Pagine

venerdì 28 febbraio 2014

Oldboy

Regia: Spike Lee
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 104'




La trama (con parole mie): Joe Doucett, uomo d'affari che fin dai tempi del college ha sempre pensato esclusivamente a se stesso, una notte viene rapito da un misterioso individuo.
Ritrovatosi in una stanza-prigione all'interno della quale è destinato a passare vent'anni e venuto a conoscenza dell'accusa di omicidio dell'ex moglie, madre della sua unica figlia, che pende su di lui, l'uomo giura di ripulirsi, riuscire a trovare una via di fuga e prendersi cura della bambina divenuta donna che lo crede un fuggitivo ed assassino.
Liberato senza una spiegazione dalla detenzione, Doucett è sfidato dal misterioso mandante della tortura subita che vorrebbe fosse scoperto il motivo che l'ha spinto ad ordire un piano così terribile e ben strutturato: aiutato da un vecchio compagno di studi proprietario di un locale e da una giovane infermiera, Joe si mette dunque alla ricerca di quello che è stato, di fatto, il suo aguzzino, nella speranza di poter compiere la vendetta senza sapere di essere stato, a sua volta, vittima di una vendetta che deve ancora trovare il compimento definitivo.








Il fatto che Spike Lee fosse nel pieno di una crisi - di mezza età? - di ispirazione ed argomenti e preda di deliri di onnipotenza razziali al limite dell'imbarazzante - le accuse a Flags of our fathers di Clint Eastwood e Django Unchained di Tarantino parlano chiaro - risultava purtroppo noto agli appassionati di settima arte già da tempo: non si sentiva dunque certo il bisogno che, per certificare la stessa, sfoderasse l'inutile remake di una pellicola che, all'inizio del nuovo millennio, sconvolse proprio il bad guy Quentin allora Presidente della Giuria a Cannes - che la insignì del Gran Premio - e divenne immediatamente un instant cult per gli appassionati e non solo.
Dunque, se il confronto con il lavoro di Park Chan Wook appare da subito decisamente impietoso - che si parli di aspetti tecnici, come la colonna sonora o la fotografia, o emotivi, data la poesia e l'intensità dell'originale -, passerei oltre cercando di evitare il classico confronto quanto più possibile, pensando a questa versione di Old boy come ad un film indipendente ed "unico": il problema principale, purtroppo per il vecchio Spike, è che i limiti di questa sua ultima fatica risultano evidenti pur non considerando il suo illustre ispiratore.
Il primo è senza dubbio costituito dalla mancanza di passione: l'impressione che si ha, infatti, è più quella che ricorda i film su commissione voluti dai grandi Studios per i registi messi sotto contratto e costretti, di tanto in tanto, ad una qualche marchetta tipica delle majors che non di un lavoro fortemente voluto dall'autore newyorkese, che pare sempre più lontano dai gran bei tempi de La 25ma ora ed Inside man.
Ad aggravare questa già non rosea situazione, troviamo scelte di casting poco azzeccate - passi per la Olsen, ma da Brolin a Copley, fin troppo sopra le righe, ad un Samuel Jackson imprigionato in un ruolo che gli sarebbe potuto calzare a pennello nella prima metà degli anni novanta, proprio non ci siamo -, un approccio più adatto ad un action movie in stile Io vi troverò che non ad un drammone legato a doppio filo al tema della vendetta ed alcune scelte di sceneggiatura poco convincenti e decisamente tagliate con l'accetta.
Senza dubbio Lee sa il fatto suo, dietro la macchina da presa - ne è un'ottima dimostrazione il piano sequenza dal gusto che ricorda i film di arti marziali di Hong Kong che segue il confronto fisico tra il protagonista ed i suoi carcerieri -, ed alcune intuizioni che si scostano dal lavoro di Park funzionano - il finale, su tutte -, ma è decisamente troppo poco perchè si possa davvero apprezzare questo lavoro, si voglia oppure no legare lo stesso al suo mitico ispiratore.
Perfino l'utilizzo della violenza pulp, elemento contrastante con l'etereo e struggente lirismo eppure in perfetto equilibrio con lo stesso tra le mani dell'autore di Mr. Vendetta e Lady Vendetta - che affiancarono Old Boy nella nota trilogia -, appare posticcio ed inutilmente provocatorio, come se non bastassero main charachters al limite del caricaturale - da intendersi non in senso positivo, ovviamente -.
Un fallimento su tutti i fronti - o quasi -, dunque, per il perennemente arrabbiato autore di Fa la cosa giusta, che non solo pare aver perso lo smalto, ma anche - cosa ben più grave - la necessità di raccontare davvero una storia degna di essere ascoltata: dai tempi, infatti, dello splendido documentario sull'uragano Katrina che distrusse New Orleans, non si hanno più notizie del vero Spike Lee.
C'è solo da sperare che si tratti di una condizione passeggera.
Perchè in questo momento, a chiedere vendetta è soltanto il pubblico, di fronte a prodotti davvero poco significativi come questo.



