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sabato 18 aprile 2015

American Horror Story - Freak Show

Produzione: FX
Origine: USA
Anno: 2014
Episodi: 13





La trama (con parole mie): torna sul bancone del Saloon Julez, sempre pronta ad affrontare tutti i titoli - che si parli di grande o piccolo schermo - che il sottoscritto finisce per non avere il coraggio di fronteggiare per timore di ritrovarsi di fronte l'ennesima delusione.
Fino ad ora è stato effettivamente così, dunque cosa accadrà con l'ultima stagione della creatura di Ryan Murphy? Sarà una fiera delle bottigliate come fu per l'annata d'esordio o una rivelazione fulminante come Asylum?
O ancora peggio, una robetta come quella mostrata con Coven!?







AMERICAN HORROR STORY FREAK SHOW

Ed ecco a voi, siore e siori, un altro spectaculo spectacular  diludendo!
Sento dal pubblico voci che si levano richiedendo la Suspense?
Ma dico io, siori e siore, credete forse di trovarvi di fronte al grande, irreprensibile Alfred Hitchcock? Ma dico io, siore e siori, credete forse di trovarvi di fronte al mitico Stanley Kubrick?
No cari miei siore e siori (e ora la smetto), lo spettacolo a cui assisteremo stasera è un numero di altissimo alto medio basso bassissimo infimo livello di MAGIA.

Per la preparazione di questo numero avremo bisogno di:
un’attrice bellissima seppur agée che replichi paro paro i personaggi degli AHS precedenti ma con classe e competenza, as usual, e un bellissimo accento tedesco
un giovane attore di grandi capacità e strano fascino
un numero a caso di freak veri o falsi che siano
un ambientazione azzeccatissima nell’intento di inquietare
uno psicopatico che, se non è psicopatico anche nella realtà, merita l’Oscar
una scena riuscita ripetuta ad libitum (Life on Mars)

Con questo numero vogliamo dimostrare a voi, signore e signori del pubblico, come siamo in grado, noi del Freak Show, di prendere questi ingredienti di qualità, cucinarli, condirli, impiattarli e presentarvi… QUESTO PIATTO FA SCHIFO!

Come ci siamo riusciti mi chiedete urlando?
Ma cari signori e signore un mago non svela mai i suoi trucchi! E smettetela di lanciare i pomodori, va bene, va bene, ve lo spiego!

Ebbene, per prima cosa prendete un gruppo di sceneggiatori dediti all’alcool o, in alternativa, che soffrano del morbo di Alzhaimer, tipo Alice.
Fategli scrivere un pezzo di puntata a testa, nella speranza che l’alcool o l’Alzhaimer facciano loro dimenticare i personaggi a metà strada.
Puntate tutto su due o tre scene che comunque siano venute vagamente bene in fase di scrittura e pensate “ma sì, tanto gli spettatori sono dei grandi idioti, con questo zuccherino dovrebbero essere contenti”.
Alla fine, e badate bene, solo alla fine, prendete qualcuno con un cervello semi funzionante, o solamente che sia bravo a memory e fategli chiudere velocemente tutte le sottotrame in modo da avere la giustificazione che voi sì, voi sapevate dove stavate andando quando sembrava che le cose fossero scritte a cazzo. Fate morire ampressa ampress un po’ tutti senza grandi patemi d’animo.

A quel punto spolverate di marketing, sperate nell’effetto tanto l’ho già mangiato una volta e non mi è venuto il cagotto et VOILA’, les jeux sont fait, rien ne va plus.

Siete soddisfatti della spiegazione del trucco cari signori e signore del pubblico? Cos’è quello sguardo omicida acceso su tutti i vostri volti? Signori badate, mi state facendo paura, paura quella vera, aiutooooooo rivoglio l’innocuo American Horror Story Freak Shooooooowwwww.



Julez


 

"E chi li vede strilla oh mamma mia !
gambe in spalla e vola via
e non c'e' camomilla che calmi un po’
ninna ah, ninna uh, ninna oh..."
I Mostriciattoli - "Carletto il principe dei mostri" -



 

sabato 26 aprile 2014

American Horror Story - Coven

Produzione: FX
Origine: USA
Anno: 2013/2014
Episodi: 13




La trama (con parole mie): Zoe, un'adolescente che scopre di avere poteri magici, viene condotta ad una speciale accademia di New Orleans che da secoli protegge e prepara le streghe al mondo e ad affrontare i loro poteri. Accanto ad una manciata di altre ragazze come lei, Zoe si troverà a dover affrontare cacciatori votati alla loro eliminazione, la minaccia della regina del voodoo locale, il ritorno alla vita di una spietata nobildonna di origini francesi che nel corso dell'ottocento commise nella sua casa atroci delitti e gli intrighi della Suprema - la strega che, di fatto, ha il comando della categoria ed i poteri più sviluppati in assoluto - Fiona, che non vorrebbe fosse giunto il momento della sua successione e della conseguente morte, e trama per eliminare tutte le possibili candidate al suo ruolo. Lei compresa.








