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sabato 31 gennaio 2015

Sabotage

Regia: David Ayer
Origine:
USA
Anno: 2014
Durata: 109'





La trama (con parole mie): Breacher, uomo tutto d'un pezzo, ex Navy Seal e guida di un team di spaccaculi della DEA, agenti abituati a dare tutto e anche di più, e vivere perennemente sul filo tra
sparatorie e missioni come infiltrati, persi la moglie ed il figlio, progetta un colpo che possa permettere alla sua squadra di prendersi quello che di norma non arriva mai ai loro livelli.
Nel corso di una missione che prevede l'eliminazione di un potente boss del narcotraffico, infatti, al tesoro di quest'ultimo vengono sottratti dieci milioni di dollari da spartire tra Breacher ed i suoi: peccato che, al momento del recupero della refurtiva, il denaro risulti sparito, rubato da qualcuno che ancora non ha volto.
Da quel momento per gli agenti cominciano i guai seri: dall'indagine che l'FBI apre su di loro ai conflitti interni, infatti, l'atmosfera si fa sempre più pesante.
E quando i membri della squadra cominciano ad essere uccisi apparentemente per mano di sicari inviati dai leader del Cartello ed entra in gioco una detective della omicidi, la situazione per Breacher pare farsi sempre più complicata.
Ma è davvero tutto come sembra, o le cose potranno addirittura complicarsi?






Era dallo scorso gennaio, quando per la prima volta vidi il trailer, che attendevo il nuovo lavoro di David Ayer – che la maggior parte conosce più per il buono e recente End of watch che non per i suoi
altrettanto interessanti lavori precedenti – quasi quanto il secondo capitolo di The Raid, pensando che sarebbe stato senza dubbio uno dei filmoni action e sguaiati più esaltanti della stagione, con uno Schwarzenegger tornato ormai a bomba su quella che era la sua specialità prima della carriera politica ed un cast di fordiani ad honorem – Josh Holloway e Joe Manganiello – ed interpreti che non ho
mai particolarmente amato ma che non riesco a farmi stare davvero antipatici – Sam Worthington e Terrence Howard -.
Il risultato è stato, seppur parzialmente deludente per quanto riguarda lo script, assolutamente in linea con quelle che erano le aspettative del Saloon: Sabotage è infatti un ruvido action dai risvolti crime legato ai concetti di superamento del dolore e fratellanza, abile mix tra un qualsiasi episodio di The Shield ed il soprendente Lone survivor.
Schwarzy, nonostante i settanta siano ormai alle porte, pare ancora un treno in corsa – come il suo amico e rivale Sly -, e regala al pubblico un personaggio spigoloso e controverso, paterno quanto spietato, in grado di mescolare le sue espressioni migliori – il sigaro acceso con compiacimento mi ha riportato alla mente l'epoca di Predator – ad un lato più drammatico che, seppur reso con la sua non proprio esaltante espressività, risulta funzionale rispetto al charachter.
Peccato che, di fatto, lo script – firmato anche da Ayer, come sempre accade per i suoi lavori, essendo lo stesso nato proprio come sceneggiatore di Training Day – non supporti al meglio un'ottima galleria di protagonisti – che, per quanto agenti, si mantengono decisamente in bilico sul labile confine tra Ordine e Caos -, un montaggio serratissimo e ben congegnato ed una tecnica sempre ottima: più che dedicarsi, infatti, ai dettagli in grado di definire in una singola scena l'esistenza intera di un charachter – quello che accade nei lavori di Michael Mann, per citare un Maestro del genere -, ci si preoccupa principalmente di arrivare a destinazione, tagliando un po' troppo con l'accetta e portando, di fatto, la prima parte ad apparire più come un cocktail tra un legal drama ed uno slasher e la seconda nel più classico film di genere con il protagonista ormai incazzato come un bufalo pronto a vendicarsi e distruggere tutto quello che si trova di fronte.
Uno spreco di potenzialità, dunque, per una pellicola che, andando oltre il sangue e le sparatorie, i morti ammazzati ed il crimine, racconta una vicenda di tradimenti, vendette, passioni e pugnalate alle spalle da fare invidia ad un drammone d'altri tempi: probabilmente la produzione, più concentrata sul lato action, ha preferito evitare che Sabotage assumesse le dimensioni – ed il minutaggio – di un'epopea in stile The Heat che non tutti gli spettatori – soprattutto quelli occasionali – avrebbero gradito, almeno ad un primo approccio.
Dunque, per quanto abbia concluso la visione in piena esaltazione agonistica che solo film di questo stampo riescono a stimolare nel sottoscritto, resta un vuoto dentro rispetto a quello che Sabotage
sarebbe potuto diventare se supportato adeguatamente in fase di scrittura: un po' come stendere un nemico dopo l'altro per scoprire di essere stato tradito dalla propria famiglia, o arrivare ad essere l'unico ancora in piedi, ma con il fato già scritto.
A quel punto non resta che sollevare il bicchiere, e fare un ultimo brindisi anche ad un destino beffardo.



MrFord



"I can't stand it, I know you planned it,
I'm gonna set it straight, this watergate.
I can't stand rockin' when I'm in here,
cause your crystal ball ain't so crystal clear.
so, while you sit back and wonder why,
I got this fuckin' thorn in my side.
oh my God, it's a mirage!
I'm tellin' y'all it's sabotage!"
Beastie Boys - "Sabotage" -




 

lunedì 10 novembre 2014

Lost - Stagione 1

Produzione: ABC
Origine: USA
Anno:
2004
Episodi: 25





La trama (con parole mie): il volo Oceanic 815, diretto da Sidney a Los Angeles, perde la rotta nel pieno del Pacifico e precipita su una misteriosa isola in una posizione imprecisata. I sopravvissuti si ritrovano a dover lottare non soltanto con la loro nuova condizione di esuli, ma anche con minacce apparentemente inspiegabili che paiono in qualche modo avere avuto un ruolo nel loro stesso passato, come se il presente di "naufraghi" fosse il culmine di un Destino già definito.
Così il medico Jack Shepard, i criminali Kate Austen e James "Sawyer" Ford, il milionario infelice Hugo "Hurley" Reyes, il musicista Charley Pace, la coppia in crisi dei Kwon, la giovane in dolce attesa Claire Littleton, l'ex soldato Sayid Jarrah ed il paraplegico ritornato miracolosamente a camminare John Locke divengono i protagonisti di un'avventura che cambierà per sempre le loro esistenze. E non solo.








