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lunedì 24 febbraio 2020

White Russian's Bulletin


Nuova edizione del Bulletin in diretta dall'epicentro della psicosi indotta dai media rispetto al Coronavirus, ennesima dimostrazione di quanto il Nostro Paese sia purtroppo piuttosto indietro rispetto a svariate parti del mondo, culturalmente parlando: ma onde evitare polemiche, torno sul caro, vecchio Cinema raccontando quello che è passato su questi schermi negli ultimi giorni, a partire dal recupero di una delle pellicole più recensite a cavallo della Notte degli Oscar che mi aveva visto protagonista, di recente, di un tracollo da divano clamoroso. Ce l'avrò fatta, questa volta, ad affrontare Jojo Rabbit?


MrFord



JOJO RABBIT (Taika Waititi, Nuova Zelanda/Repubblica Ceca/USA, 2019, 108')

Jojo Rabbit Poster


Ford incontra Jojo Rabbit, capitolo due.
Alle spalle il clamoroso tracollo della settimana della Notte degli Oscar, ho affrontato nuovamente il lavoro di Waititi preparandomi il terreno: in una sera in solitaria, di ritorno dalla palestra, ho ritenuto opportuno affrontare la visione mangiando il mio tradizionale kebabbazzo del mercoledì sera in modo da limitare il rischio di un coma da divano, riuscendo ad occupare una buona metà della visione accompagnato dal cibo.
Vicende del sottoscritto a parte, comunque, com'è andata?
Ho trovato Jojo Rabbit interessante, un abile mix di Wes Anderson e di Amelie, con una colonna sonora pazzesca, un ottimo Sam Rockwell - che, del resto, per me ormai è una garanzia - ed un paio di sequenze da ricordare - stupenda quella della scoperta del destino della madre da parte del piccolo protagonista -: le idee ci sono, l'ironia e la profondità anche, forse l'unica pecca è che risulti tutto un filo troppo fiabesco, ma può andare bene anche così. 
In fondo, emozionarsi per una fiaba non ha mai fatto male a nessuno.




POLIZIOTTO IN PROVA (Tim Story, USA, 2014, 99')

Poliziotto in prova Poster

Sempre per arginare i crolli da divano, e forte dello scorso weekend rinforzato dai riposini pomeridiani, ho recuperato questa mezza tamarrata di qualche anno fa sulla piattaforma di Prime, giusto per passare una serata senza troppi pensieri prima dell'inizio di una settimana lavorativa che avrebbe portato, ma ancora non lo sapevo, alla situazione di psicosi da apocalisse che si sta vivendo ora qui nel Lodigiano.
Il film di Tim Story non è niente di che, ma come action buddy movie regala i suoi momenti da risata sguaiata e rutto libero, complice il botta e risposta continuo tra Kevin Hart - che è perfetto per questi ruoli - e Ice Cube, che come tipo tosto fa sempre la sua figura.
Nulla di trascendentale, ma per farsi due risate senza impegno ci può stare.




AMERICAN GODS - STAGIONE 1 (Starz, USA, 2017)

American Gods Poster

Qualche anno fa avevo molto apprezzato il romanzo firmato da Neil Gaiman, e pur se colpevolmente con un certo ritardo, ho finalmente deciso di recuperare la serie dallo stesso ispirata, giunta ormai alle porte della terza stagione e presentata ai tempi dell'uscita come un titolo pronto a diventare un riferimento del genere.
Non ricordo nel dettaglio l'evoluzione della storia di Moon nel romanzo, ma senza dubbio American Gods risulta interessante, fuori di testa e fordiano abbastanza per prendersi il suo spazio al Saloon fino a quando la corsa dell'ex galeotto protagonista e del suo mentore/capo/qualunquecosasia Wednesday proseguirà: divinità vecchie e nuove, vizi capitali, morti che risorgono e morti che restano morti e basta, ironia nera, molto alcool ed un pizzico di dramma rendono questa proposta una delle più interessanti del passato recente del Saloon, reduce da mesi di un piccolo schermo sottotono almeno quanto il grande. 
Si è ancora raccontata una minima parte della vicenda, speriamo che, con la seconda e la terza stagione, oltre ad approfondire la storia si ingrani una marcia ancora più decisa.


lunedì 17 febbraio 2020

White Russian's Bulletin


Alle spalle la Notte degli Oscar ed il mancato post di commento alla stessa - quest'anno, devo dire, è andata di gran lusso grazie a Parasite -, torna il Bulletin nella sua formula tradizionale e legato almeno in parte ai titoli che hanno preso parte alla cerimonia più nota dell'anno cinematografico. Accanto a loro il Saloon ritrova un trio di vecchi amici che si erano perduti e prosegue nel recupero di una serie divenuta ormai un cult, paradossalmente, per i più piccoli di casa Ford.


MrFord



1917 (Sam Mendes, USA/UK/India/Spagna/Canada, 2019, 119')

1917 Poster


Il grande favorito - ed il grande deluso - degli Oscar 2020, è giunto sugli schermi del Saloon qualche giorno prima della Notte, rafforzando l'impressione - fortunatamente sbagliata - che si sarebbe giocato l'incetta delle statuette con Joker, considerata l'abilità di entrambe le pellicole di risultare ad un tempo autoriali e profondamente pop.
Sam Mendes, che non è proprio l'ultimo arrivato, gira con grande tecnica una storia bellica che pare shakerare Dunkirk e Salvate il soldato Ryan, formalmente ineccepibile, arricchita da un paio di twist molto interessanti ma, a conti fatti, priva del cuore che ci si aspetterebbe da un titolo di questo genere.
Si lascia guardare, alimenta molto bene la tensione, rende molto bene le potenzialità dei mezzi tecnici che il Cinema oggi offre, eppure manca la scintilla che rende un buon film qualcosa di davvero memorabile, o che, nonostante sia stato ispirato dai racconti del nonno del regista, reduce della Seconda Guerra Mondiale, il regista avesse davvero la necessità di raccontare.