MrFord



"They're trying to build a prison,
they're trying to build a prison,
following the rights movements
you clamped down with your iron fists,
drugs became conveniently
available for all the kids,
following the rights movements
you clamped down with your iron fists,
drugs became conveniently
available for all the kids."
System of a down - "Prison song" -




giovedì 27 febbraio 2014

Thursday's child

La trama (con parole mie): nuovo weekend di uscite e nuova infornata di pellicole pressochè inutili, talmente inutili da risultare quasi più inutili del mio rivale e compagno di rubrica Cannibal Kid. Fortunatamente, però, in questa desolazione che prelude alla Notte degli Oscar ci prepariamo ad accogliere l'ultimo - e, a quanto pare, acclamatissimo - lavoro di uno dei nomi di riferimento del Cinema orientale, l'amatissimo qui al Saloon Joon-Ho Bong.
Sarà l'ennesima conferma di quello che è il nome di riferimento fordiano o il suo primo scivolone? Staremo a vedere: intanto, la curiosità non manca.


Bella Kid in compagnia della Bestia Ford.
La bella e la bestia di Christophe Gans


Il consiglio di Cannibal: Ford è una bestia
Non sono mai stato un grosso fan della storia della bella e la bestia. All’arrivo di questa nuova versione con attori in carne e ossa ho quindi reagito con un “E allora?” di indifferenza. Quando ho scoperto che nel cast ci sono la bella Lea Seydoux e un attore bestiale (intendo in senso positivo) come Vincent Cassel ammetto però che un minimo di curiosità m’è venuta. E poi una favoletta ogni tanto ci può stare.
Quanto a Ford, mi spiace per lui. Ci teneva tanto ad avere la parte della Bestia e invece è andata a Cassel. Casso, Ford, ti rifarai alla prossima versione che potrebbe arrivare prossimamente, quella di Guillermo del Toro con Emma Watson…
Hey, c’è Emma Watson? Allora il ruolo della Bestia lo voglio io!
Il consiglio di Ford: Cannibal è una Bella statuina.
Ho sempre avuto un debole per la favola de La bella e la bestia, un po’ romantica e un po’ passionale, proprio come piacciono le cose al sottoscritto. Ma di questa versione che pare un incrocio tra Holyday on ice e le favolette da film tv non sono attratto neanche per sbaglio. Lieto di venire contraddetto, ma senza dubbio non parliamo di qualcosa che avrà la mia priorità nelle mie visioni.
E Cannibal? Beh, lo lascio volentieri a svernare nel suo giardino di rose.

"Hey, guarda il Cannibale: è proprio carino con quel vestito da bambolina!"

