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mercoledì 14 febbraio 2018

Wednesday's child - Valentine's Day Special



Per il giorno di San Valentino, uno dei più sfruttati in tutto il mondo a livello commerciale, la rubrica a tre più casinista della rete torna con un ospite speciale, giunto a dare un tocco di femminilità ai commenti per le uscite di questa settimana - oltre che a scrivere un'introduzione: dunque, accanto al vecchio cowboy e al suo rivale Cannibal Kid, questa volta sarà in azione Lazyfish, una blogger tuttologa che spazia dai trucchi, ai viaggi, al Cinema, per l'appunto. Ed ecco la sua introduzione per voi:

Volevo cominciare il mio intervento parlando di come chiamare me, come "ospite" per questa rubrica, evidentemente fosse segno che i due blogger sono arrivati a raschiare il fondo del barile, ma ho notato che l'espressione è già stata usata da altri precedentemente, quindi evidentemente non solo nel barile non c'è più nulla da raschiare, ma il barile è stato buttato, e si è cominciato a scavare sotto di esso. Dopo di me, da queste parti, cominceranno ad arrivare blogger che si occupano di mazze da golf, diete o che spiegano come creare il proprio bidone di compost in salotto, mimetizzandolo con l'arredamento.


"Ora sono pronta a rompere le uova nel paniere a Cannibal."


La forma dell'acqua – The Shape of Water

"Fai silenzio un secondo: sto cercando di ascoltare le stronzate che sparano quei tre bloggers."

Lazyfish: Ma veniamo ai film in uscita in questa settimana di San valentino: il primo è "La forma dell'acqua – The Shape of Water", che esce proprio il 14 e, oltre ad avere al volante il mitico Guillermo del Toro, che adoro dai tempi del meraviglioso "Il labirinto del fauno", ha sulla carta tutti i numeri per piacermi: una grande produzione, begli effetti speciali, una storia d'ammmmore tormentata fra due esseri molto diversi fra loro, peccato per il Leone d'oro vinto a Venezia che, con l'Orso d'oro di Berlino, a casa mia grida sempre PACCO!!! Spero non sìa il caso.L'ambientazione, anni 50/60, unita alle atmosfere anfibie, mi ricorda molto Bioshock (https://www.2kgames.com/bioshock/), un favoloso videogioco che ho amato molto.
Cannibal Kid: Siamo all'appuntamento di San Valentino, ma qui da queste parti solo per questo non è che si diventa più teneri e sdolcinati. Dico subito quindi che io parto da premesse opposte a quelle di Lazyfish, visto che Guillermo del Toro in passato raramente mi ha fatto impazzire, la storia stile La Bella e la Bestia non è certo una bella premessa e degli effetti speciali non me ne importa una mazza. Il fatto che abbia vinto il Leone d'oro invece per me è un notevole motivo di vanto, nonché una ragione per recuperarlo subito. Io infatti il film l'ho già visto e presto ve ne parlerò, a modo mio...
Comunque Melissa P. su una cosa c'ha ragione: se abbiamo invitato lei, siamo davvero al di sotto del barile...
No, dai, scherzo! Altri due o tre pessimi elementi da chiamare ce li abbiamo ancora.
Ford: Guillermo Del Toro è sempre stato piuttosto ben accetto da queste parti, ed ha avuto i suoi momenti migliori con i due Hellboy e lo splendido Il labirinto del fauno. Cosa accadrà, dunque, quando il film che ha sbancato Venezia giungerà al bancone del Saloon? In barba a San Valentino ho già visto questa pellicola due o tre settimane or sono, e attendevo il momento dell'uscita in sala per poter cavalcare l'onda del maggior nominato alla prossima Notte degli Oscar. Quale sarà stato il risultato? Prestissimo lo scoprirete.
Nel frattempo, non vedo l'ora di scoprire cosa ne penseranno la nostra ospite della settimana Lazyfish e soprattutto il mio tanto detestato rivale Cannibal: che possa essere l'inizio di una nuova Blog War?

Black Panther

"Bilbo Baggins, finalmente, dopo tutti questi anni, ti ho ritrovato!"