ODIO L'ESTATE (Massimo Venier, Italia, 2020, 110')

Odio l'estate Poster

Ricordo benissimo gli esordi televisivi di Aldo, Giovanni e Giacomo, così come la loro esplosione ai tempi di Mai dire gol e de I corti in teatro. Divenuti campioni d'incassi con il loro primo film Tre uomini e una gamba, ebbero il grande merito di far riscoprire una comicità all'italiana leggera e mai volgare, che fino a Chiedimi se sono felice - a mio parere il loro lavoro migliore - ed in parte a Tu la conosci Claudia? riuscirono a mantenere a livelli interessanti. 
Poi, come spesso accade per i comici consolidati, finirono vittime di loro stessi attraversando un decennio totalmente da dimenticare sia in televisione che al Cinema, finendo per allontanarsi da quello che era stato lo spirito del loro inizio: fortunatamente, ricongiuntisi con il vecchio amico Massimo Venier, i tre paiono aver ritrovato proprio quello spirito in Odio l'estate, dai tempi del già citato Chiedimi se sono felice di gran lunga la loro produzione migliore.
Forse parzialmente telefonato, ma genuino e piacevole, questo nuovo film porta con sé la malinconia che, a fine estate, rapisce da bambini così come da adulti, con la sensazione che la stagione delle vacanze e degli amori effimeri sia ad un tempo il momento più bello e più terribile dell'anno, perchè così come in grado di regalare magie, spietatamente giunge al termine sempre troppo presto.
Un pò come la vita. Ed è bello che Aldo, Giovanni e Giacomo non solo se ne siano ricordati, ma siano riusciti a raccontarlo quasi al loro meglio.




SCRUBS - STAGIONE 6 (ABC, USA, 2007)

Scrubs: Medici ai primi ferri Poster

Prosegue il recupero dell'intera cavalcata di Scrubs, ai tempi seguita saltuariamente dal vecchio cowboy e divenuta a scoppio ritardato uno dei cult del Saloon soprattutto grazie alla presa avuta sui Fordini ed alla presenza di un idolo totale come il dottor Cox.
Al sesto giro di giostra i medici del Sacro Cuore mostrano i primi segnali di stanca tipici delle produzioni lunghe, ed un mordente che non pare più quello degli esordi nonostante i numerosi avvenimenti importanti della stagione - il consolidamento del matrimonio di Turk e Carla, il secondo nato in casa Cox, il matrimonio di Elliot, il figlio di J.D. -: Scrubs è sempre piacevolissimo da vedere e per accompagnare i sempre più incasinati pasti di Casa Ford è perfetto, eppure in cuor mio spero, con la settima stagione, di poter assistere ad un colpo di coda che mi permetta di affrontare le ultime tre annate al meglio, e non con l'impressione che avrebbero dovuto chiudere prima.




JOJO RABBIT (Taika Waititi, Nuova Zelanda/Repubblica Ceca/USA, 2019, 108')

Jojo Rabbit Poster


L'appuntamento con Jojo Rabbit, uno dei titoli più recensiti anche qui nella blogosfera nel periodo precedente la Notte degli Oscar, è stato tra i più assurdi della mia vita recente di spettatore: tra lavoro, palestra, ritmi incalzanti e circo dei Fordini, nell'ultimo anno ho diminuito molto la mia percentuale di film visti alla sera, ma mai come nel giorno di Jojo Rabbit ho avuto un tracollo clamoroso.
Dei venti minuti scarsi visti a pezzi a fronte dei quasi centodieci complessivi, devo ammettere che il lavoro di Taika Waikiki mi è parso interessante ed emotivamente pronto a colpire - al contrario, ad esempio, di 1917 -, un pò come se avessero mescolato Wes Anderson ad una commediaccia tamarra ma dal cuore d'oro.
Sospendo il parere sul voto, e mi riprometto un recupero in tempi non sospetti, magari nel weekend, decisamente più lontano dal rischio crollo che ormai è un must della settimana lavorativa.

lunedì 20 gennaio 2020

White Russian's Bulletin



Alle spalle le Feste, al Saloon si è ripresa con la consueta, e purtroppo ormai piuttosto scarna, programmazione limitata dagli impegni in famiglia, di lavoro, al lungo weekend di festeggiamenti per il compleanno del Fordino e alla stanchezza che, dopo cena, coglie inesorabilmente e spesso e volentieri il sottoscritto.
Ad ogni modo, per limitare i danni, a questo giro di giostra ne ho per tutti i gusti: un romanzo, una serie e un film. Quantomeno, posso dire di aver spaziato.


