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giovedì 26 ottobre 2017

Thursday's child




Prosegue la nuova tradizione delle ospitate nella rubrica settimanale dedicata alle uscite in sala condotta da questo vecchio cowboy ed il suo finto giovane nemico Cannibal Kid: oggi, a fare compagnia con il suo modo un pò sofisticato da quasi radical, Lisa Costa, blogger ormai veterana che sta segretamente tramando per prendere il posto del mio rivale come critica più snob della blogosfera.
Come sarà andato questo incontro?



"FORD SPACCA!"

Thor: Ragnarok

"Merda! Con questa roba tecnologica sono messo peggio di Ford!"

Lisa: Credo che la mia ritrosia verso i film Marvel sia ormai risaputa. Non ne ho visto nemmeno uno. Nemmeno Cumberbatch con Doctor Strange o l’ironia di Deadpool mi hanno spinta in sala. Dubito lo possa fare questo vichingo di cui di sfuggita -a Vienna, un paio d’anni fa- sono incappata nel primo finale chiedendomi cosa diavolo stessi vedendo, come diavolo lavorano i doppiatori austriaci e cosa ci facesse lì in mezzo Natalie Portman.
Sono più snob e radical chic del Cannibale, che so non disdegnerà la visione di questo film, con la scusa di demolirlo.
Cannibal Kid: Io e Lisa potremmo dare vita ai Blogger Avengers uniti contro i film Marvel. Io prendo la parte di Cannibal America, quando è piccolo e rachitico, naturalmente. A lei tocca la parte di Vedova Nera, anche perché è l'unica donna. Ford invece può fare la parte del cattivone di turno, quello che difende a tutti i costi questi cinepanettoni ammeregani, più che cinecomics.
Lisa comunque ha ragione. I primi 2 me li ero visti per Natalie Portman e questo terzo, benché lei saggiamente si sia tirata fuori, lo guarderò per farlo a pezzi. E senza manco bisogno del martello di Thor.
Ford: nonostante la sovraesposizione degli ultimi anni, adoro i film Marvel e sono pronto a schiantare il martello di Ford in testa a Cannibal ed alla sua piccola allieva radical chic Lisa, anche e soprattutto perchè i primi due Thor sono tra i più convincenti prodotti del Cinematic Universe, e dunque da questo terzo capitolo non mi aspetto niente di meno che non una bella lezione a chi continua ad osteggiarli pubblicamente per poi goderseli nel silenzio della cameretta. Vero, Peppa?

Good Time

"Secondo te siamo vestiti più da finti giovani come Cannibal o da finti tamarri come Ford?" "Non saprei, ma mi sa che nessuna delle due cose piacerà a Lisa Costa!"

Lisa: Posso fare la saccentella? (Risposta: sì, che tanto lo so che questa nuova versione a tre della rubrica del giovedì è fatta per andar contro la MIA rubrica)
I fratelli Safdie li ho incrociati nello splendido Heaven Knows What (momento spam: http://incentralperk.blogspot.it/2017/09/heaven-knows-what.html), piccolo film dal sapore davvero indipendente. Ora voglio proprio vedere cos’hanno combinato con una produzione più grande, un attore più conosciuto –quel Robert Pattinson che in quanto a scelta di progetti per smarcarsi da certi ruoli teen è da applaudire- e soprattutto una storia diversa: quella di una rapina in banca finita male, e di un fratello in prigione da salvare e far evadere.
Io me lo segno.
Cannibal Kid: Lisa Costa che fa la saccentella me la immagino con la voce di Lisa Simpson, chissà perché...
Nonostante il suo consiglio di recuperare Heaven Knows What sia ancora rimasto inascoltato, cercherò di guardarlo. Approfittando magari per fare una doppietta di questi promettenti fratelli Safdie, insieme al loro nuovo film interpretato dal vampiro preferito di Ford. A parte forse giusto il Vampiretto del film di cui parliamo sotto.
Ford: questi fratelli Safdie mi puzzano di radical lontano un chilometro, ma dato che non voglio essere tacciato di essere un tipo prevenuto, potrei quasi quasi raccogliere il consiglio di Lisa e seguire i propositi del Cannibale, sfoderando una doppietta che potrebbe anche significare l'ennesimo massacro per titoli solo apparentemente cool di quelli che Lisa e Cannibal sono soliti consigliare.

