Regia: Peter Weir
Origine: Australia
Anno: 2010
Durata: 133'
La trama (con parole mie): siamo nel pieno del secondo conflitto mondiale, e Janusz, che vive nella Polonia spezzata in due da tedeschi e russi, è deportato in un gulag siberiano dopo essere stato accusato di spionaggio. Innocente e convinto a ricongiungersi alla moglie, il giovane decide, con l'aiuto di alcuni detenuti, di fuggire e raggiungere a piedi l'India.
Il viaggio, che prevede una camminata di oltre seimila chilometri attraverso Siberia, Mongolia, Cina e Tibet, sarà una prova di coraggio e resistenza in grado di avvicinare i destini ed i caratteri di uomini completamente diversi l'uno dall'altro e provenienti da diverse realtà e parti del mondo: una vera e propria lotta per la libertà che vedrà il gruppo confrontarsi con la Natura nella speranza di morire - e soprattutto vivere - da uomini liberi.
Dalle parti di casa Ford, il buon vecchio Peter Weir è sempre stato benvoluto: dai cult di formazione come L'attimo fuggente a vere e proprie pietre miliari come Picnic ad Hanging Rock o Gli anni spezzati, senza dimenticare produzioni decisamente più importanti come Master and commander o The Truman Show, non ricordo un solo titolo firmato dal suddetto che mi abbia deluso.
Il gusto del regista australiano, spesso e volentieri legato al confronto tra Uomo e Natura, ha sempre stuzzicato la parte più "wild" del sottoscritto, ed in questo senso The way back rispecchia appieno le aspettative e la tradizione della sua poetica: pur essendo lontano dall'ispirazione dei lavori migliori e presentandosi, di fatto, "soltanto" come un solido film d'avventura, questa sua ultima fatica resta comunque una delle visioni più interessanti di una poco accattivante - fino ad ora - estate, complici uno spirito neanche fossimo nel pieno di un'epopea di Herzog ed un cast in grande spolvero, dal convincente Jim Sturgess alla sempre più lanciata Saoirse Ronan, passando attraverso conferme come Ed Harris e Colin Farrell.
In particolare, ammetto di essermi fin da subito affezionato al personaggio interpretato da quest'ultimo, il criminale russo Valka, tatuatissimo e selvatico, nonchè legato ai codici degli Urka siberiani, elementi cardine del mondo delle Famiglie e delle stelle tipici dell'area malavitosa dell'ex Unione Sovietica: il suo progressivo integrarsi con il gruppo di fuggitivi - dalla minaccia alla protezione, fino al perfetto commiato - è l'esempio dell'ottima gestione che nello script si è tenuta rispetto ai personaggi, molto diversi tra loro eppure ugualmente importanti nell'economia del viaggio, ed approfonditi in modo che tutti possano trovare uno spazio adeguato - una sorta di approccio "lostiano", per usare un termine più vicino ai giorni nostri che non ai tempi della Seconda Guerra Mondiale -.
In realtà - e nonostante la parte del leone la faccia senza dubbio alcuno il confronto tra l'impresa di questo sparuto gruppo di prigionieri affamati e la Natura in tutte le sue incarnazioni, dal gelo siberiano al deserto mongolo - uno dei temi più interessanti toccati da Weir è quello della lotta per la libertà, diritto sacrosanto di ogni essere umano che anche qui al Saloon non ci si stancherà mai di difendere e proteggere: il punto di vista del regista, lontano dagli standard cui siamo abituati rispetto al periodo e concentrato sulla denuncia degli orrori commessi da Stalin - già fotografati nella meraviglia di Wajda, Katyn -, è lampante, e trova una traduzione perfetta nella ferma decisione del protagonista Janusz di non abbandonare mai il suo obiettivo, anche quando fermarsi potrebbe apparire la decisione più sensata e saggia - il passaggio in Tibet, poco prima di raggiungere l'India -.
Ritagliandosi, poi, momenti più leggeri che aiutano lo spettatore a respirare nelle due ore piene della pellicola - il ruolo di Irena nello scoprire le vite dei suoi compagni di viaggio, la discussione sulla quantità di sale da usare in cucina -, Weir pare tracciare un parallelo tra la lotta dell'Uomo contro l'Uomo per la libertà e quella dell'Uomo contro la Natura per la sopravvivenza: e se quest'ultima appare spietata e terribile, anche nei momenti davvero critici non si ha mai la percezione della stessa, angosciosa agonia che la Storia ci ha più e più volte insegnato ad imporre ai nostri simili, a diverse latitudini ed in opposti contesti politici e sociali.