MrFord



I AM A KILLER (Netflix, UK, 2018)

I Am a Killer Poster

Proseguendo sull'onda che ha visto gli occupanti di casa Ford percorrere le strade del documentario offerte da Netflix in ambito serial killers e affini, si è inserita quasi a chiudere la parentesi I am a killer, una miniserie in dieci episodi che propone interviste ad occupanti del braccio della morte in alcune delle strutture detentive degli States.
Dieci storie diverse per dieci assassini diversi che, purtroppo, paiono avere un solo denominatore comune, l'infanzia difficile e legata a doppio filo ad ambienti a rischio, che fosse per contesto sociale, inclinazioni dei genitori, difficoltà economiche o dipendenze.
In questo caso non assistiamo a ritratti di serial killers, bensì a quelli - molto più disperati - di una miseria umana che finisce per non trovare altro sfogo se non quello della violenza: senza dubbio, nel corso degli episodi, si trovano spunti e trame che verrebbero buone per produzioni cinematografiche, ma non si ha troppo tempo per pensare. Resta ad aleggiare un alone di tristezza per tutte le vite spezzate, da una parte all'altra delle sbarre di un carcere.
In termini tecnici, interessanti i racconti, decisamente meno le ricostruzioni.




CASINO TOTALE (Jean Claude Izzo, Francia, 1995)

Risultati immagini per casino totale izzo

Come già preannunciato nel corso dei Ford Awards dedicati alle letture del duemiladiciannove, Casino totale è stato una vera e propria sorpresa: regalatomi qualche anno fa da una vecchia amica, è un noir dai toni tristi e malinconici che racconta più sconfitte che vittorie, eppure è anche uno dei romanzi più traboccanti di passione per la vita che ricordi, un ritratto stupendo di Marsiglia ed una riflessione splendida e pulsante dell'amicizia e dell'amore.
Il legame tra i tre protagonisti, cresciuti insieme e poi separatisi, si può dire, proprio a causa del loro eccesso di voglia di vivere, e quello di Fabio, pronto a scoprire la verità e cercare di rimettere a posto i cocci delle loro vite, con le donne che ha amato e che forse potrà amare, è descritto come solo qualcuno che ha vissuto davvero nel senso più profondo del termine potrebbe fare. 
Dovessi pensare di paragonare Casino totale a qualcosa, direi che è sesso selvaggio fatto in estate, quando il sudore di due corpi si mescola fino a farli diventare uno, una sbronza presa con il vento in faccia e il rumore del mare in sottofondo, un disco dei Manonegra che rapisce come una danza tribale, e fa salire tutto quello che di selvaggio portiamo dentro.
Roba forte, insomma. Come piace viverla anche a me.




RICHARD JEWELL (Clint Eastwood, USA, 2019, 131')

Richard Jewell Poster


Clint, si sa, da queste parti gioca sempre in casa.
Eppure, in passato, quando c'è stato bisogno di essere più equilibrato nei giudizi - come nel recente The Mule - non mi sono tirato indietro.
Con Richard Jewell, Eastwood prosegue nella decostruzione made in USA iniziata qualche anno fa con American Sniper e proseguita con Sully e Attacco al treno, mostrando di fatto il fianco di quel Grande Paese che in tanti ancora sono convinti che difenda a spada tratta neanche fosse il primo dei trumpisti.
Ed è curioso, perchè la sequenza più decantata della pellicola, l'arringa in difesa del figlio dell'ottima Kathy Bates, mi ha lasciato quasi indifferente. Anzi, ha finito per indispettirmi. Perchè questo Clint, questo film, non ne aveva bisogno.
Perchè Richard Jewell è un gioiellino se si pensa ai legal thriller, è un film profondamente sentito, è una protesta accesa di un repubblicano convinto all'indirizzo di un Governo sì democratico, ma sempre e comunque di un Paese che adora visceralmente.
Io non sono americano, e a prescindere dall'ingiustizia - pur se a posteriori - percepita, sono stato investito dalla pellicola principalmente per aver rivisto molti tratti del Fordino in Richard Jewell: ho visto un essere umano sensibile, profondo, forse ingenuo nell'essere troppo scoperto rispetto ad un mondo che, per chi è troppo scoperto, non ha alcuna pietà.
Spesso si parla, giustamente, di vittime collaterali. Si potrebbe pensare che Richard Jewell sia un film che tratta della principale vittima collaterale di un attentato che avrebbe potuto contare molti più morti. E non li ha contati principalmente per quella vittima.
In barba al fatto che le vittime, storicamente, sono la parte più debole.


lunedì 31 dicembre 2018

Ford Awards 2018: i film (N°10-1)


Ed eccoci giunti alla top ten più attesa di qualsiasi classifica e dei Ford Awards, quella dedicata al miglior film dell'anno: il duemiladiciotto è stato particolare per me ed il mio rapporto con il Cinema, che si è raffreddato ed ha toccato vette di allontanamento che posso ricordare solo a cavallo tra la fine degli anni novanta ed i primi duemila.
Fortunatamente, però, alcuni titoli sono riusciti ad accendere la scintilla che mi ha sempre fatto amare la settima arte, mantenendomi saldo e ancora qui: sono proprio loro a costruire questa decina, e tra loro c'è il vincitore del Ford Award più importante, pronto a raccogliere il testimone di Victoria lo scorso anno.


N°10: MOLLY'S GAME

Molly's Game Poster

Il duemiladiciotto che va a concludersi è stato l'anno della grande riscossa delle donne, e non è un caso che in questa decina compaiano due titoli legati a doppio filo al carattere e all'affermazione dell'altra metà del cielo.
Il primo è un gioiellino di sceneggiatura di Aaron Sorkin, in quest'occasione anche regista, interpretato alla grandissima da una Jessica Chastain da infarto - in molti sensi -: una vicenda che trascina, ipnotizza, aggancia allo schermo, ed una lezione importante per il Cinema.
A volte la vita può regalare vicende che neppure il più articolato degli script riesce a costruire.


