Regia: Richard Shepard
Origine: UK
Anno: 2013
Durata: 93'
Durata: 93'
La trama (con parole mie): Dom Hemingway è uno scassinatore, ma sarebbe riduttivo etichettarlo solo in questo modo. E' un vecchio figlio di puttana che per dodici anni è rimasto dentro tenendo la bocca cucita e giocandosi, in questo modo, la possibilità di assistere la moglie malata di cancro e alla crescita della figlia. Giunto il grande giorno della Libertà, Dom si trova a dover ricostruire la sua vita proprio a partire dal credito da riscuotere presso il beneficiario del suo silenzio, il letale Fontaine, boss e killer russo riconvertitosi alla campagna francese: ma i suoi guai da cittadino che ha pagato il debito alla società sono appena iniziati, così come il percorso che potrebbe portarlo a ricucire il rapporto con Evelyn, che lo vide uscire dalla sua vita ancora prima di essere un'adolescente e tornare proprio nel momento in cui la sua famiglia pare aver preso una forma ed una direzione ben precise.
L'esatto opposto rispetto al destino del sanguigno Hemingway.
"A volte si incontra un uomo...", recita lo Straniero nell'incipit del supercult Il grande Lebowski, "a volte si incontra un uomo che è l'uomo giusto, nel posto giusto, al momento giusto".
E in questo caso, con buona pace dell'eroe dei Fratelli Coen, è Dom Hemingway, accento più che british e piglio decisamente oltre il pane e salame.
Perchè il lavoro di Richard Shepard - giovane newyorkese cresciuto nel mondo delle serie tv -, nonostante alcune ingenuità di direzione, delinea un charachter assolutamente memorabile, interpretato alla grandissima da un Jude Law in stato di grazia e finisce per essere illuminato da dialoghi serratissimi ed al fulmicotone, assolutamente impensabili da seguire se non in originale per poter essere apprezzati al meglio.
Onestamente, non sapevo cosa aspettarmi, da una visione come questa: in fondo, quello che cercavo era un intrattenimento old school nello stile di Stand up guys, a metà tra la malinconia ed il divertimento - promessa assolutamente mantenuta, tra le altre cose - che non sfociasse in una delusione, ed al contrario si è materializzato dalle parti del Saloon come un cocktail in grado di dare il colpo del KO un prodotto travolgente e sentito, che rende l'allucinata lezione del recente Il lercio qualcosa di più simile all'emozionante Hesher, ed il suo protagonista un antieroe da ricordare, non fosse altro per il turpiloquio al servizio di un cuore non così nero come finisce per dipingerlo lui stesso.
Andando, dunque, oltre alla cornice pulp di matrice tarantiniana - nonostante l'atmosfera ricordi più il Guy Ritchie dei tempi d'oro -, le presenze illustri di comprimari pescati dall'universo dei serial come Nathan Stewart-Jarrett ed Emilia Clarke, Dom Hemingway rappresenta quello che, fossimo dall'altra parte dell'Atlantico, di tanto in tanto, il Sundance e le pellicole indie finiscono per regalare al pubblico inizialmente scettico sequenza dopo sequenza convinto quasi alla commozione grazie ad una partecipazione sempre maggiore rispetto alle vicende narrate.
Ma, in tutta onestà, non voglio scrivere di questo film come se fosse mera materia tecnica, o analisi critica: perchè non si tratta di una pellicola perfetta, il voto che le ho assegnato potrebbe perfino risultare esagerato, la dimensione finisce per essere decisamente quella della proposta di nicchia, l'approccio e l'estetica appaiono senza dubbio derivativi, eppure Dom Hemingway c'è.
Nonostante le avversità, il Destino, il passato.
Il coriaceo Dom è presente. E lo sarà sempre. Perchè non è il tipo da tirarsi indietro di fronte ad una scommessa o ad una sfida. Perchè è un tipo da rimorsi, più che da rimpianti.
Se volete qualcosa che vi diverta, sollevando i pesi della vita ed allargando le spalle in modo da portarli in vostra vece, avete trovato pane per i vostri denti.
Nonostante non sia affatto certo che possiate uscirne con i suddetti completamente al loro posto. E soprattutto intatti.
Ma ancora una volta ci sto girando troppo attorno: questo è un film che va vissuto, indipendentemente da quanto se ne possa leggere in giro. Probabilmente, se fosse il vecchio Don a parlarne - si veda lo splendido monologo di apertura - non ci sarebbero mezze misure, da un "fottiti" in caso di disapprovazione - con tanto di cazzotto già pronto in canna - ad un sincero e molto alcolico abbraccio dal sapore di patto di sangue.
Dom c'è, con tutto se stesso.
E ci sarà sempre.
Perchè il mondo è il suo boccale, o la sua vagina.
E lui non potrà mai e poi mai rinunciare all'uno e all'altra.
Tranne quando si tratterà di alzarsi presto un lunedì mattina.
Vedere per credere.
Io mi fido di lui.
MrFord
"Got me a movie
I want you to know
slicing up eyeballs
I want you to know
slicing up eyeballs
I want you to know
girlie so groovy
I want you to know
don't know about you."
girlie so groovy
I want you to know
don't know about you."
Pixies - "Debaser" -