Gulag sovietici o campi di concentramento nazisti, steppe siberiane o città latino americane, l'Uomo ha vergato tra le pagine dei suoi libri, nei secoli, le trame di vicende abominevoli che imprese come quella di Janusz e compagni - ispirata a fatti reali - ci aiutano a guardare senza dimenticare la speranza: la speranza di non mollare, di muovere un passo dopo l'altro verso quella che dovrebbe essere la condizione fondamentale di ogni esistenza, vivere la propria vita senza doversi guardare continuamente le spalle, e costruire - o cercare di farlo - i propri sogni senza qualcuno che venga a raccontarci che così non può essere, perchè lo ha deciso lui.
Vivere la propria vita da uomini liberi.
Fosse anche per morire nel tentativo di respirare quell'aria così diversa che tutti i giorni ci riempie i polmoni ma che, spesso, non sappiamo valorizzare come dovremmo.
L'aria che si può gustare lontani dalle prigioni.
Il gusto del regista australiano, spesso e volentieri legato al confronto tra Uomo e Natura, ha sempre stuzzicato la parte più "wild" del sottoscritto, ed in questo senso The way back rispecchia appieno le aspettative e la tradizione della sua poetica: pur essendo lontano dall'ispirazione dei lavori migliori e presentandosi, di fatto, "soltanto" come un solido film d'avventura, questa sua ultima fatica resta comunque una delle visioni più interessanti di una poco accattivante - fino ad ora - estate, complici uno spirito neanche fossimo nel pieno di un'epopea di Herzog ed un cast in grande spolvero, dal convincente Jim Sturgess alla sempre più lanciata Saoirse Ronan, passando attraverso conferme come Ed Harris e Colin Farrell.
In particolare, ammetto di essermi fin da subito affezionato al personaggio interpretato da quest'ultimo, il criminale russo Valka, tatuatissimo e selvatico, nonchè legato ai codici degli Urka siberiani, elementi cardine del mondo delle Famiglie e delle stelle tipici dell'area malavitosa dell'ex Unione Sovietica: il suo progressivo integrarsi con il gruppo di fuggitivi - dalla minaccia alla protezione, fino al perfetto commiato - è l'esempio dell'ottima gestione che nello script si è tenuta rispetto ai personaggi, molto diversi tra loro eppure ugualmente importanti nell'economia del viaggio, ed approfonditi in modo che tutti possano trovare uno spazio adeguato - una sorta di approccio "lostiano", per usare un termine più vicino ai giorni nostri che non ai tempi della Seconda Guerra Mondiale -.
In realtà - e nonostante la parte del leone la faccia senza dubbio alcuno il confronto tra l'impresa di questo sparuto gruppo di prigionieri affamati e la Natura in tutte le sue incarnazioni, dal gelo siberiano al deserto mongolo - uno dei temi più interessanti toccati da Weir è quello della lotta per la libertà, diritto sacrosanto di ogni essere umano che anche qui al Saloon non ci si stancherà mai di difendere e proteggere: il punto di vista del regista, lontano dagli standard cui siamo abituati rispetto al periodo e concentrato sulla denuncia degli orrori commessi da Stalin - già fotografati nella meraviglia di Wajda, Katyn -, è lampante, e trova una traduzione perfetta nella ferma decisione del protagonista Janusz di non abbandonare mai il suo obiettivo, anche quando fermarsi potrebbe apparire la decisione più sensata e saggia - il passaggio in Tibet, poco prima di raggiungere l'India -.
Ritagliandosi, poi, momenti più leggeri che aiutano lo spettatore a respirare nelle due ore piene della pellicola - il ruolo di Irena nello scoprire le vite dei suoi compagni di viaggio, la discussione sulla quantità di sale da usare in cucina -, Weir pare tracciare un parallelo tra la lotta dell'Uomo contro l'Uomo per la libertà e quella dell'Uomo contro la Natura per la sopravvivenza: e se quest'ultima appare spietata e terribile, anche nei momenti davvero critici non si ha mai la percezione della stessa, angosciosa agonia che la Storia ci ha più e più volte insegnato ad imporre ai nostri simili, a diverse latitudini ed in opposti contesti politici e sociali.
Gulag sovietici o campi di concentramento nazisti, steppe siberiane o città latino americane, l'Uomo ha vergato tra le pagine dei suoi libri, nei secoli, le trame di vicende abominevoli che imprese come quella di Janusz e compagni - ispirata a fatti reali - ci aiutano a guardare senza dimenticare la speranza: la speranza di non mollare, di muovere un passo dopo l'altro verso quella che dovrebbe essere la condizione fondamentale di ogni esistenza, vivere la propria vita senza doversi guardare continuamente le spalle, e costruire - o cercare di farlo - i propri sogni senza qualcuno che venga a raccontarci che così non può essere, perchè lo ha deciso lui.
