Visualizzazione post con etichetta Udo Kier. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Udo Kier. Mostra tutti i post

lunedì 4 giugno 2018

Brawl in cell block 99 (S. Craig Zahler, USA, 2017, 132')






Gli anni passati nella blogosfera sono stati importanti, oltre che per la scoperta di film e serie, anche per il legame che si è costruito con Dembo, il mio "fratellino" conosciuto tra queste pagine diventato uno dei miei più cari amici: quando, di recente, proprio lui mi consigliò di recuperare Brawl in cell block 99 firmato da Zahler, che qualche anno fa mi colpì con il bellissimo e violentissimo Bone Tomahawk, non ho saputo resistere.
Partiamo dunque subito con quella che è la realtà dei fatti: questo nuovo lavoro del regista non è all'altezza del primo, specialmente in termini di scrittura e plausibilità - in alcuni passaggi è assolutamente esagerato, e non parlo di sequenze di lotta -, ma senza dubbio dimostra il talento dietro la macchina da presa del ragazzo ed una carica emotiva enorme, che finirà per colpire qualunque spettatore sia padre.
Merito anche di un Vince Vaughn in grandissimo spolvero, che dopo anni passati a recitare lo stesso ruolo in commedie senza troppo spessore da True Detective in poi ha finito per reinventarsi, portando sullo schermo in questo caso un personaggio solo apparentemente semplice e tagliato con l'accetta, una macchina da guerra su gambe che regala - e in questo senso c'è affinità con il già citato Bone Tomahawk - un finale di pellicola davvero tostissimo, ed un confronto in chiusura con un Don Johnson che tira fuori dal cilindro un charachter che pare uscito da un fumettaccio di genere.
Se, dunque, lo script ha qualche difetto, il punto forte del lavoro di Zahler è la parte dedicata agli scontri portati in scena, coreografati benissimo, molto credibili e tosti, dal primo confronto con il guardiano del carcere - forse il passaggio che mi ha colpito di più, dato che giunge "a freddo" - allo scontro finale con i responsabili della situazione del protagonista, non certo per stomaci deboli.
Non bisogna però confondere Brawl in cell block 99 con i filmacci di serie b ai quali potrebbe essere associato per genere o svolgimento della trama, quanto più che altro come una versione "al sangue" di una storia legata a doppio filo all'amore paterno e ai sacrifici che si è disposti a compiere per il futuro dei propri figli: l'accettazione del proprio destino stoicamente mostrata dal charachter di Vaughn, in questo senso, misura la portata del messaggio del film, e seppur parzialmente celata dalla componente prettamente di lotta della pellicola mostra a chiunque lo sappia vedere un gran cuore, ed un modo per sfruttare anche gli angoli bui dei sottogeneri per raccontare storie che non siano solo ossa rotte e botte da orbi.
Brawl in cell block 99 resta comunque un film non per tutti, dalle immagini mostrate al ritmo, che probabilmente pusillanimi radical come Cannibal Kid detesteranno dal primo all'ultimo fotogramma, eppure mostra senza alcun dubbio il talento di un regista da tenere d'occhio per il prossimo futuro e che già regala hype da vendere per il suo prossimo lavoro, che mescolerà poliziesco e noir: se Zahler dovesse riuscire, infatti, a limare alcune sbavature come sceneggiatore, ci ritroveremmo per le mani un piccolo erede della grande tradizione del primo Refn, ed un nome da continuare a tenere d'occhio.
Il mio consiglio, dunque, è di farvi forza e non lasciarvi troppo prendere dai pregiudizi rispetto al genere, ed affrontare Brawl in cell block 99 con la guardia alta e lanciando il cuore oltre l'ostacolo.
Se riuscirà a colpirvi, sono sicuro che non lo dimenticherete facilmente.