N°9: BLACKKKLANSMAN

BlacKkKlansman Poster

Spike Lee, negli ultimi anni più avvezzo a polemiche sterili contro colleghi e addetti ai lavori che non alla macchina da presa, torna in grandissimo spolvero con una storia - anche questa ispirata da fatti reali - che mescola grottesco, crime, pulp e ironia prima di sfoderare un pugno nello stomaco di rabbia nel finale che lascia l'amaro in bocca e le lacrime agli occhi.
Spike l'arrabbiato è tornato a veicolare i suoi sentimenti nel modo migliore, ed il risultato è una bomba.


N°8: THE DISASTER ARTIST

The Disaster Artist Poster

Altro biopic, altro gioiellino.
Ingiustamente ignorato per vicende che non c'entrano nulla con il Cinema alla notte degli Oscar, James Franco mostra grandissima maturità come regista e talento come attore portando sullo schermo la misteriosa figura di Tommy Wiseau, autore di uno degli scult più assurdi mai girati.
Un film che tocca temi importanti come l'identità e l'amicizia e che viene portato in scena con grande sincerità dai suoi protagonisti, probabilmente i primi a credere nell'idea di Franco.


N°7: IL CLIENTE

Il cliente Poster

Fahradi è un regista che non ha bisogno di presentazioni, al Saloon, esponente di quel Cinema iraniano che da Kiarostami in poi ha regalato pellicole indimenticabili a tutti gli appassionati: Il cliente, dramma consumato nella banalità del Male umano, è un esempio del valore di quel Cinema.
Senza insistenze o spettacolarizzazioni, il regista porta in scena un vero e proprio pugno nello stomaco ed un turbinio di emozioni da pelle d'oca, e lo fa, come al solito, senza andare sopra le righe o alzare la voce. Ma con una potenza incredibile.


N°6: TONYA

Tonya Poster

Come Molly's Game, più di Molly's Game.
La vicenda di Tonya Harding e la storia interpretata alla grandissima da Margot Robbie paiono una versione "di pancia" di quella orchestrata da Aaron Sorkin che ha aperto questa classifica, e sono una delle cose che mi ha emozionato di più in questi ultimi dodici mesi.
Tonya, per molti versi, a prescindere dalle discussioni tecniche, è senza dubbio uno dei titoli che ho amato di più quest'anno, e continuerò ad amare anche nei prossimi.


N°5: SULLA MIA PELLE

Sulla mia pelle Poster

Sulla mia pelle, al contrario di Tonya, non è un titolo che si ama.
E' scomodo, doloroso, incredibilmente equilibrato nel mostrare i lati oscuri da entrambe le parti di una tra le vicende più vergognose della Storia recente del Nostro Paese.
Dovendo pensare ad un titolo che me lo ricorda, torno con la memoria a Diaz.
Sulla mia pelle è un film necessario.
Come se non bastasse reso indimenticabile anche grazie ad una performance da Oscar di Alessandro Borghi.


N°4: IL FILO NASCOSTO

Il filo nascosto Poster

Paul Thomas Anderson è uno che non ha bisogno di presentazioni.
Boogie Nights, Magnolia, Vizio di forma sono solo alcuni dei suoi lavori, titoli che ho amato alla follia e che sono pezzi fondamentali della mia Storia come spettatore.
Il filo nascosto è stato il più difficile da affrontare, tra i suoi film: ho iniziato odiandolo, e il giorno dopo la visione, scrivendone, l'ho riscoperto grande, grandissimo.
Andrebbe visto, rivisto, gustato come un whisky invecchiato sorso dopo sorso, e continuando a coglierne nuove sfumature, senza essere spiegato troppo.


N°3: TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI

Tre manifesti a Ebbing, Missouri Poster

Ad aprire il podio dei Ford Awards 2018 è uno dei film più fordiani usciti negli ultimi anni, che ha battagliato fino all'ultimo secondo con i prossimi due titoli: intenso, profondo, eastwoodiano, imperfetto anche lui - ma il bello è questo -, profondamente umano.
Un film che mostra odio ma che, in realtà, parla d'amore. O quantomeno della necessità di averne, portarne, usarlo per sopravvivere e per vivere.
Grandi brividi, grande film, grandi attori.


N°2: COCO

Coco Poster

Ancora una volta la Pixar arriva nelle parti alte di questa classifica, riuscendo quasi a replicare il successo di Inside Out un paio d'anni fa: Coco, più tradizionale del suo "compare" appena citato, resta comunque una meraviglia per gli occhi ed il cuore, e resterà impresso nella mia memoria perchè visto in sala con le lacrime agli occhi e con i Fordini accanto, estasiati dai colori, dalla magia e dalle canzoni che, ancora oggi, li fanno scattare come molle. 
Un film profondamente emozionante sul valore dei ricordi e della propria Famiglia, perfetta o imperfetta che sia.


N°1: CHIAMAMI COL TUO NOME

Chiamami col tuo nome Poster

E alla fine, se non ricordo male per la prima volta da quando esiste White Russian Cinema, è l'Italia a conquistarsi la vetta di questa classifica. Una vittoria all'ultimo secondo, che si è materializzata rileggendo il post che scrissi subito dopo la visione riportando a galla i ricordi e le emozioni di un film stilisticamente lontanissimo dalla mia sensibilità ma profondo, sentito, vero, pieno di passione.
I dolori della crescita ci formano, e fortunatamente, anche quando non lo sappiamo, ad ogni lacrima dell'inverno seguono sempre l'energia della primavera e la gioia dell'estate.
E come scrissi allora, questo film è l'estate.



