La trama (con parole mie): Michael Peterson, in arte Charles Bronson, è il detenuto più famoso del Regno Unito.
A partire da quando, nel 1974, finì dentro per rapina, ha passato in rassegna la maggior parte degli istituti correzionali e di igiene mentale del paese, diventando una piccola icona di controcultura e continuando a battersi non tanto per esprimere un disagio, o per affrontare chissà quale battaglia politica, quanto per il gusto selvaggio e animalesco della lotta intesa, praticamente, come un'espressione artistica.
Neppure il tempo di riprendermi da quella perla che è stata Valhalla rising e di nuovo mi ritrovo al centro del vortice creativo di Nicolas Winding Refn, impegnato nell'insolito, curioso e grottesco biopic - se così si può chiamare - di quello che, a tutti gli effetti, può essere considerato il criminale più famoso nella terra della Regina. Rispetto all'appena citato Valhalla rising, la visionarietà di Refn è espressa principalmente in fase di scrittura - molto, molto teatrale -, mantenendo, tutto sommato, una struttura temporale e visiva che rispetta i canoni umani della sua stessa concezione, lasciando di contro spazio pressochè totale all'interpretazione stupefacente di Tom Hardy, che da queste parti si era già fatto notare in Inception, e che, grazie ad una fisicità a dir poco dirompente, stimola la già fervente attesa del nuovo Batman di Nolan, dove troverà spazio nel ruolo di Bane, uno dei nemici dell'Uomo pipistrello che personalmente trovo più affascinanti. Tornando a Bronson, non è possibile dunque non assegnare buona parte del merito della riuscita della pellicola al suo protagonista, che oltre ad offrirsi fisicamente al regista sfodera stoffa da vendere - la sequenza delle due facce è assolutamente da paura, così come le impagabili espressioni beffarde all'indirizzo del pubblico nel corso della narrazione "in prima persona"-, e ricorda, così come l'intera opera, il lavoro eccellente svolto da Eric Bana in Chopper - consigliatissimo, per chi non l'avesse visto -.
Sicuramente l'incedere della vicenda di Bronson è più convenzionale e meno rivoluzionaria di quella che vedeva come protagonista Harald/One eye nell'epopea di Valhalla rising, ma senza dubbio abbiamo per le mani un regista in grado di unire talento ed espressione artistica a potenziali blockbuster come questo, e in grado di colpire e stupire proprio come l'indomabile Bronson, charachter che pare uscito dalle fantasie di Gilliam o Jodorowski e spronato da una carica di irrefrenabile desiderio di lotta, legata - al contrario di One eye - non tanto alla rivalsa e alla furia quanto ad una passione traboccante, quasi fosse un vulcano perennemente in eruzione.
Certamente, con un protagonista di questo stampo, il rischio di immedesimazione distorta di alcune fasce di un pubblico più vasto è concreto - a tratti, parrà quasi di vedere una versione in acido e palestrata sul serio del Leonida trecentesco -, ma si tratta di un piccolo prezzo da pagare per far conoscere l'opera di uno dei cineasti europei più interessanti degli ultimi anni, colpevolmente dimenticato dalla distribuzione italiana insieme agli altrettanto fenomenali Noè e Lanthimos.
E se non la sala, che almeno l'home video possa deliziare appassionati e non con lavori stupefacenti come questo.
O ci troveremo costretti a sguinzagliare il buon vecchio Charles Bronson, con i suoi baffi a celare una somiglianza imbarazzante con Aldo Baglio e gli occhialini tondi in pieno stile John Lennon - con la differenza che lui è decisamente un non non violento -, a seminare bottigliate in pieno viso ai miopi distributori nostrani.
Anche se il sospetto che non siano una sfida abbastanza stimolante, per lui, c'è tutto.
MrFord
"I'm a fist of rage
one foot in the grave
I'm a fist of rage
far from saved
I'm a fist of rage
in a broken state."
Kid Rock - "Fist of rage" -