Evidentemente American horror story funziona a stagioni alterne, qui al Saloon.
Dopo una prima annata, infatti, fin troppo incensata e decisamente sopravvalutata - che da queste parti venne bottigliata, e non poco - ed una seconda assolutamente di alto livello, al terzo giro di giostra la creatura di Falchuck e Murphy subisce la sua più clamorosa caduta in termini di qualità ed interesse suscitato, finendo addirittura per scalzare sul gradino più alto del podio al rovescio del sottoscritto, tra episodi inutili ed un cattivo gusto da fare invidia alle ultime stagioni di True blood, perfino la tanto detestata season d'esordio.
L'idea di ambientare i tredici episodi a New Orleans - una delle città più misteriose ed oscure degli States - e di incentrarli sulle streghe ed il conflitto non solo razziale, ma anche di genere da sempre in gioco tra uomini e donne risultava, sulla carta, assolutamente interessante ed azzeccata, degna di un riscatto delle congreghe dopo i fallimenti clamorosi del passato recente, dalle fin troppo numerose incarnazioni di Hansel e Gretel all'obbrobrio di Rob Zombie: purtroppo, però, il risultato è stato decisamente inferiore alle aspettative - così come alle pretese -, finendo per portare sullo schermo una sorta di dark comedy - involontaria - teen fuori tempo massimo che è riuscita a riportare alla mente del sottoscritto più l'insipido Dark shadows che non una nuova proposta horror degna di questo nome.
Senza dubbio parte delle responsabilità ricade sul cast, più adatto ad una soap per liceali che non ad un pubblico adulto, ed in grado di affossare perfino la sempre bravissima Jessica Lange - che pare cominciare a gigioneggiare un pò troppo -, Denis O'Hare - ridicolo il suo personaggio -, Angela Bassett - partita come una sorta di iradiddio e finita in men che non si dica - e Kathy Bates - clamorosamente sprecata, rispetto alle potenzialità che avrebbe potuto esprimere -, e sugli script, che seppur supportati da una regia sempre elegante non risultano decisamente all'altezza di un titolo con velleità di sconvolgimento del mondo del piccolo schermo.
Senza contare, dunque, l'assenza pressochè totale di inquietudine o di un senso di thrilling legato al genere, ed i charachters partiti in quarta e dunque clamorosamente appiattiti - Axeman, gli schiavi torturati, i vicini della congrega -, i limiti peggiori di questa stagione vengono evidenziati da episodi che definire riempitivi sarebbe quasi un complimento ed una direzione mai certa data dagli autori, che fin dall'opening sono apparsi incerti sulla piega da far prendere all'annata: un'indecisione pagata molto cara, considerata l'attenzione calata vertiginosamente in casa Ford con il susseguirsi degli episodi, nella speranza che tutto potesse concludersi in fretta ed il meno dolorosamente possibile.
Resta a confortarmi la speranza che, come fu al termine della prima stagione, l'idea di abbandonare definitivamente AHS possa portare bene per l'anno successivo, andando a rinverdire, di fatto, i fasti di Asylum cancellando quella che è parsa come una versione allucinata di un episodio troppo lungo di Desperate Housewives, lontano anni luce da quello che, almeno sulla carta, la creatura di Falchuck e Murphy vorrebbe tanto rappresentare.




MrFord




"If witchcraft all the fools condemn,
it turns around and crushes them.
When good has been twisted,
when good has been killed,
then love is resisted and blood will be spilled."
Black Sabbath - "Coven" - 




giovedì 21 febbraio 2013

American horror story - Asylum

Produzione: FX
Origine: USA
Anno: 2012
Episodi : 13




La trama (con parole mie): siamo nel pieno degli anni sessanta, e mentre il serial killer Bloody Face impazza, l'istituto di sanità mentale Briarcliff nel cuore del Massachusetts ospita squilibrati e casi umani di ogni genere.
Quando Kit Walker, sospettato dell'omicidio della moglie Alma, e la giornalista Lana Winters vengono internati, ha inizio una serie di eventi che porteranno al confronto con alieni, psicopatici, possessioni demoniache ed una scia di sangue che condurrà fino al presente, e a vittime mietute ancora oggi in quello che è stato lo stesso istituto.
Chi è il vero Bloody Face? Chi sono i colpevoli ed i responsabili di tutti gli orrori commessi tra quelle mura nel corso degli anni? Chi, alla fine, sopravviverà alla follia e all'incomprensibile?