MrFord



I PREMI

Miglior regia: Luca Guadagnino, Chiamami col tuo nome

Miglior attore: Alessandro Borghi, Sulla mia pelle

Miglior attrice: Margot Robbie, Tonya

Scena cult: l'esultanza di Tonya Harding dopo il 360°, Tonya e Mamà Coco si ricorda del padre, Coco
 
Miglior colonna sonora: Coco

Premio "leggenda fordiana": lo sceriffo Willoughby, Tre manifesti a Ebbing Missouri

Oggetto di culto: la pesca, Chiamami col tuo nome

Premio metamorfosi: Alessandro Borghi, Sulla mia pelle
 
Premio "start the party": l'introduzione di Miguel della sua Famiglia, Coco

Premio "be there": il mondo dei morti, Coco

martedì 6 marzo 2018

Oscars 2018: la forma dell'Academy



Si è chiusa dunque la novantesima edizione della Festa per eccellenza del mondo del Cinema, la notte degli Oscar, premi decisamente pop ma in grado di dare la gloria ai loro vincitori, meritati o no che siano: probabilmente quella appena trascorsa verrà ricordata come una delle più prevedibili, considerato che quasi tutti quelli che erano dati per vincitori alla vigilia hanno alla fine portato a casa la statuetta, e forse, proprio per questo, non sono neppure così deluso.
Resta giusto l'interrogativo sul perchè un film già visto e melenso come La forma dell'acqua abbia ottenuto un successo così clamoroso.




Miglior film

Academy: La forma dell'acqua
Ford: Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Vincitore: La forma dell'acqua

Pronosticabilissima statuetta per quello che, insieme a The Post - pur se per diverse ragioni - consideravo il film peggiore della decina. Delusione talmente telefonata che quasi non mi ha infastidito.

 

Migliore regia

  • Paul Thomas Anderson - Il filo nascosto
  • Guillermo del Toro - La forma dell'acqua - The Shape of Water
  • Greta Gerwig - Lady Bird
  • Christopher Nolan - Dunkirk
  • Jordan Peele - Scappa - Get Out 
Academy: Guillermo Del Toro
Ford: Paul Thomas Anderson





Vincitore: Guillermo Del Toro



Copia incolla del discorso fatto per il film. Secondo pronostico azzeccato e seconda delusione talmente attesa da non fare neppure male.

 

Migliore attore protagonista

  • Timothée Chalamet - Chiamami col tuo nome
  • Daniel Day-Lewis - Il filo nascosto
  • Daniel Kaluuya - Scappa - Get Out
  • Gary Oldman - L'ora più buia
  • Denzel Washington - Roman J. Israel, Esq.
Academy: Gary Oldman
Ford: Timothée Chalamet

Vincitore: Gary Oldman

Tre su tre. Praticamente devo fare l'oracolo dell'Academy. Bravissimo Oldman, niente da dire, ma come spesso accade coraggio zero dell'Academy.


 

Migliore attrice protagonista

  • Sally Hawkins - La forma dell'acqua - The Shape of Water
  • Frances McDormand - Tre manifesti a Ebbing, Missouri
  • Margot Robbie - Tonya
  • Saoirse Ronan - Lady Bird
  • Meryl Streep - The Post
Academy: Frances McDormand
Ford: Margot Robbie

Vincitrice: Frances McDormand

Sarò stato io troppo acuto o l'Academy troppo scontata!? La McDormand bravissima, ma anche qui, poco coraggio nel non tentare la strada "giovane".

 

Migliore attore non protagonista

  • Willem Dafoe - Un sogno chiamato Florida
  • Woody Harrelson - Tre manifesti a Ebbing, Missouri
  • Richard Jenkins - La forma dell'acqua - The Shape of Water
  • Christopher Plummer - Tutti i soldi del mondo
  • Sam Rockwell - Tre manifesti a Ebbing, Missouri
Academy: Christopher Plummer
Ford: Sam Rockwell

Vincitore: Sam Rockwell

Una delle poche sorprese positive della serata. Se non altro, l'Academy non si mostra ipocrita come temevo. Bravo Sam.


Migliore attrice non protagonista

  • Mary J. Blige - Mudbound
  • Allison Janney - Tonya
  • Lesley Manville - Il filo nascosto
  • Laurie Metcalf - Lady Bird
  • Octavia Spencer - La forma dell'acqua - The Shape of Water
Academy: Allison Janney
Ford: Laurie Metcalf

Vincitrice: Allison Janney 

Una delle "non sorprese" che ho gradito di più. Bravissima davvero la Janney, premio tra i più meritati per un film che avrebbe dovuto raccogliere decisamente di più.


Migliore sceneggiatura originale

  • Guillermo del Toro e Vanessa Taylor - La forma dell'acqua - The Shape of Water
  • Greta Gerwig - Lady Bird
  • Emily V. Gordon e Kumail Nanjiani - The Big Sick - Il matrimonio si può evitare... l'amore no
  • Martin McDonagh - Tre manifesti a Ebbing, Missouri
  • Jordan Peele - Scappa - Get Out
Academy: Guillermo Del Toro
Ford: Martin McDonagh

Vincitore: Jordan Peele

L'Oscar che, credo, nessuno si sarebbe aspettato. Peccato che sia anche forse uno dei meno meritati.

