sabato 31 ottobre 2015

We're still here

Regia: Ted Geoghegan
Origine: USA
Anno:
2015
Durata:
84'
 





La trama (con parole mie): Anne e Paul Sacchetti, che hanno da pochissimo perso il loro unico figlio in un incidente d'auto, abbandonano la città per stabilirsi in una vecchia casa di campagna nel New England, pronti a ricominciare da capo. Quando, però, alcuni strani fenomeni uniti all'atmosfera che regna nel paese poco distante finiscono per inquietarli e spingerli a contattare i genitori dell'ex compagno di stanza del college del loro ragazzo, esperti in materia nell'ambito del sovrannaturale, la situazione precipita: la casa che hanno acquistato per ricominciare a vivere, infatti, è segnata da una maledizione legata alla prima famiglia che vi dimorò a metà dell'ottocento, e pare che, ogni trent'anni, la stessa richieda un tributo di sangue al mondo per poter tornare al silenzio.
Cosa accadrà, dunque, ai Sacchetti ed ai loro ospiti?










Guardandomi indietro, penso non saprei assolutamente quantificare il numero di film horror visti dalla prima adolescenza fino ad ora: potrei addirittura pensare che sia, numericamente, il genere che più ha visitato gli schermi delle varie incarnazioni di casa Ford fin dai miei primi passi nel mondo della settima arte, e da quelle notti d'estate a cavallo tra gli anni ottanta e novanta fino ai tentativi attuali di rimanere quantomeno lontanamente inquietato, gli esperimenti siano stati davvero innumerevoli, dallo slasher al quasi thriller, dal trash all'inquietudine esistenziale.
We are still here, prodotto low budget firmato dal semisconosciuto Ted Geoghegan, è giunto da queste parti spinto dalle recensioni più che lusinghiere firmate da colleghi affidabili come Bradipo e Lucia più che dalla fin troppo impietosa valutazione su Imdb, e nonostante lo scetticismo iniziale, grazie ad una ricostruzione splendidamente vintage - è ambientato nel settantanove, anno al quale sono ovviamente molto legato -, un citazionismo assolutamente non invasivo o spocchioso, interpreti amatissimi dai fan del genere - personalmente, ho trovato mitico Larry Fessender, che peraltro mostra una somiglianza non indifferente non solo con Jack Nicholson, ma anche con un mio zio acquisito - ed un paio di cambi di registro perfetti per evitare che lo spettatore perda interesse e che tutto risulti fin troppo banale finisce per risultare una delle cose più interessanti che l'horror abbia regalato ai suoi appassionati quest'anno, dimostrando quanto siano importanti passione e voglia di raccontare una storia a fronte di budget milionari o tecnicismi superflui.
Una visione a tempo perso, dunque, divenuta un richiamo a piccoli grandi cult come La casa nera, che ripercorre diversi aspetti del genere, dalle case infestate e l'inquietudine del suggerito, più che del visto, della prima parte, allo spauracchio dell'uomo nero della fase centrale dello svolgimento fino ad un epilogo in grado di mescolare le carte in tavola e ricordare più l'angoscia di Cane di paglia mescolata abilmente allo splatter e al gore, finendo per indurre a simpatizzare per gli oscuri abitanti della casa, divenuti minuto dopo minuto protagonisti affascinanti e tragici, pronti a legarsi, nel sangue o nel destino avverso, alla coppia protagonista della pellicola, passata dall'essere involontariamente bersagliata da Julez e dal sottoscritto a causa della somiglianza del protagonista con Enrico Bertolino ad un tifo da stadio nel confronto con i loro aspiranti aguzzini a suon di colpi di coltelli da cucina - interessante, in questo senso, anche il fatto che non si assista ad una di quelle tipiche trasformazioni da gente comune ad aspiranti Rambo, ma che si resti nell'ambito della logica che fin troppo spesso latita, quando si parla di produzioni di questo genere -.
Un produzione povera, dunque, ma appassionante e ben strutturata, che tiene legati dall'inizio alla fine ed è favorita, oltre che dalla cornice, anche da un minutaggio finalmente a portata di stanchezza post-lavorativa infrasettimanale, che ricorda cose come The house of the devil o The conjuring in una versione decisamente più terra terra, ma non per questo meno interessante: e dai Dagmar - ottimi nella loro raffigurazione - alla presenza, sia solo presunta o effettiva, dello spirito del figlio morto della coppia dei Sacchetti, passando per gli abitanti del piccolo paese dove hanno scelto - sciagurati loro - di trasferirsi per ricominciare a vivere dopo il terribile lutto che li ha colpiti, gli antagonisti hanno tutti lo spessore giusto per non essere dimenticati.
E nel faccia a faccia dell'epilogo tra Dagmar in persona e Paul, c'è tutto il dolore dei padri che hanno perso qualcosa che non potranno più ritrovare, qualcosa che nasce dal sangue e che neppure tutto il sangue versato del mondo potrebbe riportare indietro, o risanare.
Siamo ancora qui, recita il titolo.
Ed è un bene che film come questo lo siano.
Per il Cinema, e per noi appassionati.