Terapia di coppia per amanti

"Smettiamo di suonare queste cose da concerto indie lisacostiano, attacca con un pò di rock in stile Ford, per favore!"

Lisa: Ultimamente Pensieri Cannibali si è dato alla strenua difesa del cinema italiano. Io resto titubante, soprattutto di fronte a commedie degli equivoci, romantiche e “psicologiche” che sembrano aver creato un nuovo filone di cui son già stanca. Non me ne voglia Sermonti che sempre mi affascina, ma questa terapia preferisco incontrarla su carta, in quel romanzo omonimo che grida più leggerezza e meno Ambra Angiolini.
Cannibal Kid: La difesa del cinema italiano fa molto Pensieri Cannibali del 2016. Nel 2017 il mio rapporto con le nostre pellicole si è invece un po' incrinato, tanto che sta quasi andando meglio il mio rapporto con Ford...
Nah, non è vero. Volevo solo spaventarvi un po', visto che Halloween si avvicina.
Quanto ad Ambra, ai tempi in cui ero un bimbetto dell'età dei protagonisti di It, Stranger Things e Big Mouth mi piaceva decisamente. Adesso mi sta un po' sulle scatole, anche se mai quanto Ford.
Riguardo al film, mi sembra che c'è poco da stare Allegri... :D
Ford: filmetto italiano che nonostante il simpatico Sermonti si prospetta come una di quelle robette che Cannibal finisce non si sa come per esaltare, forse per l'effetto che hanno avuto su di lui le fiction Rai. Io me ne tengo alla larga, e prenoto una bella seduta di terapia di coppia per me e Peppa tenuta dalla dottoressa Costa.

La ragazza nella nebbia

"Vestito come Ford mi sento proprio a mio agio."

Lisa: Un thriller tutto italiano, tratto dal romanzo di Donato Carrisi e da lui diretto al suo esordio dietro la macchina da presa. L’aria rude dei paesi di montagna e l’aspetto cupo dell’agente interpretato da Toni Servillo è quella polverosa che mi fa gridare “film fordiano”. Ma visto il cast che promette bene e la mia vena crime ultimamente rispolverata, credo gli darò una chance.
Sì, per questa settimana il cinema italiano da difendere è proprio quello più “vecchio”.
Cannibal Kid: Lisa me la immagino un po' come una ragazza nella nebbia, misteriosa e affascinante...
Ci sto provando?
No, dai, è andata da un po' a convivere e non mi va di fare il rovinafamiglie. E poi non vorrei passare per l'Harvey Weinstein di turno.
Più che gridare al “film fordiano”, che sarebbe un grido di terrore, mi fa gridare al “film da Mr Ink”, visto che quel topo di biblioteca mi pare abbia già parlato in più di un'occasione di questo Donato Carrisi, che se devo essere sincero non mi ispira troppo, soprattutto come regista. Toni Servillo poi mi gusta solo quando lavora con Sorrentino, quindi mi sa che aspetto di vederlo nei panni del Berlusca. Mi consenta, Signorina Costa.
Ford: più che domandarmi se questo film si rivelerà la solita roba all'italiana wannabe film ammeregano - molto probabile -, mi chiedo se la ragazza nella nebbia sia Lisa circondata dall'atmosfera fumosa del bar in cui è cresciuta o Cannibal che decide di andare a correre nelle prime ore del mattino in barba alle manifestazioni autunnali. E ho paura di scoprire la risposta.

Manifesto

"Ero abituata ai party mosci del Cannibale, non ce la faccio proprio a reggere i ritmi di bevuta di Ford!"

Lisa: Chi glielo dice a Ford e al Cannibale che il film-evento in questione è uscito solo per tre giorni (23-24-25 ottobre) e non c’è già più in sala?
Che poi mi son sempre chiesta, quanto ci vanno loro in sala?
In ogni caso, già li avevo preceduti parlandone la scorsa settimana nella MIA rubrica, e questa installazione con Cate Blanchett protagonista assoluta in 13 monologhi diversi, già la sono andata a vedere e se ne parlerà presto dalle MIE parti.
Cannibal Kid: Io e Ford in sala ci andiamo solo a vedere i film che contano per davvero. Tipo quelli con Boldi e/o De Sica. Non abbiamo tutti 'sti soldi da spendere come Lisa la capitalista. Questo Manifesto del cinema radical-chic mi sa di esperimento sulla carta molto interessante, ma nella pratica potrebbe rivelarsi pesante quanto uno di quei mattonazzi russi che un tempo il Ford si sparava per passare una serata relax leggera leggera. In più Cate Blanchett è sì un'attrice bravissima, però personalmente non è mai stata tra le mie preferite. Con questo tour de force che mette alla prova le sue doti recitative, e pure la pazienza dello spettatore, riuscirà a farmi cambiare idea?
Ford: mi pare che la rubrica di questa settimana stia diventando un manifesto di quella wannabe radical di Lisa, che rischia davvero di dover subire un paio di mosse di wrestling che il sottoscritto di norma riserva a Cannibal. Solo, saranno eseguite per l'occasione da Cate Blanchett in tredici modi diversi.