Snowpiercer di Bong Joon-ho


Il consiglio di Cannibal: io e Ford ormai siamo troppo vecchi per farci un piercing, meglio farci uno Snowpiercer
Si fa un gran parlare di questo film. In rete c’è già chi l’ha definito un capolavoro assoluto. Gente che credo manca l’abbia ancora visto, tra l’altro. Potrebbe essere un nuovo cult fantascientifico coi fiocchi, o l’ennesima roba sci-fi che esalta il resto del mondo e che io invece detesto?
Sono curioso di scoprirlo e sono anche curioso di recuperare il film precedente del regista sudcoreano Bong Joon-ho, il catastrofico The Host, pure quello esaltato a dismisura. Con un po’ di scetticismo proverò a dare un’occhiata a entrambi, sperando che riescano a conquistarmi. Cosa che invece, quando entro con scetticismo nel blog WhiteRussian, finora non mi è mai capitata.
Il consiglio di Ford: più che la neve, farei cadere sulla testa di Peppa Kid un sacco di bottigliate.
Finalmente esce in sala il nuovo, attesissimo film di Bong Joon-ho, il regista numero uno coreano che negli ultimi anni è riuscito a scalzare dal trono anche calibri non certo da poco come Park Chan Wook e Kim Ki Duk.
Per il momento il buon Bong non ha sbagliato una pellicola, ed i fortunati che hanno potuto vedere Snowpiercer paiono testimoniare che neppure l'esordio con le majors ammmeregane è riuscito ad intaccare il talento del regista orientale: qui al Saloon siamo in trepidante attesa.
Cosa che non accade di certo quando l'ormai vecchio Cannibale pubblica un nuovo post.

"Tu, Cannibal: sei condannato a viaggiare nella stessa cuccetta di Ford!"
Una donna per amica di Giovanni Veronesi


Il consiglio di Cannibal: …e un Ford per nemico
Ah ecco, questo film è il motivo per cui hanno fatto fare a Laetitia Casta un markettone autopromozionale all’ultimo Festival di Sanremo. Per carità, bella è bella però non mi fa certo venire voglia di guardare un film in cui recita. Soprattutto se al suo fianco c’è Fabio De Luigi, uno che in tv era simpatico ma che col cinema ha meno a che vedere di Ford. In più, mi sa tanto di filmetto molto alla Fabio Fazio e, dopo una settimana del Sanremo più noioso della Storia, non ce la potrei fare a vedere qualcosa del genere. Se non per massacrarlo.
Il consiglio di Ford: ma non era una mamma che avevi per amica, Katniss Kid!?
Mi sono bastati trenta secondi - e forse meno - del patetico siparietto con Fazio a Sanremo per abolire dagli schermi di casa Ford la Casta e qualsiasi film in cui lavora.
Se poi il film in questione è il classico prodotto da italiano medio e multisala nel weekend, faccio ancora meno fatica.
Bocciato insieme alla Terra dei cachi tutta.

"Ma come, non vuoi il mio buon vino!?" "No, caro Fabio: Ford mi ha abituato bene a suon di White Russian!"
Spiders 3D di Tibor Takacs


Il consiglio di Cannibal: Basta 3D
Tra Festival di Sanremo e filmacci (The Counselor più qualche altra roba che recensirò a breve), negli ultimi tempi ne ho davvero abbastanza di schifezze. Per questo è meglio se mi tengo alla larga innanzitutto dal blog di James Ford e poi da schifezze come questa.
Spiders 3D?
Basta il titolo per farmi cagare addosso: io infatti ho paura sia dei ragni che del 3D.
Come horror potrebbe quindi funzionare alla grande, mancano solo Ford e i clown e poi sono presenti tutte le mie maggiori paure. Peccato si preannunci come un film sci-fi catastrofico girato e recitato non da ragni, ma da cani.
Il consiglio di Ford: Cannibal 3D. Praticamente fantascienza.
Questo Spiders 3D, che unisce il trash ad una delle cose che riescono ad essere detestate in stereo da me e dal mio antagonista, potrebbe essere la sorpresa della settimana: dopo la rivelazione della scorsa estate, Sharknado, infatti, il lavoro di Takacs ha tutte le carte in regola per diventare la genialata del genio al contrario di questo duemilaquattordici.
Inutile dire che non me lo farò mancare di certo.
Al contrario delle opinioni radical del pauroso Goi.

"Caro Marco, mi manda Ford: sono il tuo nuovo animale di compagnia. Mangio conigli."