A volte è un piacere essere in qualche modo smentiti, soprattutto quando si tratta di visioni che finiscono per accompagnarci in un periodo di tempo non breve quanto un paio d'ore sul divano per una serata.
Ammetto infatti che, dopo la prima e deludente stagione, le mie aspettative a proposito di questa seconda tornata di American horror story erano piuttosto basse, ed il mio progetto segreto era quello di indurre Julez ad abbandonarla dopo una manciata di episodi se si fosse rivelata dello stesso livello rispetto allo scorso anno: invece, al contrario di ogni previsione, il prodotto firmato Murphy e Falchuck si è rivelato nettamente più maturo e solido di quanto credessi, abbandonando le eccessive slegature del suo primo giro di giostra per affidarsi ad una storia decisamente più solida ed addirittura quasi lynchana, in grado di mescolare lo stile dei sixties agli orrori di una versione sotto acido de Qualcuno volò sul nido del cuculo.
Gran parte del merito di questo netto salto di qualità va agli autori, concentrati su un gruppo di storie ad incastro perfettamente - o quasi - legate tra loro anche quando parrebbe di no e su un cast in forma splendida, dal James Cromwell nel ruolo del mefistofelico Dottor Arden alla strepitosa Frances Conroy - pazzesca nel ruolo della galeotta sul finale di stagione, tra gli altri -, dalla conferma della straordinaria Jessica Lange alla sorpresa Lily Rabe, che con la sua suora posseduta dal demonio è stata forse le vera rivelazione della stagione: tutto fila talmente liscio che perfino cani maledetti come Joseph Fiennes e Dylan McDermott risultano quasi a loro agio nei ruoli assegnati.
Un vero e proprio miracolo.
L'istituto Briarcliff, location decisamente più interessante della casa degli Harmon della prima stagione, diviene dunque teatro di un viaggio nella follia, una fotografia agghiacciante da horror pieno - Bloody Face ricorda moltissimo il Leatherface di Non aprite quella porta - a thriller da lasciare senza fiato - i ruoli di Arden e Thredson -, un confronto con l'ignoto ed il tempo che si avvolge su se stesso per poi tornare a colpire e sorprendere - gli alieni, il parallelo tra passato e presente -, un'escalation a metà tra L'esorcista e Rosemary's baby ma anche una favola nerissima che racconta d'amore, salvezza, desiderio, sete di potere e volontà: in questo senso i due personaggi di Kit Walker e Lana "Banana" Winters divengono i volti della stessa proposta, come una moneta che presenti sui suoi lati le risposte differenti ad un trauma, ed i modi per lasciarsi lo stesso alle spalle.
Certo non mancano i disequilibri, eppure anche le imperfezioni trovano una loro precisa collocazione, e lo stile che pareva solo confezione la scorsa stagione si fonde alla grande con le vicende narrate, lasciando spazio anche a sperimentazioni visive ottime e ad episodi - come il season finale - diretti magnificamente - in particolare quello appena citato, portato sullo schermo da Alfonso Gomez-Rejon, regista della seconda unità di Argo, per dirne uno, è un vero gioiellino di memoria addirittura kubrickiana -.
Un'esperienza, dunque, completamente diversa da quella vissuta con il primo passaggio televisivo di questo prodotto che ora mi pone in fervente attesa per la prossima stagione, curioso rispetto a come potrà essere ulteriormente sviluppato dai suoi autori questo viaggio all'interno delle ferite - fisiche, mentali e morali - della "storia americana".


MrFord


"Dominique, nique, nique, over the land he plods
and sings a little song
never asking for reward
he just talks about the Lord
he just talks about the Lord."
The Singing Nun - "Dominique" -


lunedì 24 settembre 2012

Emmy Awards 2012

La trama (con parole mie): la scorsa notte si è tenuta la cerimonia di consegna dei premi più ambiti del piccolo schermo, quegli Emmy negli ultimi anni dominati in lungo e in largo da Mad Men, per la prima volta scalzato dal gradino più alto del podio da una delle sorprese della scorsa stagione.
Anche il Saloon rende omaggio alla manifestazione, con la consueta lista completa dei premiati e qualche commento che, ovviamente, non poteva mancare.




MIGLIOR SERIE DRAMMATICA

Homeland (Showtime)

Le altre serie in nomination: Breaking Bad (AMC), Downton Abbey (PBS), Mad Men (AMC), Game of Thrones (HBO)

Premio meritato per uno dei titoli più amati della scorsa stagione in casa Ford, anche se personalmente mi dispiace non vedere trionfare due meraviglie come Breaking bad e Game of thrones, specie considerando che la prima è giunta al suo ultimo giro di giostra.


MIGLIOR SERIE COMEDY

Modern Family (ABC)

Le altre serie in nomination: The Big Bang Theory (CBS), Curb Your Enthusiasm (HBO), Girls (HBO), 30 Rock (NBC), Veep (HBO)

Altro premio approvato da queste parti quello per l'unica serie comedy riuscita a fare breccia negli ultimi anni nel cuore del vecchio cowboy.
Per quanto il format sia lontanissimo dai miei gusti personali, la leggerezza ed i temi legati alla famiglia - oltre al suo irresistibile cast - l'hanno resa un piccolo cult da subito.