MrFord





"Hold tight
wait 'til the party's over
hold tight
we're in for nasty weather
there has got to be a way
burning down the house."
Talking heads - "Burning down the house" - 




giovedì 29 ottobre 2015

36 candles

La trama (con parole mie): oggi - anche se ormai è quasi domani - è il mio trentaseiesimo compleanno. Il quinto che festeggio anche sulle pagine del blog.
Niente dissertazioni, oggi. Niente riflessioni sulla vita ed il tempo che passa. Niente Gli Spietati, o sguardi quasi malinconici su una blogosfera sempre meno popolata, che mi fanno guardare al Saloon e a pochi altri come avamposti di sopravvissuti ad un'epoca che sta tramontando.
Ho voglia di festeggiare.
Dunque, dato che, nonostante i numerosi riferimenti, non l'ho mai fatto, ho pensato di giocarmi la carta del post alcoolico, una personale top ten con le bevande - cocktail o straight - preferite del vecchio cowboy.
Buona sbronza a tutti.









N°10: Pastis

Figlio della grande tradizione marsigliese, il Pastis fa parte dello straordinario mondo dell'anice che io adoro in tutte le sue versioni: normalmente più da aperitivo che non da post-pasti, lo adoro soprattutto quando mi capita di andare a trovare i miei in montagna. 
Tarda mattinata, aria fresca, baretto locale, arachidi, patatine e un bel Ricard - o due - per carburare come si conviene.


N°9: Jack&Coca

Ho sempre amato il Jack Daniels, per quanto non sia certo una bevanda da purista. Ed ho sempre amato il suo sposarsi con la Coca Cola. La sua variante gemella, con il Jim Beam, è altrettanto sponsorizzata da queste parti. 
Per le serate "cowboy style", con questo cocktail si va sempre sul sicuro.


N°8: Bourbon liscio

A proposito di Jack Daniels e Jim Beam, anche il bourbon liscio sfonda una porta aperta da queste parti. Dai due blockbuster appena citati in tutte le loro varianti - Single barrell, Gentleman e Honey per il Jack, Devil's cut o Black per il Jimmy - fino a etichette poco note in Italia - Grandaddy, Maker's mark, Knob Creek - tutto fa molto, molto Saloon.


N°7: Gin Tonic

Fino a qualche anno fa, non amavo particolarmente le bevande secche, come il Gin, la Vodka - fatta eccezione per il White Russian, ovviamente - e simili, ed in parte non le amo particolarmente neppure ora - Tequila, Mezcal e derivati continuano a non essere in cima alla mia lista -, ma grazie alla grande varietà di etichette e sapori ed alle conseguenze sul day after - più mal di testa che nausea -, il Gin Tonic è diventato il mio cocktail favorito per le sbronze da battaglia nei localacci dove non si sanno preparare i cocktails.
Poi, certo, se invece del Larios qualche anima pia dietro il bancone mi sceglie il Bombay, il Tanqueray o qualche chicca particolare, tanto di guadagnato.


N°6: Cuba libre

Il mio secondo cocktail da combattimento preferito. Diretto, dolce, accogliente.
Non si potrebbe chiedere di più.
Anche perchè ha il grande pregio di sposarsi alla grande sia con il dolce che con il salato, quindi in fase di happy hour o di post-cena va benissimo ugualmente.
E non posso ancora dimenticare la sbronza colossale subito dopo la finale dei Mondiali del duemilasei.


N°5: Stinger

Un cocktail da appassionati, forse la cosa più di classe che posso sfoderare nel mio bagaglio alcoolico. Reso noto negli anni trenta e divenuto uno dei riferimenti perfino di James Bond - nonostante sia meno noto del Martini - questo perfetto connubio di Cognac e crema di menta può stendere senza farsi notare troppo.
Killing me softly, direi.