Il violinista del diavolo di Bernard Rose


Il consiglio di Cannibal: Ford, il blogghista del diavolo
A differenza dei musical, quelli tradizionali almeno, che spesso sanno infastidirmi persino più di Ford, i film che parlano di musica mi interessano sempre. Questa ricostruzione romanzata della vita del violinista Niccolò Paganini sulla carta pare quindi parecchio interessante. Andando poi a vedere il trailer il livello cinematografico è però tutto da verificare. Così come il protagonista, David Garrett, violinista noto per le sue cover di pezzi pop e rock contemporanei, che nel cinema è un esordiente totale. Una possibilità comunque non la si nega a nessuno. A meno che si chiami James Ford.
Il consiglio di Ford: Paganini non ripete. Purtroppo, Cannibal Kid sì.
Non bastava La bella e la bestia ad alimentare i miei timori da produzioni pseudo televisive della settimana: ci si mette anche il fantasma di Paganini - che, poveraccio, chissà mai cosa avrà fatto di male - a rendere le uscite decisamente più inquietanti di quanto potessi aspettarmi.
Considerato come siamo messi, Bong e ragni a parte, mi troverò quasi a sperare di trovare rifugio in qualche film suggerito addirittura dal mio pusillanime nemico numero uno: e per una settimana così ricca - numericamente - di uscite è davvero una prospettiva spaventosa.


"Ecco, Peppa Kid, una serenata tutta per te!"
Tir di Alberto Fasulo


Il consiglio di Cannibal: Ford è finito sotto un tir? Che peccato! Che peccato non fossi io alla guida buahahah
Co-produzione italo-croata di stampo documentaristico che ci mostra la vita di un camionista, interpretato però da un attore. Una sorta di mockumentary, quindi, che potrebbe risultare buono per la tv, e poi è ancora tutto da vedere, ma che al cinema non credo farà accorrere le masse.
Quanto a me, a questo film potrei preferire un viaggio in camion in compagnia di Ford. E ho detto tutto…
Il consiglio di Ford: come regalo di compleanno, preparerò per Cannibal una gita in camion con me e Stallone. Tutto il giorno a fare braccio di ferro.
I mockumentary, tendenzialmente, mi stanno simpatici. Una sorta di guascona arroganza metacinematografica li trasforma, spesso e volentieri, in piccoli guilty pleasures del Saloon. A meno che non si tratti di schifezze invereconde come L'altra faccia del diavolo o questo Tir, almeno a quanto pare dal trailer.
Sinceramente, non l'augurerei neppure al mio nemico numero uno Coniglione Kid. Dunque non credo proprio sia il caso, per voi, di rischiare.


"Chi c'è che interrompe la mia pennica post-sambuca? Peppa Kid? Lo riempio volentieri di bottigliate!"
La legge è uguale per tutti… forse di Ciro Ceruti, Ciro Villano


Il consiglio di Cannibal: ma una legge che dovrebbe impedire di fare uscire certi film non c’è?
Commedia partenopea di stampo amatoriale che vuole ironizzare sul sistema giudiziario?
Gente, io sto già correndo al cinema a vederlo! E voi, che fate ancora qui?
Il consiglio di Ford: la legge dovrebbe impedire la distribuzione di questa roba.
Ma cos'è, uno scherzo!?
Neppure il Cucciolo eroico al massimo della sua follia potrebbe concepire uno scempio del genere e tentare di propinarmelo.
Piuttosto, mi rischiaffo The tree of life una decina di volte.


"Ma 'sti Ford e Cannibal chi sono!?"
La scuola più pazza del mondo di Hitoshi Takekiyo


