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martedì 3 maggio 2016

Point break

Regia: Ericson Core
Origine: USA, Germania, Cina
Anno: 2015
Durata:
114'








La trama (con parole mie): l'atleta di sport estremi Johnny Utah, sconvolto dalla morte di un compagno d'avventure nel corso di un'impresa, decide di mollare l'ambiente e dedicarsi allo studio della Legge prima di iscriversi all'Accademia dell'FBI. Una volta entrato nell'Agenzia, viene reclutato per indagare sui colpi che paiono essere effettuati da una banda di eco-terroristi dediti proprio agli sport estremi, che si è già messa alla prova con due prove apparentemente impossibili da superare.
Utah, affiancato dal veterano Pappas, si troverà a tentare l'inserimento nelle dinamiche del gruppo di drogati di adrenalina guidato da Bodhi per comprendere le loro ragioni e fermarli prima che portino a termine il progetto di rivoluzione che hanno da tempo pianificato.











Devo ammetterlo: partivo molto, molto prevenuto rispetto al remake di Point break, uno degli action movie preferiti di questo vecchio cowboy, nonchè tra i miei titoli favoriti in assoluto, dunque questo (inutile) remake si muoveva al Saloon praticamente su un campo minato.
Ma non mi aspettavo che fosse ancora più brutto di quanto potessi immaginare.
Come ho letto non ricordo neppure dove, questa sorta di eccessivamente lungo videoclip che pare il figlio illegittimo di una GoPro ed una lattina di Red Bull non solo lavora alacremente in modo da causare spasmi incontrollati di rabbia in chi ha amato l'originale, ma finisce per non risultare neppure accattivante agli occhi di chi, per generazione o scellerata casualità, della pellicola di Katheryn Bigelow non ha mai neppure sentito parlare: plausibilità e logica zero, personaggi piatti e poco interessanti, il confronto, l'amicizia ed il conflitto tra Utah e Bodhi appiattito neanche ci trovassimo nella peggiore delle fiction, tatuaggi sparsi sui corpi dei protagonisti come se piovesse e clamorosamente frutto di un pessimo trucco - mai visti tattoos così brillanti neppure appena fatti, senza contare gli improbabili disegni che fanno capolino sullo stesso Utah -, un crescendo che elimina totalmente l'escalation fatta di dubbi e speranze dell'originale per lasciare spazio ad una serie di spot che paiono presi da Youtube tra snowboard, surf, motociclette e chi più ne ha, più ne metta.
Perfino la spinta che muove la banda di Bodhi a compiere i colpi perde clamorosamente il confronto: da aspiranti giovani surfisti pronti a finanziare con le rapine in banca "un'estate senza fine" ed il sogno di vivere per sempre "forever young", infatti, gli Ex-Presidenti divengono una cricca di eco-terroristi wannabe Robin Hood - pronti, però, a farsi finanziare dal giovane mediorientale ricco sfondato di turno - determinati a seguire i dettami new age di un santone morto proprio nel tentativo di compiere una delle imprese che i "nostri" portano a termine senza neppure troppa fatica.
Una debacle sotto tutti i punti di vista, che perde completamente il focus dell'originale rispetto alla spinta al superare i limiti - propri e della Natura -, qui irrisi senza neppure battere ciglio, e che anche senza prendere in considerazione la pellicola d'ispirazione appare come il più piatto action da due soldi buono giusto per il weekend su Italia Uno.
Se non altro, questo terrificante esperimento privo di pathos e di idee, nonchè dell'epicità del suo ispiratore, avrà grande spazio nella classifica di fine anno dedicata al peggio della stagione cinematografica, all'interno della quale sfiderà davvero i limiti estremi che tanto paiono piacere - almeno sulla carta - agli autori di questa roba, degna dei più spompati adolescenti youtubbers che sognano una realtà da superfighi da spiaggia.
Ma non voglio che questo sia un vero e proprio massacro: se non altro, un colpo di scena - quello del destino di Samsara, la Tyler di questa versione - è parso quantomeno lontanamente coraggioso, anche se l'inutilità del personaggio della donna in teoria contesa tra Utah e Bodhi di fatto annulla qualsiasi potenziale effetto benefico del suo utilizzo drammatico.
Io spero che Ericson Core e soci sappiano nuotare, perchè se questo film nasce per cavalcare l'onda, l'unica cosa certa delle sue evoluzioni sulla tavola sono i fondali non sempre ospitali dell'oceano.
Dove, comunque, mi pare giusto che stia.
E non perchè si tratta di un tesoro.