Lazyfish: "Black Panther" era un fumetto che l' editoriale Corno(https://it.wikipedia.org/wiki/Editoriale_Corno) mi propinava sempre come seconda/terza storia nelle testate Marvel che pubblicava e seguivo nella mia gioventù (lasciamo stare che anni erano, probabilmente persino Ford era giovane, all'epoca), e non è mai riuscito ad interessarmi minimamente. Certo i film di adesso sono tratti dalle versioni moderne di quei personaggi, e da quanto vedo online il film sembra una figata tamarra che da queste parti potrebbe riscuotere un buon successo. Da completisti della Marvel, in ogni caso daremo una chance a re T'Challa. Non potrà essere peggio di Iron Fist,comunque!
Cannibal Kid: Lazyfish più vecchia di Ford???
Naaah, non ci credo. Altrimenti vorrebbe dire che è la versione al femminile di Matusalemme.
Il film, come al solito quando si tratta di prodotti Marvel, negli Usa ha ricevuto recensioni entusiastiche. Del tipo che ha il 100% su Rotten Tomatoes. E questa è una cosa che io proprio non capisco. Nemmeno alcun capolavoro nella storia del Cinema ai tempi della sua uscita ha mai ottenuto consensi unanimi. Nessuna cosa in generale può piacere a tutti. Soprattutto, non un film Marvel. Questa cosa quindi ha un'unica spiegazione: i giornalisti che hanno visto la pellicola in anteprima sono stati pagati profumatamente da un certo Topolino, con soldi oppure con gadget pucciosi.
Detto questo, Black Panther ha un ottimo cast, una colonna sonora figosa curata da Kendrick Lamar e il regista Ryan Coogler, nonostante in passato abbia lavorato con Stallone, è uno dal potenziale notevole, quindi il risultato potrebbe essere piuttosto valido. Anche se non da 100% di consensi.

Ford: da ex accanito lettore di Fumetti, il personaggio di Black Panther non mi ha mai detto granché, e l'ho sempre considerato un personaggio tutto sommato minore del mondo degli Avengers. Eppure, sarà per la colonna sonora, per una certa quale atmosfera tamarra o la regia di Ryan Coogler - regista del più che discreto Fruitvale Station e dell'ottimo Creed -, ma sono molto, molto curioso di questa proposta "black" del Cinematic Universe.

A casa tutti bene

"Certo che questa roba è praticamente acqua frizzante. Ma chi è il barman, Cannibal Kid!?"

Lazyfish: Di Muccino ho visto 2 film in vita mia: "L'ultimo bacio", che mi aveva fatto davvero schifo, e "Sette anime", che invece mi era piaciuto molto. "A casa tutti bene" sfoggia un cast discreto, sembra ben fatto e potrei recuperarlo prima o poi, anche se la lista di film italiani da vedere senza il mio lui (che li detesta) è tanto lunga che, per darvi un'idea, non ho manco visto "Perfetti sconosciuti", ancora. Questo trabocca di paturnie relative alla famiglia che non so se ho la forza di affrontare, in questo momento.
Cannibal Kid: Pure in questo caso opinione opposta rispetto a quella di Lazyfish, che oggi sembra rivelarsi la mia nuova nemesi peggio di Ford. L'ultimo bacio era esagerato, troppo urlato e corso dai suoi personaggi, però all'epoca dell'uscita mi era sembrato una piacevole boccata d'aria fresca per il cinema italiano che allora doveva ancora risorgere. Sette anime invece era una stronzat**a di proporzioni galattiche che non a caso ha rischiato di mettere fine alla carriera hollywoodiana di Muccino, e non solo hollywoodiana.
Ma poi non hai mai visto lo splendido Perfetti sconosciuti?
Corri subito a recuperarlo, Mela, che un bel film al giorno toglie il Ford di torno.
Ford: di Muccino apprezzai, ai tempi, soltanto il genuino - del resto allora era ancora praticamente uno sconosciuto - Come te nessuno mai, finendo per detestare gradualmente tutta la sua produzione successiva, culminata con merdate atomiche uscite negli States, tra le quali, a malincuore dovendo dare ragione a Cannibal, metto Sette anime, una roba che mi fece, ai tempi, vomitare anche le budella.
Sinceramente, di recuperare quest'ennesimo ritorno della fine degli anni novanta con Accorsi e compagnia non ho proprio alcuna voglia.