Il consiglio di Cannibal: la scuola più pazza del mondo? È quella che ha frequentato Ford?
Un film anime nei cinema?
Prima di correre a vederlo, vi avviso che non è dello Studio Ghibli e sembra una bambinata, e pure di quelle clamorose. Pare contenere anche una componente più dark, vagamente alla Tim Burton, ma il rischio di imbattersi in una robina inguardabile è comunque troppo alto. Preferisco mandare in avanscoperta il coraggioso soldatino Ford.
Il consiglio di Ford: la scuola più pazza del mondo sarebbe stata quella con me e Peppa compagni di banco.
La situazione del Cinema d'animazione non è propriamente rosea. Tolti, infatti, un paio di nomi illustri, il duemilatredici non è stato l'anno migliore per i cartoni animati.
Questo duemilaquattordici, però, non pare iniziare nel migliore dei modi: La scuola più pazza del mondo, anime che vorrebbe portare sullo schermo le atmosfere tipiche del prodotto adolescenziale, non mi pare infatti il titolo destinato a scuotere il genere.
In attesa che ciò accada, cercherò di scuotere il Cannibale affinchè rinsavisca e torni a non essere d'accordo con me su nulla.

"Questo nuovo look ti dona proprio, Peppa Kid!"

mercoledì 26 febbraio 2014

Giovane e bella

Regia: Francois Ozon
Origine: Francia
Anno: 2013
Durata: 95'




La trama (con parole mie): Isabelle è una ragazza diciassettenne figlia della buona borghesia francese, cresciuta senza problemi con il fratello minore, la madre ed il patrigno. Quando, nel corso dell'estate, scopre il sesso per la prima volta, il suo rapporto con gli uomini cambia, e tornata in città decide di iniziare una carriera nel mondo della prostituzione parallela a quella da studentessa.
Tutto pare scivolare via senza lasciare alcun segno sulla giovane, fino a quando la morte di uno dei suoi clienti abituali non scuote il suo mondo interiore e porta la polizia sulle sue tracce.
Riuscirà Isabelle a superare il trauma, ricucire i rapporti con la madre e tornare alla vita da normale adolescente di prima?






Nonostante la formazione, lo stile, le apparenze, la provenienza e chi più ne ha, più ne metta, Francois Ozon è sempre riuscito a tenersi ben lontano dall'etichetta di radical chic nella sua peggiore accezione osteggiata apertamente qui al Saloon: pellicole come il recente Nella casa, come se non bastasse, sono riuscite addirittura a classificare il regista transalpino come uno dei più interessanti autori intellettuali della scena europea, in grado da sempre di unire ambizioni alte ad una produzione che non fosse necessariamente spocchiosa ed irritante. Eppure, il mondo del Cinema è spietato, e non risparmia scivoloni neppure ai migliori: in quest'ottica e con grande delusione del sottoscritto è da leggere il disappunto per Giovane e bella, la più recente tra le fatiche di Ozon, passata lo scorso anno in sala e ai grandi Festival e di recente approdata anche in casa Ford.
Onestamente, non riuscirei a definire questo lavoro irritante quanto altri di colleghi anche più blasonati del buon Francois, un fallimento totale o un prodotto tecnicamente non valido: quello che, però, manca al titolo in questione è senza dubbio il carattere giusto per andare oltre una decisamente poco simpatica messa in scena riuscendo a colpire l'audience dal primo all'ultimo minuto nel mettere alla gogna tutta la borghesia benestante francese che, nella sua comoda vita di bambagia mascherata da finto alternativismo cresce figli - e figlie - anaffettivi che finiscono per perdere se stessi in un impietoso confronto generazionale.
La vicenda di Isabelle, adolescente in cerca di una propria direzione che possa portare il più lontano possibile da quella della madre ex "ribelle" ormai istituzionalizzata, infatti, pur partendo da ottimi presupposti antopologici e culturali, finisce troppo spesso e volentieri nel corso dell'ora e mezza abbondante di Giovane e bella per sconfinare nel ridicolo involontario - il rapporto con il ragazzo tedesco al mare così come quello con il fidanzato di città sul finire del film, con tanto di lucchetti in pieno Moccia style - o nel dubbio che Ozon si sia lasciato prendere la mano da un pessimo voyeurismo costruito su un personaggio - ed un'attrice - che farebbero irritare perfino il più irritante e spocchioso dei parigini, nota categoria storicamente avversa al vecchio cowboy, e dallo stesso ben poco affettuosamente ricambiata.
L'impressione, dunque, è quella che Ozon abbia finito per farsi prendere troppo la mano nel seguire le linee del corpo della sua giovane protagonista senza concentrarsi davvero sulla scintilla che, con ogni probabilità, l'aveva mosso in un territorio in qualche modo simile a quello esplorato con il già citato Nella casa: dunque, se alcune sequenze mostrano l'ispirazione cui il regista aveva abituato il suo pubblico - il rapporto di Isabelle con Frank, il suo cliente più importante, e quello che, in qualche modo, le cambierà la vita, il giudizio della madre della ragazza anche nel momento in cui la stessa tenta un confronto di inutile provocatorietà con il patrigno -, per la maggior parte del tempo si ha l'impressione di assistere ad un'enorme occasione sprecata, che sfiora pericolosamente le bottigliate più violente e rischia di provocare reazioni decisamente ostili rispetto all'intero lavoro - chiedete pure a Julez, che negli ultimi mesi deve aver patito e mal sopportato pochi film quanto questo -.
Più che giovane e bella, quest'ultima fatica di Ozon puzza di falso come i peggiori tra i borghesi arricchiti che il regista si prodiga - quasi sempre con successo - a mettere alla berlina.
Ed è un peccato, davvero, doverlo scrivere.