Vivere la propria vita da uomini liberi.
Fosse anche per morire nel tentativo di respirare quell'aria così diversa che tutti i giorni ci riempie i polmoni ma che, spesso, non sappiamo valorizzare come dovremmo.
L'aria che si può gustare lontani dalle prigioni.
MrFord
"I want to break free
I want to break free
I want to break free from your lies
you're so self-satisfied I don't need you
I got to break free
God knows, God knows I want to break free."
I want to break free
I want to break free from your lies
you're so self-satisfied I don't need you
I got to break free
God knows, God knows I want to break free."
Queen - "I want to break free" -
Ho da poco scoperto il tuo blog e ora faccio parte dei tuoi lettori...Complimenti, d'ora in avanti ti seguirò con piacere!!! Se ti va, passa a trovare anche me...a presto! E il film in questione è uno di quei titoli che devo recuperare...;-)
RispondiEliminaValentina, benvenuta da queste parti, dunque!
EliminaPasserò anche da te sicuramente, e per quanto riguarda The way back, recuperalo, è sicuramente uno dei titoli più interessanti di questo luglio un pò smorto!
Caro Ford qui ogni giorno si scoprono affinità: Peter Weir è stato, nella mia tarda adolescenza (tipo fino ai 30-35 anni) una vera passione. A parte l'attimo fuggente (indimenticabile se lo vedi all'età giusta) e The Truman show (metafora terribile del mondo) anche le produzioni minori mi hanno sempre affascinato. Attendevo questa tua recensione, sicuro che ne sarebbe valsa la pena.
RispondiEliminaGae, bella quella della tarda adolescenza. La capisco in pieno. ;)
EliminaDetto questo, recupera The way back: per un fan di Weir è imperdibile.
sì, un bel film. però anche un filino noioso ed eccessivamente lungo. strano che tu mr. boring questo non l'abbia notato eheh :)
RispondiEliminaPiccolo Cucciolo Eroico, mi sa che tu i film lunghi e noiosi non sai neppure quali sono!
EliminaCerto, The tree of life a parte! Ahahahahaahh!
Uno di quei film che inspiegabilmente dalle mie parti è desaparecido. Peccato, perchè lo avrei visto volentieri in sala.
RispondiEliminaWeir è comunque una garanzia, cercherò di recuperarlo in qualche modo.
Newmoon, se riesci recuperalo: è un ottimo prodotto d'avventura come non se ne fanno più.
Eliminae mi sa che mi tocca vederlo sto benedetto film. ne leggo bene ovunque ;)
RispondiEliminaCredo anche io, Frank. Un vecchio lupo di mare come te non può perderselo!
EliminaBel film, sapevo che ti sarebbe piaciuto.
RispondiEliminaIl criminale russo Valka perfetto in mezzo a quel gruppetto, gran bei personaggi... mi erano proprio piaciuti.
Vincent, Valka è stato senza dubbio il mio preferito fin dall'inizio.
EliminaAd ogni modo, gran bel film davvero: solido e a suo modo epico.
Ciao fratello! Come va? Qua tutto bene, si lavora duro duro.
RispondiEliminaEffettivamente la sinossi prometteva bene e poi Weir è sempre sinonimo di grande qualità.
Domanda: ma comè la qualità video? il file che mi hai passato, skippandolo, mi sembra bruttino. O m i sbaglio?
Cmq lo devo vedere al più presto, sembra una ficata.
Ciao Fratello, qui todo bien, si resiste come al solito.
EliminaVedrai che il film ti piacerà, anche se effettivamente la qualità video non è un granchè.
Porta pazienza e goditelo lo stesso.
A proposito, quando ci vediamo?
Io parto il 10 agosto per le ferie, bisogna vedere se riusciamo a vederci prima di quella data.
Eliminapoi ti dico.
;)
Fratello, cerchiamo di vederci, perchè ho bisogno di dirti una cosa! :)
EliminaFammi sapere!
Weir è da vedere a prescindere. Mi piacciono praticamente tutti i suoi film ma se devo confessare una passione particolare , beh è per Greencard che ha un finale che mi si è conficcato nel cuore per sempre. The way back sarà sicuramente una delle prossime visioni.
RispondiEliminaBradipo, io forse, dovendo scegliere, avrei una doppia anima, rispetto a Weir: da appassionato di Cinema, direi Gli anni spezzati, con il cuore sempre L'attimo fuggente.
EliminaResta il fatto che si tratta di un regista in grado di colpirmi sempre in positivo.