lunedì 21 settembre 2015

Self/Less

Regia: Tarsem Singh
Origine: USA
Anno:
2015
Durata: 117'






La trama (con parole mie): Damian, milionario alle soglie dei settanta alle prese con un tumore che entro sei mesi lo condurrà alla morte, incapace di ricostruire il rapporto con la figlia adulta, scoraggiato dal terrore della fine, a seguito di un suggerimento anonimo contatta il misterioso Albright, che fornisce con la sua società un servizio ad altissimo costo volto a preservare le grandi menti - e chi se lo può permettere, ovviamente -.
L'uomo sostiene di poter, attraverso un procedimento sperimentale, portare la coscienza del paziente all'interno di un corpo giovane ed al massimo delle forze creato in laboratorio, di fatto fornendo una nuova identità, un nuovo passato ed un nuovo futuro ai propri clienti: Damian accetta e salda, per ritrovarsi con la metà dei suoi anni, in forma perfetta, nel cuore di New Orleans.
Dopo essersi goduto i primi mesi di "rinascita", però, incuriosito da visioni che dovrebbero essere soltanto un effetto collaterale del procedimento, scopre che dietro il corpo che ora lo ospita c'è un segreto che Albright tiene a mantenere tale con qualsiasi mezzo.









Self/Less è stato, lo dico chiaro e tondo e senza passare dal via, un mezzo miracolo.
Un film, infatti, firmato da Tarsem Singh - che non sono mai riuscito a farmi piacere - con protagonista uno dei cani maledetti più cani di Hollywood, Ryan Reynolds, sulla carta aveva tutte le carte in regola per insidiare i titoli al momento più accreditati per aggiudicarsi il Ford Award dedicato al peggio dell'anno: visione alle spalle, posso invece dichiarare di aver assistito ad un dimenticabilissimo ma neppure così terribile film da weekend senza troppa voglia o impegno, costruito a partire da idee potenzialmente interessanti sviluppate ovviamente nel peggior modo possibile da una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti, interpretato male - ma di questo ero più che sicuro - e diretto, al contrario, discretamente soprattutto per quanto riguarda le parti d'azione.
Questa conclusione è ovviamente frutto di una riflessione che ha visto la logica non essere presa in considerazione onde evitare di rendere ancora più imbarazzante di quanto già non sia lo script nei suoi passaggi fondamentali - il telefonatissimo spunto sul metallo da non introdurre nella macchina, il ruolo di Anton, l'immediatezza rispetto alla quale soltanto sfruttando internet il "nuovo" Damian scopre il segreto del corpo che lo ospita, o almeno una traccia evidente da seguire quando la compagnia di Albright pare una sorta di superpotenza in grado di rendere le operazioni il più discrete possibili -, finendo per associare Self/Less alle sequenze più spettacolari - soprattutto quella legata all'inseguimento in macchina - immaginando nel contempo un protagonista che non fosse Reynolds, uno degli attori che meno sopporto legati al panorama di grana grossa a stelle e strisce, e che già ora so che mi pentirò di veder vestire, prossimamente, gli attesissimi - almeno dal sottoscritto - panni di Deadpool.
Meglio, in questo senso, tentare di affiancare a sparatorie ed esplosioni le questioni legate all'intensità dei rapporti tra genitori e figli e la riflessione rispetto al timore di affrontare la fine, la lotta di classe - in un certo senso, se esistesse un servizio di questo genere, avremmo milionari pronti a reincarnarsi ogni quarantina d'anni e poveri cristi usati come carne da cannone - ed il pensiero che un'operazione come quella garantita da Albright si dividerebbe tra "resurrezioni" di chi rifiuta di andarsene e "ritorni" di persone amate che non si è disposti a lasciare. 
Questioni di egoismi, dunque, a conti fatti.
Peccato che le suddette riflessioni troverebbero spazio ed importanza se inserite in un contesto decisamente diverso e realizzato con più criterio di Self/Less, che riesce a peggiorare la sua posizione con uno dei finali più buonisti e già visti visti in sala di recente, l'unico ad aver davvero fatto vacillare la mia posizione di quasi stupore rispetto a quanto mi sarei aspettato di provare al termine della visione.
Il mio consiglio, dunque, è quello di dedicarvi all'ultima fatica in terra americana di Singh solo a tempo perso e con i piedi di piombo, senza però farvi troppo influenzare negativamente dalle critiche spietate raccolte fin dalla sua uscita: in fondo ci sono porcate ben peggiori e più dannose di questa, nonostante sia assolutamente ovvio e certo che esistano una marea di titoli più interessanti.
Un film cuscinetto che a tratti - ma solo a tratti, e non è detto che non decida di ritrattare in futuro questa affermazione - finisce per non far sembrare così terribile neppure il già citato e bersagliato Reynolds: quasi un miracolo, come sottolineavo al principio del post, considerate le premesse e la stima che il suddetto Ryan e Singh raccolgono qui al Saloon, molto vicina al livello zero dei più detestati da questo vecchio cowboy.
Non si sognino, comunque, di avvicinarsi al bancone per una bevuta.
Per loro, al massimo, c'è un pò d'acqua del rubinetto ed un invito a cambiare locale.




MrFord




"And wherever we go
and whatever we do
and whatever we see
and whoever we be
it don't matter
it don't matter
I don't mind cause you don't matter
I don't mind cause I don't matter
(and don't shit matter)
you'll see in the end."
John Cole - "Note to self" - 





 

8 commenti:

  1. Personalmente l'ho trovato moscetto, per altro una scopiattatura (moscia) di un bel film di Frankenheimer ;-) Cheers!

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    1. Moscissimo, ma meno peggio di quanto mi aspettassi.
      Che, considerati regista e protagonista, è quasi un miracolo.

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  2. Reynolds è un canide, sempre detestato.
    Peccato perché si tratta di un film potenzialmente interessante, non mi accontento anche se dici che ci sono porcate peggiori e per il momento passo.

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    1. Passandolo non ti perdi nulla, io sono solo rimasto sorpreso che non fosse schifoso come mi aspettavo.
      E Reynolds è il re dei canidi.

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  3. Troppo telefonata la trama, ma nel complesso anche noi lo abbiamo guardato volentieri! !!!
    Certo che un attore più espressivo avrebbe giovato all'insieme, ma tant'è!

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    1. Sicuramente è meno peggio di quanto si potesse prevedere, per il resto è tranquillamente ascrivibile alla categoria dimenticabili.

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  4. E' davvero incredibile che non ti piaccia Ryan Reynolds, visto che in quanto a (in)espressività non è certo da meno rispetto a molti dei tuoi attori preferiti... °____°

    Sul film in ogni caso la penso in maniera simile. Modesto, ma a sorpresa nemmeno tra il peggio dell'anno, finale a parte che è davvero una schifezza.

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    1. Inespressività o no, manca del carisma adatto anche per essere un inespressivo action hero. ;)

      Detto questo, sono sconvolto di scoprire che la pensiamo in modo simile sul film e sul finale. Del resto, sono sempre turbato quando capita. ;)

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