Di recente ammetto di stare riscoprendo il lato "avventuroso" di Fritz Lang, genio totale del Cinema che nel mio personale immaginario è associabile principalmente a M - Il mostro di Dusseldorf, uno di quei film che tutti sarebbero obbligati a vedere almeno una volta nella vita.
Grazie, infatti, alla riscoperta del dittico La tigre di Eschnapur/Il sepolcro indiano, ho potuto ammirare la maestria di uno dei pionieri della settima arte al servizio del puro e semplice Cinema d'avventura, quello che, decine d'anni dopo, avrebbe prodotto Indiana Jones e tutti quei film capaci di mettere quasi sostanzialmente d'accordo critica di nicchia e pubblico di massa.
Anche in questo caso, pur spostando il nucleo della vicenda dall'esotica India alla brumosa campagna inglese del tardo settecento, Lang imbastisce una storia avvincente dalla non da poco dote di poter essere guardata da due punti di vista: quello del giovane orfano John, una sorta di novello Oliver Twist alla ricerca di un amico, un punto di riferimento e di quello che potrebbe essere il suo futuro, e del carismatico Fox, avventuriero dal nobile lignaggio ma dalle abitudini certamente più sotterranee di contrabbandiere, ribelle ed arrogante, eppure da subito protettivo rispetto al piccolo John.
Un romanzo di formazione sviluppato in due direzioni, che spesso e volentieri diviene una delizia per gli occhi sia per le scenografie e la messa in scena - un gotico da fare invidia a Tim Burton - sia per la pulizia e la perizia della regia combinata alla linearità esemplare della sceneggiatura.
Un gioiellino che avvince e cattura, di quei "vecchi film" da guardare nel pomeriggio, come rapiti, senza poter effettivamente dare una spiegazione sul perchè, e ancor più sul come quelle immagini che sanno di antico o quelle storie soltanto all'apparenza così ingenue nella loro risoluzione riescano a costruire un vero e proprio alone di mito capace di ammaliare ogni spettatore, anche quello meno abituato a confrontarsi con un Cinema così classico.
Oserei quasi dire che, a confronto di capolavori inarrivabili come il succitato M - Il mostro di Dusseldorf, per un'audience poco avvezza alle opere dei Maestri come Lang, una cosa scorrevole, coinvolgente e piacevole come Il covo dei contrabbandieri potrebbe risultare una visione più fruibile e, senza dubbio, goduta al meglio.
Con questo non voglio dire di lasciare perdere le pellicole leggendarie e fondamentali del grande schermo, ma forse, se proprio non si è sicuri, di iniziare - nel caso del vecchio Fritz - da un film come questo, specchio di tutta la sua genialità visiva eppure prodotto capace di abbracciare praticamente ogni tipo di platea.
Del resto, che volete farci!? Ci sono registi davvero così incredibili da essere in grado di fare tutto, stupendo sempre.
MrFord
"He's got things to see on the spanish main,
he's gone away for a while,
he's gone skullduggering on the spanish main,
he's gone away far away."
Incredible string band - "Old buccaneer" -
Dopo l'eccezionale The Descent stasera dovrei andar a vedere Buried, qui si rischia per una volta di fare un filottino di 2 grandi thriller. Sei d'accordo su quanto scrivevo a inizio recensione riguardo la netta superiorità europea rispetto agli USA nell'horror? Sai citarmi grandi horror americani degli ultimi 5 anni? Ora mi tornerai fuori con The Devils Rejects, e ti dò ragione, ma quello è l'horror perfetto per te, una sorta di Expendables del gore, un film con tutte le caratteristiche per essere cult.
RispondiEliminaVorrei anche una considerazione su Martyrs. Vediamo se ci azzecco, una specie di repulsione tipo Lebanon per violenza autocompiaciuta e tentativo di autorialità e lancio di messaggi troppo alto?
Dae, anche io punto parecchio su Buried: certo, è uno di quei film che ha due sole possibilità. Gran figata o boiata galattica. Speriamo davvero nella prima soluzione.
RispondiEliminaNegli ultimi anni penso di poterti dare ragione rispetto all'horror europeo rispetto a quello americano: oltreoceano si salvano praticamente soltanto La terra dei morti viventi, La casa dei 1000 corpi/La casa del diavolo e The mist. La cara vecchia Europa, invece, ha regalato cose come The descent, Rec, Calvaire, a suo modo Alta tensione, e il nostrano Radice quadrata di tre, che se non hai visto ti consiglio assolutamente di recuperare. Senza dimenticare L'alba dei morti dementi, che è a tutti gli effetti un horror, nonostante l'ironia.
Martyrs è partito alla grande - iperviolento e discretamente spaventoso -, ma dopo i primi venti minuti - dalla morte della tipa idrofoba, se non sbaglio -, diventa una vera merda con deliri di onnipotenza.
Scusa il francesismo. Direi che ci hai azzeccato, comunque.
La terra dei morti viventi? Non scherziamo James, soltanto un romeriano può definirlo un gran film.
RispondiEliminaAlta tensione crea troppi buchi di sceneggiatura e uno come te dovrebbe considerarli. Altrimenti sarebbe stato un grandissimo film (buono è lo stesso).
