Regia: Spike Lee
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 104'
La trama (con parole mie): Joe Doucett, uomo d'affari che fin dai tempi del college ha sempre pensato esclusivamente a se stesso, una notte viene rapito da un misterioso individuo.
Ritrovatosi in una stanza-prigione all'interno della quale è destinato a passare vent'anni e venuto a conoscenza dell'accusa di omicidio dell'ex moglie, madre della sua unica figlia, che pende su di lui, l'uomo giura di ripulirsi, riuscire a trovare una via di fuga e prendersi cura della bambina divenuta donna che lo crede un fuggitivo ed assassino.
Ritrovatosi in una stanza-prigione all'interno della quale è destinato a passare vent'anni e venuto a conoscenza dell'accusa di omicidio dell'ex moglie, madre della sua unica figlia, che pende su di lui, l'uomo giura di ripulirsi, riuscire a trovare una via di fuga e prendersi cura della bambina divenuta donna che lo crede un fuggitivo ed assassino.
Liberato senza una spiegazione dalla detenzione, Doucett è sfidato dal misterioso mandante della tortura subita che vorrebbe fosse scoperto il motivo che l'ha spinto ad ordire un piano così terribile e ben strutturato: aiutato da un vecchio compagno di studi proprietario di un locale e da una giovane infermiera, Joe si mette dunque alla ricerca di quello che è stato, di fatto, il suo aguzzino, nella speranza di poter compiere la vendetta senza sapere di essere stato, a sua volta, vittima di una vendetta che deve ancora trovare il compimento definitivo.
Il fatto che Spike Lee fosse nel pieno di una crisi - di mezza età? - di ispirazione ed argomenti e preda di deliri di onnipotenza razziali al limite dell'imbarazzante - le accuse a Flags of our fathers di Clint Eastwood e Django Unchained di Tarantino parlano chiaro - risultava purtroppo noto agli appassionati di settima arte già da tempo: non si sentiva dunque certo il bisogno che, per certificare la stessa, sfoderasse l'inutile remake di una pellicola che, all'inizio del nuovo millennio, sconvolse proprio il bad guy Quentin allora Presidente della Giuria a Cannes - che la insignì del Gran Premio - e divenne immediatamente un instant cult per gli appassionati e non solo.
Dunque, se il confronto con il lavoro di Park Chan Wook appare da subito decisamente impietoso - che si parli di aspetti tecnici, come la colonna sonora o la fotografia, o emotivi, data la poesia e l'intensità dell'originale -, passerei oltre cercando di evitare il classico confronto quanto più possibile, pensando a questa versione di Old boy come ad un film indipendente ed "unico": il problema principale, purtroppo per il vecchio Spike, è che i limiti di questa sua ultima fatica risultano evidenti pur non considerando il suo illustre ispiratore.
Il primo è senza dubbio costituito dalla mancanza di passione: l'impressione che si ha, infatti, è più quella che ricorda i film su commissione voluti dai grandi Studios per i registi messi sotto contratto e costretti, di tanto in tanto, ad una qualche marchetta tipica delle majors che non di un lavoro fortemente voluto dall'autore newyorkese, che pare sempre più lontano dai gran bei tempi de La 25ma ora ed Inside man.
Ad aggravare questa già non rosea situazione, troviamo scelte di casting poco azzeccate - passi per la Olsen, ma da Brolin a Copley, fin troppo sopra le righe, ad un Samuel Jackson imprigionato in un ruolo che gli sarebbe potuto calzare a pennello nella prima metà degli anni novanta, proprio non ci siamo -, un approccio più adatto ad un action movie in stile Io vi troverò che non ad un drammone legato a doppio filo al tema della vendetta ed alcune scelte di sceneggiatura poco convincenti e decisamente tagliate con l'accetta.
Senza dubbio Lee sa il fatto suo, dietro la macchina da presa - ne è un'ottima dimostrazione il piano sequenza dal gusto che ricorda i film di arti marziali di Hong Kong che segue il confronto fisico tra il protagonista ed i suoi carcerieri -, ed alcune intuizioni che si scostano dal lavoro di Park funzionano - il finale, su tutte -, ma è decisamente troppo poco perchè si possa davvero apprezzare questo lavoro, si voglia oppure no legare lo stesso al suo mitico ispiratore.