Ricordo benissimo il periodo in cui approcciai per la prima volta Lost.
Era il maggio del duemilasei, in Italia era già diventata un fenomeno la prima stagione e negli States si avviava alla conclusione la seconda, ancora non mi allenavo, avevo un solo tatuaggio e vedevo la storia che mi aveva accompagnato stare per essere sgretolata da un desiderio di libertà totale ed incondizionata che fino a quel momento avevo vissuto segretamente, come una seconda vita.
Fu un mio collega - l'equivalente di Jack della quotidianità lavorativa - a passarmi i dvd, affermando che mi sarebbe piaciuta: ricordo che rimasi colpito dalla grande tecnica e dal taglio cinematografico del pilota, dai misteri di un'isola che, ancora non lo sapevo, avrebbe in qualche modo segnato la mia esistenza, ma che seguii per le prime puntate con un certo distacco.
Fu Confidence man, il primo episodio dedicato a Sawyer, a cambiare le carte in tavola: vedere quello che sarebbe diventato non solo il mio alter ego per i lostiani che mi frequentavano allora - "Sei proprio stronzo come Sawyer", mi fu detto da una fanciulla all'epoca - ma uno dei personaggi che più avrei amato nella Storia del piccolo e grande schermo fare carte false e subire addirittura una tortura soltanto per il gusto di essere il primo a rubare un bacio alla "bella e maledetta" Kate, prendendosi perfino colpe non sue, fu una vera svolta.
Da quel momento, Lost divenne una droga, una Fede - come direbbe l'indimenticabile John Locke -, qualcosa che, come il Destino pronto a legare i suoi protagonisti, definì alcuni degli anni migliori, più intensi e divertenti della mia vita, cui ancora oggi guardo con una certa malinconia e struggimento: decidere di rivedere l'intera serie una stagione all'anno come se fosse uscita una seconda volta era una vera e propria scommessa, ma per celebrare i dieci anni dalla prima messa in onda negli States qui in casa Ford non abbiamo saputo resistere, memori delle schermaglie che fecero non solo Sawyer del sottoscritto, ma Ana Lucia di Julez.
E la seconda visione è stata magica ed intensa almeno quanto la prima: osservare l'intera storia dei sopravvissuti dell'Oceanic 815 dopo aver assistito al termine delle loro avventure - tanto controverso tra i fan e rispetto alla critica - non solo ha portato alla luce una progettualità incredibile degli sceneggiatori - perfino nei piccoli particolari insignificanti l'impressione è che fosse tutto chiaro fin dal pilota, per Abrams e soci - ma ha finito per ridare lustro a sentimenti mai davvero sopiti per il cast of charachters più incredibile, azzeccato e clamorosamente perfetto mai pensato per un serial televisivo.
Del resto, come fu Twin Peaks un decennio prima e come sarà Breaking bad quasi un decennio dopo, Lost rappresenta senza ombra di dubbio un prodotto inarrivabile, rivoluzionario, magico anche nei suoi momenti peggiori: momenti che, di fatto, non riguardano la prima stagione, una delle più riuscite non solo di questa serie, ma del panorama della televisione in toto, dal già citato pilota alle puntate dedicate ai singoli personaggi, dal ritrovamento della famigerata botola alla morte di Boone, dalla partenza della zattera - forse il momento più commovente, che ha stretto il cuore dei Ford anche a distanza di tanto tempo - fino al climax del season finale, che probabilmente se avessi visto in contemporanea con la prima messa in onda avrebbe causato uno scompenso nel sottoscritto in attesa della visione della season two - ricordo che, invece, ebbi giusto il tempo della parentesi meravigliosa del viaggio a Barcellona in solitaria prima di tornare sull'isola, all'epoca -.
Non troppo tempo fa, parlando di questa nuova avventura con uno dei compagni di viaggio dell'epoca che si è dichiarato incapace di affrontare una volta ancora le vicissitudini dei superstiti dell'incidente aereo più importante della tv, ha finito per rimanermi impressa una sua frase: "Lost è una religione".
Ed è vero.
Con tutte le sue luci e le sue ombre, Lost ha, come nessun'altra serie, cambiato il mio modo di guardare al piccolo schermo, assotigliando la distanza che lo separava dal grande, legandosi a doppio filo non solo alla mia vita di spettatore, ma all'esistenza reale, di tutti i giorni.
Dal "sorriso all'arancia" di Locke ai soprannomi inventati da Sawyer, dagli orsi polari alla Black Rock, dal confronto tra Fede e Scienza dello stesso Locke e Jack, dal "walking the line" di Charlie al rigore di Sayid, dai rapporti pronti ad evolversi di Sun e Jin e Michael e Walt, c'è tutta la magia della vita e el Destino, del karma e dei significati che persone apparentemente estranee e lontane da noi possono assumere in particolari momenti della nostra vita, diventandone di fatto i protagonisti.
Questa è stata la magia di Lost.
Lo è ancora, e lo sarà per sempre.
Tutti sono protagonisti.
Tutti siamo protagonisti.
Perchè il Destino non fa sconti, e ha ben chiari i suoi numeri.
E noi possiamo solo giocarli al nostro meglio, sperando di non aver preso in mano il biglietto sbagliato.