MrFord




 

mercoledì 9 aprile 2014

Nymphomaniac Vol. II

Regia: Lars Von Trier
Origine: Danimarca, Francia, Germania, Belgio, UK
Anno: 2013
Durata: 123'




La trama (con parole mie): prosegue il racconto di Joe, soccorsa in strada dal colto e pacato Seligman, divenuto il suo confessore nel viaggio attraverso la vita e le vicissitudini sessuali della donna, che non esita a definirsi malvagia e ninfomane.
Stretto un legame con Jerome ed avuto un figlio da lui, Joe pare estraniata dalla realtà, impossibilitata a provare il piacere dell'orgasmo malgrado lo desideri ardentemente. La sua ricerca del godimento perduto la porterà sulla strada di uomini sempre più violenti e legati al lato oscuro della società, costandole la storia con lo stesso Jerome e la custodia del bambino.
Anni dopo, divenuta una specialista del recupero crediti, la donna si troverà a svezzare ed educare alla sua stessa attività una giovane ragazza che finirà per prendere il suo posto in tutto e per tutto, letto di Jerome compreso.
La confessione riuscirà in qualche modo a purificare l'anima di Joe? O Seligman riserverà risposte inaspettate?






Caro Lars,
ti scrivo, molto contrariato, per la seconda volta in due giorni.
Ieri sera ho visto il Volume II del tuo Nymphomaniac, e passati i primi cinque minuti ho pensato che, forse, finalmente c'eravamo ritrovati: la partenza con la levitazione di Joe bambina e la visione duplice a seguito dell'orgasmo spontaneo era degna delle tue pagine peggiori, e ammetto di aver pregustato l'idea di un vero e proprio massacro della parte conclusiva di questo tuo ambizioso progetto.
Ma niente da fare. Questa volta ti sei proprio impegnato per fare in modo che la rivalità tra me e il Cannibale continui a rimanere tutto sommato sopita. Perchè posso capire perfino che ad uno spostato radical chic come il mio antagonista possa essere piaciuto questo tuo pippone.
Hai letto bene. Lo posso addirittura capire.
Non che questo significhi che Nymphomaniac mi sia piaciuto, sia chiaro: personalmente ritengo che questa seconda metà sia nettamente peggiore della prima, noiosa ed involontariamente comica in più di una sequenza, ed inutile per la maggior parte del suo minutaggio.
La realtà dei fatti, però, è che nelle quattro ore complessive di visione qualche idea interessante si può sicuramente trovare - giusto per citare un momento, nel confronto tra Joe e Seligman che precede il pessimo epilogo mi è quasi parso di intravedere un tuo grido d'aiuto, una sorta di confessione della difficoltà che devi avere a relazionarti in maniera socialmente umana con il mondo -, e probabilmente, se avessi realizzato un director's cult da un'ora e venti scarsa con il "greatest hits" di quello che hai mostrato, avresti perfino rischiato di incontrare un mio favore. Quasi.
E invece niente: tra un Jamie Bell decisamente poco credibile nel ruolo del dominatore pronto a punire e la parte dedicata al recupero crediti che pare uscita da un film di genere mal riuscito, hai voluto allungare il brodo finendo per diventare soporifero e decisamente poco scandaloso, se non per la questione - per quanto mi riguarda assurda e discutibile, che potrebbe addirittura far pensare ad un'altra confessione - decisamente interessante da discutere legata alla comprensione del pedofilo che non ha mai consumato le sue fantasie da parte di Joe, che di tanto in tanto esplode in passaggi al limite del ridicolo involontario come la fuga tra le montagne della protagonista, girata come capita con i porno amatoriali arrangiati nel giardino dietro casa o l'agghiacciante sequenza con la discussione dei due simpatici e decisamente dotati partner di letto della nostra "eroina" di origini africane - e bada bene, caro Lars, che non ho parlato forbito per evitare la tua trappola a proposito della Libertà e della Democrazia costruita attorno alla parola negri -.
Tralasciando, comunque, la tua evidente invidia del pene rispetto ai due signori appena menzionati, quello che resta è un verboso pistolotto radical chic che, però - e lo dico davvero con dispiacere - non raggiunge neppure alla lontana i vertici di follia cui mi avevi abituato, e finisce per scorrere senza far venire voglia di prenderti a pugni fino a farsi male alle mani o di esplodere in un'esultanza necessaria come una boccata d'aria giunta la conclusione.
Semplicemente, quello che hai portato sullo schermo è una complessa ed egoriferita analisi pseudo colta che racconta una delle storie più vecchie del mondo - la dipendenza da un certo tipo di istinti che tutti, in misura più o meno pronunciata, abbiamo -: peccato che non lo faccia in modo liberatorio ed interessante come avrebbe potuto.
E peccato che tu abbia perso completamente la tua caotica e malvagia follia.
Vedi di tornare in te, caro Lars, perchè se continui su questa strada di pseudo redenzione potresti finire, un giorno, per mettere d'accordo anche tu il sottoscritto e Cannibal.
E tutti gli dei e non solo ce ne scampino.
Atei o devoti, Oriente o Occidente, penitenza o godimento.