N°4: Rum liscio

Non solo Cuba Libre, per questo vecchio cowboy.
Ho sempre adorato i rum agricoli, ma in generale non mi faccio mancare, se capita, qualche assaggio di pezzi da novanta del settore: dallo stranoto Zacapa al Diplomatico, passando per il Bally, sono ancora qui che guardo nella mia vetrinetta degli alcolici, alla sezione dedicata, per l'appunto, ai rum, la bottiglia di panamense diciotto anni che mio fratello mi regalò qualche anno fa.
Chissà, prima o poi mi deciderò a godermi anche quella.


N°3: Single malt

L'orgasmo più godurioso delle bevute straight.
Un single malt da godersi alternando ogni sorso con uno di acqua ghiacciata, o anche senza.
Un tripudio di sapori e retrogusti che quando si chiudono gli occhi pare di essere nelle Highlands, o nel cuore di una foresta, o nel pieno di una battaglia, neanche fossimo vichinghi.
Dal Lagavulin all'Oban, dall'Old Puteney all'Highland Park, dai torbati ai più smooth, c'è un vero e proprio mondo dietro "la parte degli angeli".
Un mondo che sono felice di dover ancora in gran parte scoprire, e che ha dalla sua una facilità maggiore del sottoscritto nell'aprire anche bottiglie di un certo livello senza troppa paura.


N°2: Sambuca

Curioso che, dopo i rum e i whisky "alti", ad occupare il posto d'onore di questa personale classifica sia uno degli amari più operai che esistano, la sambuca.
Del resto, adorando l'anice, non poteva che essere qui.
Forse l'alcolico che ho più bevuto e più bevo nella vita, essendo un dopo pranzo assicurato o quasi, nonchè l'unico, in caso di esagerazione, ad avere il potere supremo di spegnimento del sottoscritto, neanche avesse accesso all'interruttore di emergenza.
Dolce e saporita, magica e goduriosa, è l'equivalente di un massaggio prima del sesso.
O dopo. 


N°1: White Russian

Non poteva che trovarsi qui, il cocktail simbolo del Saloon.
Reso noto da Il grande Lebowski, ha solo un difetto: non si sposa particolarmente bene con il caldo estivo, è esclusivamente after dinner e rende la mattina dopo un'eventuale sbronza un vero festival da chiusi in bagno.
Eppure è un vero tripudio di sapore, goduria, sensazione di progressiva e piacevole resa a fronte dell'inevitabile botta che arriva dopo la dolcezza di superficie: un pò come essere sedotti da una timida che poi, una volta giunti in camera da letto, vi smonta pezzo per pezzo neanche foste una Chevrolet del cinquantasette.
Se non l'avete mai provato, fatelo per il sottoscritto. Almeno stasera.



MrFord



 



Thursday's child

La trama (con parole mie): nuova settimana di uscite che più che quella di Halloween pare un ritorno al triste passato delle settimane estive, fatta eccezione per un paio di proposte radical che incredibilmente potrebbero finire per soddisfare anche questo vecchio cowboy, oltre a quel pusillanime del mio rivale e co-conduttore della rubrica qui presente, Cannibal Kid.
La speranza, ovviamente, è che i titoli più interessanti si rivelino in linea con le aspettative fordiane più che con quelle decisamente meno confortanti del Cucciolo Eroico.



"E così questo è il Cucciolo Eroico. Strano, me lo aspettavo perfino più innocuo."



The Last Witch Hunter: L'ultimo cacciatore di streghe

Katniss Kid senza il trucco di scena.

Cannibal dice: La caccia alle streghe pensavo fosse passata da un bel pezzo, un po' come l'effimera moda del wrestling e degli action trash. A quanto pare però certe cose spiacevoli per gran parte del mondo, tranne che per Ford, a volte ritornano. Vin Diesel riuscirà a salvare questa probabile pagliacciata che pare arrivata fuori tempo massimo, o si rivelerà un nuovo disastroso Van Helsing?
Ford dice: non ho mai amato le rivisitazioni delle favole, soprattutto in chiave action. Da Van Helsing a Hansel e Gretel, mi sono sempre parsa robetta.

Un po' come questo pseudo film con un Vin Diesel che con le fiabe c'entra quanto Stallone con un film intimista.



Hitman: Agent 47

"Ford o Cannibal? Chi faccio fuori per primo?"