La forma della voce

"Ciao, mi chiamo Lisa, e sono una giovane e timida studentessa: non farete i bulli con me, vero signori Ford e Cannibal?"

Lisa: Ma chi l’ha fatto il calendario di questa rubrica? Altro film evento già passato in sala, quei film evento che si fanno pagare il doppio rispetto al solito e che però tra fan dell’anime fan faville. Io lo sono in parte, e prima o poi potrei anche vedermelo, visto il tema del bullismo mai così attuale.
Cannibal Kid: C'è il tema del bullismo, c'è un alone di romanticismo teen tipo versione anime di Colpa delle stelle, e c'è pure aria di piccolo grande cult. Credo che questo film, in modi e per ragioni diverse, potrebbe piacere a tutti e tre. L'unico di questa settimana.
Ford: il film pare interessante. Meno interessante il fatto che sia Cannibal a curare il calendario di questa rubrica. E ancora meno che la piccola Lisa venga qui come ospite a bullizzarlo. L'unico che ha questo dovere, diritto e piacere resto io.

Vittoria e Abdul

La versione da film in costume delle chiacchierate da radical di Lisa e Cannibal.

Lisa: Li sento già lamentarsi entrambi: un altro film di e per vecchini secondo il Cannibale, un altro film di Frears uguale a se stesso e che ha perso lo smalto per Ford.
Arrivo prima di loro anche in questo caso –ve l’ho detto, io, che nemmeno in due mi battono- e visto a Venezia posso dire che sì è un film con e di vecchini e che è sempre lo stesso Frears ironico e leggero, ma è come sempre capace di commuovere e smuovere gli animi. E mica e poco. Se volete saperne di più spammo la mia recensione qui: http://incentralperk.blogspot.it/2017/09/venezia-74-victoria-e-abdul.html
Cannibal Kid: Ford, uniamo le forze contro Lisa e contro il suo tentativo, destinato a fallire miseramente, di convincerci a vedere questo classico film da “matinée fra carampane” [WhiteRussian cit.].
Ford: per una volta le unisco volentieri, anche perché occorre che Lisa abbassi un po' questa cresta da radical, prima che piovano su di lei bottigliate a cascata. Il ruolo da snob poco sopportabile di questa rubrica è già stato assegnato da tempo.

Vampiretto

"E' inutile che ti vesti come fossi un ragazzino, sei un vampiro, hai settecento anni: non vorrai mica fare la figura del Cannibale!"

Lisa: Sarò anche la più accanita fan dell’animazione fra i tre, ma certi filmetti di serie B fatico a mandarli giù.
La presenza di Max Gazzé e Carmen Consoli tra i doppiatori dovrebbe farmi pensare a un film più profondo di quello che sembra –ovvero l’inutile e ripetitivo film a tema mostri per Halloween. Lascio però il campo ai fordini.
Cannibal Kid: Lisa, tra te e Ford non so chi sia più fan dell'animazione. Quando si tratte di bambinate assurde, di certo lui. Se però questa roba che sta al dark come i Tokio Hotel stanno ai Cure non la vai a vedere manco te, io mi tengo al largo come i vampiretti dai crocifissi.
Ford: ho visto il trailer di questa roba. E ho pensato che non l'augurerei neanche a Lisa e Cannibal. Che è tutto dire.

Cure a domicilio

"La prossima volta a portare le scorte di bottiglie a Ford ci mando Lisa Costa!"