MrFord




"La visione della figa da vicino, 
la visione della figa da vicino, 
la visione della figa da vicino, 
la visione della figa. 
Passano i secoli, passano i millenni, 
passano gli uomini che si alternano ai governi."
Elio e Le Storie Tese - "La visione" -  




lunedì 22 ottobre 2012

Iron sky

Regia: Timo Vuorensola
Origine: Finlandia
Anno: 2012
Durata:
93'




La trama (con parole mie): siamo nel 2018, e la Presidente degli Stati Uniti ha in mente, in vista della campagna per la rielezione, un impatto che possa spianarle di nuovo la strada per la Casa Bianca.
Questa strada passa attraverso l'allunaggio del modello afroamericano James Washington, che dovrebbe assicurare alla numero uno degli States i voti di cui necessita.
Peccato che, una volta atterrati, Washington e i suoi scoprano che la Luna è in realtà territorio nazista fin dal 1945, e che lo stesso testimonial dell'operazione sia catturato dagli esponenti di questo nuovo reich in attesa di vendetta rispetto agli abitanti della Terra.
Inizia dunque una curiosa lotta che mette a nudo le battaglie intestine ai vertici degli ariani lunari, un nuovo look di James Washington e tutta la sete di potere dei governanti della Terra.





Devo ammettere che, quando cominciai a sentir parlare di Iron sky - qualche mese prima della sua uscita nelle nostre sale - l'idea che mi feci fu quella dell'ennesima porcata che avrei volentieri evitato oppure destinato alle bottigliate più feroci, giusto per tenermi in forma, neanche fosse l'ultimo dei lavori dell'ultimo dei Paul W. S. Anderson.
Quando - e devo dire a sorpresa, tanto che già ipotizzavo un destino da titolo direttamente in home video -, poi, la distribuzione nostrana programmò la data, decisi ugualmente di dare una chance al lavoro del finlandese Vuorensola, benchè non nutrissi particolari speranze di trovarmi di fronte a qualcosa di memorabile.
Ed in effetti, Iron sky non è un film di quelli destinati ad essere ricordati nei secoli dei secoli.
Eppure, devo ammettere che questo lavoro curioso, grottesco e decisamente fuori dagli schemi - almeno da alcuni - è riuscito a sorprendermi in positivo sia per l'approccio che per il divertimento, ricordando al sottoscritto, a tratti - in particolare nella prima parte - due cult della sci-fi di matrice comica come Balle spaziali e Dark star - tra i film di Carpenter meno conosciuti, eppure ancora valido oggi, nonostante un'aura un pò "datata" -.
L'approccio di Vuorensola, curatissimo dal punto di vista tecnico - gli effetti sono impressionanti anche nei loro utilizzi più kitsch, e decisamente superiori a quelli di molte pellicole dalle pretese decisamente più alte -, punta quasi tutto sulla satira politica e l'ironia, che partono dalle convinzioni alla base della dottrina del reich - riuscitissimi lo sbiancamento di James Washington e la versione director's molto cut de Il grande dittatore chapliniano - per giungere a non risparmiarsi frecciate piuttosto pesanti all'indirizzo dei governanti delle potenze militari e politiche attuali, su tutte gli Stati Uniti, dipinti come una finta democrazia pronta a tutto per giungere al profitto e al successo - ottimo, in questo senso, l'utilizzo dei nazisti lunari giunti sulla Terra come alfieri della campagna per la rielezione della Presidente -.
Occorre ammettere, d'altro canto, che alla prima parte e all'arrivo di Washington sulla Luna - esilarante - non viene resa giustizia con una seconda decisamente più prevedibile e votata all'action e agli effettoni che potrà risultare decisamente più consona alla grande distribuzione ma che di fatto mina l'effetto sorpresa provocato da un inizio davvero folgorante: niente di troppo grave, comunque, grazie ad un protagonista perfetto - James Washington è già un piccolo eroe fordiano -, un manipolo di "cattivi" da manuale - sempre ottimo il caratterista Udo Kier - ed una cornice al limite della tamarraggine che ho molto apprezzato, in bilico tra l'estetica steampunk figlia del media fumetto e cult degli anni ottanta come 1997: fuga da New York - e di nuovo Carpenter torna a bussare alle nostre porte -.
Senza pensare di spararla troppo grossa, dunque, penso che Iron sky si sia rivelato come la sorpresa da neuroni zero - ma neppure troppo - di questo inizio autunno, in grado di soddisfare il gusto da grana grossa del weekend distensivo prima del ritorno al lavoro ma, allo stesso tempo, quella voglia di pensare che non fa mai male, specie se indirizzata al Potere e ai burattini che, purtroppo per noi, tendono sempre a tenerne il controllo.
Non resta che sperare di ritrovare l'orgoglio del buon James Washington, tornare alle proprie origini che non sono tanto definite da razza o cultura, quanto da uno dei bisogni primari dell'Uomo: la Libertà.
E un pò di sano sesso dopo la romantica conquista come settima arte vuole.