Cannibal dice: Il videogame Hitman raggiunge i cinema per la seconda volta, con un film che - credo - sia indipendente dal precedente. Il primo l'avevo evitato senza problemi, ce la farò anche con questo?
Considerando che si preannuncia un action fordiano e che per di più il protagonista è l'inespressivo Rupert Friend di Homeland in inguardabile versione pelata, penso proprio di sì.
Ford dice: non mi sono mai interessato al videogioco Hitman, ho felicemente ignorato il primo capitolo di questo inutile franchise, e continuerò la tradizione con il secondo. Anche perchè passerò il weekend a festeggiare il compleanno.



Tutto può accadere a Broadway

"Tu dici che non è questo il Cucciolo Eroico?" "Assolutamente no, io l'ho visto, ed è molto meno temibile!"

Cannibal dice: Commedia corale dal sapore di Woody Allen che potrebbe essere radical-chic abbastanza da piacermi e soprattutto da irritare a dovere Mr. Ford. Anche se il motivo per cui mi incuriosisce di più è l'annunciato cameo di Mr. Tarantino.
Ford dice: commedia che, nonostante il sapore radical, potrebbe quasi incuriosirmi, se non fosse per i festeggiamenti e per i numerosi recuperi in lista. Attenderò di sapere che ne pensa il mio rivale, e se dovesse fargli schifo, allora correrò in prima fila.



Belli di papà

"Leggiamo cosa scrivono di bello su di noi quei due bloggers." "Sei davvero così sicuro che scrivano qualcosa di bello!?"

Cannibal dice: La storia di un anziano riccone che decide di costringere a lavorare i suoi figli viziati.
No, non è la storia di Ford. Lui non è un riccone, almeno che io sappia. Nel caso lo sia, dovrei cominciare a farmi pagare per la nostra rubrica insieme...
Quanto al film, sembra faccia davvero ridere.
E non intendo in senso comico.
Ford dice: a me Abatantuono è sempre stato simpatico. Ma questo film pare proprio la solita merdina italiana peggiore anche delle merdine che Cannibal esalta come filmoni.



Mustang

"Ragazze, non scherziamo: dobbiamo partire prima che a Ford venga in mente di aggregarsi e voglia mettersi al volante."

Cannibal dice: Questa settimana arrivano nei nostri cinema ben 3 pellicole francesi. Magari non ne escono per mesi e poi così, tre in un colpo. Comunque, non lamentiamoci troppo. La più promettente, almeno per i miei gusti teen, sembra questa opera prima giovanile e dal sapore estivo. Farla uscire d'estate no, eh?
Ford dice: seconda uscita potenzialmente radical (teen) della settimana, e stranamente seconda pellicola in grado di incuriosirmi. L'autunno mi starà dando alla testa? O sento già in anticipo l'alcool dei brindisi?
Quello che è certo, è che brinderei volentieri con una serie di bottigliate in testa al mio rivale.



La legge del mercato

"Ho avvistato Cannibal Kid: chiamate subito la sicurezza."

Cannibal dice: Altro lavoro francese, questa volta siamo in territori più impegnati, più fordiani, però potrebbe non essere del tutto trascurabile. Anche se la legge del mercato non credo premierà questo film dallo scarso appeal commerciale.
Ford dice: la legge del mercato mi fa pensare che questo film finirà in una o due sale in tutta Italia per un paio di giorni al massimo, eppure la logica mi suggerisce che sarà nettamente migliore di Belli di papà. che infesterà l'intera penisola. La legge del mercato è più intricata della mente di Peppa Kid.



Tutti pazzi in casa mia

"Ma tu guarda, il disco preferito di Cannibal Kid: corro a rimetterlo sullo scaffale!"

Cannibal dice: Poco importa se pure questo arriva dalla Francia. Già devo avere a che fare con Ford tutte le settimane, di pazzi direi che ne ho abbastanza!
Ford dice: in casa mia di pazzo ci sono già io, e direi che basto. Qui, poi, si aggiunge Cannibal. Quindi siamo a posto così.



Kreuzweg - Le stazioni della fede

"Katniss Kid, ti sei toccata troppo con quelle vecchie foto di Jennifer Lawrence: ora devi fare penitenza."