Perfino l'utilizzo della violenza pulp, elemento contrastante con l'etereo e struggente lirismo eppure in perfetto equilibrio con lo stesso tra le mani dell'autore di Mr. Vendetta e Lady Vendetta - che affiancarono Old Boy nella nota trilogia -, appare posticcio ed inutilmente provocatorio, come se non bastassero main charachters al limite del caricaturale - da intendersi non in senso positivo, ovviamente -.
Un fallimento su tutti i fronti - o quasi -, dunque, per il perennemente arrabbiato autore di Fa la cosa giusta, che non solo pare aver perso lo smalto, ma anche - cosa ben più grave - la necessità di raccontare davvero una storia degna di essere ascoltata: dai tempi, infatti, dello splendido documentario sull'uragano Katrina che distrusse New Orleans, non si hanno più notizie del vero Spike Lee.
C'è solo da sperare che si tratti di una condizione passeggera.
Perchè in questo momento, a chiedere vendetta è soltanto il pubblico, di fronte a prodotti davvero poco significativi come questo.
Il primo è senza dubbio costituito dalla mancanza di passione: l'impressione che si ha, infatti, è più quella che ricorda i film su commissione voluti dai grandi Studios per i registi messi sotto contratto e costretti, di tanto in tanto, ad una qualche marchetta tipica delle majors che non di un lavoro fortemente voluto dall'autore newyorkese, che pare sempre più lontano dai gran bei tempi de La 25ma ora ed Inside man.
Ad aggravare questa già non rosea situazione, troviamo scelte di casting poco azzeccate - passi per la Olsen, ma da Brolin a Copley, fin troppo sopra le righe, ad un Samuel Jackson imprigionato in un ruolo che gli sarebbe potuto calzare a pennello nella prima metà degli anni novanta, proprio non ci siamo -, un approccio più adatto ad un action movie in stile Io vi troverò che non ad un drammone legato a doppio filo al tema della vendetta ed alcune scelte di sceneggiatura poco convincenti e decisamente tagliate con l'accetta.
Senza dubbio Lee sa il fatto suo, dietro la macchina da presa - ne è un'ottima dimostrazione il piano sequenza dal gusto che ricorda i film di arti marziali di Hong Kong che segue il confronto fisico tra il protagonista ed i suoi carcerieri -, ed alcune intuizioni che si scostano dal lavoro di Park funzionano - il finale, su tutte -, ma è decisamente troppo poco perchè si possa davvero apprezzare questo lavoro, si voglia oppure no legare lo stesso al suo mitico ispiratore.
Perfino l'utilizzo della violenza pulp, elemento contrastante con l'etereo e struggente lirismo eppure in perfetto equilibrio con lo stesso tra le mani dell'autore di Mr. Vendetta e Lady Vendetta - che affiancarono Old Boy nella nota trilogia -, appare posticcio ed inutilmente provocatorio, come se non bastassero main charachters al limite del caricaturale - da intendersi non in senso positivo, ovviamente -.
Un fallimento su tutti i fronti - o quasi -, dunque, per il perennemente arrabbiato autore di Fa la cosa giusta, che non solo pare aver perso lo smalto, ma anche - cosa ben più grave - la necessità di raccontare davvero una storia degna di essere ascoltata: dai tempi, infatti, dello splendido documentario sull'uragano Katrina che distrusse New Orleans, non si hanno più notizie del vero Spike Lee.
C'è solo da sperare che si tratti di una condizione passeggera.
Perchè in questo momento, a chiedere vendetta è soltanto il pubblico, di fronte a prodotti davvero poco significativi come questo.
MrFord
"They're trying to build a prison,
they're trying to build a prison,
following the rights movements
you clamped down with your iron fists,
drugs became conveniently
available for all the kids,
following the rights movements
you clamped down with your iron fists,
drugs became conveniently
available for all the kids."
they're trying to build a prison,
following the rights movements
you clamped down with your iron fists,
drugs became conveniently
available for all the kids,
following the rights movements
you clamped down with your iron fists,
drugs became conveniently
available for all the kids."
System of a down - "Prison song" -