Lisa: Sarò anche votata allo snobismo, ma quando un film arriva dall’Europa dell’est alzo lo sguardo al cielo. Mi aspetta un mattonazzo o una sorpresa di quelle da vera radical-chic? In questo caso –visto il trailer- il dubbio è lecito, e mando in avanscoperta gli altri due.
Cannibal Kid: Dal trailer 'sto film sembra uno di quei lavori del Dogma 95 girati dall'amico di Ford Lars Von Trier. Solo che siamo nel 2017 e ciò non fa più nemmeno radical-chic. Fa solo schifo. Le cure a domicilio comunque le manderei a Ford. Cure a opera di un certo Pennywise.
Ford: Pennywise manda a dirvi che la prossima volta che lo mandate a casa di Ford ci pensa due volte. L'ho chiuso nello sgabuzzino e costretto a leggere entrambi i vostri blog. Non l'ha presa troppo bene.

Il Vangelo secondo Mattei

"Certo che questi Ford e Cannibal sono davvero due tipi inquietanti. E non oso neppure immaginare quella Lisa Costa."

Lisa: Va bene il cinema italiano leggero e divertente, va bene quello più serio e di genere, ma quello intellettualoide e serioso no. Proprio no. Nel trailer si citano in ordine sparso Pasolini, la parola iconoclasta, e si legge Il Quotidiano. Cos’altro aspettarsi se non la pesantezza da un film simile?
Cannibal Kid: Cos'è 'sta roba? L'adattamento di Secondo Matteo, il libro capolavoro “scritto” da Matteo Salvini, in realtà opera del suo ghost-writer Ford?
A quanto pare no. Questo potrebbe essere persino peggio.
Oddio, peggio no, dai.
Ford: questa roba da salottino finto ribelle e tanto radical se la schiaffino pure i miei due compari qui presenti. Penso potrebbe rendere il loro Halloween decisamente spaventoso.

mercoledì 12 aprile 2017

Smetto quando voglio - Masterclass (Sydney Sibilia, Italia, 2017, 118')




E' chiaro ormai da almeno un paio d'anni - se non fosse già bastato il mio background esterofilo - che rispetto al Cinema italiano tendo ad andare molto cauto, e ad essere stretto di manica quando si tratta di voti e giudizi: tutto questo, per quanto possa apparire il contrario, perchè in realtà io amo molto la Storia della settima arte del Nostro Paese, da De Sica a Visconti, passando per la grandiosa stagione che ha visto i Fellini, i Pasolini, i Bava, i Leone, i Monicelli e via discorrendo dare il via ad un quasi ventennio in cui senza ombra di dubbio la Terra dei cachi rappresentava l'eccellenza assoluta quando si parlava di Cinema.
Dunque pensare che, in tempi recenti, siano stati considerati quasi dei Capolavori film soltanto buoni o discreti ha finito per rendermi un critico più severo verso produzioni che, grazie alle origini ed al fatto di vivere la realtà italiana sulla pelle, sento di poter comprendere molto più di altre figlie di culture e fenomeni a volte anche molto distanti da quelli che coinvolgono noi abitanti del vecchio stivale.
Uno dei titoli, seppur piacevole, che considero in questo senso più sopravvalutati degli ultimi anni è senza dubbio Smetto quando voglio, annunciato ai tempi quasi fosse la versione nostrana e cinematografica di Breaking Bad rivelatosi un divertissement e poco più: con questo secondo capitolo, ed una squadra quasi immutata, Sidney Sibilia ed Edoardo Leo - che continuo a considerare sopravvalutato ancora più dei film che scrive, dirige o interpreta - continuano di fatto il lavoro svolto con il primo capitolo, concentrandosi forse più sulla componente "action" e lasciando perdere la questione sociale - fuga dei cervelli, situazione paradossale dei laureati in Italia e via discorrendo - se non sfruttandola come aggancio per introdurre i nuovi charachters.
Il risultato, forse perchè affrontato con aspettative più basse rispetto al precedente, è praticamente lo stesso: un filmetto leggero e godibile che si dimentica il giorno seguente - se non lo stesso -, senza infamia e senza lode, che diverte ma resta lontano anni luce dalla possibilità di poter essere considerato anche vagamente - o in misura trash - un cult.
Dunque, le vicende dell'ex banda dei ricercatori riciclata dalla Polizia in modo da poter essere usata per incastrare tutti gli aspiranti nuovi volti delle smart drugs - una specie di Suicide Squad molto "pizza, spaghetti e mandolino", che sconfina spesso e volentieri nel macchiettismo - scorre senza colpo ferire dall'inizio alla fine con un pò meno profondità o presunta tale del primo capitolo e pronta a buttare l'esca per un terzo supportato da quello che potrebbe essere un "villain" d'eccezione: eccessivo, ancora una volta, parlare di qualcosa di memorabile neppure nell'ambito dell'intrattenimento ma allo stesso modo esagerato massacrarlo senza quartiere quando in giro - e non solo in Italia - si trova roba decisamente peggiore.
In un certo senso, si potrebbe considerare questo brand come una versione italiana della serata da rutto libero e patatine che di norma è la partita in casa per i filmacci ammeregani, e che, se non si hanno troppi pregiudizi quando si parla di Terra dei cachi, potrebbe assolutamente starci, a patto di non aspettarsi che la visione possa cambiare la vita agli spettatori neanche fosse un ricercatore universitario magari tendenzialmente sfigato che scopre di poter diventare il geniale creatore di una qualche nuova droga.
Eisenberg, a conti fatti, sta davvero su un altro pianeta.