Hannah

Lazyfish si avventura tra i quartieri più tristi di Casale per portare il pranzo a Cannibal Kid.

Lazyfish: Produzione Italo-franco-belga, "Hannah" vede protagonista un'anziana Charlotte Rampling, col marito in prigione, il figlio che la odia e, come dire, mi ha stracciato le palle già dal trailer. Già i film con protagonisti vecchi mi fanno tristezza ed un po' ansia, aggiungiamoci che la storia non è proprio un'allegria... me lo risparmierò supervolentieri.
Cannibal Kid: Ooh, finalmente. Qui sì che siamo sulla stessa lunghezza d'onda! Abbasso i film sui vecchi, abbasso i vecchi, e quindi abbasso Ford!
Ford: i film sui vecchi funzionano se si parla di Expendables o Gran Torino, ma in questo caso prevedo una rottura di palle radical che non riuscirebbe ad immaginare neppure il mio nemico Cannibal. Cinque alto dunque a Lazyfish ed approvazione per la bocciatura.

Hostages

"Una bottiglia di spumante vuota e niente White Russian: si vede che non siamo a casa Ford."

Lazyfish: Tratto da un tragico fatto vero accaduto nella Georgia russa negli anni '80, "Hostages" potrebbe essere un thriller niente male e ben recitato, malgrado l'aspetto squallidino e la povertà (di mezzi cinematografici) generica che emana il trailer che lo riguarda. Credo finirà anche questo nella lista degli eventuali recuperi in home video, con tutta la calma del caso. Eventualmente vedrò prima cosa ne dicono i miei blogger di fiducia (no, non ho detto Cannibal e Ford).
Cannibal Kid: Tipico mattonazzo russo buono giusto per l'autore di White Russian, o potenziale sorpresa internazionale della settimana?
Credo che aspetterò il giudizio di qualcuno che ne capisce davvero di cinema...
Peccato che, a parte me, non mi venga in mente proprio nessun altro.
Ford: questo thriller ad ambientazione sovietica potrebbe essere una buona scusa per una serata a base di White Russian - come se ne avessi bisogno - o per un ritorno alla guerra tutt'altro che fredda con Cannibal, eppure non riesco ad essere ispirato rispetto al recupero. Sarà l'influenza del Pescepigro o della pigrizia di Cannibal?

San Valentino Stories

"Cosa!? Cannibal e Ford hanno invitato Lazyfish e non me!? Li denuncerò per molestie!"

Lazyfish: "San Valentino Stories" è un film ad episodi (ma non erano passati di moda almeno 30 anni fa?) ,di ambientazione/produzione/protagonisti partenopei, perchè, come recita il flano, "Cupido è nato a Napoli". Sì, vabbè, parliamoci chiaro: ho visto il trailer, che mostra solo scene non parlate, ma io, oltre alla colonna sonora del promo, che consta di una canzone strappacuore, già vi sento abbaiare, cari protagonisti supersconosciuti di questo filmetto, e quindi mi terrò ben lontana da qualsiasi cosa vi riguardi.
Cannibal Kid: Chiudiamo questo appuntamento di San Valentino con una nota positiva. No, non intendo quelle del trailer inascoltabile, oltre che inguardabile, di questa pellicola neomelodica a episodi che non credo vedrò mai nemmeno sotto tortura. A meno che l'alternativa non sia un concerto di Gigi D'Alessio. Intendo perché almeno su questo “film” torno ad andare d'ammore e d'accordo con Lazyfish. E credo che pure Ford in questo caso sarà sulla nostra stessa lunghezza d'onda. Un piccolo miracolo di San Valentino?
Ford: miracolo di chiusura di San Valentino, perfetto per questa rubrica ormai definitivamente a tre, la stroncatura il più pesante possibile di questa roba, talmente indigesta da farmi rivalutare perfino le peggiori proposte radical di Cannibal Chic. Personalmente, credo potrebbe farmi lo stesso effetto di un concerto di D'Alessio. E credetemi, non sarebbe bello da vedere.