MrFord



"Just a castaway
an island lost at sea
another lonely day
with no one here but me
more loneliness
than any man could bear
rescue me before I fall into despair."
The Police - "Message in a bottle" - 



 

sabato 4 gennaio 2014

Battle of the year

Regia: Benson Lee
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 110'



La trama (con parole mie): Dante Graham, produttore hip hop tra i più grandi degli USA, è deciso a finanziare una crew che possa avere qualche possibilità di vincere la Battle of the year, manifestazione dedicata ai b-boys che equivale al campionato mondiale del ballo di genere. 
Per portare a termine l'impresa si affida al vecchio amico Blake, caduto in disgrazia dopo la morte della moglie e del figlio due anni prima, ex allenatore di basket, convincendolo a riprendere il fischietto. Il compito dell'uomo sarà di formare una squadra di singoli e trasformarli in fratelli da palcoscenico in tempo per la grande sfida.





Quando, di comune accordo con Julez, si è deciso di recuperare Battle of the year in memoria degli anni da lostiano di Josh Holloway - al quale devo, in qualche modo, anche il mio nome da blogger -, mi aspettavo di trovare un ottimo candidato per la decina del peggio del duemilaquattordici appena iniziato - nonostante, di fatto, si tratti ancora di una pellicola targata duemilatredici -, una sorta di puntata fin troppo lunga di America's Best Dance Crew senza neanche un Mario Lopez pronto a presentare le evoluzioni dei suoi protagonisti.
E invece, almeno in parte, devo ammettermi di essere stato più che smentito.
Perchè seppur si tratti di un film di qualità infima, uno zero da grafico Pritchard della settima arte, Battle of the year si rivela un - quasi involontariamente - divertente intrattenimento simile ai film di arti marziali che negli anni ottanta mi divoravo uno dopo l'altro con la breakdance in sostituzione dei calci rotanti: certo, questi ultimi finiscono per avere sempre l'ultima parola, in casa Ford, eppure Battle of the year è riuscito non solo a strapparmi due risate, ma anche a non suscitare incazzature da bottigliate incontrollate ed incontrollabili.
Josh Holloway, da par suo, continua nel percorso delle tre espressioni già iniziato sull'isola più famosa del piccolo schermo - arrabbiato, sorridente, triste -, sfoggiando una panoramica perfetta delle sue doti attoriali, finendo per farsi voler bene anche nel ruolo di allenatore di un gruppo di b-boys da livello di tamarraggine decisamente spiccato - non per nulla uno dei protagonisti è Chris Brown, tristemente noto per le percosse a Rihanna, che ho riscoperto in grado di evoluzioni sul palco decisamente notevoli atleticamente parlando - pronto a farsi ripulire grazie alla voglia di riscatto dopo la morte drammatica di moglie e figlio che l'ha indotto ad una dieta ferrea a base di fiaschetta di whisky fin dal mattino.
Dunque, nonostante le premesse che paiono preannunciare una sequela di retoriche evoluzioni della trama tutte chiaramente anticipabili, lo scarsissimo Benson Lee riesce perfino a confezionare un paio di passaggi quasi a sorpresa, tenendosi aperte le porte per un eventuale sequel - che, a questo punto, non so se sperare sia realizzato oppure no - e ritagliando al presunto protagonista un ruolo soltanto marginale proprio nella parte conclusiva - e più importante - della pellicola, che verrà ricordata anche per un paio di pistolotti di incoraggiamento alla squadra di Josh Holloway capaci di far impallidire il famoso speech dei centimetri di Al Pacino in Ogni maledetta domenica - ed ovviamente non parlo sul serio -.
Per il resto il risultato è quello di un videoclip un pò troppo lungo in grado di catturare l'attenzione principalmente per l'abilità di questi ragazzi, effettivamente straordinari nel giocare - o quasi - con la gravità spingendo perfino i più atletici degli spettatori a chiedersi come certe evoluzioni possano essere umanamente possibili - e a non provocare tendiniti ben più che croniche -: siamo davvero dalle parti del Cinema molto di serie b, eppure, rimembranze di Lost o una tamarraggine di fondo che ben mi si addice, ho trovato Battle of the year perfino non abbastanza brutto per un'eventuale worst ten.
Forse è davvero giunta la fine del mondo - con un paio d'anni di ritardo -, se perfino un vecchio cowboy riesce a cavare fuori qualcosa da un film basato sul ballo.


MrFord


"Sun is shinin' in the sky 
there ain't a cloud in sight, it's stopped rainin'
everybody's in their play and don't you know
it's a beautiful new day, hey hey hey."

Electric Light Orchestra - "Mr. Blue Sky" -




giovedì 5 dicembre 2013

Thursday's child


La trama (con parole mie): ci avviamo alla conclusione dell'anno, alle classifiche che decreteranno il suo meglio ed il peggio, e prima che i Cinepanettoni possano travolgerci confidiamo in questi ultimi weekend in sala per poter scovare qualche chicca dell'ultimo minuto in grado di sorprendere pubblico e critica, e perfino il sottoscritto ed il Cannibale, sempre più esigenti nonchè in quest'ultimo periodo sempre più in accordo, come entrambi stiamo constatando allarmati.
Speriamo che qualche grosso nome in uscita in questo periodo possa riportare i due conduttori di questa rubrica, dunque, alla vecchia, sana, devastante rivalità.

"Caro Matt, d'ora in poi sarai tu il mio pupillo: mi sono stancato di quella smorfiosa di Katniss Kid!"

