikkelsen si finisce per immedesimarsi in Theo, padre della piccola Klara nonchè migliore amico di Lucas, o Marcus, figlio del "mostro" costretto a difendere il padre anche di fronte all'ignoranza e ad una violenza fin troppo simile a quella per cui il suo genitore finisce per scontare una pena insormontabile per qualsiasi uomo.
Perchè il peso della diceria, degli sguardi, del sospetto - per l'appunto - è qualcosa che va ben oltre ogni standard umano, e mette a nudo di fronte ad una società incapace di ascoltare e cercare ragioni che trascendano la pura e semplice manifestazione di vendetta - esemplare, in questo senso, il dignitoso e terribile ritorno al supermercato di Lucas dopo il pestaggio - anche quando mossa da legittimi dubbi e situazioni - come già detto, credo che io stesso reagirei scompostamente se mi trovassi con il Fordino al posto dei genitori dei bambini dell'asilo -.
A dare forza, inoltre, ad un'evoluzione clamorosa, un finale da brividi da ben due punti di vista: da un lato la stessa e già tanto criticata società, che dopo aver sdoganato - e a carissimo prezzo, si vedano la sequenza della chiesa già citata ed il confronto tra Theo e Lucas nella notte di natale - il presunto colpevole si dichiara pronta a salvare le apparenze ed accettarlo di nuovo come membro rispettabile di un distorto cerchio della fiducia - lampante l'esempio fornito dalla fidanzata di Lucas -, dall'altro la battuta di caccia, con quel colpo ad un soffio dal bersaglio grosso ed una sagoma stagliata contro il sole che potrebbe avere mille volti, compresi i più terribili per Lucas stesso: quello di se stesso, o di Marcus.
Perchè Lucas non conoscerà mai la pace.
Perchè un genitore non accetterà mai davvero l'idea che qualcuno possa aver approfittato di suo figlio in quel modo.
Perchè il cammino dell'uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre, perché egli è in verità il pastore di suo fratello ed il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te.
Forse Lucas è l'uomo timorato, la comunità la tirannia degli uomini malvagi, e la violenza il pastore.
O forse è Klara a dover aver paura, perchè gli uomini malvagi potranno sempre approfittare di lei, e non ci saranno bugie o genitori o presunti tali a proteggerla come pastori.
Il sospetto, però, è che in questo mondo malvagio non esistano pastori, e si finisca a vivere da uomini timorati in attesa che giunga un'ombra stagliata nel sole, senza volto, a lasciare che la nostra fine appaia soltanto un incidente di percorso nella grande caccia della vita.


MrFord


"Si sa che la gente dà buoni consigli
sentendosi come Gesù nel tempio,
si sa che la gente dà buoni consigli
se non può più dare cattivo esempio."
Fabrizio De Andrè - "Bocca di rosa" -



lunedì 4 marzo 2013

A royal affair

Regia: Nikolaj Arcel
Origine: Danimarca
Anno: 2012
Durata: 137'




La trama (con parole mie): Caroline Mathilde, promessa sposa al sovrano di Danimarca Christian alle origini dell'epoca illuminista che cambierà l'Europa ed il mondo, si ritrova costretta dopo essere cresciuta in Inghilterra regina in un Paese soggiogato dalla Chiesa e dai dogmi ed alle prese con un compagno instabile e scombinato, almeno fino a quando come medico di corte viene reclutato Johann Friedrich Struensee, un sostenitore delle nuove correnti illuminate che fin dal principio esercita un'influenza favorevole su Christian così come su Caroline, che presto si innamora di lui.
L'idillio tra i due, tradotto in un'innovazione nelle leggi danesi come non se ne erano ancora conosciute ai tempi, da origine ad un tracollo quando la regina rimane incinta di Johann: i vecchi membri del Consiglio di Stato, ancora legati al loro antico potere, faranno tutto ciò che sarà possibile per ripristinare lo status quo.