martedì 17 gennaio 2017

Assassin's Creed (Justin Kurzel, UK/USA/Francia/Hong Kong, 2016, 115')




I videogiochi, fin dai tempi della mia infanzia, del Commodore 64, il Sega Master System e dunque Mega Drive, sono sempre stati parte della componente ludica e d'intrattenimento delle giornate in casa Ford giungendo fino alla Playstation 4 attuale, che se non fosse per gli impegni con i Fordini utilizzerei molto più spesso che non per i ritagli di serate quando, con tutti a letto, libero la mente grazie a sequele quasi infinite di partite a PES, e negli ultimi anni alcune produzioni - si vedano Last of us, Red dead redemption o le saghe di Uncharted e Dead space - hanno raggiunto livelli tali da scomodare addirittura paragoni con il Cinema.
Peccato che - vedasi l'orrido Warcraft - le trasposizioni su grande schermo di videogames di successo siano state nella loro quasi totalità fallimentari: non è da meno questo Assassin's creed, firmato ed interpretato dallo stesso trio che lo scorso anno in questo periodo consegnò al pubblico l'ottimo Macbeth - Justin Kurzel, Michael Fassbender, Marion Cotillard -.
Se, infatti, la pellicola tratta da Shakespeare spingeva l'acceleratore su interpretazioni pazzesche ed un'autorialità al confine con il rischio - in molti lo trovarono soporifero, senza dubbio si trattava di un lavoro ostico -, questa pare invece la tipica marchetta da portafoglio gonfio di regista ed attori, inutile ed assolutamente incapace di provocare qualsiasi emozione e portata qualche centimetro sopra l'abisso soltanto dall'indubbio talento del cineasta australiano, che dimostra, con una manciata di inquadrature e le dinamiche sequenze d'azione quantomeno di conoscere il suo mestiere.
Troppo poco, però, per quello che avrebbe dovuto - o voluto? - ambire a diventare un blockbuster e rivelatosi un buco nell'acqua fatto e finito, che si tratti di critica - è stato massacrato in lungo e in largo - o botteghino - al momento, la parola più ricorrente è flop, e neppure leggero -, una raccolta di sequenze adrenaliniche messe in fila una dopo l'altra in bilico tra presente di narrazione e passato - come fu per il primo capitolo del franchise videoludico, che, lo ammetto, non è riuscito mai a conquistarmi - all'interno della quale perfino gli attori più consumati paiono pesci fuor d'acqua pronti a recitare un copione che dice poco o nulla e del quale non pare capirsi tanto di più, da una parte o dall'altra della macchina da presa.
Un'operazione commerciale di quelle in grado di far incazzare oltre misura la critica più snob, e che finiscono per gettare ombre anche sui popcorn movies d'intrattenimento becero che, al contrario, fanno del pane e salame un vero e proprio vanto: peccato per Kurzel - che probabilmente ha deciso di accettare questo lavoro, oltre che per il compenso, proprio per poter completare il già citato Macbeth - così come per Fassbender e la Cotillard, che da queste parti sono sempre molto ben visti e, come il resto di cast e crew, sprofondano senza colpo ferire insieme alla pellicola, il primo impegnato solo a mostrare il suo stato di forma, la seconda a sfoderare una verve da "è il lunedì mattina del peggior lunedì dell'anno, ho il ciclo e poca voglia".
Non penso che, in fin dei conti, loro saranno così affranti - soprattutto osservando l'estratto conto -, ma spero che, la prossima volta, prima di imbarcarsi in un'operazione di questo tipo, valutino bene la credibilità che potrebbero perdere agli occhi dei fan ed ancor più dei detrattori accaniti: personalmente, comunque, io voglio crederci ancora.
Senza incappare, almeno spero, magari in un sequel, nelle gesta di questi misteriosi assassini incappucciati.
In quel caso, sarebbe davvero troppo anche per un cinefilo di bocca buona come il sottoscritto.