Blue Jasmine di Woody Allen

Il consiglio di Cannibal: Blue James
La teoria più in voga per quanto riguarda il cinema di Woody Allen recente è che alterna un film bello a un film brutto. Dopo To Rome with Love che era una merda, scusate il francesismo, adesso ci deve come minimo un capolavoro. Di certo peggio di quello non potrà essere, anche perché pare che ci sia una Cate Blanchett in stato di grazia.
Ford, certo che anche tu potresti prendere esempio da Allen e regalarci almeno 1 commento decente su 2.
Il consiglio di Ford: Kid Jasmine
Woody Allen deve avere grossi problemi con la periodicità.
Non riesce, infatti, proprio a resistere all'idea di lanciare un film all'anno.
Di norma questa politica porta a clamorose schifezze - almeno di recente - ed ottimi lavori, si vedano l'abominevole To Rome with love e l'eccellente Midnight in Paris.
Speriamo che questo Blue Jasmine, simile per approccio a molti dei suoi lavori passati più riusciti, possa riportare il buon Woody sulla retta via: in alternativa, lo aspettano bottigliate selvagge, un po’ come al Cannibale ogni settimana!

"E' inutile che tenti di raggiungere i livelli di tamarraggine di Ford indossando improbabili capi d'abbigliamento!"
Dietro i candelabri di Steven Soderbergh

Il consiglio di Cannibal: Stai sotto il candelabro, Ford, che se ti cade in testa magari diventi più furbo!
Dietro i candelabri (http://pensiericannibali.blogspot.it/2013/06/behind-candelabra-la-recensione-poco-gay.html) l’abbiamo già visto tutti, anche perché negli USA l’ha trasmesso la HBO e quindi è arrivato subito in rete. Però non lamentiamoci. Il fatto che da noi arrivi nei cinema, al contrario degli Stati Uniti, ha del clamoroso, soprattutto considerando che si tratta di una pellicola a tematica gay e per di più con il Natale alle porte. Alla faccia di tutti i bigottoni vecchio stampo come Ford uahahah!
Il consiglio di Ford: caro Cannibal, sei troppo fuori forma per nasconderti dietro i candelabri!
Con l'avvicinarsi delle feste, i distributori italiani paiono essere in vena di regali, e dunque sorprendono tutti noi della blogosfera portando - pur se in clamoroso ritardo - sugli schermi Behind the candelabra, film tv targato HBO firmato da Steven Soderbergh che in rete ha trovato praticamente solo consensi, mettendo d'accordo perfino il sottoscritto - qui la recensione, http://whiterussiancinema.blogspot.it/2013/07/behind-candelabra.html - ed il Cucciolo.
Inutile dire che, a mani basse, parliamo dell'uscita della settimana, nonchè di una delle performance dell'anno.
Gay friendly o no, correte a vederlo. Ne varrà la pena.
Io, nel frattempo, continuerò a non essere Cannibal-friendly.

"Forse con questo vestito preso dall'armadio di Peppa Kid riuscirò a superare il cattivo gusto fordiano!"
Oldboy di Spike Lee

Il consiglio di Cannibal: la versione americana della storia di Oldford
Già un floppone negli USA, questo Oldboy si candida al titolo di remake più inutile dell’anno. La pellicola coreana originale di Chan-wook Park è il classico cult movie irreplicabile, perché farne una nuova versione?
Nonostante il nome di Spike Lee alla regia e attori del calibro di Josh Brolin ed Elizabeth Olsen come protagonisti, direi che ne potevamo fare tutti a meno. Forse per una volta sarà d’accordo persino Ford, che pure in remake, sequel e scopiazzature varie di solito ci sguazza.
Il consiglio di Ford: Oldboy. La storia di un quasi trentaduenne che pensava di essere ancora al liceo.
Purtroppo per noi, invece che la tanto attesa vicenda delle disavventure di Katniss Kid nel corso delle riprese de La ragazza di fuoco, questo film si rivelerà come l'inutile remake a stelle e strisce di uno dei cult indiscutibili di inizio millennio, che conquistò il mondo una decina di anni or sono a partire dal Festival di Cannes lanciando l'ormai bollito Park Chan Wook, che ai tempi aveva ancora qualcosa da dire.
Il Cucciolo, straordinariamente, qualcosa ancora ce l'ha, specie perchè penso che, come me, non gradirà troppo questa iniziativa pur targata Spike Lee.

"Se Ford ha rinchiuso me qui, chissà che fine a fatto fare al Cannibale!"
Battle of the Year – La vittoria è in ballo di Benson Lee

Il consiglio di Cannibal: James Ford si dà alla danza? La sconfitta è in ballo
Che brutta fine fanno tutti quelli che si chiamano James Ford…
Josh Holloway, mitico inteprete dell’unico e originale James Ford, quello di Lost, è finito a girare pellicolette sulla danza come questo Battle of the Year, ennesima scopiazzatura di Save the Last Dance con nel cast quell’idiota di Chris Brown. Più che Battle of the Year, rischia di essere solo la Porcheria of the Year.
Quanto a James Ford il blogger, a lui è andata ancora peggio. È finito a curare una rubrica di uscite cinematografiche con il sottoscritto Cannibal Kid…
Il consiglio di Ford: Sawyer, ma cos'hai fatto!?
Non voglio davvero neppure pensare che l'interprete del mitico personaggio cui devo il mio nome blogosferiano si sia ridotto ad una robaccia di questo livello che mi toccherà quasi vedere per solidarietà nei suoi confronti.
Perfino peggio rispetto ad un'eventuale collaborazione con il Cannibale.