  
MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA IN UNA SERIE DRAMMATICA

Damian Lewis, Homeland (Showtime)

Gli altri attori in nomination: Hugh Bonneville (Downton Abbey), Steve Buscemi (Boardwalk Empire), Bryan Cranston (Breaking Bad), Michael C. Hall (Dexter), Jon Hamm (Mad Men)

Dispiace non veder incassare l'ormai mitico Bryan Cranston, ma posso anche essere felice per il riconoscimento a Damian Lewis, autore di una prestazione super in una parte decisamente non facile. Ora la curiosità sale rispetto all'incombente seconda stagione.


MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA IN UNA SERIE DRAMMATICA

Claire Danes, Homeland (Showtime)

Le altre attrici in nomination: Kathy Bates (Harry’s Law), Glenn Close (Damages), Michelle Dockery (Downton Abbey), Julianna Margulies (The Good Wife), Elisabeth Moss (Mad Men)

Nulla da dire a proposito di Claire Danes: l'ex Giulietta ha sfoderato l'interpretazione della vita nel ruolo dell'instabile Carrie Mathison, perfetta nell'esprimere il disagio ed il fiato sospeso tipici dell'atmosfera della serie.


MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA IN UNA SERIE COMEDY

Jon Cryer, Two and a half men (CBS)

Gli altri attori in nomination: Alec Baldwin (30 Rock), Don Cheadle (House of Lies), Louis C.K. (Louie), Larry David (Curb Your Enthusiasm), Jim Parsons (The Big Bang Theory)


MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA IN UNA SERIE COMEDY

Julia Louis-Dreyfus, Veep (HBO)

Le alter attrici in nomination: Lena Dunham (Girls), Melissa McCarthy (Mike & Molly), Zooey Deschanel (New Girl), Edie Falco (Nurse Jackie), Amy Poehler (Parks and Recreation), Tina Fey (30 Rock)


MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA IN UNA SERIE DRAMMATICA

Aaron Paul, Breaking Bad (AMC)

Gli altri attori in nomination: Giancarlo Esposito (Breaking Bad), Brendan Coyle (Downton Abbey), Jim Carter (Downton Abbey), Peter Dinklage (Game of Thrones), Jared Harris (Mad Men)

Felicissimo per il mitico Jesse Pinkman di Breaking bad, ormai uno dei titoli insostituibili di casa Ford. Potrebbe dispiacermi per Peter Dinklage, ma con la terza stagione del serial dedicato ai produttori di meth più famoso del piccolo schermo appena conclusa - recensione a breve - sono entrato in pieno fervore per le vicende di Walter White e famiglia come non mi capitava dai tempi del miglior Dexter.


MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA IN UNA SERIE DRAMMATICA

Maggie Smith, Downton Abbey (PBS)

Le altre attrici in nomination: Anna Gunn (Breaking Bad), Joanne Froggatt (Downton Abbey), Archie Panjabi (The Good Wife), Christine Baranski (The Good Wife), Christina Hendricks (Mad Men)


MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA IN UNA SERIE COMEDY

Eric Stonestreet, Modern Family (ABC)

Gli altri attori in nomination: Ed O’Neill (Modern Family), Jesse Tyler Ferguson (Modern Family), Ty Burrell (Modern Family), Max Greenfield (New Girl), Bill Hader (Saturday Night Live)

I premi a Modern family, la cui forza è senza dubbio l'ottimo cast, sono tutti più che meritati. Oltretutto, il Cameron di Eric Stonestreet è uno dei miei preferiti, quindi ben venga.


MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA IN UNA SERIE COMEDY

Julie Bowen, Modern Family (ABC)

Le alter attrici in nomination: Mayim Bialik (The Big Bang Theory), Kathryn Joosten (Desperate Housewives), Sofia Vergara (Modern Family), Merritt Wever (Nurse Jackie), Kristen Wiig (Saturday Night Live)
 
Stesso discorso di cui sopra.
Oltretutto la Claire di Julie Bowen riesce a spaccarmi dal ridere praticamente ad ogni episodio, in coppia con l'irresistibile marito Phil.


MIGLIOR MINISERIE/MIGLIOR FILM PER LA TV

Game Change (HBO)

Gli altri show in nomination: American Horror Story (FX), Hatfields & McCoys (History), Hemingway and Gellhorn (HBO), Luther (BBC America), Sherlock: A Scandal in Belgravia (PBS)


MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA IN UNA MINISERIE O FILM PER LA TV

Kevin Costner, Hatfields & McCoys (History)

Gli altri attori in nomination: Benedict Cumberbatch (Sherlock: A Scandal in Belgravia), Idris Elba (Luther), Woody Harrelson (Game Change), Clive Owen (Hemingway and Gellhorn), Bill Paxton (Hatfields & McCoys)


MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA IN UNA MINISERIE O FILM PER LA TV

Julianne Moore, Game Change (HBO)

