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sabato 26 aprile 2014

American Horror Story - Coven

Produzione: FX
Origine: USA
Anno: 2013/2014
Episodi: 13




La trama (con parole mie): Zoe, un'adolescente che scopre di avere poteri magici, viene condotta ad una speciale accademia di New Orleans che da secoli protegge e prepara le streghe al mondo e ad affrontare i loro poteri. Accanto ad una manciata di altre ragazze come lei, Zoe si troverà a dover affrontare cacciatori votati alla loro eliminazione, la minaccia della regina del voodoo locale, il ritorno alla vita di una spietata nobildonna di origini francesi che nel corso dell'ottocento commise nella sua casa atroci delitti e gli intrighi della Suprema - la strega che, di fatto, ha il comando della categoria ed i poteri più sviluppati in assoluto - Fiona, che non vorrebbe fosse giunto il momento della sua successione e della conseguente morte, e trama per eliminare tutte le possibili candidate al suo ruolo. Lei compresa.








Evidentemente American horror story funziona a stagioni alterne, qui al Saloon.
Dopo una prima annata, infatti, fin troppo incensata e decisamente sopravvalutata - che da queste parti venne bottigliata, e non poco - ed una seconda assolutamente di alto livello, al terzo giro di giostra la creatura di Falchuck e Murphy subisce la sua più clamorosa caduta in termini di qualità ed interesse suscitato, finendo addirittura per scalzare sul gradino più alto del podio al rovescio del sottoscritto, tra episodi inutili ed un cattivo gusto da fare invidia alle ultime stagioni di True blood, perfino la tanto detestata season d'esordio.
L'idea di ambientare i tredici episodi a New Orleans - una delle città più misteriose ed oscure degli States - e di incentrarli sulle streghe ed il conflitto non solo razziale, ma anche di genere da sempre in gioco tra uomini e donne risultava, sulla carta, assolutamente interessante ed azzeccata, degna di un riscatto delle congreghe dopo i fallimenti clamorosi del passato recente, dalle fin troppo numerose incarnazioni di Hansel e Gretel all'obbrobrio di Rob Zombie: purtroppo, però, il risultato è stato decisamente inferiore alle aspettative - così come alle pretese -, finendo per portare sullo schermo una sorta di dark comedy - involontaria - teen fuori tempo massimo che è riuscita a riportare alla mente del sottoscritto più l'insipido Dark shadows che non una nuova proposta horror degna di questo nome.
Senza dubbio parte delle responsabilità ricade sul cast, più adatto ad una soap per liceali che non ad un pubblico adulto, ed in grado di affossare perfino la sempre bravissima Jessica Lange - che pare cominciare a gigioneggiare un pò troppo -, Denis O'Hare - ridicolo il suo personaggio -, Angela Bassett - partita come una sorta di iradiddio e finita in men che non si dica - e Kathy Bates - clamorosamente sprecata, rispetto alle potenzialità che avrebbe potuto esprimere -, e sugli script, che seppur supportati da una regia sempre elegante non risultano decisamente all'altezza di un titolo con velleità di sconvolgimento del mondo del piccolo schermo.
Senza contare, dunque, l'assenza pressochè totale di inquietudine o di un senso di thrilling legato al genere, ed i charachters partiti in quarta e dunque clamorosamente appiattiti - Axeman, gli schiavi torturati, i vicini della congrega -, i limiti peggiori di questa stagione vengono evidenziati da episodi che definire riempitivi sarebbe quasi un complimento ed una direzione mai certa data dagli autori, che fin dall'opening sono apparsi incerti sulla piega da far prendere all'annata: un'indecisione pagata molto cara, considerata l'attenzione calata vertiginosamente in casa Ford con il susseguirsi degli episodi, nella speranza che tutto potesse concludersi in fretta ed il meno dolorosamente possibile.
Resta a confortarmi la speranza che, come fu al termine della prima stagione, l'idea di abbandonare definitivamente AHS possa portare bene per l'anno successivo, andando a rinverdire, di fatto, i fasti di Asylum cancellando quella che è parsa come una versione allucinata di un episodio troppo lungo di Desperate Housewives, lontano anni luce da quello che, almeno sulla carta, la creatura di Falchuck e Murphy vorrebbe tanto rappresentare.