MrFord




lunedì 15 ottobre 2012

Basic instinct 2

Regia: Michael Caton-Jones
Origine: UK, Usa
Anno: 2006
Durata: 114'




La trama (con parole mie): la scrittrice Catherine Tramell, come al solito a caccia di seduzione, sesso e morte, si trova a Londra, e neanche a farlo apposta è coinvolta nell'incidente fatale di un noto giocatore di calcio. Ad indagare sul caso è il detective Roy Washburn, letteralmente ossessionato dalla donna, tanto da volerla a tutti i costi incriminare per omicidio.
Per sostenere le sue tesi il poliziotto chiama in causa l'affermato psichiatra ed amico Michael Glass, che neanche il tempo di fare una perizia ed è già una marionetta nelle mani di Catherine, pronta ad ordine un gioco di specchi dietro al quale si consuma un omicidio dietro l'altro: sarà colpevole o innocente? Si tratta dell'elaborata costruzione di una pazza psicopatica o dell'immaginazione troppo fervida dell'uomo caduto nella sua rete?
Con un crescendo da thriller del sabato sera di Italia Uno, giungiamo, ovviamente, ad una risposta che vale tutto, o niente.




Avete presente quando, nel corso di una visione, incrociate una di quelle scene capaci di scatenare quella vocina interiore che vi esorta - detto senza volgarità - a spegnere tutto e rinunciare a proseguire con il film?
Con Basic instinct 2 è accaduto alla prima sequenza.
Nonostante fossi preparato ad un film letteralmente agghiacciante - del resto, si parla di uno degli scellerati "figli" della Blog War dedicata al peggio del peggio del Cinema - l'apertura in stile Fast&furious con la Stone ormai palesemente rifatta e fuori tempo massimo intenta a farsi smanettare dal malcapitato di turno mentre corre in macchina per le strade di una Londra ovviamente deserta finendo per completare il tutto con un volo da action selvaggio dritta dritta nel Tamigi è stata quasi troppo anche per me: conscio della missione che mi attendeva e della sfida con il Cannibale, mi sono costretto ad uno sforzo non indifferente per proseguire e portare a termine il compitino assegnato dal mio antagonista, sorbendomi una delle pellicole più ridicole dai tempi del peggior Joel Schumacher.
Fortunatamente, rispetto ad altre esperienze oltre ogni limite di bruttezza avute da spettatore, posso affermare che Basic instinct 2 - e già io ne avevo avuto abbastanza con il primo - potrebbe essere considerato parte di quella eletta cerchia di titoli involontariamente comici difficili da sopportare dal primo all'ultimo minuto ma, di contro, a loro modo involontariamente esilaranti: le peripezie della protagonista - intelligentissima, bellissima, ubiqua se non di più, in grado di sedurre chiunque ed ovunque, quando lo decide lei - paiono scritte da una selezione di sceneggiatori presi dritti dritti dal peggio del sabato sera thriller di Italia Uno, portate in scena da un regista che definire mestierante sarebbe già fantascienza e recitate con piglio da telenovela da tutto il cast, dalle semicomparse sconosciute a gente decisamente più nota come David Thewlis e Charlotte Rampling.
Tutto quello che, insomma, poteva essere sbagliato, è riuscito ad essere portato in scena anche peggio di quanto ci si aspettasse, e la sequela di scene ben oltre la linea invisibile della decenza pare non avere fine se non con i titoli di coda, a partire dalla già citata apertura di pellicola: dalla ridicola messa in scena del processo al pedinamento di Glass all'indirizzo della Tramell, dall'escalation egotica della protagonista ad un finale che vorrebbe essere sibillino ma che risulta pessimo almeno quanto il resto di queste quasi due ore di spazzatura cinematografica, non c'è nulla - a parte il fatto che l'operazione sappia di ridicolo - che si possa salvare dell'intera produzione.
Così, tra personaggi che entrano ed escono di scena senza alcuna giustificazione rispetto allo script - l'amante di Glass, Michelle, o la prostituta asiatica che lo psichiatra incrocia due volte nel corso della sua "indagine" -, la volontà di mostrare una sorta di discesa nei recessi più oscuri della mente e del desiderio del protagonista maschile - che poi pare sempre e comunque una spalla della Stone - e di cercare di essere a tutti i costi - senza riuscirci - torbido come era stato - questo bisogna concederglielo - il primo capitolo, tutto scorre fortunatamente senza indugiare troppo verso il già citato finale, che speriamo - nonostante l'apertura evidente - ponga la parola fine alla vita cinematografica di un personaggio insulso e fin troppo sopravvalutato come quello di Catherine Tramell, nata probabilmente per essere una sorta di nuova, letale, irresistibile e seducente versione femminile di Hannibal Lecter e divenuta, progressivamente, la caricatura di se stessa.
C'è di peggio? Sicuramente sì.
Ma per trovarlo occorre scavare davvero, davvero a fondo.


