martedì 18 gennaio 2011

Enter the void

La trama (con parole mie): Oscar, giovane spacciatore stabilitosi a Tokyo, si riunisce alla sorella poco prima di perdere la vita in un drammatico faccia a faccia con la polizia. Inizia così un viaggio che ricorda il libro dei morti tibetano attraverso la sua intera vita, e non solo. Quello che Lebowski definisce, fumando, "un brutto trip".

Esistono alcune pellicole che, da qualunque parte le si voglia guardare, costituiscono, più che una visione, una vera e propria esperienza sensoriale prima ancora di essere storia, emozioni, contenuti: Enter the void è, di certo, una di esse.
Recentemente, con Hereafter e Departures, ho provato l'impatto di vicende strettamente legate alla morte, eppure profondamente pregne di vita e voglia di viverla, tanto da toccarmi nel profondo molto più per quello che abbiamo da questa, prima di quello che potremmo o non potremmo avere dall'altra parte.
Enter the void, di contro, è un viaggio allucinato ed allucinante nei meandri più profondi della morte: per caso o per errore, incidente o crocevia di destini, di colpo la signora più vecchia del mondo cala la sua falce e viene a prenderci, nel più improvviso e spietato dei modi, strappandoci da una storia vissuta in prima persona, quasi fosse nostra.
E poco importa se da quel momento inizierà un viaggio molto simile a quello previsto per le anime dei defunti nel libro dei morti tibetano, dandoci la certezza di un'esistenza ulteriore, a ritroso attraverso i ricordi del protagonista - che diventano, terribilmente, grazie all'uso della soggettiva, i nostri, una volta ancora - e alla scoperta del cielo, dei corpi e delle menti, legato al mondo terreno perchè "la maggior parte delle anime sono così affezionate a questa realtà da non riuscire a staccarsene" entrando nelle porte che conducono ad altre dimensioni, e a nuovi livelli d'esistenza, finendo per rimanere qui a vagare, senza poter interagire, come ospiti invisibili - noi, il pubblico della sala!? - fino alla reincarnazione inevitabile, e ad un nuovo giro su questa giostra.
Poco importa, si diceva.
Perchè tutto, attorno, è pervaso dalla morte: l'incapacità di toccare, agire, sentirsi annullati da un'esperienza di passaggio praticamente totale, che tocca vette quasi kubrickiane con i colori delle cellule, i passaggi all'interno dei corpi e degli oggetti, le vorticose evoluzioni della macchina da presa, il volo ad incrociare un aereo che passa, noncurante, diretto alla prossima destinazione.
Ma non è questa, la nostra.
Non è questa, perchè si continuerà a vagare, perdendosi nei ricordi d'infanzia, nel rapporto con una sorella più che amata, nell'incidente - una sequenza terribile ripetuta più volte - che provocò la morte dei genitori.
Un nastro che si riavvolge, e ancora nuovi colori, nuove visioni.
Ma tutto pare fermarsi, spezzarsi, in quel momento, quando il proiettile giunge a rompere l'equilibrio una sospensione tesissima, dall'impatto immediato e coinvolgente.
Uno schiocco secco, e vediamo, o peggio, viviamo la morte in prima persona: con tutta l'incredulità della presa di coscienza di un evento tanto inevitabile quanto sorprendente.
Hanno sparato a Oscar nel bagno del Void. Oscar siamo noi. In una certa misura, è il Cinema che assume un ruolo mai visto, neppure nel più estremo degli Haneke, che non per nulla, spesso e volentieri porta la violenza fuori dallo schermo.
Gaspar Noè osa ancora di più: più che riportarla dentro, conduce lo spettatore al suo interno.
In prima persona.
Nel vuoto.
Lo stesso luogo in cui Oscar ha perso la vita, e l'ha vista scorrere dal suo corpo negli ultimi istanti del suo legame fisico con il mondo.
Nel pieno dell'era virtuale e del 3D, Enter the void rappresenta l'esperienza più estrema di interattività cinematografica possibile, portando in prima persona nello spettatore quanto e più di quanto una storia di emozioni possa essere in grado, e certamente più del più incredibile dei videogiochi, l'esperienza assoluta e terribile della morte.
La leggerezza, la passione e l'amore dei già citati Hereafter e Departures trovano qui il loro lato oscuro, l'altra faccia di una medaglia che può sorprenderci ad ogni istante, e catapultarci in un vuoto che non è detto saremo pronti ad affrontare.
Sinceramente, anche di fronte ad una vera gemma - in termini di inventiva, tecnica, idee, originalità, aperta da quaranta minuti a livelli assoluti e titoli di testa memorabili - come questa, il mio Cinema, la mia vita e la mia esperienza restano ancora con Clint, che trova sempre più importante quello che c'è da questa parte, prima di quello che ci attenderà - forse - dall'altra.
I libri dei morti li lascio volentieri a chi vorrà prepararsi per un viaggio che, difficilmente, ad ogni modo, risulterà controllabile, e mi terrò stretto questo corpo e questa carne il più a lungo possibile, stando ai miei piani fino al 2082.
Può essere, infatti, che arrivato a centotre anni io possa sentirmi pronto per mollare gli ormeggi e tentare il salto nel vuoto. Forse.
Nel frattempo, mi accontento di quest'incredibile esperienza come di una delle montagne russe più terribili nella Storia della settima arte.


