Regia: Michael R. Roskam
Origine: Belgio
Anno: 2011
Durata: 124'
La trama (con parole mie): Jacky Vanmarsenille lavora nella fattoria di famiglia e traffica in ormoni della crescita, che inietta ai suoi capi in modo da incrementare la rendita offerta dal bestiame.
Quando un socio in affari lo mette in contatto con un boss locale, la sua vita si complica: ci sono di mezzo l'omicidio di un poliziotto, il disequilibrio dei suoi nuovi contatti, il vecchio amico Diederik - testimone del terribile avvenimento che costò a Jacky non ancora adolescente una vita normale e provocò la sua dipendenza dagli steroidi -, la sorella del responsabile di quello stesso trauma ed una vita che pare inesorabilmente segnata da solitudine e nerissima desolazione.
Per prima cosa, ringrazio Ottimista per la segnalazione di questo film.
A volte capita di incontrare pellicole in grado di raccontare ben più di quello che mostrano, dalle inquadrature artistiche e tendenzialmente fini a se stesse fino alle sequenze serrate da lasciare senza fiato: Rundskop è una di queste.
Purtroppo ancora - e probabilmente mai - distribuita in Italia, questa storia terribile ed oscura è figlia della stessa mitologia che guidò Refn nella sua trilogia Pusher e al più recente e splendido Drive, mio personale film dell'anno nell'appena trascorso 2011: un protagonista che ricorda quasi un antieroe letterario, o figlio del Cinema di Melville e dei grandi Maestri orientali dell'action melò, si tuffa inesorabilmente nel gorgo che rappresenterà la sua fine con una consapevolezza disarmante e clamorosamente umana, neanche si trattasse di un malato terminale che vede la sua emotività progressivamente divorata da un cancro che il suo ambiente ha generato e che non conosce lotta o tentativo affinchè possa essere recuperata.
In questo senso i flashback che riportano al momento in cui il Jacky del presente ebbe origine, così come il suo rapporto con Lucia divengono i tentativi disperati di un giovane uomo condannato alla penombra del suo bagno, che ricorda una cella di isolamento, tra i pugni chiusi scagliati contro il mondo - o se stesso? - e gli steroidi in grado di renderlo simile ai capi di bestiame che sono il suo lavoro, il suo esperimento, il suo grido d'aiuto: proprio a Lucia risponderà che lui "lavora con la carne", senza ben capire, probabilmente, se si tratta della sua - destinata a morire - o quella di un giovane vitello appena nato - destinata, ma solo per un tempo limitato, a vivere -.
E proprio nell'esperienza che legò indissolubilmente e separò inesorabilmente Jacky stesso e Diederik esplode la potenza della narrazione di Roskam, che sfodera una sequenza da far impallidire anche l'Haneke di Niente da nascondere, spostando all'improvviso, con un movimento di macchina quasi impercettibile, l'attenzione dalla vittima diretta del fatto - Jacky, per l'appunto - e quella indiretta, ma non per questo meno segnata - il succitato Diederik -.
Con il personaggio dell'ex migliore amico del protagonista, informatore della polizia, gay non dichiarato - clamorosa la scrittura del suo rapporto con il poliziotto -, vigliacco atavico e gregario per vocazione, la sceneggiatura - solo apparentemente statica - assume uno spessore da grande epopea criminale e umana, tanto da rievocare ai miei occhi le miserie che, ai tempi, soltanto Dostoevskij e Schiller riuscirono a disegnare attorno alle loro "creature".
Diederik diviene dunque l'altra faccia della triste medaglia di Jacky, un moderno Quasimodo criminale che vive una vita da spettatore isolato in una menomazione che ha originato la sua dipendenza e, probabilmente, il suo stesso "personaggio", divenendone l'ombra, l'eminenza grigia, l'espressione di una solitudine non più dettata dal corpo, ma dalla mente.
