Regia: Fred Schepisi
Origine: USA
Anno: 1993
Durata: 112'
La trama (con parole mie): Ouisa e Flan, due ricchi beniamini della società bene e radical chic newyorkese, nel corso di una serata passata con l'amico di lunga data Geoffrey alla ricerca di un finanziamento per un affare legato ad un Cezanne, si ritrovano in casa il giovane Paul, che afferma di essere stato compagno di scuola dei loro figli nonchè il figlio del divo afroamericano Sidney Poitier. La serata che segue è così piacevole che i coniugi sviluppano una sorta di curiosa attrazione per Paul, nonostante siano costretti a cacciarlo la mattina successiva dopo averlo trovato a letto con uno sconosciuto rimorchiato durante la notte.
Lo stesso tipo di esperienza, come i due scopriranno raccontando la vicenda nel corso dei numerosi appuntamenti da salotto, è stata vissuta anche da altre coppie: la curiosità, dunque, avrà la meglio, e un gruppo di famiglie si ritroverà ad investigare sulla vera identità di quel curioso ed improvvisato ospite di una notte.
Lo stesso tipo di esperienza, come i due scopriranno raccontando la vicenda nel corso dei numerosi appuntamenti da salotto, è stata vissuta anche da altre coppie: la curiosità, dunque, avrà la meglio, e un gruppo di famiglie si ritroverà ad investigare sulla vera identità di quel curioso ed improvvisato ospite di una notte.
Era da parecchio tempo che in casa Ford si attendeva il passaggio di Sei gradi di separazione, pellicola di chiara origine teatrale che ancora mancava alla lista delle visioni di Julez, che, di contro, parlando dello stesso regista, lo scorso anno mi aveva anticipato proponendo Roxanne, che ero invece io a non avere mai visto.
Fred Schepisi, uno dei tanti artigiani della settima arte rimasto sempre in bilico tra le produzioni di nicchia ed i grandi successi commerciali, trova con questo lavoro l'apice creativo della sua carriera, e trasforma una sorta di concerto da camera in una vera e propria sinfonia di attori, situazioni e battute di uno script davvero di ottimo livello, trasformando l'allora divo del piccolo schermo Will Smith in un attore completo - insieme ad Alì di Michael Mann, siamo di fronte senza dubbio alla sua migliore performance - e regalando una riflessione per nulla scontata sulla lotta di classe e la casualità della vita che ha il pregio di non apparire mai troppo leggera o pesante, in equilibrio sul sottilissimo filo del Caso e rappresentata alla grande - e con un radicalchicchismo mai irritante, quanto più ironico e divertito - da un quadro di Kandinsky che resta cucito addosso al giovane protagonista Paul, ragazzo di strada alla scoperta di un mondo a lui completamente sconosciuto come quello dell'elite culturale ed economica newyorkese fatta di party, matrimoni, chiacchiere tra un affare milionario e l'altro, cene organizzate per uomini che non hanno contanti nel portafogli ma cifre astronomiche da girare senza battere ciglio da un conto corrente all'altro.
L'epopea di Paul, passato dall'essere considerato una minaccia allo status di figlio acquisito - in tutti i sensi - dei sofisticati e a tratti ridicoli Ouisa e Flan, è come una tempesta che si abbatte su un universo che non conosce drammi che non siano dati da una camicia rosa regalata impunemente o al rendersi protagonisti con aneddoti "borderline" al pranzo successivo: raramente, nella Storia della settima arte, si era visto portare sullo schermo con la stessa levità un tema normalmente trattato come conflittuale e teso, quasi come se il cuore urbano di Paul si fondesse con l'eleganza delle riprese, in equilibrio tra piani sequenza e dialoghi fittissimi, del mondo dorato che lo stesso protagonista invade più o meno pacificamente.
Non è un caso, in questo senso, che la parte più drammatica del lavoro di Schepisi sia quella dedicata al rapporto tra Paul e la coppia di aspiranti artisti formata da Elizabeth e Rick, destinata a crollare sotto il peso del carisma del charachter interpretato da Will Smith proprio perchè, come lui, costretti a lottare ed arrancare senza riuscire a giungere neppure ad un briciolo del successo dell'altra metà di New York, quella del denaro e delle posizioni che contano.
Come se non bastasse, a queste riflessioni decisamente importanti, si aggiungono quella legata al rapporto tra padri e figli - curioso quanto Paul sia sinceramente interessato a compiacere ogni suo ospite, proprio mentre le famiglie da lui visitate paiono un concentrato di scontri e conflitti tra generazioni - ed una seconda che, di fatto, mostra il lato self-made che sta alla base della filosofia USA, trovando in Paul un alfiere perfetto ispirato da un'altra figura venuta dalla strada ed affermatasi come una delle più importanti dello stardom hollywoodiano di qualche decennio fa, Sidney Poitier, forse il primo, grande divo afroamericano a tutto tondo.
Proprio nella presentazione ad opera del giovane truffatore del presunto padre e della loro storia troviamo la sequenza più importante e meglio realizzata di una pellicola che ancora oggi, a distanza di vent'anni, conserva fascino ed interesse sociale, in barba, per una volta, anche alla mia ostilità allo stile radical chic che in questo caso è stato reso dal regista come una riuscitissima parodia senza per questo apparire come un quadro senz'anima.
E si torna a Kandinsky, e a Paul.
A volte, per comprendere l'ordine, occorre che il caos getti il mondo nello scompiglio più assoluto.
E non è detto che sia un male venuto per nuocere.