MrFord



giovedì 18 luglio 2013

Boris - Stagione 3

Produzione: FX
Origine: Italia
Anno: 2010
Episodi: 14




La trama (con parole mie): Renè Ferretti, dopo la delusione di Occhi del cuore 2 ed il progetto dedicato a Machiavelli è in dubbio se proseguire con la Rete o approdare a Milano, dalla Concorrenza, per dirigere uno show dedicato ad alcuni presunti comici emergenti.
Quando, però, il via libera gli viene dato per un nuovo serial molto realistico e di qualità chiamato Medical dimension, il regista torna a collaborare con il suo gruppo di sempre aspettandosi, però, un lavoro come non ne hanno mai realizzati.
Ma nonostante la volontà, la passione, l’impegno ed i soliti squilibri, un’ombra minacciosa incombe sull’intera operazione: e non sono i ben poco competenti sceneggiatori, il budget della casa di produzione o i disordini dei membri della troupe.
E’ qualcosa di più grande, che va dritto al cuore del sistema di questa nostra vecchia Terra dei cachi.





Dunque, anche la seconda delle due serie più importanti del panorama italiano – la prima fu, ovviamente, la meravigliosa Romanzo criminale – giunge al capolinea in casa Ford dopo aver intrattenuto, divertito, trasmesso tormentoni e regalato personaggi indimenticabili.
Ai tempi della sua uscita – quando ancora al Saloon non era passata neppure la prima stagione – ricordo che questo terzo giro di giostra di Boris creò non poche polemiche per la sua svolta decisamente più politica e, a tratti, in bilico con il grottesco ed il drammatico, sia tra gli appassionati della prima ora, sia rispetto alla critica: quello che posso dire, ora che anche da queste parti l’intero progetto è alle spalle, è che se senza dubbio è comprensibile la sensazione di “mancanza” rispetto ai primi, scanzonati episodi, appare inevitabile che il discorso iniziato dal progetto di Vendruscolo, Ciarrapico e Torre dovesse trovare soprattutto in chiusura una definizione netta del suo ruolo satirico rispetto al mondo del piccolo schermo – ma non solo – di questa Italietta figlia di nepotismi, vecchiume e trappole che ormai abbiamo ben imparato a conoscere in qualsiasi campo immaginabile – Cinema, televisione, politica, mondo del lavoro e chi più ne ha, più ne metta -.
Le vicende della troupe di Medical dimension – la fu Occhi del cuore – sono, infatti, lo specchio di un Paese allo sbando all’interno del quale tutto funziona tramite raccomandazioni, favori, strani giochi di potere ai quali è impossibile sfuggire, pena l’esclusione da ogni giro che conta – o no -: dal responsabile della Rete per Medical dimension in fuga nel momento della rivelazione della reale natura dell’operazione ai due stagisti Lorenzo – non più schiavo in quanto nipote di un senatore – e Alessandro – memorabile il suo complesso rapporto con Arianna, l’assistente alla regia, dopo la rivelazione di quest’ultima rispetto al suo essere berlusconiana – vincitori di un premio legato ad un cortometraggio che non hanno neppure finito ma che passa dalle mani del succitato zio, osserviamo il paladino Renè Ferretti – un Pannofino irresistibile come di consueto quando ricopre questo ruolo – battersi contro mulini a vento sempre più grandi fino alla clamorosa decisione della doppia puntata conclusiva, che tiene aperta la strada ad una futura ripresa del serial così come a quello che diverrà, poi, il film.