MrFord






"People
keep on learnin'
soldiers
keep on warrin'
world,
keep on turnin'
cause it won't be too long.
Powers
keep on lyin',
while your people
keep on dyin'
world,
keep on turnin',
cause it won't be too long."
Red Hot Chili Peppers - "Higher ground" - 





lunedì 7 settembre 2015

Tracers

Regia: Daniel Benmayor
Origine: USA
Anno: 2015
Durata: 94'






La trama (con parole mie): Cam, un giovane ciclista pony express per le strade di New York, è perseguitato dalla mafia cinese a causa di un debito accumulato nel periodo della morte della madre e del suo passato, segnato dal riformatorio e da un primo reato con detenzione da adulto.
Quando la sua strada incrocia quella di Nikki, che con il fratello Dylan ed un gruppo di amici si dedica al parkour, i suoi orizzonti cambiano: convinto a scoprire di più della ragazza e deciso ad allenarsi in quella spettacolare disciplina, Cam si ritroverà in poco tempo membro del gruppo, diretto dal misterioso Miller e sfruttato dallo stesso per la consegna di pacchi di natura non esattamente legale.
Inizialmente tutto pare funzionare alla perfezione, con i soldi che arrivano ed una nuova famiglia pronta ad accoglierlo, ma quando i misteri di Miller ed il legame sempre più forte con Nikki romperanno l'ingranaggio, la situazione precipiterà.









Sarà per il naturale bisogno di stacco dopo mesi di lavoro continuativi, per l'arrivo del caldo e dell'estate, ma nella stagione del mare e del sole adoro godermi serate all'insegna di alcool e filmacci trash ed assolutamente ignoranti come Tracers, una robetta talmente inutile da far apparire il discreto ed associabile a questo genere Premium Rush come una sorta di pietra miliare della cinematografia mondiale.
Il lavoro di Daniel Benmayor, assolutamente risibile per quel che riguarda script ed evoluzione della trama, intrattiene come dovrebbe fare una proposta in questo periodo, ovvero strappando sorrisi di quasi compassione ed un paio di occhiate di approvazione all'indirizzo della parte tecnica ed action della pellicola, spesa con un occhio discreto al servizio delle evoluzioni di parkour dei protagonisti: in questo senso, occorre riconoscere all'ex licantropo di Twilight Taylor Lautner - decisamente più atletico e meno pompato che ai tempi della saga di Edward e Bella - di essersi applicato più che discretamente alla disciplina, realizzando alcuni dei passaggi di persona ed in maniera assolutamente credibile.
Per il resto, la pellicola è la classica e stereotipata sbrodolata pseudo action che negli anni ottanta sarebbe scomparsa di fronte ai mostri sacri del genere ed ora trova uno spazio proprio a causa della mancanza di alternative per gli appassionati del genere, che comunque resteranno più che perplessi di fronte alla svolta romantica della seconda parte, con il main charachter Cam impegnato in una sorta di battaglia per conquistare Nikki, misteriosa fanciulla che ha finito per incrociare - ed ha deciso di non scomparire di conseguenza - la sua strada.
Probabilmente il buon Benmayor deve aver imparato a memoria, ai tempi, supercult come Speed, cercando di filtrare quella che era la sfrenata pulsione all'eccesso che l'action ha trasmesso al suo pubblico fino ai primi anni novanta attraverso il gusto attuale, protagonisti molto giovani ed un approccio comunque tutto sommato simpatico - si veda il siparietto della bicicletta rubata, particolare cui avevo pensato all'inizio della sequenza in questione -: peccato che Tracers non abbia, di fatto, il carattere o il fascino per essere più di una sveltina da vacanza pronta a scomparire dalla memoria con le prime avvisaglie dell'autunno.
Non che ci sia troppo da lamentarsi, del resto: in fondo, in questo periodo dell'anno, di fatto, almeno in termini artistici e cinematografici, non chiedo davvero altro.
Se, dunque, dovesse capitarvi di avere una serata da divano, birra gelata e rutto libero, avete di che divertirvi mandando in libera uscita neuroni e buon senso con questo piroettante tentativo di portare l'action dei bei tempi nel nuovo millennio.
Non che il regista sia riuscito nell'intento - di fatto tutto è prevedibile, ridicolo, troppo teen, troppo poco tamarro nel senso eighties del termine -, ma a volte basta anche un tentativo di mostrare la buona volontà per evitare le bottigliate peggiori.