Le altre attrici in nomination: Connie Britton (American Horror Story), Ashley Judd (Missing), Nicole Kidman (Hemingway and Gellhorn), Emma Thompson (The Song of Lunch)


MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA IN UNA MINISERIE O FILM PER LA TV

Tom Berenger, Hatfields & McCoys (History)

Gli altri attori in nomination: Denis O’Hare (American Horror Story), Ed Harris (Game Change), David Strathairn (Hemingway & Gellhorn), Martin Freeman (Sherlock: A Scandal In Belgravia)


MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA IN UNA MINISERIE O FILM PER LA TV

Jessica Lange, American Horror Story (FX)

Le altre attrici in nomination: Frances Conroy (American Horror Story), Jessica Lange (American Horror Story), Sarah Paulson (Game Change), Mare Winningham (Hatfields & McCoys), Judy Davis (Page Eight)

Per quanto la serie sia stata per me una delusione enorme, indubbiamente Jessica Lange è stata in grado di lasciare il segno con un'interpretazione da brividi, sicuramente l'elemento più inquietante di un prodotto che avrebbe voluto raccogliere il testimone di Twin Peaks e che, al contrario, risulta essere soltanto una versione modaiola e sciapa dell'horror di una volta.


MIGLIOR REGIA PER UNA SERIE DRAMMATICA

Tim Van Patten, per l’episodio “To The Lost” di Boardwalk Empire (Hbo)


MIGLIOR REGIA PER UNA SERIE COMEDY

Jason Winer, per l’episodio “Segreti di famiglia” di Modern Family (Abc)


MIGLIOR SCENEGGIATURA PER UNA SERIE DRAMMATICA

Alex Gansa, Howard Gordon e Gideon Raff per l’episodio “Eroe di guerra” di Homeland (Showtime)


MIGLIOR SCENEGGIATURA PER UNA SERIE COMEDY

Louis C.K. per l’episodio “Pregnant” di Louie (Fx)

lunedì 16 gennaio 2012

Golden Globes 2011



La trama (con parole mie): come tutti ben sapete, ieri notte si è tenuta la cerimonia per l'assegnazione dei premi universalmente noti come l'anticamera degli Oscar, i Golden Globes.
Ecco dunque l'elenco dei vincitori e qualche mio commento sparso: onestamente, mi aspettavo qualcosina in più da questa notte, almeno per quello che ho potuto vedere finora, e la cosa fa sperare decisamente poco bene in vista di un'altra annata di transizione - almeno per quanto mi riguarda - dell'Academy e i suoi premi.
Staremo a vedere.
Intanto, ecco chi ha trionfato ieri.



A Morgan Freeman è andato il premio alla carriera intitolato a Cecil B. DeMille, e qui niente da dire: per quanto ultimamente gigioneggi un pò troppo e faccia il supergiovane, il vecchio Morgan se lo merita tutto.




Ad avere la meglio come miglior film drammatico è stato The descendants, una pellicola che ancora non è passata sugli schermi di casa Ford e che da noi non è ancora arrivata in sala: onestamente Alexander Payne non mi dispiace, e degli altri nominati ho visto fino ad ora soltanto Le idi di marzo, ma avrei comunque scelto il lavoro di Clooney regista a quello di Clooney attore.




Migliore attrice protagonista è risultata Meryl Streep, che ormai è un pò la dannazione delle sue colleghe, dato che ad ogni candidatura si porta a casa il premio. Non ho visto la sua intepretazione in The iron lady, ma un pò per spingere qualche giovane promessa e un pò per simpatia rock avrei assegnato il Globe a Rooney Mara, che stupirà a breve anche noi in Italia per la sua interpretazione di Lisbeth Salander.






Anche nel caso del premio al migliore attore protagonista è stata fatta una scelta assolutamente conservatrice: al posto di Clooney per il succitato The descendants io avrei optato per uno dei nuovi volti Gosling o Fassbender, o per l'ormai eternamente snobbato Di Caprio per la sua ottima performance in J. Edgar. Peccato davvero: evidentemente si preferisce un Nespresso a qualche bevanda decisamente più forte.






Il premio per la miglior commedia è andato al celebratissimo The artist, cui non ho ancora concesso la visione ma che pare proprio essere un gioiellino.
Ad oggi, io avrei assegnato il Globe al vecchio Woody con il suo splendido Midnight in Paris.






Miglior attrice per la categoria commedia è risultata Michelle Williams, che non mi è mai andata particolarmente a genio. Devo ammettere che questa era una delle poche nominations per cui non avevo una preferenza, quindi passo oltre senza troppi patemi.






Secondo giro di giostra per The artist, che si porta a casa anche il premio come miglior attore per la commedia. Telefonatissimo Globe che, in assenza di prove, non contesto neppure troppo.