MrFord


"And come back as a blond, try a different lipstick on, 
as a blond, will I get whatever I want?
I'd be ever so enticing, cake a lot of icing, never have to watch my weight.
Yeah when I'm gone, I'm gonna come back as a blond. "
Selena Gomez - "As a blonde" -



lunedì 23 aprile 2012

I colori della passione

Regia: Lech Majewski
Origine: Polonia
Anno: 2011
Durata: 92'



La trama (con parole mie):  siamo nel cuore delle Fiandre dominate dai cattolici spagnoli, a metà del sedicesimo secolo, e Pieter Bruegel, pittore riconosciuto come un Maestro, decide di testimoniare la brutalità della repressione verso i protestanti da parte degli occupanti del suo paese grazie ad uno dei dipinti che lo renderanno famoso nei secoli seguenti: La salita al Calvario, infatti, rappresenta uno dei vertici dell'arte fiamminga, e ancora oggi è oggetto di culto e studio da parte degli appassionati di pittura di tutto il mondo per la ricchezza degli elementi e la potenza della rappresentazione.
Attraverso una scelta estetica ed un percorso che portano il quadro sul grande schermo passaggio dopo passaggio, assistiamo alle vicende che hanno definito la sua realizzazione in un esperimento quasi completamente nuovo nell'ambito della settima arte.




Raramente mi capita di vedere un film e giudicarlo quanto di più lontano esista dalla mia attuale sensibilità di spettatore arrivando quasi a detestarlo, eppure rimanere ammirato di fronte al suo valore: di recente, è successo con Synecdoche, New York.
Ora, replico con I colori della passione.
Certo, il lavoro di Majewski è molto diverso da quello di Kaufman - quest'ultimo decisamente più complesso e potente -, eppure questa sorta di fratellino minore del Faust di Sokurov, che mi avrebbe letteralmente fatto impazzire una decina d'anni fa, riesce a scavare nello spettatore a colpi di meraviglie visive celando - ma neppure troppo - una riflessione ben più profonda sull'arte ed il suo valore di fronte alla Storia e all'Uomo.
D'altro canto è indiscutibile che, nonostante la durata decisamente abbordabile si tratti di un film lento come solo i Classici più Classici dei russi sanno essere, costruito per essere ostico rispetto allo spettatore che non sia un assatanato adepto del Cinema d'autore senza compromessi, legato da un ritmo clamorosamente statico e ad intuizioni, più che ad una sceneggiatura vera e propria.
Probabilmente Majewski non aveva altro modo per rappresentare quello che, a tutti gli effetti, è il primo tentativo di portare sul grande schermo la rappresentazione più fedele possibile del lavoro di un pittore rispetto alla nascita di una sua opera: un viaggio complesso e non privo di difficoltà - artistiche e produttive - che può essere associato alla realizzazione di un film, pur se riferito, di fatto, all'opera di un solo artista - ma anche in questo caso si potrebbero considerare i soggetti di un lavoro incredibile come La salita al Calvario come attori, o parte integrante della stesso -.
La tecnica "a livelli" utilizzata, inoltre, risulta ipnotica ed affascinante, solo apparentemente statica - tanto da scomodare paragoni importanti come quello con una delle prime sequenze di Quarto potere, con la scena concentrata sull'interno della casa in cui il piccolo Kane è cresciuto con lui intento a giocare all'esterno, ben visibile in secondo piano dalla finestra - e trova il suo apice nella carrellata avanti e indietro che porta da Bruegel alla cima del monte e al mulino e di nuovo a Bruegel, in uno dei passaggi più intensi di questa sorprendente quanto sicuramente non per tutti visione.
In tutta onestà - e considerata la fama pane e salame del saloon - mi sentirei di consigliarvi di evitare I colori della passione - tra l'altro, pessimo titolo italiano -, davvero troppo votato all'arte "dura e pura" per trovare un riscontro effettivo nelle emozioni dello spettatore: eppure è curioso quanto il complesso di questo lavoro incredibile sia costituito da singole sequenze ispirate dalla quotidianità più fisica e vera possibile, come fosse un poema del popolo oltre che una chiara allegoria della lotta dell'arte rispetto all'oppressione - anche e soprattutto in questo caso religiosa -.
Doveste decidere di affrontarne comunque la visione, vi consiglio di liberare la mente dai pregiudizi per il radicalchicchismo e considerare di essere di fronte ad una sorta di lezione, una ricerca che porti da Bruegel come individuo inserito nel suo tempo a La salita al Calvario, che ancora oggi è in grado di fare rimanere ammirati visitatori di tutto il mondo - in questo senso, illuminante la sequenza finale -: superati questi scogli, I colori della passione sarà in grado di aprire occhi e cuore di chi sarà disposto a venire a patti con tutta la fatica che richiede.
E merita.