"Amico, ho paura che dopo aver partecipato alle riprese di questo film, resterà un unico, vero James Ford."
Il Sud è niente di Fabio Mollo

Il consiglio di Cannibal: Se il Sud è niente, Ford allora cos’è?
Puff.
Se non si è capito, sto sbuffando.
Sono stufo. Di Ford, e vabbè per quello non c’è niente da fare, e del cinema italiano che continua a tirare fuori pellicole che fin dal trailer attirano zero. E mi sa che pure per quello ormai non c’è più niente da fare.
A parte Sorrentino… a proposito, ma quando cacchio arriva la recensione fordiana de La grande bellezza che tutto il mondo bloggaro sta attendendo?
Il consiglio di Ford: l'Italia è niente, purtroppo per noi.
Neanche il tempo di gioire per la presenza in sala di Behind the candelabra ed ecco che i nostrani distributori finiscono subito per affossare l'umore di ogni spettatore che si rispetti.
Non voglio sprecare troppe parole a proposito di questa roba.
Ma posso promettere a Peppa che presto avrà la recensione che tanto desidera.

"Ma come si permettono quei due blogger da strapazzo di parlare male di un film con protagonista il Freddo!?"
Italy amore mio di Ettore Pasculli

Il consiglio di Cannibal: Italy odio mio
Già Il Sud è niente mi ispirava poco. Questo niente.
La classica storia di integrazione che in Francia potrebbe produrre un capolavoro, da noi non credo.
Felice di sbagliarmi, ma non c’ho nemmeno voglia di scoprirlo. Se continuiamo di questo passo, potrei finire per odiare la Italy ancora più del Ford.
Il consiglio di Ford: Italy, preparati alla prossima Blog War...
... che se continua così, finirà per vedere Cannibal e Ford insieme contro il Cinema italiano ormai destinato ad una realtà che va ben oltre il cestino del desktop.
Più a Sud di così c'è solo l'Inferno in cui siamo costretti a sguazzare.

"Vedi quei due tizi loschi laggiù? Sono Ford e Cannibal: evitali come la peste!"
Roma criminale di Gianluca Petrazzi

Il consiglio di Cannibal: Ford criminale
Solita robetta di stampo amatoriale fin dal trailer che arriverà probabilmente in uno o massimo due sale private di Roma o di casa Ford, direi che non merita nemmeno ulteriori critiche. Petrazzi l’ha girato, ha trovato qualcuno che glielo distribuisce e per loro va bene così. Criminale è invece chi andrà a vederlo.
Il consiglio di Ford: roba più criminale di Pensieri Cannibali. O Pensieri Maiali.
Non spreco neppure troppo spazio per demolire l'ennesima porcata made in Italy proposta per riempire una settimana alla quale sarebbe bastato l'ottimo Behind the candelabra, invece che l'ennesima conferma dello stato di salute terminale della nostrana settima arte.

"Oltre al Freddo devo recuperare il resto della banda, se voglio liberarmi di quei due blogger!"
Stop the Pounding Heart di Roberto Minervini

Il consiglio di Cannibal: Stop the fu**ing Ford
Per la gioia di Ford, ecco a voi non solo una pellicola italiana, ma per di più una pellicola italiana dal forte sapore malickiano. Ebbene sì, dopo The Tree of Life Terrence Malick è diventato uno dei registi più scopiazzati del mondo e pure in Italia c’è chi si è cimentato nell’impresa. Su quali siano i risultati è lecito avere più di un dubbio, come quando ci si trova di fronte a una recensione fordiana di un’immensa opera malickiana, però tra tutti i troppi film italiani in uscita questa settimana, è quello a cui darei più fiducia. Il condizionale è d’obbligo.
Il consiglio di Ford: stop the Malick art.
Se c'è una cosa che, come sapete, non sopporto, è il radicalchicchismo. Seguito a ruota dalla nuova dimensione da santone di Terrence Malick.
Nonostante i deliri di onnipotenza, però, parliamo comunque di un signor regista, che qui dalle nostre parti potrebbe trovare giusto degli stagisti per i suoi stagisti addetti alla pulizia delle lenti degli obiettivi.
Dunque direi che un epigono italiano del suddetto ex grande cineasta statunitense è ben poco utile agli spettatori di tutto il mondo.
Ed in particolare al sottoscritto.

"Sai che ne capisci più tu di Cinema, del Cannibale!?"

sabato 26 ottobre 2013

Il potere dei soldi

Regia: Robert Luketic
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 106'




La trama (con parole mie): Adam Cassidy è un giovane di belle speranze pronto ad aggredire il mondo del lavoro nella speranza di fare successo come nuovo alfiere della telefonia mobile, nonostante l'apparente ostilità del suo capo, il magnate del settore Nicolas Wyatt.
Quando, licenziato, il giovane decide di sfruttare la carta di credito aziendale per una notte brava, diviene ricattabile, nonchè la pedina dello stesso Wyatt per mettere le mani sui progetti di un rivoluzionario smartphone creato dal suo storico rivale, Jock Goddard, che potrebbe conquistare non solo il mercato, ma anche la società dell'incattivito Nicolas.
Il rapporto con la direttrice marketing di Goddard e con la propria coscienza, però, muoveranno Cassidy verso una collaborazione con l'FBI che metterà i cattivi dove meritano e porterà al ragazzo tutte le opportunità possibili per un futuro da favoletta.
Neanche fosse un prodotto Disney.