Cannibal dice: Non solo Francia. Questa settimana c'è anche questo film tedesco che potrebbe essere la visione più interessante della settimana. È già da un po' che c'ho messo gli occhi sopra, ma in rete si trova solo una versione con dei sottotitoli italiani che sembrano scritti da Ford sott'acido e pure sott'aceto. Spero quindi che questa sia la volta buona per recuperarlo, a costo di vederlo doppiato.
Ford dice: nonostante il sottoscritto e la Fede vivano su due pianeti perfino più distanti rispetto a quelli del sottoscritto e di Cannibal Kid, questo film promette molto, molto bene. Speriamo solo che non deluda rivelandosi la solita robetta radical noiosa.



Ghosthunters - Gli acchiappafantasmi

"Quei due bloggers dicono che scopiazziamo schifosamente Ghostbusters: è vero?" "Lasciali perdere, quei due. Sono più pericolosi di qualsiasi fantasma."

Cannibal dice: Pellicola austriaco-tedesca mix tra attori live action e animazione, sembra una bambinata crucca di quelle che giusto Ford si può guardare. Con la scusa del Fordino o di qualche altro suo figlio... A quanti siamo arrivati?
Ford dice: di Ghost-qualcosa ci sono stati solo i Ghostbusters. Il resto è nulla. Giusto un pelo sopra il Cannibale.



Giotto, l'amico dei pinguini

Pastore Ford e Pinguino Kid in un raro momento di bromantico accordo su una pellicola.

Cannibal dice: Un cane amico dei pinguini? Inverosimile, quasi quanto un Cannibal amico di un Ford. In ogni caso questo film si preannuncia, oltre che una bambinata, pure un'animalata pazzesca in arrivo dall'Australia. Abbiamo quindi trovato il possibile film di WhiteRussian dell'anno?
Ford dice: io adoro l'Australia, e questo è risaputo. Ma anche con tutto l'amore del mondo, non penso potrei sciropparmi questa roba a meno che non sia il Fordino a chiedermelo ottenendo la mia immediata risposta affermativa.


mercoledì 28 ottobre 2015

Verità sepolte

Autore: Allen Eskens
Origine: USA
Anno: 2015
Editore: Neri Pozza





La trama (con parole mie): Joe Talbert è un universitario che affianca la vita al campus al lavoro come buttafuori nei pub, perseguitato dai conti da pagare ed oppresso dalla figura della madre alcolista che si "occupa" del fratello autistico Jeremy.
Quando, per portare a termine un compito del corso di inglese, decide di scrivere la biografia di Carl Iverson, ex detenuto scarcerato di recente perchè malato terminale di cancro residente in una casa di riposo, la sua vita cambia: il vecchio, infatti, ha passato trent'anni dietro le sbarre per l'omicidio di una quattordicenne risalente all'ormai lontano ottanta, ed anche in fase di processo pare non essersi neppure difeso.
Eppure, nel corso dei colloqui con lo stesso Iverson, Joe scopre che qualcosa non quadra, e a partire dai racconti dell'esperienza in Vietnam dell'uomo che ha di fronte, inizierà un'indagine destinata a ribaltare la sentenza espressa dalla corte anni prima.