Devo ammettere che, andando indietro con la memoria agli ultimi anni, non ricordo una gara così interessante rispetto alla selezione dei film candidati all'Oscar come miglior pellicola in lingua straniera come quella cui abbiamo appena assistito: nonostante la clamorosa esclusione di Quasi amici, infatti, la cinquina giunta alla notte più famosa e celebrata del Cinema ha regalato davvero ottima materia al pubblico - non quello italiano, ovviamente, che ha visto distribuita soltanto una delle cinque candidate - sfoderando stili ed affrontando vicende profondamente differenti tra loro.
L'ultimo a giungere sugli schermi del Saloon - divenuto il mio personale favorito - è stato questo A royal affair, pellicola danese diretta da Nikolaj Arcel - che grazie a questo titolo rompe il suo silenzio sulla scena internazionale e fa salire tantissimo le aspettative sul progetto legato all'adattamento cinematografico de Il potere del cane di Don Winslow, uno dei miei romanzi preferiti di tutti i tempi, che pare sia stato affidato proprio a lui - con una classe da veterano e che, oltre a fotografare una delle epoche più importanti per quanto riguarda il progresso sociale e culturale della civiltà occidentale - l'Illuminismo -, assume le sembianze di splendida metafora del Potere in tutte le sue forme, da quello politico a quello sentimentale, dall'anelito di libertà ai gemiti da letto.
Come se non bastasse, senza cadere nella trappola del film in costume tutto forma e niente sostanza, Arcel confeziona una sorta di thriller sentimentale che fa tesoro della lezione di pietre miliari come Barry Lyndon, L'età dell'innocenza e Ritratto di signora senza dimenticarsi di un pizzico di follia in pieno stile del Forman di Amadeus: supportato da un cast in ottima forma - e da un sempre grande e sempre più fordiano Mads Mikkelsen -, il regista esplora uno dei momenti più delicati della storia del suo paese presentandone i molteplici volti, sfruttando la voce narrante e lo struggimento della protagonista femminile, la regina Caroline Mathilde - soffocata nel suo ideale di donna emancipata da una società profondamente dogmatica e chiusa - così come la follia e l'imprevedibilità del suo forzato consorte Christian - in più di un senso vera vittima dell'evolversi degli eventi, lasciato solo nella sua eccentrica unicità e sconvolgimento interiore, sfruttato e circuito da tutti, chi per costrizione e chi per amicizia interessata -, il confronto tra la nobiltà bigotta e figlia degli schematismi religiosi ed un popolo abbandonato a se stesso e pronto ad essere manovrato senza dimenticare, ovviamente, il ruolo del suo più complesso personaggio, il medico personale di Christian ed amante di Caroline Mathilde Johann Friedrich Struensee.
Quest'ultimo, spirito libero e seguace dell'Illuminismo, diviene il simbolo più intenso della fallibilità umana e della vulnerabilità che in quanto appartenenti all'umanità stessa presentiamo nei confronti del Potere, del suo esercizio e della lotta a combatterlo: le idee rivoluzionarie e la fede nel popolo venute a contatto con le esigenze di un capo di stato creano una tempesta di conflitti da brivido, che barcolla lungo una corda tesa tra le citazioni dell'Amleto ed una censura prima abolita e dunque ripristinata, un amore troppo grande per essere sopportato da un'amicizia ed un mondo ancorato a principi che tutti violano in silenzio, ma nessuno può permettersi di affrontare a testa alta e alla luce del sole.
In questo senso, script e regia mostrano con classe e maestria i protagonisti della vicenda soprattutto nelle loro fallibilità, fornendo un ritratto del progresso - perchè di progresso si trattò, per la Danimarca, da quel momento in avanti, fino al colpo di stato che orchestrò il figlio di Christian - che passa attraverso passioni ed errori tutti umani volti ad un ideale che pare sempre troppo alto ma non per questo inaccessibile, quasi si trattasse di un viaggio in avanti nel tempo anche oltre l'epoca dei Lumi, alla ricerca di quel romanticismo incontrollabile che portò gli ideali delle Grandi Rivoluzioni dal macroscopico della società al microscopico - per così dire - del cuore.
A royal affair riesce, e con uno stile impeccabile, a raccontare la perfezione dell'imperfezione, il coraggio degli errori, il lato travolgente e scomodo dell'amore, la corruzione del Potere e l'esaltazione provocata dal suo esercizio - nel bene o nel male che sia -, la lotta per la Libertà che l'Uomo ha combattuto fin dall'alba dei tempi e che non riguarda e riguarderà mai soltanto l'esterno, le regole, i dogmi, il contesto entro il quale ci muoviamo, ma anche e principalmente noi stessi.
Perchè è sempre da quelle profondità in cui scaviamo quando rimaniamo soli e volgiamo lo sguardo al nostro cuore che tutto parte: che sia una rivoluzione, un capriccio, l'amore di una vita o la scopata di una notte.
O un regno per un cavallo.


MrFord


"I was dreaming in my dreaming
of an aspect bright and fair
and my sleeping it was broken
but my dream it lingered near
in the form of shining valleys
where the pure air recognized
and my senses newly opened."
Patty Smith - "People have the power" -


martedì 25 ottobre 2011

Melancholia

Regia: Lars Von Trier
Origine: Danimarca
Anno: 2011
Durata: 136'


La trama (con parole mie): Justine e Michael si sono appena sposati, felici e contenti e pronti a farsi due risate nonostante il loro ritardo al ricevimento del matrimonio a causa di una limo troppo ingombrante per i tornanti che portano al fiabesco eremo dove li attendono parenti ed amici.
Peccato che, appena arrivati, la sposa diventi una depressa completamente imprevedibile cui non frega più nulla di quello che ha attorno, più che altro perchè c'è qualcosa di molto più importante, ad attendere la Terra.
Qualcosa che si chiama Melancholia.
Un pianeta venuto da chissà dove che piove dritto dritto sulle nostre teste, pronto a seminare distruzione nella vita borghese e tutta certezze della sorella tutta d'un pezzo Claire, moglie del fu Jack Bauer, ex uomo d'acciaio improvvisamente convertito ad astronomia e cagasottismo.