Pensavo che sarebbe stato praticamente impossibile, almeno nel corso del duemilatredici, incappare in un'altra pellicola dello stesso livello di bruttezza assoluta di Dead man down, pronta a fare un figurone nella decina fordiana dedicata al peggio di fine anno, e invece sono stato contraddetto - e neppure poco - da Robert Luketic, regista di bassa lega che, comunque, in passato era perfino riuscito ad intrattenermi con il divertente La dura verità: Il potere dei soldi, infatti, riesce ad andare nettamente oltre alle già pressochè inesistenti aspettative che nutrivo in merito, attestandosi a schifezza galattica di caratura non indifferente, inutile cocktail di luoghi comuni, interpretazioni vergognose, miti più o meno solidi della settima arte caduti in rovina ed una serie di immagini da calendario di Chris Hemsworth girate principalmente per la gioia del pubblico femminile.
Un peccato per Gary Oldman, chiamato a recitare il ruolo del solito Gary Oldman schizzato, per Richard Dreyfuss - mito degli anni ottanta costretto a cucirsi addosso la figura del vecchio padre, triste eppure in qualche modo il migliore nel disastro generale - e per Harrison Ford, un tempo orgoglioso Indiana Jones e Han Solo, ed ormai solo un vecchio e pallido ritratto sbiadito di se stesso - e certo non per colpa dell'età anagrafica -, così come per Amber Heard, che non so se a causa della pochezza del film riesce a risultare perfino abbruttita ed ingrassata rispetto ai tempi di The rum diary o Drive angry, pellicole in grado di mostrare davvero tutto il suo potenziale.
Quello che resta oltre le critiche alle scelte di alcuni attori di fama mondiale di imbarcarsi in un'avventura di questo livello - portafoglio a parte - è davvero poco, se non un clamoroso mix di banalità e buchi di logica da far invidia ai peggiori horror ed una regia di un piattume da Guinness, alla quale finisce per essere preferibile quella amatoriale e che può pensare di vincere un confronto solo ed esclusivamente rispetto alle assurdità made in Italy portate in sala ogni settimana dai nostri lungimiranti ed acuti distributori.
Ogni spunto d'interesse che poteva essere legato all'utilizzo sempre crescente della telefonia come strumento di connessione globale associato ad internet o all'idea del "chi controlla i controllori" è letteralmente soffocato da una storiella di agghiacciante moralismo di fondo all'interno della quale il protagonista passa dall'essere uno squalo senza scrupoli mosso dal desiderio di denaro ed affermazione ad un vero e proprio boy scout al quale nessuno, alla fine, potrà rimproverare nulla, neppure la polizia, a capo della quale fa bella mostra di sè il rientrante Josh Holloway, che riesce a fare addirittura bella figura nella recitazione rispetto ai suoi ben più blasonati colleghi - ed è tutto dire -.
Pochezza a profusione, dunque, che unita all'approccio da Grillo parlante del redento "eroe" rende la visione ancora più indigesta, e senza dubbio forte la candidatura per Il potere dei soldi al podio dei "worst three" dell'anno: dimostrazione pratica del fatto che, quando pensi di aver incontrato il peggio, sei solo all'inizio del tuo percorso attraverso "una selva oscura".
A pensarci bene, sarebbe quasi stato più divertente passare un'ora e mezza a difendersi dagli attacchi dei gestori telefonici pronti a tempestare di chiamate per proporre questa o quella incredibile e vantaggiosissima offerta.


MrFord


"Money, get away
get a good job with more pay and you're okay
money, it's a gas
grab that cash with both hands and make a stash
new car, caviar, four star daydream,
think I'll buy me a football team."
Pink Floyd - "Money" - 



domenica 19 febbraio 2012

30 days of White Russian series

La trama (con parole mie): e dopo musica, libri e film è giunto il momento delle serie tv, a chiudere un weekend in casa Ford completamente dedicato alle catene che hanno percorso l'intera blogosfera nell'ultimo periodo.
Ecco, dunque, i consigli del sottoscritto per 30 giorni in compagnia delle serie più toste, accattivanti o semplicemente amate alla follia che ho scoperto, vissuto ed esplorato dalla prima all'ultima puntata dai tempi in cui, da bambino, lo spauracchio Bob infestava i miei incubi peggiori.


Giorno 1 - Il primo telefilm che hai visto: Dynasty e Dallas, che seguiva mia madre. Mi ricordo che impazzivo quando Krystle e Alexis se le davano di santa ragione.
Giorno 2 - Il tuo telefilm preferito: Lost. Niente è stato più lo stesso, dopo.
Giorno 3 - Il telefilm che non ti piace: Sex and the city o Desperate housewives. Le cose troppo da donna, insomma.
Giorno 4 - Il telefilm più divertente: concordo con il Cannibale, le prime due stagioni di Misfits sono inarrivabili.



Giorno 5 - Il telefilm che guardi sempre con piacere: Californication. Quel vecchio marpione di Moody mi diverte sempre.
Giorno 6 - Il telefilm con la migliore sigla iniziale: True blood.
Giorno 7 - Il telefilm che ti ricorda qualcuno: Alias. Mi ricorda mio padre che da anni dice di volerlo vedere tutto dall'inizio alla fine, e poi i cofanetti restano lì dove sono.
Giorno 8 - Il telefilm della tua adolescenza: Beverly Hills 90210, quando iniziò il mio legame con i personaggi dei "finti cattivi" - Dylan, il più fordiano dei fighetti  - e provai la prima cotta per un personaggio di fiction - Brenda Walsh -.



Giorno 9 - Il telefilm con i migliori dialoghi: I Soprano.
Giorno 10 - Il telefilm con il tuo attore preferito: Dexter con Michael C. Hall.
Giorno 11 - Il telefilm con la tua attrice preferita: Friday night lights con Connie Britton.
Giorno 12 - Il telefilm con il tuo regista preferito: Twin Peaks con David Lynch.


Giorno 13 - Il telefilm che non hai mai concluso: Heroes, dalla seconda stagione ha avuto un crollo di qualità pazzesco.
Giorno 14 - Il telefilm attuale che meriterebbe l'Emmy Award: Game of thrones, stupendo.
Giorno 15 - Il telefilm con la migliore trama: più che migliore trama, è il telefilm che ha il miglior senso complessivo. Six feet under.
Giorno 16 - Il telefilm che vorresti vivere in prima persona: Lost. Senza alcun dubbio.