MrFord


"And I'll see your true colors
shining through
I see your true colors
and that's why I love you
so don't be afraid to let them show
your true colors
true colors are beautiful,
like a rainbow."
Cindy Lauper - "True colors"-


martedì 25 ottobre 2011

Melancholia

Regia: Lars Von Trier
Origine: Danimarca
Anno: 2011
Durata: 136'


La trama (con parole mie): Justine e Michael si sono appena sposati, felici e contenti e pronti a farsi due risate nonostante il loro ritardo al ricevimento del matrimonio a causa di una limo troppo ingombrante per i tornanti che portano al fiabesco eremo dove li attendono parenti ed amici.
Peccato che, appena arrivati, la sposa diventi una depressa completamente imprevedibile cui non frega più nulla di quello che ha attorno, più che altro perchè c'è qualcosa di molto più importante, ad attendere la Terra.
Qualcosa che si chiama Melancholia.
Un pianeta venuto da chissà dove che piove dritto dritto sulle nostre teste, pronto a seminare distruzione nella vita borghese e tutta certezze della sorella tutta d'un pezzo Claire, moglie del fu Jack Bauer, ex uomo d'acciaio improvvisamente convertito ad astronomia e cagasottismo.




Permettetemi di parafrasare L'attimo fuggente.
Escrementi.
Ecco cosa penso del Cinema attuale di Lars Von Trier.
Ho appena concluso la visione di quello che, da parte di molti, in questi giorni, ho letto essere considerato un Capolavoro.
Mi ci sono voluti un bel pò di patatine, altrettanta Coca Cola e molto, molto più Jack Daniels.
Non tanto perchè fosse noioso - e lo è stato, senza se e senza ma -, o perchè la tanto celebrata Dunst non sia stata minimamente all'altezza delle sue interpretazioni migliori.
Non tanto perchè il buon Lars passi le due ore e oltre della pellicola a smanettarsi di fronte al seno della suddetta.
Non tanto perchè pare quasi di avere di fronte un figlio di papà che più borghese non si potrebbe tentare - senza successo, peraltro - di disconoscere la sua natura.
Più che altro perchè Melancholia è l'ennesimo tentativo di riportare Kubrick in sala cercando di dimostrarsi l'erede ultimo di quello che è stato uno dei più grandi registi di tutti i tempi.
Ci aveva già provato, con risultati decisamente negativi, anche Malick, qualche mese fa, in occasione dello stesso Festival di Cannes che ha visto Von Trier cacciato per le sue inutili sparate da esibizionista dall'ego troppo grande perchè il talento possa sorreggerne le ambizioni.
E dove ha fallito Malick, dal sottoscritto sempre profondamente amato, cosa poteva fare il povero Lars, autore di uno degli scempi cinematografici più clamorosi di tutti i tempi - per chi non lo sapesse, Antichrist -?
Niente, è la risposta.