Il vincitore per l'animazione è stato Le avventure di Tin Tin, gioiellino firmato Spielberg che ho molto apprezzato, ma che personalmente non vedo rientrare alla perfezione in questa categoria, forse perchè la tecnica utilizzata mi sa di ibrido che potrebbe far addirittura pendere di più l'ago della bilancia verso il film di fiction standard. Senza contare che, in un anno decisamente scarsino per i vecchi cartoni animati, avrei inserito Arrietty nella lista, e tra i candidati, avrei premiato ad occhi chiusi Rango.






Miglior film in lingua straniera è stato giudicato Una separazione, pellicola celebratissima che ho in standby da troppo tempo. Questo premio - oltre alle montagne di elogi in rete - faranno da catalizzatori ad una mia prossima - molto prossima - visione.




Altra pellicola prossima al passaggio sui miei schermi molto celebrata è The help, per la quale è stata premiata Octavia Spencer come migliore attrice non protagonista.



Altro Globe che mi puzza di conservatorismo. Peccato, perchè Plummer è un ottimo attore, ma avrei preferito che il riconoscimento come migliore non protagonista andasse a Viggo Mortensen o alla sorpresa Jonah Hill.






Il premio per la migliore regia è stato assegnato al mostro sacro Martin Scorsese, che da qualche anno a questa parte è passato dall'essere l'eterno escluso a fare incetta di premi: non ho ancora avuto modo di vedere il suo Hugo, ma avrei preferito di gran lunga assegnare questo premio a Clooney o Allen e liberare lo slot come migliore attore per Gosling.






Il premio per la migliore sceneggiatura è andato a Woody Allen per il già citato Midnight in Paris, film che ha avuto il merito di far riscoprire il meglio del regista newyorkese al pubblico e alla critica.
Forse, ma dico forse, il Globe che ho apprezzato di più.






Con mio grande disappunto, il premio per la migliore colonna sonora è andato a Ludovic Bource per The artist - quasi dominatore della serata -, nonostante il mio tifo spudorato per Trent Reznor e Atticus Ross.






A Madonna il Globe per la migliore canzone, altro premio di cui, onestamente, mi importava poco o nulla.






Miglior serie drammatica si è rivelata Homeland, prodotto dell'anno per il mio rivale Cannibale e da poco giunto sui miei schermi: le premesse sono più che buone, ma nonostante l'inizio interessante, questo premio doveva essere cucito addosso a quella meraviglia di Game of thrones, senza se e senza ma.



Per quanto abbia potuto vedere, giusto invece il riconoscimento a Claire Danes per il succitato Homeland come miglior attrice per una serie drammatica. Ma, devo ammetterlo, conoscevo poco o nulla delle sue avversarie.
A fare il paio con la Danes come miglior interprete maschile per una serie drammatica è giunto Kelsey Grammer per Boss, vincitore del premio in barba al mio favorito Bryan Cranston.





Già celebratissima e premiata in ogni dove, Modern family si conferma miglior serie comedy sbaragliando una concorrenza che, sinceramente, non mi pareva particolarmente ostica. Uno dei Globes più annunciati.






Per quanto la sua rottura con il mio idolo Ben Harper l'abbia fatta precipitare nelle classifiche di gradimento di casa Ford sono contento comunque per il premio a Laura Dern come miglior attrice per una serie comedy.






Nella stessa categoria, ma come migliore attore, l'ha spuntata il vecchio Joey di Friends, che personalmente pensavo ormai da tempo chiuso nel dimenticatoio degli anni novanta. Io avrei premiato David Duchovny ad occhi chiusi, ma purtroppo anche qui mi è andata male.




Miglior miniserie per la tv è risultata Downtown Abbey, per la categoria di cui conoscevo meno in assoluto. Non ho, infatti, ancora avuto modo di mettere le mani su nessuno dei titoli candidati. Si rimedierà.



Nella categoria miglior attrice per una miniserie tv ha conquistato il Globe Kate Winslet, prevedibilissima vincitrice per la sua ottimamente recensita Mildred Pierce.
Niente da dire: la Winslet è una delle protette fordiane, quindi benissimo così.


Idris Elba si è portato a casa il premio come miglior attore per una miniserie tv grazie a Luther.
Un premio indolore, dato che anche in questo caso non avevo alcun tipo di preferenza.






Annunciatissimo il premio come miglior attrice non protagonista per una serie tv a Jessica Lange, una delle poche note positive del da me bottigliatissimo American horror story.






Ed ecco, giusto per il finale, il Globe accolto con maggiore entusiasmo in casa Ford. Peter Dinklage, con il suo fantastico Tyrion Lannister, si aggiudica il premio come miglior attore non protagonista per una serie tv.
Considerato il mancato premio a Game of thrones, questo vale come doppio.