Permettetemi di parafrasare L'attimo fuggente.
Escrementi.
Ecco cosa penso del Cinema attuale di Lars Von Trier.
Ho appena concluso la visione di quello che, da parte di molti, in questi giorni, ho letto essere considerato un Capolavoro.
Mi ci sono voluti un bel pò di patatine, altrettanta Coca Cola e molto, molto più Jack Daniels.
Non tanto perchè fosse noioso - e lo è stato, senza se e senza ma -, o perchè la tanto celebrata Dunst non sia stata minimamente all'altezza delle sue interpretazioni migliori.
Non tanto perchè il buon Lars passi le due ore e oltre della pellicola a smanettarsi di fronte al seno della suddetta.
Non tanto perchè pare quasi di avere di fronte un figlio di papà che più borghese non si potrebbe tentare - senza successo, peraltro - di disconoscere la sua natura.
Più che altro perchè Melancholia è l'ennesimo tentativo di riportare Kubrick in sala cercando di dimostrarsi l'erede ultimo di quello che è stato uno dei più grandi registi di tutti i tempi.
Ci aveva già provato, con risultati decisamente negativi, anche Malick, qualche mese fa, in occasione dello stesso Festival di Cannes che ha visto Von Trier cacciato per le sue inutili sparate da esibizionista dall'ego troppo grande perchè il talento possa sorreggerne le ambizioni.
E dove ha fallito Malick, dal sottoscritto sempre profondamente amato, cosa poteva fare il povero Lars, autore di uno degli scempi cinematografici più clamorosi di tutti i tempi - per chi non lo sapesse, Antichrist -?
Niente, è la risposta.
Tant'è che Melancholia si rivela pessimo fin dall'incipit, che cerca di ricalcare l'unico barlume di talento intravisto nel crimine contro il Cinema citato poco sopra: una sequenza terrificante di immagini random che vorrebbero sconvolgere lo spettatore - o creare aspettativa - di quello che si rivelerà poi la pellicola: un'interminabile attesa del momento in cui Melancholia metterà fine alle sofferenze dello spettatore, intrappolato in un incubo che rimanda - oltre a Kubrick - all'Altman di Un matrimonio e a Bergman, ovviamente senza raggiungere neanche per scherzo i livelli di Maestri che l'ex profeta del Dogma potrà solo e soltanto continuare a sognarsi, almeno quanto le tette della Dunst, che insegue per buona parte della pellicola e sfodera per il suo - e di numerosi spettatori - piacere in una scena che sfiora per ridicolo le peggiori della sua indecorosa opera precedente.
Infarcito di terrificanti prese di posizione - siamo soli nell'universo perchè io lo so - e da una spocchia che vorrebbe tanto, ma proprio tanto, sconvolgere quelli che sono i dogmi - per l'appunto - della più "buona" società di cui il regista è il primo e più importante esponente - un pò come il suo irritante cast, Rampling e Hurt su tutti -, a Melancholia non basta l'attesa, ma desidera ardentemente che noi martiri in sala si vada fino in fondo: in questo senso, diviene agghiacciante ed involontariamente ridicola tutta la prima parte dedicata alla festa del matrimonio, preludio di una ancora più terribile seconda metà completamente dedicata all'apocalittico arrivo del pianeta "nascosto" pronto a cancellare la nostra esistenza dall'universo - e se non c'è nessuno a parte noi, chi se ne fregherà mai, dico io!? - nel corso della quale le due sorelle protagoniste danno libero sfogo all'agghiacciante approccio del regista, neppure per un istante sincero o sentito.
Tutto, in questo film povero e traboccante ego, è vuoto ed assolutamente lontano a quello che dovrebbe essere il grande Cinema.
Le uniche cose azzeccate paiono essere il "bacio" tra i due pianeti nel delirio dell'incipit e la presenza di Antares e del "mio" scorpione.
Ne avevo già parlato, in occasione di Drive.
Lo scorpione non perdona.
E adora pungere le sue rane.
Specialmente quelle che pensano che il loro saper nuotare implichi, in qualche modo, il fatto di essere prescelte.
E a voi anfibi insignificanti dico: la vostra grotta magica non vi servirà.
Se questo mondo cattivo di cui tanto avete paura dovesse essere schiacciato da questo piccolo pianeta melanconico, finirete in polvere come tutti noi.
A proposito della grotta magica: ancora rido, cazzo.
La grotta magica.
E di nuovo ho Antichrist davanti agli occhi.
Fortunatamente solo per un istante.
Perchè poi penso alle tette della Dunst.
E al fatto che Von Trier deve averle desiderate oltre ogni limite. 
Ma c'è un ma.
Von Trier, per loro, l'avrà sempre davvero molto, molto piccolo.
E puzzolente.
E la macchina da presa - mi spiace per te, Lars -, non potrà mai essere un surrogato valido.

MrFord


"La noia è come il blues ti fa pensare a dio
leggera come un gas che penetra il tuo io
la noia è nostalgia di un posto che non c'è
è voglia di andar via da tutti e anche da te
è la malinconoia che uccide a questa età
è il cuore che si scuoia cercando quel che ha già
e il cielo cade giù con la sua tenda buia
e non esisti più nella malinconoia."
Marco Masini - "Malinconoia" -




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