MrFord




"In the city there's a thousand men in uniforms
and I've heard they now have the right to kill a man
we wanna say, we gonna tell ya
about the young idea
and if it don't work, at least we still tried."
The Jam - "In the city" - 





mercoledì 14 novembre 2012

24 - Stagione 5

Produzione: Fox
Origine: USA
Anno: 2006
Episodi:
24




La trama (con parole mie):  sono passati diciotto mesi da quando Jack Bauer ha simulato la sua morte per sfuggire alla cattura da parte del governo cinese, finendo per vivere sotto mentite spoglie nella campagna californiana lavorando alla giornata.
Quando l'ex Presidente Palmer e i due ex agenti Tony Almeyda e Michelle Dessler vengono uccisi - tre delle quattro persone a conoscenza del segreto di Jack - Bauer viene allo scoperto avventurandosi in una caccia serrata non soltanto agli assassini dei suoi amici, ma anche ad un misterioso gruppo terroristico venuto in possesso di un quantitativo ingente di gas nervino.
Sullo sfondo, l'incontro tra il Presidente Logan ed il premier russo, i giochi di potere all'interno del CTU ed un intrigo che scoprirà del marcio ben più in profondità di quanto ci si potrebbe aspettare: per Jack, reintegrato in servizio, non sarà affatto un'impresa facile salvare la situazione e smascherare il vero colpevole.