 

Migliore sceneggiatura non originale

  • Scott Frank, James Mangold e Michael Green - Logan - The Wolverine
  • James Ivory - Chiamami col tuo nome
  • Scott Neustadter e Michael H. Weber - The Disaster Artist
  • Dee Rees e Virgil Williams - Mudbound
  • Aaron Sorkin - Molly's Game
Academy: James Ivory
Ford: Aaron Sorkin

Vincitore: James Ivory

Contento per Ivory e soprattutto per Chiamami col tuo nome, ma sinceramente avrei preferito di gran lunga un riconoscimento a Sorkin e il premio come miglior film a Guadagnino.


Miglior film straniero

  • Corpo e anima, regia di Ildikó Enyedi (Ungheria)
  • Una donna fantastica, regia di Sebastián Lelio (Cile)
  • L'insulto, regia di Ziad Doueiri (Libano)
  • Loveless, regia di Andrej Zvjagincev (Russia)
  • The Square, regia di Ruben Östlund (Svezia)    
Academy: Una donna fantastica
Ford: L'insulto

Vincitore: Una donna fantastica

Non ne ho ancora visto neppure uno, ma anche in questo caso, sono riuscito tranquillamente a prevedere la prevedibile Academy.


Miglior film d'animazione

  • Baby Boss (The Boss Baby), regia di Tom McGrath
  • The Breadwinner, regia di Nora Twomey
  • Coco, regia di Lee Unkrich e Adrian Molina
  • Ferdinand, regia di Carlos Saldanha
  • Loving Vincent, regia di Dorota Kobiela e Hugh Welchman
Academy: Coco
Ford: Coco


Vincitore: Coco

I radical rosicano per il mancato premio a Loving Vincent e poi esultano per Del Toro, che ha portato sullo schermo una versione dark neppure tanto bella del più prevedibile film Disney.
Io, intanto, mi godo Coco.


Migliore fotografia

  • Roger A. Deakins - Blade Runner 2049
  • Bruno Delbonnel - L'ora più buia
  • Hoyte Van Hoytema - Dunkirk
  • Rachel Morrison - Mudbound
  • Dan Laustsen - La forma dell'acqua - The Shape of Water
Academy: La forma dell'acqua
Ford: Blade Runner 2049 

Vincitore: Blade Runner 2049 


Miglior montaggio

  • Jon Gregory - Tre manifesti a Ebbing, Missouri 
  • Paul Machliss e Jonathan Amos - Baby Driver - Il genio della fuga
  • Tatiana S. Riegel - Tonya
  • Lee Smith - Dunkirk
  • Sidney Wolinsky - La forma dell'acqua - The Shape of Water
Academy: Dunkirk
Ford: Tonya

Vincitore: Dunkirk 


Migliore scenografia

  • Paul Denham Austerberry, Shane Vieau e Jeff Melvin - La forma dell'acqua - The Shape of Water
  • Nathan Crowley e Gary Fettis - Dunkirk
  • Dennis Gassner e Alessandra Querzola - Blade Runner 2049
  • Sarah Greenwood e Katie Spencer - La bella e la bestia
  • Sarah Greenwood e Katie Spencer - L'ora più buia
Academy: La forma dell'acqua
Ford: Blade Runner 2049

Vincitore: La forma dell'acqua


Migliore colonna sonora

  • Carter Burwell - Tre manifesti a Ebbing, Missouri
  • Alexandre Desplat - La forma dell'acqua - The Shape of Water
  • Jonny Greenwood - Il filo nascosto
  • John Williams - Star Wars: Gli ultimi Jedi
  • Hans Zimmer - Dunkirk
Academy: La forma dell'acqua
Ford: Il filo nascosto

Vincitore: La forma dell'acqua 


Migliore canzone

  • Mighty River (musica e testi di Mary J. Blige, Raphael Saadiq e Taura Stinson) - Mudbound
  • Mystery of Love (musica e testi di Sufjan Stevens) - Chiamami col tuo nome
  • Remember Me (musica e testi di Kristen Anderson-Lopez e Robert Lopez) - Coco
  • Stand Up For Something (musica di Diane Warren, testi di Diane Warren e Lonnie Lynn) - Marcia per la libertà
  • This is Me (musica e testi di Benj Pasek e Justin Paul) - The Greatest Showman
Academy: The Greatest Showman
Ford: Chiamami col tuo nome

Vincitore: Coco 


Migliori effetti speciali

  • Joe Letteri, Daniel Barrett, Dan Lemmon e Joel Whist - The War - Il pianeta delle scimmie (War for the Planet of the Apes)
  • Ben Morris, Mike Mulholland, Neal Scanlan e Chris Corbould - Star Wars: Gli ultimi Jedi (Star Wars: The Last Jedi)
  • John Nelson, Gerd Nefzer, Paul Lambert e Richard R. Hoover - Blade Runner 2049
  • Stephen Rosenbaum, Jeff White, Scott Benza e Mike Meinardus - Kong: Skull Island
  • Christopher Townsend, Guy Williams, Jonathan Fawkner e Dan Sudick - Guardiani della Galassia Vol. 2 
Academy: Star Wars - Gli ultimi Jedi
Ford: Guardiani della Galassia Vol. 2

Vincitore: Blade Runner 2049 


Miglior sonoro

  • Ron Bartlett, Doug Hemphill e Mac Ruth - Blade Runner 2049
  • Christian Cooke, Brad Zoern e Glen Gauthier - La forma dell'acqua - The Shape of Water
  • David Parker, Michael Semanick, Ren Klyce e Stuart Wilson - Star Wars: Gli ultimi Jedi
  • Julian Slater, Tim Cavagin e Mary H. Ellis - Baby Driver - Il genio della fuga
  • Mark Weingarten, Gregg Landaker e Gary A. Rizzo - Dunkirk
Academy: La forma dell'acqua
Ford: Baby Driver - Il genio della fuga