MrFord


"This is Major Tom to Ground Control
I'm stepping through the door
and I'm floating in a most peculiar way
and the stars look very different today
for here
am I sitting in a tin can
far above the world
planet Earth is blue
and there's nothing I can do."
David Bowie - "Space oddity" -


sabato 6 ottobre 2012

My son, my son, what have ye done

Regia: Werner Herzog
Origine: Germania/USA
Anno: 2009
Durata: 91'




La trama (con parole mie): Brad Macallam ha vissuto un'intera esistenza all'ombra della madre, e nonostante il suo impegno con il teatro ed il legame con la fidanzata Ingrid è sempre rimasto fedele alla genitrice. Quando, durante un viaggio in Perù con gli amici, ha una sorta di "illuminazione", perde progressivamente il contatto con la realtà: una mattina la polizia è chiamata ad intervenire nel suo quartiere perchè Brad, nel bel mezzo di un caffè preso con i vicini, si è presentato armato di una spada ed ha ucciso proprio sua madre, asserragliandosi dunque in casa armato di fucile con due ostaggi.
Gli agenti, sconvolti dal comportamento dell'uomo, cercano di ricostruire la sua vita attraverso una serie di interrogatori sul posto in modo da avere un quadro il più delineato possibile prima di organizzare una qualsiasi azione d'intervento.