MrFord



"Encore un jour se léve sur la planéte France et je sors doucement de mes rêves 
je rentre dans la danse comme toujours 
Il est huit heures du soir 
J'ai dormi tout le jour 
Je me suis encore couché trop tard 
Je me suis rendu sourd."
Saez - "Jeune et con" - 




martedì 25 febbraio 2014

Lone survivor

Regia: Peter Berg
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 121'


La trama (con parole mie): siamo nel giugno del 2005 in Afghanisthan, ed il Navy seal Marcus Lutrell è in missione con un manipolo di suoi commilitoni in modo da scovare tra le montagne Ahmad Shahd, un comandante di Al Qaeda, ed eliminarlo. Incrociato il cammino di un gruppo di pastori la squadra si divide rispetto al fatto di ucciderli in quanto potenziali minacce per la missione o rispettare le regole d'ingaggio e risparmiarli. 
Lutrell, maggiore sostenitore della seconda ipotesi, riesce a convincere i compagni.
I mancati prigionieri, rivoltisi agli uomini di Shahd, rendono però possibile ai talebani un attacco massiccio e su territorio favorevole che mette in ginocchio i soldati USA, individuati, braccati ed uccisi uno ad uno.

Lutrell, unico superstite del suo plotone, si troverà costretto a lottare con tutte le forze per rimanere in vita e tornare a casa.





Chiunque frequenti il Saloon è al corrente di quanto bene il sottoscritto voglia a Peter Berg, molto, molto tamarro regista newyorkese praticamente texano d'adozione padre del serial da queste parti amatissimo Friday night lights, nonchè di alcune chicche come Hancock ed il più recente Battleship, sguaiate pellicole di memoria molto eighties divertentissime dall'inizio alla fine.

All'uscita di Lone survivor, lo ammetto, rimasi perplesso a fronte della scelta di Berg di raccontare una storia profondamente a stelle e strisce che correva il rischio di apparire fuori tempo massimo considerata la sua ambientazione, ma mi ripromisi di dare una chance all'operazione a seguito dell'entusiastica recensione che The Rock ne diede su Instagram nonchè da pareri principalmente positivi giunti dalla critica oltreoceano, accompagnati da un esordio a dir poco dirompente al botteghino.

Affrontata la visione ed informatomi sull'ispirazione dal libro e dalla reale storia di Marcus Lutrell - il sopravvissuto cui presta volto Marc Wahlberg -, decisamente ben riportato, posso affermare di aver trovato Lone survivor una delle cose migliori che l'action realistica abbia prodotto dai tempi di End of watch, ottimamente girato e fotografato, serratissimo ed in grado di rappresentare, di fatto, una versione di grana più grossa del meraviglioso Zero dark thirty, ponendosi un gradino sopra a proposte interessanti come Special forces - Liberate l'ostaggio, rispolverando perfino, a partire dall'inizio del conflitto a fuoco che da inizio alla lotta per la vita di Lutrell e compagni, una matrice quasi horror che ricorda Carpenter ed il suo Distretto 13 o il più recente, misconosciuto e sottovalutatissimo Nido di vespe.

