Ecco dunque sedersi al bancone la firma di Paese per nessuno, Klaverna.
Ford: Ciao Klaverna, e benvenuto al Saloon. E'
consuetudine, da queste parti, iniziare con una domanda rigorosamente alcolica:
quali sono i tuoi drinks preferiti? Cosa ti andrebbe di ordinare potendo
riprendere fiato al bancone di questo luogo di Frontiera?
Klaverna: Ciao James, vorrei bermi un doppio whisky
scozzese e se possibile proveniente dalle Ebridi o dalle Orcadi.
F: Archiviate le fondamentali questioni
alcoliche, ecco una domanda clamorosamente convenzionale: parlaci di te, del
percorso che hai compiuto per giungere a Paese per nessuno, di come è nata la
passione per il Cinema e anche di questo nome d'arte che ho trovato curioso fin
dalla prima volta.
K: La passione è antica… Riverberano ancora
nella volta cranica le luci dei primi film che ho visto… I veri pionieri del mio
immaginario (mi rivedo bambino in una grande sala al buio, un fascio di luce da
un foro e il suono meccanico del
proiettore… Gli occhi puntati avanti e di fianco la presenza confortante di mio padre
che profuma di tabacco).
KLAVERNA è il mio alias artistico, prima
musicale poi anche registico; il nome proviene
da “American Tabloid”, un romanzo di James Ellroy (si vede per un attimo una sua
foto in cornice nel film).
Per creare Paese per nessuno sono stato mosso dall'incrollabile convinzione di volerlo portare a termine, l’essenziale è crederci!… Chiaramente
si attraversano paesaggi-passaggi (interiori) problematici e a volte anche
disperanti, ma devono restare intimi e devono durare poco… I problemi vanno
risolti (meglio spostati) uno dopo l’altro… Il fine è finire il film!
Nel
concreto ho cercato una piccola storia che potessi filmare con zero budget, una
storia intima ma universale e contemporanea che potesse prescindere anche dai
testi, in cui le immagini e le loro suggestioni potessero portare da sole il
film stesso.
F: Altra domanda di rito, considerata la tua
appartenenza al Cinema di nicchia italiano lontano dalla grande distribuzione:
riesci a campare con la macchina da presa, o sei costretto a ripiegare su
lavori "normali" come tutti noi comuni mortali?
K: Sono al primo film e per me il Cinema non è un lavoro… E' una forma
di miglioramento…
Una terapia di matrice ossessiva, fondamentalmente è un modo di guardare la realtà e di viverla… Anche quando non filmo e sto “solo” vivendo, ecco anche allora sto facendo “solo” Cinema.
F: La gestazione di un'opera non è mai - o
quasi - lineare ed immediata: raccontaci la genesi di Paese per nessuno, la sua
evoluzione e realizzazione, magari impreziosendo il tutto con qualche aneddoto
curioso.
K: Non penso mai lo scritto (leggi
sceneggiatura) come qualcosa di
intoccabile, ma piuttosto come qualcosa da cui poter divergere… Si deve voler
rispettare il caso che poi è anche il
caos…
Prima e durante le riprese è buona norma assicurarsi che i venti
sconosciuti possano permeare l’aria del set…
Nel concreto di PPN, poco prima di iniziare
le riprese, la persona a cui avevo affidato un ruolo importante nella seconda
parte del film (nella casa a picco sulla frana), si era reso irreperibile,
tanto da spingermi a cercare un sostituto: ecco! La persona che ho incontrato
per la sostituzione, è poi diventato il fratello del primo attore (che poi si è
reso disponibile) nel film!
Di fatto la seconda parte del film e la storia del
(non) rapporto tra i due fratelli è stata creata grazie alla problematica
generata dall’interprete che si era reso irreperibile!
F: Ho visto Paese per nessuno esattamente ad
un anno di distanza - e senza pensare alla coincidenza - dal suicidio di uno
dei miei migliori amici: come vivi il rapporto con il concetto, e cosa ti ha
spinto ad analizzarlo attraverso la figura del tuo protagonista?
K: La società è la più grande fabbrica di
suicidi al mondo…
La famiglia spesso è il luogo dove si sperimentano le solitudini e le incomprensioni più
laceranti per l’io… Credo che poi ci possa essere sempre una propria via, una
propria possibilità di vivere o di saper superare gli ostacoli… C’è poi chi
vuole consciamente la propria fine e la scelta è definitiva...
La depressione è
in costante crescita (“la crisi è nei cervelli”)… Non ci sono taumaturghi…
Scagliati
nella fossa i demiurghi… I problemi sono per chi resta comunque.
Nel film “il
suicidio” è sicuramente il motore della storia, ma ancora di più mi interessa
posare lo sguardo sulla solitudine e vedere come questa agisce deformando
azioni e personalità.
F: Come gestisci il rapporto con gli
attori ed i tecnici? C'è una fase della realizzazione che non sopporti, o una
che, invece, ti fa sentire come a casa?
K: Quando sono sul set sto sempre bene,
anche se persone e cose da gestire non sono facili… Anzi… Fare un film realmente
indipendente è un'impresa titanica, è
proprio come tentare di portare una barca sopra una montagna… Ogni fase va
supportata e sopportata con rigore e convinzione totali…
Io filmo con una troupe
inesistente… Ci sono solo io e gli interpreti, sicuramente perché ho zero budget,
ma anche perché questa condizione di povertà mi aiuta a creare una situazione
protetta ed intima con gli attori che ricerco alla prima esperienza.
F: Senza spoilerare selvaggiamente il
destino di Jacopo nel corso della pellicola, per te il bicchiere rispetto alla
vita è mezzo pieno o mezzo vuoto?
K: A parte Jacopo e la sua parabola… Il
bicchiere è sempre mezzo vuoto per me, proprio perché questo cosmico-comico bicchiere
lo dobbiamo voler riempire in continuazione e senza sosta… Se si è capaci e se
si è conformato il giusto spazio, c’è sempre “ l’inatteso” pronto a tuffarsi nel bicchiere …
F: La domanda di chiusura è un altro rito
delle interviste al Saloon: scegli un film italiano, uno straniero ed uno che
associ idealmente a Paese per nessuno che porteresti su un'isola deserta
salvandoli dall'Apocalisse.
K: In ordine: “Accattone” di
Pier Paolo Pasolini, “Workingman’s Death” di Michael Glawogger, “ Last Days” di
Gus Van Sant.
E ringraziando Klaverna anche per essere il primo tra gli intervistati del Saloon a centrare tutti e tre i titoli scelti incontrando anche i gusti del sottoscritto, alziamo i calici al nostro ospite ed al suo Paese per nessuno.
MrFord