Vincitore: Dunkirk 


Miglior montaggio sonoro

  • Richard King e Alex Gibson - Dunkirk
  • Mark Mangini e Theo Green - Blade Runner 2049
  • Nathan Robitaille e Nelson Ferreira - La forma dell'acqua - The Shape of Water
  • Julian Slater - Baby Driver - Il genio della fuga
  • Matthew Wood e Ren Klyce - Star Wars: Gli ultimi Jedi
Academy: La forma dell'acqua
Ford: Baby Driver - Il genio della fuga

Vincitore: Dunkirk 

Migliori costumi

  • Consolata Boyle - Vittoria e Abdul
  • Mark Bridges - Il filo nascosto
  • Jacqueline Durran - La bella e la bestia
  • Jacqueline Durran - L'ora più buia
  • Luis Sequeira - La forma dell'acqua - The Shape of Water
Academy: La forma dell'acqua
Ford: Il filo nascosto

Vincitore: Il filo nascosto 

Miglior trucco e acconciatura

  • Daniel Phillips e Lou Sheppard - Vittoria e Abdul
  • Arjen Tuiten - Wonder
  • Kazuhiro Tsuji, David Malinowski e Lucy Sibbick - L'ora più buia
Academy: L'ora più buia
Ford: L'ora più buia

Vincitore: L'ora più buia 


A conti fatti, credo sia stata l'edizione della Notte degli Oscar in cui ho avuto lo score più alto rispetto ai pronostici azzeccati. E non so se preoccuparmi più per me o per l'Academy.


MrFord



martedì 16 gennaio 2018

Tre manifesti a Ebbing, Missouri (Martin McDonagh, UK/USA, 2017, 115')




In uno dei loro pezzi più noti ed apparentemente semplici, i Beatles cantavano "All you need is love".
Detta così, senza associarla ai Fab Four, parrebbe quasi una frasetta del cazzo da Baci Perugina, o romanzo rosa di dubbio gusto ed indubbia (bassa) qualità.
Ma come spesso accade, nella semplicità risiede qualcosa di talmente grande da mangiarsi tutto il resto, perfino quando il mondo attorno crolla pezzo dopo pezzo, e l'unica strada che pare possibile per lo stesso è quella di andare inesorabilmente a puttane, senza usare troppi giri di parole.
Ed è quella la direzione che pare aver preso la vita ad Ebbing, Missouri, uno di quei piccoli centri persi tra il nulla e l'addio eastwoodiani in cui tutti sanno tutto di tutti ed i peccati sono al contempo ben nascosti sotto i tappeti eppure alla mercè delle voci che danno buoni consigli non potendo più dare cattivo esempio: c'è un Capo della polizia che è il ritratto dell'uomo d'altri tempi, con un bel tumore al pancreas e non si capisce se troppa condiscendenza o troppo poco coraggio, il suo protetto che vive in bilico tra bullismo e razzismo, e per sfogare la rabbia di una vita ben al di sotto degli standard che i suoi fumetti probabilmente gli fanno sognare preferisce affogare il dolore nell'alcool o gettando pubblicitari falliti dalle finestre dopo averli pestati, un venditore di auto usate che cerca con il cuore, le bugie ed una strana e silenziosa determinazione a non essere visto sempre e solo come un nano, miserie umane e speranze più o meno in pezzi che s'infrangono, divampano, esplodono contro tre manifesti che cercano di portare a galla una verità terribile piuttosto che rimanere confinati nella tranquillità di un silenzio troppo pesante.
E poi c'è lei, Mildred.
Mildred che è una donna che ha dovuto farsi le ossa a fronte di un marito violento che esibisce una fidanzata che potrebbe essere la loro figlia morta, bruciata e violentata proprio sulla strada di quei manifesti, che lavora e non ha paura di dire quello che pensa e fare quello che vuole, che ha deciso, perduto l'amore, di sopravvivere grazie all'odio.
Perchè è quello, che resta in piedi nei posti persi tra il nulla e l'addio, le case polverose delle speranze infrante.
Quello che pompa il sangue nel cuore di Mildred, in quello di Dixon, che scorre sotto le strade di Ebbing, Missouri. Quello che si è portato via una ragazza nel peggiore dei modi, e che trascina da sotto i tappeti in cui vengono nascosti male i peccati tutto quello che di peggiore può rimanere dei peccati stessi, dal rancore alla paura. E di nuovo, all'odio.
Lo stesso che trasforma una risata o un momento talmente assurdo dall'essere divertente in una delle sequenze più disturbanti del passato recente, che apre vecchie ferite e si compiace nel cospargerle con il sale del rimorso e dei sensi di colpa, e trasforma qualsiasi confronto in una sorta di guerra.
Per chi in guerra ci è andato perdendo fin troppo della sua umanità, e per chi è rimasto, e combatte ancora più duramente tutti i giorni.
E proprio quando, come nella notte più buia, l'unica strada che pare possibie è quella di andare inesorabilmente a puttane, ecco che ritorna quella frase semplice semplice.
All you need is love.
Una cosa apparentemente banale che si porta dietro il segreto del mondo, anche quando pare non ci sia davvero un cazzo per cui anche solo sognare di essere felici, o lottare, o difendere.
Perchè, come scriveva Hesse, "Senza una madre non si può amare, senza una madre non si può morire", o come ricorda Willoughby a Dixon, "Non puoi essere un buon poliziotto senza amore".
L'amore ti da la dimensione di quello che vuoi proteggere, e la forza per dimostrare che anche le cose peggiori, a volte, possono prendere una direzione diversa da quella che si possa pensare.
Non è detto che possano comunque finire bene, o che da qualche parte l'odio non possa generare altro odio.
Ma chi è pronto a scommettere su quella semplice frase, ha senza dubbio spalle abbastanza larghe per sopportare il dolore e volontà abbastanza forte per iniziare un viaggio che possa portare oltre.
Quello che accadrà si potrà sempre decidere un passo dopo l'altro.