Giorno 17 - Il telefilm che vorresti iniziare a vedere: vorrei provare Hawaii Five-O.
Giorno 18 - Il miglior telefilm drammatico: The Shield.
Giorno 19 - Il miglior telefilm commedia: Boris. Gli occhi del cuore rules.
Giorno 20 - ll telefilm con le tue scene preferite: Romanzo criminale. Daje Bufalè!



Giorno 21 - Il telefilm visto di recente: Homeland, lo stiamo ancora finendo. Niente male.
Giorno 22 - Il telefilm con il miglior finale: Six feet under. Sfido chiunque a non piangere su quell'ultima puntata.
Giorno 23 - Il telefilm di cui vorresti riscrivere il finale: Flashforward. E' vero che ormai era andato a rotoli, ma avrebbe comunque meritato una conclusione migliore.
Giorno 24 - Il telefilm con il miglior cast: Mad men.


Giorno 25 - Il telefilm più sottovalutato: Sons of anarchy. E' l'erede di The Shield. Con due palle così.
Giorno 26 - Il telefilm con le migliori coppie: Oz, anche se forse non sono proprio le coppie che ci si aspetterebbe.
Giorno 27 - Il telefilm con il tuo personaggio preferito: c'è da chiederlo? Lost. Un nome, una garanzia: James "Sawyer" Ford.


Giorno 28 - Il telefilm con il miglior antagonista: 24 a mani basse. Grandissimo Habib Marwan!
Giorno 29 - Il telefilm con la migliore guest star: Peter Criss dei Kiss in Oz!
Giorno 30 - Consiglia un telefilm a qualcuno: Breaking bad. L'ho scoperto da poco, ma merita alla grandissima.


MrFord

giovedì 16 febbraio 2012

Il respiro del diavolo

Regia: Stewart Hendler
Origine: Usa
Anno: 2007
Durata: 94'


La trama (con parole mie): Max è un criminale appena uscito di prigione che vuole rifarsi una vita con la fidanzata Roxanne ricominciando da capo prendendo in gestione un ristorante.
Peccato che al primo rifiuto del finanziamento necessario per avviare l'attività decida di rimettersi in affari con i suoi vecchi soci Sidney e Vince, e con la stessa Roxanne a seguito il gruppo si imbarchi nell'impresa di rapire un bambino di ottima famiglia per chiedere il riscatto.
Peccato che il bamboccio in realtà non sia proprio l'innocuo pargoletto che sembra, bensì una sorta di incarnazione del diavolo in versione fumettista pronto a far fuori tutti i componenti del gruppo.
Peccato che gli stessi componenti siano uno più cretino dell'altro eccetto Josh Holloway, che spinto dal successo di Sawyer presta le sue due espressioni ad un personaggio praticamente identico a quello del fuorilegge lostiano, ma con meno spessore.
Peccato che si sappia già come andrà a finire.
Peccato che abbiano girato questo film.




Ultimamente sono davvero stupito di quanti film di rara bruttezza siano capitati sugli schermi di casa Ford, che io me li sia cercati oppure no.
Devo ammettere che, nel caso de Il respiro del diavolo, in qualche modo già sapevo a cosa andavo incontro, considerate le pessime recensioni, il taglio televisivo e l'intento dell'operazione - ovvero sfruttare l'apice della popolarità di Josh Holloway nel pieno della realizzazione di Lost -, eppure sono riuscito a rimanere stupito - ed è stato quasi divertente, a piccolissime dosi - nello scoprire quanto in basso riescano ad arrivare alcune produzioni, praticamente le versioni statunitensi delle nostre fiction ed in quanto tali normalmente destinate agli agghiaccianti cicli del sabato sera su Canale 5.
In particolare, bisognerebbe soffermarsi sull'incredibile lavoro svolto dallo sceneggiatore Christopher Borrelli - con il regista non mi ci metto neppure, sarebbe un pò come sparare sulla croce rossa -, autore di uno degli script più elementari, banali ed agghiaccianti di cui abbia avuto prova negli ultimi mesi, tanto da scomodare paragoni importanti come quelli con Breaking dawn e Tekken - e tutti noi sappiamo già di cosa stiamo parlando -: del resto, trattandosi dell'autore della sceneggiatura di The Marine 2 - seguito del film con John Cena, per l'occasione interpretato da Ted DiBiase Jr. -, si dovrebbe già essere pronti a tutto, eppure il buon Chris riesce nella non facile impresa di lasciare a bocca aperta anche i più preparati tra i suoi detrattori, avvalendosi per farlo della collaborazione di un cast neppure così pessimo - Michael Rooker resta pur sempre un veterano, e si è visto cosa può fare Joel Edgerton quando stimolato da un regista con le palle - e di effetti talvolta quasi funzionali - occorre ammettere che i disegni del pargoletto indemoniato sono ottimamente realizzati, ed il grande "affresco" sulla parete della camera in cui il bambino è prigioniero ha senza dubbio il suo perchè -.
Gli snodi principali dello script, che si succedono con le stessa facilità che cominciano ad avere i drink buttati giù di colpo una volta superata la quota sbornia personale, appaiono telefonati e completamente, inesorabilmente trash, senza contare quelli che dovrebbero essere i cosiddetti colpi di scena sviluppati per inchiodare lo spettatore alla poltrona e che, dal canto loro, non fanno altro che indurre nell'audience un desiderio irrefrenabile di colpire fortissimo con una bella bottiglia come si deve la testa di regista e, ovviamente, sceneggiatore.
Il resto è trascurabile, dalla confezione alle interpretazioni, dalla tensione allo sfruttamento dell'ormai telefonatissimo elemento del bambino inquietante che si è visto passare sul grande e piccolo schermo in tutte le salse da Shining - proprio belli, quei tempi -: il dubbio, a parte che Holloway si sarà goduto i soldi intascati pensando a quanto stupidi dovevano essere produttori e spettatori per pensare di poter pagare per vedere una cosa simile, è che dietro la realizzazione de Il respiro del diavolo ci sia un'operazione di riciclaggio della mala come quella che vedeva Tony Soprano impegnare il nipote Christopher - un nome, una garanzia - come regista di un gangster/horror in modo da rendere puliti i soldi ricavati dalle attività illecite.
Un altro dubbio è che in quel caso il risultato fosse un gradino sopra questo.