Questo Runskop diventa dunque la prima, grande visione di inizio 2012, una pellicola nella piena tradizione del grande noir di genere in grado di colpire a fondo e mostrare, attraverso gli occhi di Jacky, tutta la rabbia e l'inquietudine di chi, da vittima, finisce per vivere una vita da carnefice: quasi come se un animale in gabbia decidesse di averne avuto abbastanza, e lottasse in una corrida disperata per portare nella tomba con lui il numero più grande possibile dei suoi carcerieri.
Ed è proprio questo il finale più sanguinoso e tristemente possibile per una favola distorta in cui la bestia resta prigioniera del suo aspetto e la bella è una principessa impaurita e sottilmente crudele capace di un male peggiore del più esperto tra i cacciatori.
A volte capita di incontrare pellicole in grado di raccontare ben più di quello che mostrano, dalle inquadrature artistiche e tendenzialmente fini a se stesse fino alle sequenze serrate da lasciare senza fiato: Rundskop è una di queste.
Purtroppo ancora - e probabilmente mai - distribuita in Italia, questa storia terribile ed oscura è figlia della stessa mitologia che guidò Refn nella sua trilogia Pusher e al più recente e splendido Drive, mio personale film dell'anno nell'appena trascorso 2011: un protagonista che ricorda quasi un antieroe letterario, o figlio del Cinema di Melville e dei grandi Maestri orientali dell'action melò, si tuffa inesorabilmente nel gorgo che rappresenterà la sua fine con una consapevolezza disarmante e clamorosamente umana, neanche si trattasse di un malato terminale che vede la sua emotività progressivamente divorata da un cancro che il suo ambiente ha generato e che non conosce lotta o tentativo affinchè possa essere recuperata.
In questo senso i flashback che riportano al momento in cui il Jacky del presente ebbe origine, così come il suo rapporto con Lucia divengono i tentativi disperati di un giovane uomo condannato alla penombra del suo bagno, che ricorda una cella di isolamento, tra i pugni chiusi scagliati contro il mondo - o se stesso? - e gli steroidi in grado di renderlo simile ai capi di bestiame che sono il suo lavoro, il suo esperimento, il suo grido d'aiuto: proprio a Lucia risponderà che lui "lavora con la carne", senza ben capire, probabilmente, se si tratta della sua - destinata a morire - o quella di un giovane vitello appena nato - destinata, ma solo per un tempo limitato, a vivere -.
E proprio nell'esperienza che legò indissolubilmente e separò inesorabilmente Jacky stesso e Diederik esplode la potenza della narrazione di Roskam, che sfodera una sequenza da far impallidire anche l'Haneke di Niente da nascondere, spostando all'improvviso, con un movimento di macchina quasi impercettibile, l'attenzione dalla vittima diretta del fatto - Jacky, per l'appunto - e quella indiretta, ma non per questo meno segnata - il succitato Diederik -.
Con il personaggio dell'ex migliore amico del protagonista, informatore della polizia, gay non dichiarato - clamorosa la scrittura del suo rapporto con il poliziotto -, vigliacco atavico e gregario per vocazione, la sceneggiatura - solo apparentemente statica - assume uno spessore da grande epopea criminale e umana, tanto da rievocare ai miei occhi le miserie che, ai tempi, soltanto Dostoevskij e Schiller riuscirono a disegnare attorno alle loro "creature".
Diederik diviene dunque l'altra faccia della triste medaglia di Jacky, un moderno Quasimodo criminale che vive una vita da spettatore isolato in una menomazione che ha originato la sua dipendenza e, probabilmente, il suo stesso "personaggio", divenendone l'ombra, l'eminenza grigia, l'espressione di una solitudine non più dettata dal corpo, ma dalla mente.
Questo Runskop diventa dunque la prima, grande visione di inizio 2012, una pellicola nella piena tradizione del grande noir di genere in grado di colpire a fondo e mostrare, attraverso gli occhi di Jacky, tutta la rabbia e l'inquietudine di chi, da vittima, finisce per vivere una vita da carnefice: quasi come se un animale in gabbia decidesse di averne avuto abbastanza, e lottasse in una corrida disperata per portare nella tomba con lui il numero più grande possibile dei suoi carcerieri.