Una delle più granitiche certezze del Saloon quando si parla di letture è l'importanza che il genere "morti ammazzati" ha guadagnato nel corso degli anni, soprattutto da quando la passione del sottoscritto per il crime novel e quella per il thriller di Julez si sono incontrate.
La scorsa estate, complici le ferie separati per questioni lavorative, in una delle giornate che mi vedevano pronto a correre in treno dal resto della tribù fordiana al mare, approfittai per portare un pò di rifornimento letterario alla stessa Julez ed al Fordino, e mentre quest'ultimo si dilettava con il libro delle ninne nanne degli animali con i loro suoni e versi vari, lei avrebbe potuto cimentarsi nella lettura di uno dei più pubblicizzati thriller degli ultimi mesi, questo Verità sepolte firmato da Allen Eskens, altro ex professionista del settore convertitosi alla scrittura.
Quando, al ritorno dalle vacanze, ci siamo dovuti giocare la ristampa italiana del secondo romanzo della saga di Harry Hole firmato da Nesbo, ho deciso di lasciare il nostro norvegese preferito a lei per provare sulla mia pelle Verità sepolte, che a detta di Julez non aveva brillato particolarmente pur risultando scorrevole: lettura alle spalle, non posso che confermare l'opinione della signora Ford, a fronte di un romanzo dal buon ritmo ma dalla trama e svolgimento decisamente troppo convenzionali per gli appassionati del genere.
La vicenda di Joe Talbert, legata alla verità sulla vita di Carl Iverson, infatti, presenta elementi molto comuni nel thriller, non regala alcun twist da mascella caduta - specialità del già citato Nesbo - e finisce per essere quasi frettolosa nella sua evoluzione: ad una prima parte, infatti, forse più lenta ma decisamente interessante incentrata sui dubbi legati alla possibile innocenza dello stesso Iverson e dei ricordi che quest'ultimo serba nel cuore degli anni trascorsi in Vietnam, si contrappone una seconda decisamente più veloce ed action ma poco incisiva, che rivela un colpevole telefonato fin dal principio ed una risoluzione che sta ai grandi thriller cinematografici come una serie tv di genere ma per famiglie.
Un pò come se, invece di osare con Se7en o Prisoners, ci accontentassimo di Cold Case.
Non voglio bistrattare troppo Joe, Lila e gli altri protagonisti della vicenda, o fingere che la lettura non mi abbia intrattenuto, ma senza dubbio il fatto che Eskens sia ancora acerbo si nota rispetto ai molti accenni di caratterizzazione o sviluppo che finiscono per non essere ripresi o addirittura abbandonati un capitolo dopo l'altro - Iverson viene fondamentalmente dimenticato nella seconda metà del libro, alcuni accenni ai problemi del passato di Lila vengono sfruttati solo come veicolo per dare inizio alla sua storia con Joe -, mentre alcune soluzioni finiscono per essere davvero troppo legate alle classiche chiusure da fiction - la parte finale, senza dubbio la più debole dell'intero lavoro -: un prodotto dunque buono per una lettura disimpegnata che rischia, di contro, di deludere e non poco gli appassionati di genere, perdendo nettamente il confronto - almeno per ora, considerato che è già stato annunciato il sequel - con mostri sacri al Saloon come, per l'appunto, Nesbo o Winslow.





MrFord





"I'm awake
it was a half bad dream
that was way too long
my whole life it seemed
than someone started digging me up
turned my headstone into dust."
Alkaline Trio - "Buried" - 





martedì 27 ottobre 2015

Dark places - Nei luoghi oscuri

Regia: Gilles Paquet-Brenner
Origine: UK, Francia, USA
Anno:
2015
Durata:
113'






La trama (con parole mie): Libby Day, quando aveva appena otto anni, scampò al massacro della sua famiglia nella casa di campagna dove viveva con la madre, le due sorelle ed il fratello Ben. Proprio quest'ultimo, già al centro di gravi problemi a scuola, socialmente poco inserito, apparentemente satanista e legato al losco Trey ed alla ricca ma poco equilibrata Diondra, che dovrebbe dare alla luce un figlio suo, è accusato degli omicidi e condannato.
Ventotto anni dopo, Libby è una donna vissuta nel rancore, isolatasi dal mondo grazie ai redditi delle donazioni a suo nome e di un libro pubblicato a proposito delle drammatiche vicende che l'hanno vista protagonista: quando Lyle, a capo di un'organizzazione di volontari specializzati in "cold cases" la contatta offrendole dei soldi per parlare della sua storia risolvendole in fretta problemi di liquidità, per Libby si riapre un capitolo creduto sepolto della sua vita.
Lyle e i suoi compagni, infatti, sono convinti che suo fratello Ben sia innocente, e pensano, attraverso lei, di poter trovare le prove necessarie per riaprire il caso prima che scadano i termini di legge.
Libby sarà disposta a rimettersi in gioco? A perdonare? A guardare nell'oscurità del suo passato per ritrovare la verità di quella notte di sangue?