Tant'è che Melancholia si rivela pessimo fin dall'incipit, che cerca di ricalcare l'unico barlume di talento intravisto nel crimine contro il Cinema citato poco sopra: una sequenza terrificante di immagini random che vorrebbero sconvolgere lo spettatore - o creare aspettativa - di quello che si rivelerà poi la pellicola: un'interminabile attesa del momento in cui Melancholia metterà fine alle sofferenze dello spettatore, intrappolato in un incubo che rimanda - oltre a Kubrick - all'Altman di Un matrimonio e a Bergman, ovviamente senza raggiungere neanche per scherzo i livelli di Maestri che l'ex profeta del Dogma potrà solo e soltanto continuare a sognarsi, almeno quanto le tette della Dunst, che insegue per buona parte della pellicola e sfodera per il suo - e di numerosi spettatori - piacere in una scena che sfiora per ridicolo le peggiori della sua indecorosa opera precedente.
Infarcito di terrificanti prese di posizione - siamo soli nell'universo perchè io lo so - e da una spocchia che vorrebbe tanto, ma proprio tanto, sconvolgere quelli che sono i dogmi - per l'appunto - della più "buona" società di cui il regista è il primo e più importante esponente - un pò come il suo irritante cast, Rampling e Hurt su tutti -, a Melancholia non basta l'attesa, ma desidera ardentemente che noi martiri in sala si vada fino in fondo: in questo senso, diviene agghiacciante ed involontariamente ridicola tutta la prima parte dedicata alla festa del matrimonio, preludio di una ancora più terribile seconda metà completamente dedicata all'apocalittico arrivo del pianeta "nascosto" pronto a cancellare la nostra esistenza dall'universo - e se non c'è nessuno a parte noi, chi se ne fregherà mai, dico io!? - nel corso della quale le due sorelle protagoniste danno libero sfogo all'agghiacciante approccio del regista, neppure per un istante sincero o sentito.
Tutto, in questo film povero e traboccante ego, è vuoto ed assolutamente lontano a quello che dovrebbe essere il grande Cinema.
Le uniche cose azzeccate paiono essere il "bacio" tra i due pianeti nel delirio dell'incipit e la presenza di Antares e del "mio" scorpione.
Ne avevo già parlato, in occasione di Drive.
Lo scorpione non perdona.
E adora pungere le sue rane.
Specialmente quelle che pensano che il loro saper nuotare implichi, in qualche modo, il fatto di essere prescelte.
E a voi anfibi insignificanti dico: la vostra grotta magica non vi servirà.
Se questo mondo cattivo di cui tanto avete paura dovesse essere schiacciato da questo piccolo pianeta melanconico, finirete in polvere come tutti noi.
A proposito della grotta magica: ancora rido, cazzo.
La grotta magica.
E di nuovo ho Antichrist davanti agli occhi.
Fortunatamente solo per un istante.
Perchè poi penso alle tette della Dunst.
E al fatto che Von Trier deve averle desiderate oltre ogni limite. 
Ma c'è un ma.
Von Trier, per loro, l'avrà sempre davvero molto, molto piccolo.
E puzzolente.
E la macchina da presa - mi spiace per te, Lars -, non potrà mai essere un surrogato valido.

MrFord


"La noia è come il blues ti fa pensare a dio
leggera come un gas che penetra il tuo io
la noia è nostalgia di un posto che non c'è
è voglia di andar via da tutti e anche da te
è la malinconoia che uccide a questa età
è il cuore che si scuoia cercando quel che ha già
e il cielo cade giù con la sua tenda buia
e non esisti più nella malinconoia."
Marco Masini - "Malinconoia" -




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