Quando, ormai cinque anni fa, in casa Ford iniziammo a seguire 24 - una delle serie di maggiore successo ai tempi del boom di Lost - onestamente non pensavo che le vicissitudini di Jack Bauer avrebbero guadagnato il favore del sottoscritto in questo modo grazie ad un equilibrio perfetto - e crescente - di azione e consistenza: quello che, negli anni precedenti, era stato Alias, trova dunque un sostituto anche migliore, letteralmente esploso nelle ultime due annate che abbiamo seguito.
Già con la quarta stagione, infatti, il ritmo vertiginoso e la quantità di avvenimenti e colpi di scena improvvisi erano riusciti a sbalordirmi, ma non mi aspettavo che con questa quinta gli autori sarebbero riusciti a bissare il successo portando a casa ventiquattro episodi da cardiopalma, impreziositi da continui cambi di direzione, ritmo serratissimo ed un protagonista sempre più votato al superamento dei limiti.
Perchè Jack Bauer completa, di fatto, il suo passaggio a pieno diritto nelle schiere dei reazionari con una facilità che quasi lascia l'audience nel dubbio che "l'eroe" non sia addirittura più "cattivo" degli stessi criminali: la sua sete di vendetta, l'inclinazione ad ignorare indicazioni, ordini e comandi dei superiori pur di raggiungere i suoi scopi, la violenza imposta ai sospetti, il completo ignorare i patti stretti con gli stessi, rendono il protagonista di 24 uno dei più oscuri che il piccolo schermo abbia offerto dai tempi di Vic Mackie, e fanno pensare all'Ispettore Callaghan eastwoodiano come una sorta di scolaretto timido e buonista.
In particolare, le sequenze che legano Jack a Christopher Henderson - il Peter Weller di Robocop, per intenderci - entrano di diritto tra i cult della stagione - la pistolettata alla gamba della moglie di Henderson in modo da costringerlo a confessare, il faccia a faccia finale tra i due - mostrano il lato più feroce e giustizialista di Bauer, che fin dai primi episodi pare aver definitivamente abbandonato anche quelle già fievoli remore che gli erano costate qualche senso di colpa nel corso delle prime tre stagioni.
L'evolversi della trama, inoltre, porta l'agente che pare più un cane sciolto a fronteggiare in nome della Giustizia - o quasi - anche il personaggio che meno si sospetterebbe, in un climax conclusivo che mette in discussione non soltanto i nemici esterni agli USA - tutti debellati con una discreta facilità - ma soprattutto quelli interni: come se non bastasse, il ritorno clamoroso dei cinesi al termine dell'ultimo episodio lascia presagire una prossima annata consacrata ai danni che Jack farà nella terra della Grande Muraglia, che pare non aver preso in considerazione il fatto di essersi portata in grembo uno dei più pericolosi figli di puttana mai creati per la tv.
Senza dubbio, inoltre, questa sesta è stata la stagione di svolta dell'intero blocco della serie, con l'eliminazione drammatica di molti di quelli che erano stati protagonisti delle prime serie - l'ex Presidente David Palmer, il tecnico del CTU Edgar, Tony Almeyda e Michelle Dessler -, quasi a mostrare al pubblico non soltanto un cambio di rotta con l'occhio rivolto a quello che lo attenderà in futuro ma anche una buona dose di spietatezza, presa probabilmente in prestito dal protagonista, che non avrà avuto problemi a fornirla.
Oltre ad un prodotto d'azione ottimo, 24 resta diviene sempre più una testimonianza importante degli anni del terrore post-undici settembre e del bushismo, aggrappandosi con tutte le sue forze ad un "eroe" violento e spesso e volentieri pronto a porsi al di sopra di tutto e tutti pur di concludere la propria missione: una sorta di avvertimento per i nemici della sicurezza - dentro e fuori i confini - degli States.
Un monito in stile "provateci, a vostro rischio e pericolo" che a tratti esalta, a volte quasi fa sorridere, ma che, di fondo, lascia più di un inquietante interrogativo su quella che potrebbe essere - o è, in certi casi - la condotta degli uomini di potere, e soprattutto delle loro "braccia armate".


MrFord


"Bang bang
that cell door's closin' in
bang bang
here I go again
bang bang
those chains around my legs
bang bang
this is where the highway ends."
Lynyrd Skynyrd - "Bang bang" -




lunedì 6 febbraio 2012

Mission impossible - Protocollo fantasma

Regia: Brad Bird
Origine: Usa
Anno: 2011
Durata: 133'


La trama (con parole mie): l'agente Ethan Hunt è liberato dal suo vecchio collaboratore, il tecnico Benji Dunn, e dall'agente Jane Carter dal cuore di una prigione a Budapest in modo da riprendere le fila di una missione che la stessa Carter ed il suo partner Trevor Hanaway avevano quasi portato a termine e che vede coinvolti una spietata killer francese ed una mente criminale di altissimo livello di origine svedese, una sorta di delirante messia in attesa di una nuova guerra nucleare.
Tra il Kremlino e Dubai, l'India e gli States, i nostri - cui si legherà anche l'analista William Brandt - si troveranno a dover lottare con le unghie e con i denti per sventare un olocausto atomico, portare a casa la pelle e vincere il confronto con i propri demoni interiori.