MrFord

"I'm frightened by what I see
but somehow I know
that there's much more to come
immobilized by my fear
and soon to be
blinded by tears
I can stop the pain
if I will it all away."
Evanescence - "Whisper" -

lunedì 6 febbraio 2012

Mission impossible - Protocollo fantasma

Regia: Brad Bird
Origine: Usa
Anno: 2011
Durata: 133'


La trama (con parole mie): l'agente Ethan Hunt è liberato dal suo vecchio collaboratore, il tecnico Benji Dunn, e dall'agente Jane Carter dal cuore di una prigione a Budapest in modo da riprendere le fila di una missione che la stessa Carter ed il suo partner Trevor Hanaway avevano quasi portato a termine e che vede coinvolti una spietata killer francese ed una mente criminale di altissimo livello di origine svedese, una sorta di delirante messia in attesa di una nuova guerra nucleare.
Tra il Kremlino e Dubai, l'India e gli States, i nostri - cui si legherà anche l'analista William Brandt - si troveranno a dover lottare con le unghie e con i denti per sventare un olocausto atomico, portare a casa la pelle e vincere il confronto con i propri demoni interiori.





Riuscire a produrre un film action solido che sia una tamarrata ma, al contempo, risulti credibile nonostante l'evidente invito al pubblico a lasciarsi travolgere dall'assoluta straordinarietà degli eventi narrati e delle sequenze mostrate non è un'impresa da poco.
Tornando ormai parecchio indietro nel tempo, ricordo in particolare che soltanto il primo, indimenticabile Die Hard, o Predator - non a caso, firmati entrambi da John McTiernan - riuscirono in un impresa simile senza perdere in potenza in una o l'altra delle loro due facce: questo quarto, adrenalinico, divertentissimo capitolo della saga dell'agente Hunt e del brand Mission impossible può orgogliosamente vantarsi di essere inserito nel novero.
Era dai tempi dell'esordio di Tom Cruise nei panni dell'inossidabile Ethan firmato De Palma che non mi capitava di divertirmi così tanto, e dopo il troppo eccessivo capitolo targato John Woo e l'ultimo, bolso episodio girato da J. J. Abrams - forse l'unica produzione del geniaccio papà di Alias non in grado di trovare terreno fertile in casa Ford - il ritorno sul grande schermo dell'infallibile agente si rivela un successo in grado di mescolare abilmente divertimento, tecnica, una trama avvincente e scorrevole ed una robustissima e sana dose di spacconate grosse come il Burj Khalifa di Dubai, cornice della parte più sguaiata e da me ovviamente preferita del film.
Brad Bird, già regista dei magnifici Il gigante di ferro e Gli incredibili, passa dall'animazione alla fiction classica senza patire, e forte di un comparto tecnico notevole - dai titoli di testa all'esplosione del Kremlino, fino all'ormai nota scalata di Dubai del pazzo, pazzo Tom, che comunque non riesco a non farmi stare simpatico - porta a casa un risultato notevole nel suo genere, permettendo al pubblico di non annoiarsi nonostante una durata piuttosto consistente per un prodotto di questo tipo senza perdere neppure per un secondo l'ironia - Simon Pegg irresistibile, così come gli scambi Cruise/Renner -, concedendo momenti di grande soddisfazione al pubblico maschile sfruttando al meglio le due protagoniste femminili e tirando fuori dal cilindro un cattivo d'eccezione, rivalutando anche un attore che pensavo assolutamente inutile come Michael Nyqvist, che interpretò Blomqvist nella trilogia nordica di Millennium.
Il tutto - e grazie alla produzione della "lostiana" Bad Robot - trovando il tempo di inserire in una piccola parte anche il mio favorito dei tempi dell'isola più famosa del piccolo schermo, quel Josh Holloway dalle due espressioni che prestò volto e cuore al mio personaggio preferito di sempre nel mondo delle serie tv, quel Sawyer cui devo il mio nome da blogosfera e un sacco di cose che sarebbe troppo lungo raccontare.
Onestamente, non potevo davvero chiedere di più ad un prodotto che non è nient'altro che puro e prepotente intrattenimento, senza contare il colpo di scena finale e le ottime sequenze della tempesta di sabbia a Dubai e del faccia a faccia decisivo tra Hunt e Hendricks nel parcheggio con tanto di lotta senza quartiere per la valigetta con i controlli della testata nucleare contesa.
E come se non bastasse, Bird condisce il tutto con un pò di Guerra Fredda, sfruttando il rapporto da nemiciamici di Hunt e gli agenti dell'intelligence russa.
Un cocktail esplosivo, tamarrissimo e profondamente autoironico che non solo si rivela un ottimo prodotto realizzato alla grande, ma mi fa addirittura sperare che il pazzoide Tom, assistito dai suoi deliri di Scientology, mantenga questa forma incredibile nonostante i quasi cinquanta e ci regali, affiancato dalla stessa squadra, un altro capitolo delle avventure mozzafiato dell'agente Hunt.


MrFord


"Now, what do you own the world?
How do you own disorder, disorder?
Now somewhere between the sacred silence
sacred silence and sleep
somewhere, between the sacred silence and sleep
disorder, disorder, disorder."
System of a down - "Toxicity" -

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