MrFord

venerdì 13 gennaio 2012

American Horror Story - Stagione 1

Produzione: FX
Origine: Usa
Anno: 2011
Episodi: 12


La trama (con parole mie): la famiglia Harmon, per cercare di ricostruire i rapporti che legano i suoi membri dopo una crisi coniugale vissuta da Ben e Vivien decide di trasferirsi in California, acquistando a Los Angeles una casa magnificente ad un prezzo stracciato senza sapere che, in realtà, la stessa è più infestata della camera di Regan in L'esorcista.
Sarà l'inizio di una vera e propria sarabanda di incroci tra passato e presente che vedrà i coniugi, la loro figlia maggiore Violet ed il bambino in arrivo affrontare le loro paure nonchè le presenze inquietanti legate alle vittime che la casa ha mietuto nel corso dei decenni, dalla Dalia Nera alla coppia gay che occupò l'abitazione poco prima di loro.
Il tutto senza contare la molto presente vicina Constance, la sua invadente figlia Adelaide e l'inquietante Tate, che finirà per innamorarsi, ricambiato, di Violet. 



A volte capita di doversi ricredere, in merito ad una serie tv, e a fronte ad un pilota molto esaltante o deludente giungere al termine della stessa con un'opinione completamente differente da quella di partenza.
A volte no.
American horror story, seguitissima ed ammirata come una delle proposte più interessanti ed avvincenti del 2011 del piccolo schermo si è confermata, dalle parti di casa Ford, come una delle più confusionarie, trite, ritrite, poco spaventose ed assolutamente inutili visioni dell'anno.
E così, come bottigliai selvaggiamente il primo episodio lo scorso ottobre, mi ritrovo ora, a stagione conclusa - e soltanto perchè a Julez non dispiaceva la visione, dato che fosse stato per me non sarei andato oltre il suddetto pilot - a randellare con un certo piglio gli autori e l'opera in toto, incostante e caotica come soltanto un prodotto privo di sceneggiatori validi può essere: neppure nei momenti in cui pareva che tutto potesse prendere una piega finalmente interessante - la rivelazione sul Rubber man, la parte dell'episodio finale in pieno stile Beetle Juice - le occasioni sono state sprecate malamente per concentrarsi sull'aspetto più cool e modaiolo della confezione, affidando il suo charme ad un'ottima Jessica Lange che, alla lunga, finisce per stancare nel suo continuo restare sopra le righe.
Nel corso dello svolgimento della stagione, inoltre, è stato curioso come gli interrogativi a proposito dell'evolversi della trama - fondamentali per ogni serie ben riuscita, e non solo - siano stati sostituiti dalle continue domande a proposito del successo avuto da questa creatura di Ryan Murphy e Brad Falchuk, che neppure la conclusione o l'annuncio della produzione della seconda stagione sono riusciti a fugare: cosa potrà mai avere di speciale American horror story?
La sensazione di paura trasmessa allo spettatore? Dubito, dato che nulla - ma proprio nulla - è riuscito a smuovermi, neppure dal sonno indotto dalle vicende da soap che coinvolgono i protagonisti.
Il cast in forma smagliante? Difficile, considerato che, tolta la succitata Lange ed i giovani Tessa Farmiga ed Evan Peters - che, tuttavia, non vanno oltre l'ordinaria amministrazione - la grintosa Connie Britton mostra la brutta copia della madre già interpretata nell'ottimo Friday night lights e l'inguardabile Dylan McDermott sfoggia un campionario di un'espressione e mezza, senza contare il tracollo di Denis O'Hare, passato dai fasti di True Blood ad un personaggio al limite del ridicolo.
Unica nota davvero positiva: Zachary Quinto nel ruolo di se stesso.
L'originalità del prodotto? Neanche per scherzo, considerato che siamo di fronte ad una serie di citazioni e scopiazzature così evidenti da far sembrare strano non passino segnalazioni luminose con il titolo del film citato - si spazia da Shining a Rosemary's baby, da La casa nera a Nightmare, fino ai video di Lady Gaga -.
L'affezione ai personaggi che ha costruito la fortuna di molte serie corali? Sfido chiunque a trovare anche solo lontanamente simpatico o accattivante uno qualsiasi dei protagonisti, irritanti quanto e forse più dell'agghiacciante Adelaide, meritevole di aver procurato il mio unico momento di gioia nel corso della stagione con la sua uscita di scena.
Dunque, per la prima volta, lancio una sfida che possa mettere un pò in difficoltà questa mia presa di posizione assolutamente ostile ad American horror story: prima che la seconda stagione possa confermare o smentire la mia opinione in merito, provateci voi.
Voi che l'avete amata, che avete provato un oscuro terrore dalla sigla - unica cosa davvero valida - ai titoli di coda, che non vedete l'ora possa essere il prossimo autunno per ricominciare a seguire le gesta degli Harmon e degli altri abitanti della casa più infestata di L. A., che l'avete trovata unica ed originale, fate un tentativo: datemi almeno una buona ragione per far compagnia alla signora Ford anche al prossimo giro di giostra e non lasciarla sola in balìa di tutto questo ciarpame da tubo catodico.


