"Nel West, quando la realtà incontra la leggenda, vince la leggenda".
Su questa frase tratta dal meraviglioso L'uomo che uccise Liberty Valance di John Ford ho costruito molta della mia personale mitologia legata alla meraviglia del Cinema, a quel miracolo che, dai tempi di Melies, ha regalato magie a generazioni e generazioni di spettatori in tutto il mondo parlando spesso e volentieri del Graal di quasi tutti coloro che sono mossi da passione: i sogni.
Quei sogni che sono la materia di tutto - impossibile dimenticare Il mistero del falco -, dei quali Hollywood nella golden age dei grandi studios è stata forse il simbolo più splendente.
La Hollywood dei colori sgargianti, degli amori folli e dei musical, simbolo dell'unione tra il Cinema, per l'appunto, e la magia delle sette note: nel corso della mia carriera di spettatore, molti titoli figli di quell'epoca e molti altri appartenenti alla categoria, da West Side Story a Moulin Rouge!, mi sono entrati nel cuore rapendolo come in un ballo travolgente ed appassionato - e tutti quelli che mi conoscono ben sanno che, in quel senso, ho la stessa mobilità di un grizzly uscito cinque minuti prima dal letargo -.
Nel West, si diceva, quando la realtà incontra la leggenda, vince la leggenda.
Damien Chazelle, regista del più che discreto - ma in parte sicuramente sopravvalutato - Whiplash, deve ben saperlo, perchè confeziona per due ore piene un pezzo di Cinema strepitoso, dal travolgente piano sequenza in apertura alla mimica facciale tra la provocazione e l'imbarazzo che Ryan Gosling ed Emma Stone raccontano alla perfezione per rendere la storia d'amore dei due protagonisti di una vicenda fotografata, musicata, diretta e montata alla perfezione, che, pur non avendo ancora visionato la maggior parte dei candidati ai prossimi Oscar, sarebbe un'ingiustizia non si portasse a casa quantomeno i premi nelle categorie tecniche.
Ma non si limita a questo: come, infatti, fu qualche stagione fa per il sorprendente The Artist, anche in questo caso un regista attuale rispolvera con mano ispirata ed una capacità che sconfina dall'omaggio e porta ad un nuovo livello il concetto di Classico tutto quello che, sulla carta, poteva apparire ormai morto e sepolto, come il jazz che Sebastian tanto tiene a mostrare per quello che è a Mia, e invece si trasforma in qualcosa che è già esistito eppure ha il sapore di futuro, che forse è più tecnica che non emozione pura - in questo senso, il già citato Moulin Rouge! stravince in quanto a scossoni e lacrime versate - ma travolge e lascia con la sensazione, nonostante l'hype altissimo che lo precedeva, di aver assistito ad uno spettacolo destinato a lasciare il segno ed essere considerato un riferimento dalle generazioni future, magari di quelli che ispireranno qualcosa simile nello spirito a questo tra una trentina d'anni.
Ma si parlava di West, realtà e leggenda.
Perchè la zampata vera sta tutta lì, a prescindere da quanto magica e strabiliante - per quanto mi riguarda, sempre tecnicamente parlando - possa risultare la visione: la zampata delle grandi occasioni, dei grandi film.
Sebastian che siede al piano, sei anni dopo aver conosciuto Mia.
Un gesto, un accordo, un brano, un film, un sogno.
Qualcosa che avrebbe potuto cambiare la sua vita, e quella dell'amata.
Peccato che il West, ed il Cinema, dove la leggenda vince, siano le meraviglie che ogni giorno ci fanno sgranare gli occhi o chiuderli - se si tratta di una canzone - per immaginare quello che potrebbe accadere se fossimo in un film, o nel ritornello del pezzo che più amiamo e ad ogni ascolto ci fa pensare che i sogni possano realizzarsi, e di essere i protagonisti di una di quelle meravigliose cavalcate su pellicola.
Ma la realtà è un'altra cosa.
Anche per Mia e Sebastian.
Nella realtà, che in questo caso coincide con la nostra, non vince la leggenda.
Cosa resta, dunque, oltre ad una manciata di sogni?
Sedere al nostro pianoforte, qualunque esso sia, e ringraziare chi abbiamo amato, amiamo ed ameremo per sempre per aver vissuto quei sogni accanto a noi.
Che si siano realizzati, oppure no.
MrFord