E' ormai risaputo che, da queste parti, le storie da provincia americana profonda tanto quanto quelle legate ai morti ammazzati finiscono per sfondare praticamente sempre una porta aperta: quando, poi, le due cose vanno a braccetto, almeno sulla carta dovrebbero avere ancora più probabilità di guadagnarsi almeno un giro di bevute sul bancone del Saloon.
Prodotti come Killer Joe, Il cacciatore di donne, Joe o Mud hanno, del resto, segnato le visioni fordiane degli ultimi anni decisamente nel profondo, pur con le giuste differenze in termini qualitativi e di risultato: Dark Places - Nei luoghi oscuri, almeno in linea teorica, avrebbe avuto tutte le carte in regola per far parte del club.
Tratto da un romanzo della stessa autrice di Gone girl, però, il film che ha al centro l'indagine tardiva di Libby Day, che si vide privata dell'intera famiglia - o quasi - in una sola notte quando aveva otto anni, finisce per mancare il bersaglio clamorosamente: non che si tratti di un brutto film, o di qualcosa irritante da seguire, quanto più che altro di un prodotto che non aggiunge nulla alla storia del genere, sceneggiato - dallo stesso regista - in maniera piuttosto televisiva - e non lo scrivo in accezione positiva -, privo di particolari momenti di tensione, di sequenze memorabili e della scintilla in grado di far distinguere un prodotto artigianale che si guarda volentieri in tv o uno che, appena scorsi i titoli di coda, si desidera avere nella propria videoteca per poterlo non solo rivedere, ma mostrarlo ad amici, partners, familiari e chi più ne ha, più ne metta.
Di fatto il lavoro di Gilles Paquet-Brenner, che non è certo il nome più prestigioso cui si sarebbe potuto affidare il progetto, soffre della stessa mancanza di personalità del recente Black Mass, con l'aggravante rispetto a quest'ultimo di offrire pochi spunti anche in ambito tecnico: personalmente ho finito per gustarmelo in grande scioltezza, rendendomi però conto di essermi trovato di fronte ad una sorta di episodio pompato di Cold case, di quelli in cui tutto pare così facile e lineare per i protagonisti da far sembrare chiunque abbia messo mano al caso in precedenza come un povero stronzo incompetente.
E se le oscurità dei main charachters - in particolare di Libby e di suo fratello Ben, ma anche della loro defunta madre - risultano interessanti e ricche di potenziali spunti di riflessione, tutto il resto pare sbiadire e regalare soltanto un paio di twists interessanti - come quello che porterà alla risoluzione del caso - ma nessun vero momento di tensione in grado di mettere davvero alle strette ed inchiodare alla poltrona lo spettatore: onestamente non so se tutto sia originato dalla scarsa empatia che si finisce per provare con la Libby di Charlize Theron - sempre bellissima, ma in questo caso, a mio parere, poco in parte - o all'attenzione sommaria legata all'approfondimento delle motivazioni di ogni singolo personaggio, ma tutto pare ridursi ad una serie di facili e troppo veloci scoperte pronte a condurre dritte alla verità, e momenti come quelli che hanno visto, sul grande schermo, sconvolgere personaggi come Clarice Starling o Will Graham appaiono davvero fuori portata per quello che non sarà mai più che un onesto thriller da serata disimpegnata in televisione.
Non tutto il male viene per nuocere, comunque, considerato che la visione non finisce per essere nociva o irritante, ed alcuni spunti come quelli legati alla figura del giovane Ben - un sempre interessante Tye Sheridan, che ormai pare essersi specializzato in questo tipo di ruoli - ed alla verità sulla notte nella casa dei Day e sul loro massacro paiono regalare quantomeno una certa intensità e la promessa di non scomparire dalla memoria come la maggior parte del resto.
Non aspettatevi, dunque, da questo Dark Places il thriller dell'anno, quanto più che altro una semplice ma a suo modo solida opera di un mestierante del Cinema da destinare ad una di quelle serate autunnali nel corso delle quali avete bisogno soltanto di una scusa per stringere più forte chi sta accanto a voi sul divano.
E più per goderne, che per tensione o paura.




MrFord




"All of the things that I tried to explain,
how something inside of me started to break.
we were living proof, one by one we drifted away.
one by one we drifted away."
The Gaslight Anthem - "Dark places" - 





lunedì 26 ottobre 2015

Suburra

Regia: Stefano Sollima
Origine: Italia
Anno:
2015
Durata: 130'







La trama (con parole mie): il Samurai, storico boss della Roma delle periferie, è alle prese con un grosso affare che incrocia crimine, politica e denaro legato al destino del litorale ostiense, che secondo i suoi piani dovrebbe diventare una sorta di Las Vegas italiana. 
Peccato che uno dei suoi contatti più importanti all'interno del Parlamento, Filippo Malgradi, si ritrovi coinvolto nella morte di una giovanissima prostituta, e per occultarne il cadavere si affidi ad una sua conoscenza nel settore, pronta a chiedere aiuto ad una potente famiglia di zingari divenuta importante negli anni, rivale del Samurai e desiderosa di prendere una fetta della torta.
La catena di eventi scatenata da queste scelte condurrà ad una vera e propria Apocalisse nelle geografie politiche e criminali - ma anche religiose - della "Caput mundi", coinvolgendo senza risparmiare quasi nessuna delle pedine in campo, dai pedoni ai re.