MrFord



martedì 7 luglio 2015

Poltergeist

Regia: Gil Kenan
Origine: USA, Canada
Anno:
2015
Durata: 93'






La trama (con parole mie): i Bowen, messi in ginocchio dalla crisi economica negli States, sono costretti a vendere la loro vecchia casa per trasferirsi nell'unica decente che possono permettersi considerato lo stato delle cose.
Nessuno pare particolarmente contento della situazione, ma facendo fronte comune la famiglia decide di fare buon viso a cattivo gioco: peccato che il nuovo focolare domestico si trovi esattamente nello spazio che, ai tempi dei nativi americani, occupava un cimitero che i costruttori del complesso residenziale non si sono degnati neppure di spostare, se non apparentemente.
Gli spiriti dei corpi ancora seppelliti sotto la casa, dunque, finiscono per tornare a chiedere l'attenzione che pensano di meritare, sfruttando la capacità di interagire con i dispositivi elettronici e la particolare percezione di Madison, la più piccola dei Bowen.
Rivoltisi ad un team di esperti dell'occulto, questi ultimi dovranno fare fronte comune per cercare di vincere il Male che alberga tra le loro mura.







I remake, che si parli di horror o di qualsiasi altro genere cinematografico, sono operazioni clamorosamente rischiose, in grado di mettere in difficoltà regista, attori ed autori quanto più il titolo che finisce per ispirarli mostra un valore riconosciuto da pubblico e critica.
Nel corso degli anni, l'idea di riproporre cult legati agli anni settanta ed ottanta è diventata una moda che pare più il simbolo della mancanza di idee attuale, che non il segno della volontà di omaggiare decenni storici per la settima arte, ed i risultati sono stati quasi sempre fallimentari: non è da meno, in questo senso, il Poltergeist firmato da Gil Kenan, che tolta la riflessione interessante legata alla crisi economica che colpì gli States ancor prima che cominciassimo a sentirne gli effetti da queste parti - e che, comunque, ormai comincia ad essere parecchio abusata - non lascia praticamente nulla allo spettatore se non un'ora e mezza di intrattenimento svogliato buono giusto per una serata di stanca nel cuore della fornace di questo inizio luglio rovente.
Le peripezie della famiglia Bowen, infatti, oltre a presentare i clichè più scontati del genere, faticano non dico a spaventare - sarebbe troppo-, quanto a proporre qualcosa che possa se non altro tenere svegli ed imprimersi nella memoria dell'audience, e vivono i loro momenti migliori nei passaggi più derivativi rispetto alla pellicola originale, firmata da Tob Hooper ormai trentatre anni or sono.
Pochi giorni fa, scrivendo di quella meraviglia che è La storia della principessa splendente, facevo un riferimento ai titoli a proposito dei quali scrivere è una vera e propria tortura, perchè la traccia del loro passaggio nella nostra vita ed esperienza è così labile da rendere clamorosamente difficoltoso intrattenersi ed intrattenere andando oltre una manciata di parole senza apparire snob o pretenziosi: Poltergeist, allo stato e nella versione attuali, entra a pieno titolo nel novero di film che mi fanno maledire il giorno in cui decisi di aprire il blog e recensire ogni film che avrei visto, serie tv passata su questi schermi, romanzo o fumetto portati a termine grazie a post che, più o meno, avrebbero avuto le dimensioni di un articolo e non di un telegramma.
Personalmente, mi dispiace molto per Sam Rockwell, un attore di grande talento in questa sede sprecato come forse mai nella sua carriera, mentre al contrario sono lieto - nonostante il charachter caricaturale e la coda al finale pessima - di ritrovare Jared Harris, caratterista che mi ricorda la splendida esperienza di Fringe: ma, come già sottolineato a proposito dei riferimenti ai problemi economici della famiglia Bowen, è tutto troppo poco perchè si possa considerare non dico di trovare spunti per trovare il bello di questa operazione, ma anche soltanto il brutto.
Perchè in situazioni come questa, purtroppo, di norma non si ha neppure la divertita occasione di massacrare senza pietà un prodotto che, di fatto, non è neppure abbastanza per essere sbeffeggiato: ora, non ho alcuna intenzione di fare il radical a tutti i costi, ma è in occasioni come questa che vorrei tornare all'epoca dei Tommyknockers ed avere la possibilità di scrivere mentre dormo non solo romanzi, ma anche fior di recensioni in grado di far fronte anche a film inutili come questo nuovo Poltergeist, che con la gemma di genere firmata da Tob Hooper non ha davvero nulla a che spartire.
Consiglio, dunque, a chiunque non avesse mai visto l'originale, di lasciar perdere il duemilaquindici e tornare indietro nel tempo, per godersi questo confronto con "l'altrove" al meglio delle sue potenzialità.




MrFord




"I never dreamed that I'd spend my days
staring at some tube emitting cathode rays
I need my TV."
Blink 182 - "TV" - 




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