MrFord




"If witchcraft all the fools condemn,
it turns around and crushes them.
When good has been twisted,
when good has been killed,
then love is resisted and blood will be spilled."
Black Sabbath - "Coven" - 




giovedì 21 febbraio 2013

American horror story - Asylum

Produzione: FX
Origine: USA
Anno: 2012
Episodi : 13




La trama (con parole mie): siamo nel pieno degli anni sessanta, e mentre il serial killer Bloody Face impazza, l'istituto di sanità mentale Briarcliff nel cuore del Massachusetts ospita squilibrati e casi umani di ogni genere.
Quando Kit Walker, sospettato dell'omicidio della moglie Alma, e la giornalista Lana Winters vengono internati, ha inizio una serie di eventi che porteranno al confronto con alieni, psicopatici, possessioni demoniache ed una scia di sangue che condurrà fino al presente, e a vittime mietute ancora oggi in quello che è stato lo stesso istituto.
Chi è il vero Bloody Face? Chi sono i colpevoli ed i responsabili di tutti gli orrori commessi tra quelle mura nel corso degli anni? Chi, alla fine, sopravviverà alla follia e all'incomprensibile?




A volte è un piacere essere in qualche modo smentiti, soprattutto quando si tratta di visioni che finiscono per accompagnarci in un periodo di tempo non breve quanto un paio d'ore sul divano per una serata.
Ammetto infatti che, dopo la prima e deludente stagione, le mie aspettative a proposito di questa seconda tornata di American horror story erano piuttosto basse, ed il mio progetto segreto era quello di indurre Julez ad abbandonarla dopo una manciata di episodi se si fosse rivelata dello stesso livello rispetto allo scorso anno: invece, al contrario di ogni previsione, il prodotto firmato Murphy e Falchuck si è rivelato nettamente più maturo e solido di quanto credessi, abbandonando le eccessive slegature del suo primo giro di giostra per affidarsi ad una storia decisamente più solida ed addirittura quasi lynchana, in grado di mescolare lo stile dei sixties agli orrori di una versione sotto acido de Qualcuno volò sul nido del cuculo.
Gran parte del merito di questo netto salto di qualità va agli autori, concentrati su un gruppo di storie ad incastro perfettamente - o quasi - legate tra loro anche quando parrebbe di no e su un cast in forma splendida, dal James Cromwell nel ruolo del mefistofelico Dottor Arden alla strepitosa Frances Conroy - pazzesca nel ruolo della galeotta sul finale di stagione, tra gli altri -, dalla conferma della straordinaria Jessica Lange alla sorpresa Lily Rabe, che con la sua suora posseduta dal demonio è stata forse le vera rivelazione della stagione: tutto fila talmente liscio che perfino cani maledetti come Joseph Fiennes e Dylan McDermott risultano quasi a loro agio nei ruoli assegnati.
Un vero e proprio miracolo.
L'istituto Briarcliff, location decisamente più interessante della casa degli Harmon della prima stagione, diviene dunque teatro di un viaggio nella follia, una fotografia agghiacciante da horror pieno - Bloody Face ricorda moltissimo il Leatherface di Non aprite quella porta - a thriller da lasciare senza fiato - i ruoli di Arden e Thredson -, un confronto con l'ignoto ed il tempo che si avvolge su se stesso per poi tornare a colpire e sorprendere - gli alieni, il parallelo tra passato e presente -, un'escalation a metà tra L'esorcista e Rosemary's baby ma anche una favola nerissima che racconta d'amore, salvezza, desiderio, sete di potere e volontà: in questo senso i due personaggi di Kit Walker e Lana "Banana" Winters divengono i volti della stessa proposta, come una moneta che presenti sui suoi lati le risposte differenti ad un trauma, ed i modi per lasciarsi lo stesso alle spalle.
Certo non mancano i disequilibri, eppure anche le imperfezioni trovano una loro precisa collocazione, e lo stile che pareva solo confezione la scorsa stagione si fonde alla grande con le vicende narrate, lasciando spazio anche a sperimentazioni visive ottime e ad episodi - come il season finale - diretti magnificamente - in particolare quello appena citato, portato sullo schermo da Alfonso Gomez-Rejon, regista della seconda unità di Argo, per dirne uno, è un vero gioiellino di memoria addirittura kubrickiana -.
Un'esperienza, dunque, completamente diversa da quella vissuta con il primo passaggio televisivo di questo prodotto che ora mi pone in fervente attesa per la prossima stagione, curioso rispetto a come potrà essere ulteriormente sviluppato dai suoi autori questo viaggio all'interno delle ferite - fisiche, mentali e morali - della "storia americana".


MrFord


"Dominique, nique, nique, over the land he plods
and sings a little song
never asking for reward
he just talks about the Lord
he just talks about the Lord."
The Singing Nun - "Dominique" -


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