Riuscire a produrre un film action solido che sia una tamarrata ma, al contempo, risulti credibile nonostante l'evidente invito al pubblico a lasciarsi travolgere dall'assoluta straordinarietà degli eventi narrati e delle sequenze mostrate non è un'impresa da poco.
Tornando ormai parecchio indietro nel tempo, ricordo in particolare che soltanto il primo, indimenticabile Die Hard, o Predator - non a caso, firmati entrambi da John McTiernan - riuscirono in un impresa simile senza perdere in potenza in una o l'altra delle loro due facce: questo quarto, adrenalinico, divertentissimo capitolo della saga dell'agente Hunt e del brand Mission impossible può orgogliosamente vantarsi di essere inserito nel novero.
Era dai tempi dell'esordio di Tom Cruise nei panni dell'inossidabile Ethan firmato De Palma che non mi capitava di divertirmi così tanto, e dopo il troppo eccessivo capitolo targato John Woo e l'ultimo, bolso episodio girato da J. J. Abrams - forse l'unica produzione del geniaccio papà di Alias non in grado di trovare terreno fertile in casa Ford - il ritorno sul grande schermo dell'infallibile agente si rivela un successo in grado di mescolare abilmente divertimento, tecnica, una trama avvincente e scorrevole ed una robustissima e sana dose di spacconate grosse come il Burj Khalifa di Dubai, cornice della parte più sguaiata e da me ovviamente preferita del film.
Brad Bird, già regista dei magnifici Il gigante di ferro e Gli incredibili, passa dall'animazione alla fiction classica senza patire, e forte di un comparto tecnico notevole - dai titoli di testa all'esplosione del Kremlino, fino all'ormai nota scalata di Dubai del pazzo, pazzo Tom, che comunque non riesco a non farmi stare simpatico - porta a casa un risultato notevole nel suo genere, permettendo al pubblico di non annoiarsi nonostante una durata piuttosto consistente per un prodotto di questo tipo senza perdere neppure per un secondo l'ironia - Simon Pegg irresistibile, così come gli scambi Cruise/Renner -, concedendo momenti di grande soddisfazione al pubblico maschile sfruttando al meglio le due protagoniste femminili e tirando fuori dal cilindro un cattivo d'eccezione, rivalutando anche un attore che pensavo assolutamente inutile come Michael Nyqvist, che interpretò Blomqvist nella trilogia nordica di Millennium.
Il tutto - e grazie alla produzione della "lostiana" Bad Robot - trovando il tempo di inserire in una piccola parte anche il mio favorito dei tempi dell'isola più famosa del piccolo schermo, quel Josh Holloway dalle due espressioni che prestò volto e cuore al mio personaggio preferito di sempre nel mondo delle serie tv, quel Sawyer cui devo il mio nome da blogosfera e un sacco di cose che sarebbe troppo lungo raccontare.
Onestamente, non potevo davvero chiedere di più ad un prodotto che non è nient'altro che puro e prepotente intrattenimento, senza contare il colpo di scena finale e le ottime sequenze della tempesta di sabbia a Dubai e del faccia a faccia decisivo tra Hunt e Hendricks nel parcheggio con tanto di lotta senza quartiere per la valigetta con i controlli della testata nucleare contesa.
E come se non bastasse, Bird condisce il tutto con un pò di Guerra Fredda, sfruttando il rapporto da nemiciamici di Hunt e gli agenti dell'intelligence russa.
Un cocktail esplosivo, tamarrissimo e profondamente autoironico che non solo si rivela un ottimo prodotto realizzato alla grande, ma mi fa addirittura sperare che il pazzoide Tom, assistito dai suoi deliri di Scientology, mantenga questa forma incredibile nonostante i quasi cinquanta e ci regali, affiancato dalla stessa squadra, un altro capitolo delle avventure mozzafiato dell'agente Hunt.


MrFord


"Now, what do you own the world?
How do you own disorder, disorder?
Now somewhere between the sacred silence
sacred silence and sleep
somewhere, between the sacred silence and sleep
disorder, disorder, disorder."
System of a down - "Toxicity" -

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