MrFord


"Talking to myself all the way to the station,
pictures in my head of the final destination."
Nine inch nails - "Into the void" -

14 commenti:

  1. però, 103 anni... ti accontenti! :)
    mi pare proprio un film da vedere questo, come quello di Clint

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  2. Roby: sai com'è! Bisogna succhiare tutto il midollo della vita! :)
    Enter the void è assolutamente da vedere, un'esperienza insolita e straniante, direi che è associabile a Inland Empire di Lynch, anche se stilisticamente mi è parso davvero unico.

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  3. ottimo consiglio! guardo prima Inland allora del mio adorato Linch, è un po' che ce l'ho in canna, sarà la mia rece numero 1000, la voglio celebrare con lui ;-)

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  4. :D Bel commento. Vedo che comunque ti ha decisamente colpito, e in effetti è un film che non può lasciare indifferenti. Noé è stato geniale.

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  5. completamente d'accordo: si tratta di un'esperienza unica paragonabile solo- e non è poco- a Inland Empire. io sono rimasto profondamente colpito, e non credo che lo stupore se ne andrà via tanto presto. Noé si conferma un regista quasi "storico".

    non ho ancora visto Hereafter ma, dall'entusiasmo che trasmetti, dev'essere proprio da vedere :)

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  6. Ottimista: concordo in pieno, non si può rimanere indifferenti ad un lavoro come questo.
    Volenti o nolenti, ce lo ritroviamo radicato fin nell'anima.

    Einzige: Inland empire, che fu un'esperienza incredibile, era sicuramente più lento, nonostante la sua potenza. Noè è riuscito a conciliare un'autorialità sfrenata ed una tensione costante. Davvero notevole.
    Hereafter da vedere assolutamente, nonostante i pareri discordanti l'ho trovato magnifico.

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  7. mi pare ti abbia colpito decisamente, ma allo stesso tempo mi sembra di aver capito che non l'hai amato profondamente
    comunque sono stupito dal fatto che tu non abbia usato il termine radical-chic (o forse ho saltato qualche riga?)
    perché noé, diciamolo, per fare un film così è davvero molto radical chic :D

    into the void dei nine inch nails obbligatoria associata a questo film ;)

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  8. Cannibale, l'ho trovato visivamente innovativo, tesississimo, violento, incredibile.
    I titoli di testa e i primi quaranta minuti - fino alla morte di Oscar - sono genio totale.
    Poi, da qui a considerarlo uno dei miei film del cuore, direi di no: e a quello non si comanda.
    Per il resto, non l'ho trovato affatto radical chic, anzi, mi è parsa davvero una sperimentazione intelligente e, al contrario, totalmente "di pancia".
    Super promosso.

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  9. con Hereafter mi sono rovinato la bocca leggendo, inavvertitamente, una spoilerata enorme sul finale. c'è anche chi ne ha detto peste e corna, e questo mi fa aumentare ancor di più la curiosità.

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  10. Spoiler o non spoiler per me è grandissimo.
    So che ci sono state opinioni estremamente discordanti.
    Ma capita, le grandi cose, come si diceva poco tempo fa, fanno sempre riflettere.
    Vedremo che dirai tu.

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  11. Una delle tue migliori recensioni per me, hai detto tutto e benissimo.
    Bellissima la frase che hai estrapolato dal film.
    Sì, questo è forse, insiema a Gravity, il solo film a cui il termine esperienza sta bene.
    Noi che 6 anni fa ne avevamo finita una lunghissima e meravigliosa, come ricorderai

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    1. Grazie davvero, Caden.
      Dovrei rivedere il film e provare a capire cosa riuscirebbe a smuovere oggi.
      E cosa intendi per sei anni fa!?

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    2. L'esperienza per antonomasia, il nostro Lost

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    3. Cazzo, è vero. Quella sì, che è un'esperienza visiva ed emotiva.

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