Regia: Shawn Levy
Origine: Usa
Anno: 2011
Durata: 127'
La trama (con parole mie): siamo nel prossimo futuro, e la boxe umana è stata completamente sostituita da quella robotica, in cui combattenti comandati da programmatori si giocano il titolo assoluto battendosi fino a finire in pezzi.
Charlie Kenton è un ex pugile da sempre in cerca della grande occasione che, nel corso della vita, ha lasciato alle sue spalle più macerie che altro, dal cuore di Bailey, figlia del suo defunto allenatore, a quello del figlio undicenne Max, che morta la madre si ritrova a dover passare con Charley un'intera estate prima di essere affidato alla zia.
Il rapporto tra i due è problematico, e non lo aiuta il pessimo karma di Kenton senior, che inanella una serie di affari sbagliati, debiti e sconfitte dei suoi robot da record: eppure, quando in una discarica il giovane Max recupera il vecchio Atom - un prodotto della generazione precedente a quella del campione in carica Zeus - la fortuna ed il destino paiono cominciare a girare a favore dell'improvvisata famiglia.
Sarà l'occasione per entrambi di crescere e provare l'ebbrezza di una rivincita "del popolo".
Parliamoci chiaro fin da subito: Real steel è un film totalmente, inesorabilmente americano - nell'accezione peggiore del termine -, ruffianissimo, telefonato come pochi - i riferimenti a Rocky e Over the top sono così evidenti che sono stato convinto fino all'ultimo che dal buon Atom facesse capolino il vecchio Sly, troppo a digiuno di pugilato per resistere alla tentazione di salire di nuovo sul quadrato -, a tratti retorico ed elementare nell'esecuzione, nella messa in scena e nello sviluppo della storia.
Senza se e senza ma.
Eppure mi è piaciuto da pazzi.
Posso dire anzi che, in qualche modo, e con tutti i suoi palesi limiti, il lavoro di Shawn Levy è stato tutto quello che mi sarei aspettato da Warrior, rispettando quanto più poteva le analogie con il Balboa de noartri che hanno fatto la parte del leone nella campagna pubblicitaria della pellicola: certo, il mio parere è assolutamente personale, di parte e di pancia, eppure l'intera operazione mi ha ricordato lo spirito che ha guidato Abrams nella realizzazione dell'ottimo Super 8, ovvero una sorta di omaggio a quello che erano i film "di formazione" nel decennio d'oro che furono in questo senso gli eighties.
Seguendo le vicende di Charlie e Max Kenton - per quanto "facile" risulti lo script, a tratti quasi disneyano - ho avuto per tutto il tempo davanti agli occhi l'immagine di me seduto in sala a casa dei miei, con il panino al prosciutto, la Coca Cola, le patatine, mio fratello sul tappeto a squartare qualche giocattolo e la mia immaginazione che correva tra l'immedesimazione con i protagonisti più giovani ed il desiderio, una volta cresciuto, di diventare tosto e forte come i padri o i mentori di turno - e torniamo al discorso del già citato Over the top -: ai tempi, le vecchie vhs contribuivano ad alimentare la fantasia come fossero il libro di Bastian ne La storia infinita, e lo spirito che mi ha attraversato nel corso di questa visione è stato esattamente, clamorosamente lo stesso.
Riconosco che, a mente fredda o guardandolo con altri occhi, questo non risulterà nient'altro che l'ennesima baracconata - pur realizzata con artigianale accuratezza - a stelle e strisce, ma nonostante abbia provato in tutti i modi a ridimensionare le imprese di Atom e dei suoi due manager non sono proprio riuscito a frenare il mio entusiasmo: dalla danza improvvisata di Max agli occhi blu di un robot tra i più umani passati sul grande schermo fino alla "modalità ombra" con Charlie a mostrare all'automa ogni movimento da eseguire, ogni colpo da portare a segno, tutto in questo film mi è parso un'emozione pura come quelle che solo da bambini si possono prevare, "giovani e innocenti", come si potrebbero definire in ambienti più altezzosi del mio saloon.
L'undicenne protagonista si fa carico della tradizione che fu di Sly e Ralph Macchio portando sui due ring - quello sportivo e della vita - tutto il bagaglio di cui i losers si fanno carico nel corso della loro quotidiana lotta per guadagnarsi un centimetro alla volta quello che ad altri piove addosso, ed il suo Atom rappresenta al meglio la categoria: come il Rocky del primo film della saga dello Stallone Italiano il piccolo robot figlio della discarica, grande incassatore perchè progettato per l'allenamento dei modelli da combattimento, diviene progressivamente l'incarnazione dei sogni di Max e del riscatto di Charlie, giunto ad un punto della sua vita in cui tutto pare essere alle spalle, eppure nulla - o quasi, Max docet - pare rimasto a testimoniare il suo passaggio in questo mondo.
E nell'escalation che porta l'insolito sfidante ed il suo curioso team padre/figlio a fronteggiare l'imbattuto Zeus, macchina da guerra in grado di annichilire ogni avversario al primo round torna prepotentemente tutta quell'innocenza guascona e bonaria tipica del Made in Usa, che sarà retorica, scontata e tutto quello che volete, ma azzecca un incontro e una chiusura divertenti, coinvolgenti e tutte clamorosamente dalla parte - seppur con criterio - di questo nuovo "campione del popolo", un Atom che ricongiunge un potenziale Randy the Ram ad un figlio che non sarà più solo, e negli occhi di quel "piccolo" robot - un pò come fu per il bellissimo Il gigante di ferro di Brad Bird - troverà la stessa emozione e gli stessi sogni che, ormai parecchi anni fa, provavo anche io, quando immaginavo di essere protagonista della mia vita, e passavo dallo sperare di essere il miglior figlio possibile al sognare di diventare il più tosto padre possibile.
E ora che mi trovo quasi nel mezzo, me ne frego di quanto pacchiano possa sembrare Real steel, e mi godo un brivido che arriva da entrambe le parti.
Senza contare Atom, che è un piccolo robot outsider e incassatore pronto rialzarsi ad ogni colpo subito, e chissà, un giorno arrivare a mettere l'indiscusso campione con il culo per terra.
La posizione in cui lui ha passato gran parte della sua vita.
MrFord
"There's this love that is burning
deep in my soul
constantly yearning to get out of control
wanting to fly higher and higher
I can't abide
standing outside the fire
standing outside the fire
standing outside the fire
life is not tried, it is merely survived
if you're standing outside the fire."
deep in my soul
constantly yearning to get out of control
wanting to fly higher and higher
I can't abide
standing outside the fire
standing outside the fire
standing outside the fire
life is not tried, it is merely survived
if you're standing outside the fire."
Garth Brooks - "Standing outside the fire" -