MrFord


"There's a red worm crawling in my head
cut in half worm, in my blood he lies re
and I see him in my head
it's my nightmare, oh it's my dream
he's inside here silencing my screams
alone on a razor's edge
alone sliding on the razor's edge."
W.A.S.P. - "The horror" -

mercoledì 12 ottobre 2011

American horror (?) story

Produzione: FX
Origine: Usa
Anno: 2011
Episodi: 13 (e speriamo basti così)


La trama (con parole mie): gli Harmon, una molto poco felice famiglia di Boston, a seguito di un aborto patito da Vivien e del tradimento di Ben colto in flagrante da Vivien stessa, decidono di trasferirsi a Los Angeles per ricostruire la loro unione e rinsaldare il legame con la figlia adolescente Violet.
Per risparmiare a fronte della crisi, decidono di acquistare una villa infestata da chissà quali presenze inquietanti in vendita ad un quarto del prezzo delle case della zona, senza contare che tutto, a partire dalla loro poco equilibrata vicina Constance e dalla sua invadente figlia Addy, parrà muoversi per fare sì che i nuovi occupanti della casa vadano completamente fuori di testa.



O. Mio. Dio.
Questo è stato il mio primo pensiero al termine della visione del pilota di American horror story, una serie che prometteva scintille e che da qualcuno - vero, Cannibale!? - era stata addirittura paragonata a quella meraviglia di Twin Peaks.
Per aprire il post in maniera non troppo selvaggia, comunque, ho edulcorato l'effettiva versione del pensiero, che a ben ripensarci è stato "questa roba fa proprio cagare", senza se e senza ma.
Lo ferita lasciata dalla delusione di Harper's Island è stata riaperta, divaricata per bene e cosparsa di sale neanche fosse la più succulenta delle bistecche al sangue: tensione zero, inventiva sottozero, paura spedita dritta dritta in Siberia a godersi ottime temperature polari.
Per non parlare della logica, dimenticata a casa dai liceali Murphy&Falchuk che sfoderano un vero e proprio campionario di idee bislacche e strampalate pescando a ripetizione dall'immaginario horrorifico collettivo senza neppure fare il solletico al terrore vero, quello che, per intenderci, incuteva il buon David Lynch soltanto sfruttando la colonna sonora di Badalamenti ed il volto agghiacciante dello spauracchio Bob.
Qui, a fare da uomo nero, troviamo soltanto il ridicolmente truccato ex Russell Edgington di True blood, lontano anni luce dallo spessore del personaggio della serie dedicata a Sookie e soci, che piagnucola sulla spalla di Ben Harmon neanche fosse l'ultimo degli stronzi, ed una bambola neppure lontanamente del livello di Chucky chiusa in cantina ed animata in qualche modo da uno stronzetto adolescente sosia di Michael Pitt abbigliato in pieno stile Cobain. Quanta originalità!

Russell Edgington in versione "horror"...
... Ed il vero horror.
E proprio con il giovane Tate arriviamo all'apice della voglia irresistibile di sfigurare - senza trucchi - Murphy e Falchuk a bottigliate: nel racconto del ragazzo a Ben Harmon nel corso di una seduta di psicanalisi, il Michael Pitt dei poveri sogna di sterminare la gente che non gli piace in un normale giorno di scuola in pieno stile Columbine, e per farlo, smessi i panni di Cobain, decide di optare per quelli ben più appariscenti di Lady Gaga.

Tate è arrabbiato: Lady Gaga ha chiesto i diritti d'immagine per il trucco utilizzato nelle sue fantasie.
Si parlava di originalità, per l'appunto. 
Il tutto senza neppure citare i due gemelli in pieno stile Shining, l'irritante personaggio di Jessica Lange, la ridicola scelta della domestica con visione differenziata e l'assurdo pretesto della sua assunzione, la piccola e tremendamente fastidiosa Addy che "troverà sempre un modo per entrare in casa vostra" - e qui ci vorrebbe il Walt Kowalski di Gran Torino per dimostrare il contrario con un buon fucile -, l'uomo vestito in latex che pare una via di mezzo tra lo Storpio di Pulp fiction ed il padre/padrone de La casa nera, e chissà quali altre perle avranno in serbo gli scoppiettanti autori per questa serie che promette davvero di essere memorabile.
Una memorabile calamita per le bottigliate più feroci.
Dunque, rassegnatevi: la rabbia resta l'unico rifugio per lo spettatore, dato che di paura, qui, non c'è neppure l'ombra.
Neanche impegnandosi, ed andando a cercarla nella cantina di una casa stregata.

MrFord
"Ooh, there ain't no other way, baby, I was born this way
baby, I was born this way
ooh, there ain't no other way, baby, I was born this way
I'm on the right track, baby, I was born this way
don't be a drag, just be a queen
don't be a drag, just be a queen
don't be a drag, just be a queen."
Lady Gaga - "Born this way" -

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