Fred Schepisi, uno dei tanti artigiani della settima arte rimasto sempre in bilico tra le produzioni di nicchia ed i grandi successi commerciali, trova con questo lavoro l'apice creativo della sua carriera, e trasforma una sorta di concerto da camera in una vera e propria sinfonia di attori, situazioni e battute di uno script davvero di ottimo livello, trasformando l'allora divo del piccolo schermo Will Smith in un attore completo - insieme ad Alì di Michael Mann, siamo di fronte senza dubbio alla sua migliore performance - e regalando una riflessione per nulla scontata sulla lotta di classe e la casualità della vita che ha il pregio di non apparire mai troppo leggera o pesante, in equilibrio sul sottilissimo filo del Caso e rappresentata alla grande - e con un radicalchicchismo mai irritante, quanto più ironico e divertito - da un quadro di Kandinsky che resta cucito addosso al giovane protagonista Paul, ragazzo di strada alla scoperta di un mondo a lui completamente sconosciuto come quello dell'elite culturale ed economica newyorkese fatta di party, matrimoni, chiacchiere tra un affare milionario e l'altro, cene organizzate per uomini che non hanno contanti nel portafogli ma cifre astronomiche da girare senza battere ciglio da un conto corrente all'altro.
L'epopea di Paul, passato dall'essere considerato una minaccia allo status di figlio acquisito - in tutti i sensi - dei sofisticati e a tratti ridicoli Ouisa e Flan, è come una tempesta che si abbatte su un universo che non conosce drammi che non siano dati da una camicia rosa regalata impunemente o al rendersi protagonisti con aneddoti "borderline" al pranzo successivo: raramente, nella Storia della settima arte, si era visto portare sullo schermo con la stessa levità un tema normalmente trattato come conflittuale e teso, quasi come se il cuore urbano di Paul si fondesse con l'eleganza delle riprese, in equilibrio tra piani sequenza e dialoghi fittissimi, del mondo dorato che lo stesso protagonista invade più o meno pacificamente.
Non è un caso, in questo senso, che la parte più drammatica del lavoro di Schepisi sia quella dedicata al rapporto tra Paul e la coppia di aspiranti artisti formata da Elizabeth e Rick, destinata a crollare sotto il peso del carisma del charachter interpretato da Will Smith proprio perchè, come lui, costretti a lottare ed arrancare senza riuscire a giungere neppure ad un briciolo del successo dell'altra metà di New York, quella del denaro e delle posizioni che contano.
Come se non bastasse, a queste riflessioni decisamente importanti, si aggiungono quella legata al rapporto tra padri e figli - curioso quanto Paul sia sinceramente interessato a compiacere ogni suo ospite, proprio mentre le famiglie da lui visitate paiono un concentrato di scontri e conflitti tra generazioni - ed una seconda che, di fatto, mostra il lato self-made che sta alla base della filosofia USA, trovando in Paul un alfiere perfetto ispirato da un'altra figura venuta dalla strada ed affermatasi come una delle più importanti dello stardom hollywoodiano di qualche decennio fa, Sidney Poitier, forse il primo, grande divo afroamericano a tutto tondo.
Proprio nella presentazione ad opera del giovane truffatore del presunto padre e della loro storia troviamo la sequenza più importante e meglio realizzata di una pellicola che ancora oggi, a distanza di vent'anni, conserva fascino ed interesse sociale, in barba, per una volta, anche alla mia ostilità allo stile radical chic che in questo caso è stato reso dal regista come una riuscitissima parodia senza per questo apparire come un quadro senz'anima.
E si torna a Kandinsky, e a Paul.
A volte, per comprendere l'ordine, occorre che il caos getti il mondo nello scompiglio più assoluto.
E non è detto che sia un male venuto per nuocere.
MrFord
"I want to be naked, running through the streets
I want to invite this so called chaos, that you’d think I dare not be
I want to be weightless, flying through the air
I want to drop all these limitations and return to who I was meant to be."
I want to invite this so called chaos, that you’d think I dare not be
I want to be weightless, flying through the air
I want to drop all these limitations and return to who I was meant to be."
Alanis Morissette - "So-called chaos" -
Son già passati 20 anni? :
RispondiEliminaUn film che ho adorato. La teoria dei sei gradi di separazione è affascinante, Stockard Channing (bravissima) e Donald Sutherland sono perfetti e Will Smith - che all'epoca consideravo un simpatico minchione, nè più né meno - mi fece cambiare opinione sulle sue capacità recitative.
Bello.
Concordo in pieno. Film sempre interessante da vedere, un pò per la teoria dei sei gradi di separazione, un pò per le ottime interpretazioni.
Eliminauh, anch'io lo amai parecchio. tre bicchieri interi li avrebbe meritati. cast e sceneggiatura perfetti
RispondiEliminaSono stato sul due e mezzo solo perchè ha una certa aura radical chic! ;)
Eliminavabbé che sei un fan dei non-attori, ma era proprio necessario recuperare un film con will smith??? :)
RispondiEliminaQuesto è un ottimo film, Will Smith oppure no: ma che te lo dico a fare!? ;)
EliminaSalvai i dialoghi ed i contenuti, di questo interessante primo esperimento drammatico dell'orecchione di Bell Air, ma mi è sempre stato sul culo tutto il resto...non so perchè.
RispondiEliminaForse per il tono un pò radical della pellicola in generale, come dicevo a Dantès qui sopra.
EliminaResta in ogni caso un ottimo esperimento.