Non aspettatevi, però, di sedervi in sala ed assistere ad uno spettacolo diretto con l'approccio quasi giornalistico della Bigelow, perchè Lone survivor trasuda stelle e strisce da ogni poro, e regala momenti ad alto tasso di retorica come il finale legato alle istantanee dei membri di quella maledetta missione o le morti dei singoli componenti del commando, violente quanto intrise della stessa epica che rese inviso a molti Salvate il soldato Ryan.
A prescindere, comunque, dall'apparenza, Lone survivor è solido e cazzutissimo Cinema di genere realizzato con tutti i crismi, per una volta premiato dal successo di pubblico e critica e giustamente preso a modello per quella che dovrebbe essere l'action intelligente lontana dagli effetti e dal pane e salame dei prodotti più fracassoni - comunque da queste parti ugualmente rispettati -: una componente fisica vicina al gusto di Neil Marshall che incontra l'afflato quasi romantico della filosofia USA larger than life, una vicenda di guerra e morte che si è portata via le vite di giovani perduti da una parte e dall'altra della barricata - come in tutti i conflitti, del resto - trasformata in un inno alla vita e alla voglia di viverla e sopravvivere sempre e comunque per farlo, a prescindere dalle prove che ci vengono messe di fronte.
In quest'ottica la scelta di non oscurare - anzi, di trasformare in fondamentale anche sul grande schermo - l'aiuto che Lutrell ebbe da una tribù locale legata ad una tradizione millenaria volta alla sacralità degli ospiti diviene un buon viatico per passare oltre le apparenze e mostrare un altro lato dell'approccio spesso e volentieri troppo tendente alla conquista degli States: forse perfino questi novelli cowboys armati di fucili di precisione ed addestrati a superare quasi ogni limite umano sono riusciti a fare loro la lezione più importante fin dai tempi delle lotte senza quartiere con i nativi americani.
Non esistono un unico nemico, un unico volto, un'unica guerra.
Esistono però dei confini che è sempre meglio non superare, ed altri che è vitale difendere a costo della propria vita.
Perchè sono gli stessi che ci definiscono come persone.
Gli stessi che ci permettono di lottare o di morire in pace.
O di sopravvivere per continuare a sentirli sulla pelle.


MrFord


 
"I'm a survivor (What?)
I'm not gon give up (What?)
I'm not gon stop (What?)
I'm gon work harder (What?)
I'm a survivor (What?)
I'm gonna make it (What?)
I will survive (What?)
Keep on survivin' (What?)"
Destiny's child - "Survivor" - 


       

Harold Ramis (1944 - 2014)


So long, Egon.



MrFord



"Spengler, dici sul serio, catturare fantasmi?"
"Io non scherzo mai!"
da Ghostbusters (1984)



lunedì 24 febbraio 2014

12 anni schiavo

Regia: Steve McQueen
Origine: USA, UK
Anno: 2013
Durata: 134'




La trama (con parole mie): Solomon Northup, violinista, padre di famiglia e uomo libero vive come elemento di spicco della comunità di Saratoga, New York, nel 1841. Nel corso di un viaggio della moglie con i due figli è avvicinato da due uomini che gli offrono un ingaggio ben pagato attirandolo in una trappola: Solomon viene infatti rapito e venduto come schiavo, iniziando una vera e propria odissea costruita su sofferenza, tentativi di fuga, passaggi di proprietà da un padrone all'altro, sopportando vessazioni ed umiliazioni per poter sopravvivere.
Divenuto uno degli schiavi del tirannico Epps, Northup, ribattezzato Platt, dovrà attendere ben dodici anni prima di poter intravedere una speranza di tornare tra le braccia dei suoi cari.






