La trama (con parole mie): alle spalle - più o meno - i bagordi natalizi, ecco giungere prontamente la classifica dedicata alle pellicole non uscite nelle sale italiane che più hanno convinto il sottoscritto nel corso degli ultimi dodici mesi. Dalle tamarrate agli horror d'autore, passando attraverso territori sulla carta fin troppo indie per il sottoscritto, è dunque pronto il cocktail migliore che il Saloon ha riservato per i suoi avventori con gli ingredienti che, nella Terra dei cachi, purtroppo non vedremo neanche di striscio.
Non sapete quanto mi renda felice inserire un film con protagonista uno degli eroi della mia infanzia, Jean Claude Van Damme, in questa classifica. Ignorato dalla distribuzione e da molti addetti ai lavori, Enemies closer è forse il miglior prodotto con protagonista l'attore belga dai tempi di JCVD, e forse uno dei suoi cult di sempre.
Sopra le righe, estremamente anni ottanta, divertentissimo. E nel ruolo dello psicopatico parruccone, il Nostro è perfetto.
Una delle sorprese più clamorose di questo duemilaquattordici: partito sulla carta come un film da bottigliate garantite firmato da una nipote d'arte, Palo Alto ha finito per colpirmi in positivo grazie ad un racconto sincero e sentito del disagio che avvolge nel periodo più tumultuoso della nostra vita: l'adolescenza.
Amori e disagi, speranze e delusioni di una California rarefatta ed affascinante, resa alla grande da un cast perfetto.
In casa Ford amiamo molto l'horror, l'(auto)ironia e l'Australia.
E Wolf Creek 2, degno erede del primo, sorprendente capitolo, riesce nell'impresa di centrare tutti e tre i bersagli.
Film più che nero ed estremamente divertente anche nei suoi momenti gore, sostituisce le atmosfere angoscianti del predecessore per concentrarsi su un approccio di pancia e risate grasse, culminato in sequenze in equilibrio con il trash come quella dell'inseguimento in autostrada tra i canguri.
Senza contare che lo psicopatico Mick è una garanzia.
Tratto da un romanzo - ottimo - del mio favorito Joe Lansdale e trasposto con grande fedeltà sul grande schermo, Cold in July - passato anche all'ultimo Festival di Torino - riesce nell'intento di mostrare le doti di grande scrittore crime del romanziere texano, grazie ad una storia a tinte fosche legata a doppio filo al rapporto tra padri e figli.
Ottimo il cast, sudata e perfetta l'ambientazione.
Non ho mai particolarmente amato Ti West.
Eppure, proprio attraverso quello che è stato il suo film meno considerato dai fan hardcore, ho scoperto il talento di un regista che reputavo decisamente sopravvalutato.
L'incubo del condizionamento e delle sette, ed il dramma di chi dallo stesso è consumato, all'interno o all'esterno, è reso alla grande in un thriller/mockumentary ad altissima tensione, che seppur imperfetto tiene incollati fino all'ultima inquadratura.
Per qualcuno che rischiava tempeste di bottigliate, direi proprio che si tratta di una vittoria.
Tratto dal romanzo di Irvine Welsh ed interpretato alla grande da un McAvoy in stato di grazia, Il lercio è stato uno dei viaggi più allucinati nel "crime" che questo vecchio cowboy abbia intrapreso nel corso degli ultimi dodici mesi: un noir sotto l'effetto di alcool e tanta, tanta droga in grado di fotografare il disagio e la visione del mondo di un personaggio certo non semplice, ma non per questo poco affascinante.
In un periodo storico che vede nell'incertezza lavorativa ed economica di noi poveri cristi un assoluto quasi matematico, ecco una delle fotografie più interessanti ed ironiche - dal punto di vista "nero" del termine - che si possano immaginare: due amici, due vite ai margini, una possibilità di riscatto.
E' possibile assegnare un prezzo alla nostra moralità, e agli atti che saremmo pronti a commettere se adeguatamente sponsorizzati da qualche ricco annoiato e lontano dalla nostra realtà?
A voi l'ardua sentenza. Katz ha già detto la sua.
Doppietta australiana quest'anno per il Ford Award dedicato ai titoli ignorati dalla nostrana distribuzione, e doppietta per l'horror, nonostante il Babadook rappresenti, di fatto, più un'indagine psicologica che non un vero e proprio film di paura.
Interpretazioni straordinarie dei due protagonisti per un titolo che, più che spaventare, finirà per scuotere rispetto a problematiche importanti come quella del superamento del dolore.
Non sottovalutatelo.
Sdoganato da Tarantino e diventato una sorta di visione virale la scorsa primavera, il lavoro di Keshales e Papushado rappresenta uno degli esperimenti migliori rispetto l'esplorazione dei lati oscuri dell'animo umano, una sorta di Prisoners in versione humour nero, una vicenda terribile mostrata attraverso filtri in grado di rivelare il dramma senza farne necessariamente un peso insostenibile.
O forse addirittura amplificandone gli effetti.
Impossibile pensare ad un altro titolo in cima a questa classifica.
Pur non arrivando alle vette del primo capitolo, The Raid 2 rappresenta, in tutta la sua pulsante bellezza, la poesia del Cinema di botte divenuto clamorosamente prodotto d'Autore.
Sequenze tecnicamente spaventose, combattimenti memorabili, attesa per il numero tre già spasmodica.
Un supercult.
I PREMI
Miglior regia: Gareth Edwards per The Raid 2 - Berandal
Miglior attore: James McAvoy per Il lercio
Miglior attrice: Essie Davis per The Babadook
Scena cult: l'incontro con l'uomo a cavallo e l'incipit, Big Bad Wolves
Fotografia: The Raid 2 - Berandal
Miglior protagonista: Bruce Robertson, Il lercio
Premio "lo famo strano": Craig e Violet, Cheap thrills
Premio "ammazza la vecchia (e non solo)": il Padre, The Sacrament
Migliori effetti: Wolf Creek 2
Premio "profezia del futuro": The Raid 2 - Berandal, più che altro per l'hype per il terzo capitolo del brand
MrFord