I titoli di coda non avevano neppure finito di scorrere sullo schermo che Julez, in piena reminiscenza del suo passato sul palcoscenico, ha inquadrato la potenza di Suburra citando alla grande Anouilh e dando un senso al termine, fiction e non, di Tragedia: "Ecco, ora la molla è carica. Non deve far altro che scaricarsi da sola. E' questo che è comodo nella Tragedia. Si dà una spintarella perchè prenda il via, ed è tutto. Dopo, non c'è altro se non lasciar fare. Si è tranquilli. La cosa gira da sola.".
Chi segue più o meno regolarmente il Saloon sa bene quanto il sottoscritto abbia amato cose come la straordinaria serie Romanzo criminale tanto quanto sia in rotta rispetto al Cinema italiano, che nel corso delle ultime stagioni pare aver regalato soddisfazioni che sono parse più episodi isolati che non segnali di vita: all'uscita di Suburra, ultimo lavoro di Stefano Sollima - che nella sua dimensione televisiva pare ormai non avere rivali nel Bel Paese e si conferma come uno dei pochi registi dal respiro internazionale della Penisola - nutrivo ben più di un dubbio, in parte proprio a causa della connotazione televisiva che avrebbe potuto assumere l'operazione ed in parte perchè il precedente ACAB mi aveva convinto solo parzialmente, e per quanto discreto mostrava il fianco a più di una critica.
Il risultato è stato senza dubbio positivo, ma ancora non sufficiente a farmi gridare al miracolo ed alla resurrezione della settima arte nostrana: intendiamoci, non voglio affatto sminuire l'ottimo lavoro del regista, del comparto tecnico, degli autori della colonna sonora o del cast - spiccano a sorpresa un sorprendente Claudio Amendola ed un intenso Alessandro Borghi, curiosamente entrambi volti da piccolo schermo di grana grossa -, o negare la potenza assoluta di alcune sequenze - la pisciata dal balcone del deputato Malgradi celata dalla pioggia, l'inseguimento e la sparatoria all'interno del centro commerciale, il confronto decisivo tra Numero 8 ed il Samurai -, quanto solo dare una misura ad entusiasmi eccessivi che rischiano di avere un effetto contrario sull'operato di un regista capace e con margini di miglioramento ancora ampi come Sollima.
In fondo, come ben insegnano le vicende narrate, la Tragedia spesso e volentieri nasce dal molto piccolo, da un episodio apparentemente insignificante - per quanto grave sia in questo caso - rispetto a quello che appare essere il mosaico completo, e che inesorabilmente, come una piccola tessera di domino, finisce per far crollare anche quello che appariva invincibile, intoccabile, destinato a durare per sempre.
C'è malinconia, nella Tragedia, e nello sguardo di Numero 8 che sogna il litorale ostiense diventare la Las Vegas italiana, o nella voce rotta dell'anziana madre del Samurai che cerca di convincere il figlio ad aspettare per tornare a casa a causa della troppa pioggia.
C'è un diluvio, nella Tragedia, che porta a galla i morti e lava il sangue ed i peccati dalle strade, almeno fino a quando, magari a partire da un nuovo Governo, non si ricomincerà a commetterne: cambieranno i pedoni, le figure destinate a vivere e morire ai piani bassi, ma non i burattinai, gli architetti che dai palazzi finiscono sempre per cadere in piedi.
Ci sono Amore e Tradimento, nella Tragedia, e Odio, e Violenza, perchè non esistono passioni senza sangue a scaldarle, a renderle così forti e dirompenti: non esistono condottieri e dominatori senza outsiders pronti a sorprenderli quando meno se lo aspettano, sgretolando le certezze allo stesso modo di quella piccola tessera del domino, quella piccola morte apparentemente destinata ad essere dimenticata, la scintilla pronta a far divampare l'incendio dell'Apocalisse.
Un incendio che nessun diluvio potrà fermare.
Che potrà lavare via il sangue, ma non potrà far scomparire corpi, ricordi e ferite.
Come una città che risorge dalle sue ceneri.
O un Governo che si forma attraverso nuove elezioni.
E non è detto che sia una cosa migliore.





MrFord




"Piove su Roma
e nemmeno questo tempo di merda mi consola
l'aria si fa... Si fa sottile
questo amore non vuole morire
cade lentamente giù dal cielo
come un regalo di marzo nasconde il suo veleno
ma amore tu non mi puoi sentire
quest'amore non vuole morir."
Antonello Venditti - "Piove su Roma" - 





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