Non ho mai amato particolarmente il lavoro di Steve McQueen.
Talento estetico indiscutibile, infatti, il regista anglosassone mi è sempre parso come un illustre appartenente alla categoria dei "belli senz'anima", capace di regalare qualche zampata ma non di coinvolgere fino in fondo: dunque, i precedenti Hunger e Shame, seppur validi, finirono presto nel dimenticatoio fordiano delle visioni dalle quali ci si poteva aspettare decisamente di più.
12 anni schiavo, pellicola che avrebbe potuto significare svolta o clamorose bottigliate per il suddetto McQueen, rappresentava anche una prova non semplice: lavorare su un film che racconti - peraltro molto bene - una storia vera legata ad una delle ferite più profonde della Storia americana, quella dello schiavismo, senza rischiare di scadere nella retorica di grana grossa non si prospettava certo come una cosa da nulla, pur considerando che - fortunatamente - tematiche come queste difficilmente incontrano critiche aspre ed agguerrite - un pò come la persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti -, e come recitava Kate Winslet in Extras, di norma finiscono per essere premiate ai grandi Festival.
Senza dubbio, il corpulento Steve ha raggiunto il suo obiettivo: 12 anni schiavo è indubbiamente un grande film sia dal punto di vista tecnico che emotivo, in grado di smuovere sentimenti e toccare temi importanti come il diritto alla Libertà che dovrebbero essere sempre e comunque alla base della società umana, interpretato da un gruppo di attori in grande spolvero, fotografato con una cura maniacale ed in grado di passare dalla violenza estrema - fisica e psicologica - a momenti di delicatezza quasi straziante, senza risparmiare, in questo, neppure una fetta dell'audience.
Eppure, tolti il fattore tecnico e la lotta per la sopravvivenza affrontata da Solomon Northup, così come lo splendido finale - da brividi quel "perdonatemi" che ancora mi scuote dentro -, sono rimasto fino all'ultimo indeciso sul voto da assegnare a questo film, trovandomi a ripensare al percorso intrapreso dal regista, al coinvolgimento giustamente "obbligatorio" del pubblico, al fatto, per dirla come Julez, che ci si aspetti di piangere, alla fine, inesorabilmente.
Il passaggio decisivo che ha permesso a 12 anni schiavo di muovere un passo oltre è finito per essere il confronto che Solomon ha con il carpentiere Bass interpretato da Brad Pitt, charachter abolizionista e cresciuto in una realtà ben diversa - quella canadese - rispetto agli Stati del Sud, e nel faccia a faccia di quest'ultimo con il tirannico Epps cui presta lo sguardo spiritato un ottimo Fassbender: riflettendo sulle condizioni agghiaccianti dei lavoratori, la differenza di vedute tra Nord e Sud che sfocerà nella Guerra di Secessione si traduce nella questione posta da Bass al proprietario della piantagione che ha visto prigioniero Solomon per anni, ovvero il fatto che, a prescindere dalla razza, il concetto di schiavitù non dovrebbe esistere nella società.
Nello sguardo deciso di Brad Pitt rivolto a Chiwetel Ejiofor, e in quel "non l'aiuterò perchè è un piacere, l'aiuterò perchè è un dovere" si riassume tutto quello che ho vissuto affrontando questa visione.
12 anni schiavo non è un film indimenticabile, una bomba della settima arte come The wolf of Wall Street.
Non è neppure piacevole da vedere, perchè mette a nudo uno dei concetti più importanti che riguardano l'Uomo come animale sociale, e personalmente mi ha messo di fronte al fatto che, probabilmente, se fossi ridotto in schiavitù non riuscirei a sopravvivere, perchè finirei per seppellire di legnate il Paul Dano della situazione finendo impiccato a qualche albero sperduto.
Ma non è per piacere, che un'opera come questa va guardata, vissuta, ammirata.
12 anni schiavo va indiscutibilmente promosso perchè è un dovere di noi tutti non dimenticare quante persone hanno dovuto sputare sangue affinchè certe cose non si ripetessero, come si dice accada quando si parla di Storia.
Un dovere che Steve McQueen sceglie di raccontare nel modo più elegante possibile.
Ma indiscutibilmente un dovere.



MrFord



"Oh, when them cotton bolls get rotten
you can't pick very much cotton,
in them old cotton fields back home."

Creedence Clearwater Revival - "Cotton fields" -