Ed è proprio questo il finale più sanguinoso e tristemente possibile per una favola distorta in cui la bestia resta prigioniera del suo aspetto e la bella è una principessa impaurita e sottilmente crudele capace di un male peggiore del più esperto tra i cacciatori.
MrFord
"I am the bullgod...I am free...and I feed on all that is forsaken
I'm gonna get you....I see through you...I'm gonna get you."
I'm gonna get you....I see through you...I'm gonna get you."
Kid Rock - "I am the bullgod" -
Contentissimo che ti sia piaciuto così tanto, e complimenti per la recensione!
RispondiEliminaGià lo sai, questo è uno dei miei preferiti del 2011, l'ho trovato praticamente perfetto. La scena del flashback poi è indimenticabile, ma non è nemmeno l'unica.
Una distribuzione italiana, purtroppo, sembra improbabile anche a me.
Ah, e grazie per il link. ;)
Ottimista, è stata davvero un'ottima visione.
EliminaLa scena del flashback e il crescendo finale sono da manuale. Bellissimo davvero.
Per il link, figurati. Giusto e meritato. ;)
eh lo devo dire quando dai 3 bicchieri di voto ai film sono contentissima, vedrò di recuperarlo :)
RispondiEliminaArwen, anche io sono contento. Vuol dire che la visione è stata un vero piacere. ;)
EliminaRecuperalo, merita alla grande!
Vorrei proprio vederlo mi hai incuriosito tanto… come se mi avessi avvicinata con delle ghiande! :))))
RispondiEliminaPetrolio, recuperalo assolutamente!
EliminaE' una vera chicca: amaro e terribile, potente e violento.
Una specie di cocktail di Haneke e Refn: un ghiandone!
ne avevo già sentito parlare da un paio di altri colleghi blogger molto più blasonati di te ahahahah, però dopo questo tuo entusiasmo mi sa che io potrei "bottigliarlo"
RispondiEliminase poi mi citi pure kid rock è una vera e propria istigazione a delinquere :)
Cannibale, sai che io con il blasone mi pulisco il deretano, da buon bruto! ;)
EliminaKid Rock ci stava da dio qui, e il fatto che ti istighi è solo che un bene!
Inoltre, che succede, sei in crisi creativa che prendi in prestito le mie bottigliate!?!?? ;)
ah vedi questo ce l'ho da vedere da mesi!!!
RispondiEliminami ero totalmente dimenticato della sua esistenza :D
visto che ti è piaciuto mi cimenterò presto. thanks.
Frank, ti consiglio di tirarlo fuori alla svelta dal dimenticatoio!
EliminaE' davvero una bomba!
concordo alla grande James, lo trovo uno dei migliori film dell'anno passato.
RispondiEliminail flashback e il finale sono da standing ovation, il protagonista è in stato di grazia, i personaggi di contorno ottimi... non c'è veramente niente che non mi sia piaciuto! :)
Einzige, sono assolutamente d'accordo.
EliminaUn grandissimo film in cui tutto funziona. Davvero tosto.
E quelle due scene sono statosferiche.
Mi umilio perché me lo merito: solo adesso ho notato le birre per il giudizio ahahaha...che distrattona che sono!
RispondiEliminaComunque questo film: MAI SENTITO!
Melinda, doppio rimprovero: hai notato solo ora i voti e hai scambiato dei robusti whisky per birre! Bottigliate!
EliminaIl film, però, merita, nonostante sia passato inosservato qui da noi.
Uh, è vero sono whisky...sto talmente fusa che ho visto delle pinte ahahaha...mi bottiglio da sola dai!
EliminaMelinda, brava!
EliminaDai il buon esempio al Cannibale per quello che dovrebbe fare lui ogni giorno!