Lynch produce, Herzog gira.
Detto così, in casa Ford sarebbe quasi quasi parso un sogno.
Due dei registi che più ho amato nel corso della mia vita di spettatore, autori di Capolavori quali Una storia vera, Inland empire, The elephant man, Aguirre furore di dio, L'enigma di Kaspar Hauser, Grizzly man, in qualche modo insieme per raccontare una storia - ispirata a fatti reali - in grado di unire la cornice onirica e surreale del primo al confronto con la Natura e l'ignoto del secondo.
Una sorta di mix da sballo di LSD e fede, alcool e ragione scientifica.
Il tutto aggiungendo al cocktail la presenza del sempre incredibile Michael Shannon, ormai uno degli idoli assoluti del Saloon.
Eppure, il risultato è ben lontano dall'essere perfetto.
Ad essere del tutto onesti, considerato il mio sempre sbandierato panesalamismo, questo potrebbe addirittura risultare uno di quei film in grado di farmi incazzare oltremisura, spocchioso ed autoreferenziale, poco comprensibile e decisamente ostico per tutti gli spettatori che non si professino critici o aspiranti registi incapaci di sfondare sempre per responsabilità altrui.
Eppure, questo incantesimo pur non del tutto ben riuscito ha qualcosa che definire magico sarebbe riduttivo: la vicenda di Brad e la sua ricerca di vendetta rispetto ad una madre che gli ha condizionato l'esistenza legata a doppio filo ad un viaggio in grado di aprire nell'uomo una nuova dimensione - e nel Perù che si porta via lungo il fiume gli amici del protagonista si sentono ancora gli echi del già citato ed incredibile Aguirre - e alla leggenda di Oreste, sulle cui spalle pesa la responsabilità di porre fine all'hybris che da Tantalo ad Atreo è giunta fino ad Agamennone e a lui, con il suo progressivo allontanarsi dal mondo, dagli amici, dalla compagna, è in grado di portare un respiro mistico ed anche incredibilmente attuale alla visione, tanto da lasciare più di uno spiraglio aperto su una rappresentazione volutamente oltre le righe - e non sopra, badate bene - degli States e del loro approccio politico e sociale - i detectives che paiono figurine su un palcoscenico, la scelta di Brad di professarsi musulmano ribattezzandosi Farouq, il tentativo di dialogo tra il "terrorista" e le forze dell'ordine, l'osservazione del Canada e del suo essere "futuristico" -.
Certo, il tutto non è esente da rischi - decidere di raccontare una storia che solo nella sua struttura di indagine pare avere un senso logico che nei racconti e nel personaggio principale viene volontariamente abbandonato non è quello che si definirebbe una scelta razionale e sensata per un regista che voglia raggiungere almeno uno tra pubblico e critica -, ma sia Lynch che Herzog non si sono mai avveduti troppo di quello che si sarebbe potuto pensare di loro, dedicandosi a progetti che sono specchio di sensibilità assolutamente personali ed a tratti anche scomode: dunque, charachters come quello dello zio interpretato da Brad Dourif o del nano paiono un omaggio del cineasta tedesco all'autore di Eraserhead, mentre il rapporto madre/figlio e quella casa in colori pastello - per non dimenticare i due ostaggi -, il ruolo della polizia ed il viaggio responsabile del cambiamento e del salto interiore di Brad un personale appunto di Herzog agli States che lo stesso non risparmiò neppure nel sottovalutato Il cattivo tenente - Ultima chiamata: New Orleans.
Non me la sentirei mai di consigliare una visione come questa a cuor leggero, e di certo se dovete iniziare il vostro percorso rispetto alle carriere di questi due miti del grande - e non solo - schermo, sono altri i titoli sui quali dovreste concentrare le vostre attenzioni ed i vostri sforzi: eppure, allo stesso modo in cui si ricomincia a bere dopo una sbronza andata male che vi ha portati a giurare che mai e poi mai l'alcool sarebbe tornato in circolo nel vostro corpo, questo film ha il potere di entrare dentro ad occhi e cuore dell'audience, scavando più a fondo di quanto non sembri rimanendo in attesa del momento giusto per farvi saltare sulla sedia.
Come una palla da basket lasciata ad attendere il ragazzino di talento.
Come il Perù delle sensazioni.
Come l'hybris che finisce, dopo fin troppe generazioni.
O una spada che si dovrà trovare il coraggio di imbracciare, o lasciare cadere a terra.
 


MrFord


"Flamingo, Flamingo...
da quanto tempo sono qui...
Flamingo, Flamingo
perché ci guardano così...
Coi tuoi santi da juke-box
freschi di lavanderia...
Ma è la rumba d'altri film
che ci fa volare via... 
E le foto senza flash
fra le braccia del via vai... 
E quei ritmi di bayon
che sbagliare mi fai."
Sergio Caputo - "Flamingo" -


Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...