Calvaire devo vederlo, mio fratello me ne parla bene.
Radice quadrata di tre posso solo recuperarlo con metodi che non mi piacciono, ma credo di farlo prima o poi. Anche perchè di Bianchini un amico mi consigliò anche Custodes Bestiae, quindi facendo 1 + 1...
Io comunque per sceneggiatura, recitazione, emozioni provocate, ambientazione e 2,3 scene (la vecchia investita, l'indagine della medium Geraldine Chaplin) rimango sempre con The Orphanage. Ciao. Siamo simili James, l'unica differenza è che te ami la pistola, io no.
La terra dei morti viventi è una ficata, divertentissimo e ricco di nerissima ironia. Anche se ammetto di essere assolutamente romeriano.
RispondiEliminaAlta tensione ha un finale schifido, e la scrittura è pessima, ma da un sacco di tempo non veniva rispolverato il gore in stile anni '70, quindi lo ricordo con piacere.
Calvaire è molto interessante.
Radice quadrata è realizzato con nulla, ma fa davvero saltare sulla sedia.
The orphanage carino, ma rispetto a Il labirinto del fauno mi è sembrato qualche passo indietro, quindi voto comunque per Del Toro.
Addirittura mi prendi per un pistolettaro? Potrei stupirti, allora. Anche se di certo abbiamo molto in comune.
O forse nascondo solo la mia natura "bestiale" dietro un carico di buone intenzioni. Chissà!?
Attendo di sapere la tua su Buried!
The Orphanage non è Del Toro, ma Bayona...
RispondiEliminaLa pistola è un senso lato, un simbolo perchè in ogni film ricerchi il mood action, ironico, divertente, casinaro, cult, citazionale storcendo il naso alla serietà e seriosità, al messaggio sempre a tutti i costi, all'autorialità esasperata.
Per questo ti è piaciuto Doomsday, La Casa dei mille corpi, la terra dei morti viventi etc..., hanno la pistola, il cult dentro di loro. Chiunque ami alla follia ad esempio i polizziotteschi o Milian in generale hanno in maniera endogena la predisposizione ad amare anche i film sopracitati. Non è una questione di cinema buono o non buono ma di anima filmica, sia di chi guarda, sia del film stesso.
Tu mi dai idea di un wrestler con un macchinone americano che scorrazza a 200 l'ora in città ma che venderebbe casa e macchina e lascerebbe l'attività per curare un'influenza di chi gli vuole bene. Un wrestler con una pistola, un cuore e una testa. Potentissima la prima, grande il secondo, sopra la media la terza.
Cazzo, Dae, con quella definizione quasi quasi mi commuovevo. La storia di pistola, cuore e testa mi ha lasciato davvero senza parole.
RispondiEliminaIn effetti mi ci ritrovo abbastanza.
Curioso come, da "uomo tranquillo" e superdemocratico, io mantenga un'aura e dei modelli assolutamente dall'altra parte della barricata: Clint, Johnny Cash, Kid rock, Hap&Leonard.
E tutto questo parlare di macchine e pistole senza avere la patente ne aver mai sparato un colpo in vita mia.
Ti devo invece contraddire sulla matrice italiana del genere, che tolto qualche DiLeo e Cani arrabbiati di Bava non mi conquista affatto (Milian come tanti altri non mi dicono nulla), e per la storia di Del Toro.
Quando l'ho citato non intendevo dire che The orphanage era suo, ma che a The orphanage preferisco di gran lunga Del Toro con il suo Labirinto del fauno.
Effettivamente, la storia di pistola, cuore e testa, è parecchio figa.
RispondiEliminaHo scritto semplicemente quello che penso, senza retorica, anche perchè nel caso James l'avrebbe colta e condannata...
RispondiEliminaPerchè allora hai paragonato The Orphanage a Il Lbirinto del fauno? Solo per la Spagna? Io non considero infatti il capolavoro di De Toro un Horror, ma una meravigliosa favola nera.
No hai la patente? Com'è possibile?
Questo ti chiederebbe chiunque, non io.
La mia patente si ricongiunge al cinema.
L'ho presa a 23 ANNI ESCLUSIVAMENTE per frequentare un corso annuale per sceneggiatori altrimenti non raggiungibile con mezzi.
Saluti a Dembo e a te. Ora chiudo, prendo la macchina e vado a vedere Buried con John Locke.
E il cerco si chiude con la patente che serve un'altra volta per il cinema...
Dae: la retorica l'avrei sistemata a bottigliate, ovviamente. Ho paragonato i due film un pò per l'area d'origine, un pò perchè in qualche modo anche Il labirinto del fauno ha matrici "horror", seppur velate. Come The orphanage, del resto.
RispondiEliminaNon mi è mai interessato prenderla, diciamo.
Alla fine, ho sempre raggiunto i posti in cui volevo andare. Cinema o quant'altro che fossero.
Comunque ancora per poco: dovrei iniziare a novembre.
Se sopravvivo, vi farò sapere com'è.
Il wrestler c'era, la pistola c'era, mancava il macchinone per scorrazzare in città.
RispondiEliminaBuried gran pellicola ma un cavillo morale me l'ha fatto un pò rovinare.
Non leggere la recensione.
Vallo a vedere però.