Impossibile poi non citare l’irresistibile Stanis LaRochelle di Pietro Sermonti, uno dei personaggi più geniali creati negli ultimi anni per il piccolo o grande schermo, ed il gruppo degli sceneggiatori, in perenne relax sul loro yacht a copiare serie coreane e buttare idee “a cazzo di cane”, così come le apparizioni dell’intramontabile Martellone – il suo “bucio de culo” in versione cantata è ormai un tormentone di casa Ford -, Sergio Brio – nel cuore di tutti i tifosi juventini di una certa generazione – e Paolo Sorrentino, tormentato dagli errori di persona che lo vedono associato a Garrone, Gomorra e Saviano.
In particolare, poi, ho trovato illuminanti l’episodio dedicato alle sequenze girate a casa di una vecchia signora e legato al tracollo nervoso della figura del dottor Corelli interpretato da Stanis – forse la puntata di Boris che mi ha fatto panesalamente ridere di più – e quello che segna l’inizio della fine del progetto Medical dimension, intitolato Nella rete, virato sui toni del grottesco profondo – quasi surrealista, mi verrebbe da affermare – ed esemplare nel mettere a nudo le dinamiche più bieche che regolano la vita e gli intrighi made in Terra dei cachi.
Onestamente continuo a sperare che un giorno lo studio che il delegato di rete Sergio avrebbe voluto radere al suolo “come l’undici settembre” l’ultimo giorno di riprese possa tornare ad ospitare lo strampalato gruppo di personaggi che ha reso grandi queste tre stagioni, anche perché è talmente difficile trovare proposte intelligenti ed acute nel panorama nostrano che perdere un – l’unico, ormai – riferimento come Boris rischia di segnare definitivamente l’abbandono del sottoscritto rispetto a quello che può offrire la “nostra” televisione.
E ovviamente, che un giorno il sogno di Ferretti di portare nelle case degli italiani proprio “un’altra televisione” possa essere finalmente realizzato.
Politica e pigrizia de noartri permettendo.


MrFord


"Bucio de culo, de culo bucio... Ah, ah!
Bucio de culo, de culo bucio... Ah, ah!"
Martellone - "Bucio de culo" -



venerdì 15 giugno 2012

Boris - Stagione 2

Produzione: Fox
Origine: Italia
Anno: 2008
Episodi: 14



La trama (con parole mie):  la troupe guidata da Ferretti è al lavoro sulla seconda stagione de Gli occhi del cuore, e come sempre l'ambiente si conferma "troppo italiano". 
Lasciata alla spalle la "cagna maledetta" Corinna, sostituita dalla raccomandatissima figlia di potenti Cristina, i problemi paiono solo al principio per i nostri prodi: Stanis è sempre più divo, Mariano Giusti - il perfido conte - è in preda al delirio religioso, Martellone è coinvolto in uno scandalo di droga e sul vecchio Renè incombe il fantomatico progetto Machiavelli, che pare essere l'anticamera dell'oblio per ogni regista cui viene affidato.
Come se non bastasse, la storia tra Alessandro ed Arianna si complica con l'arrivo dell'avvenente Karin, senza contare l'ossessione che lo stesso Stanis pare sviluppare giorno dopo giorno per l'assistente alla regia.





Il fatto che in Italia, nel bel mezzo del panorama "alla cazzo di cane" di fiction e simili, vengano prodotte serie televisive decenti, è praticamente un miracolo: se, poi, le stesse si rivelano talmente valide da essere quasi considerate d'esportazione, ci sarebbero da piangere lacrime di sangue, tanto per restare in ambito mistico.
E per non farci mancare nulla, riuscire nell'ardua impresa di confermarsi dopo una prima stagione sorprendente pare praticamente leggendario: fortunatamente, come fu per Romanzo criminale, anche Boris raddoppia senza perdere un colpo la già buona prima annata, confermandosi come una delle realtà televisive meglio riuscite che la Terra dei cachi abbia generato negli ultimi anni.
Le vicende della scombinata  troupe de Gli occhi del cuore sono tornate ad allietare casa Ford regalando momenti già cultissimi e consolidando alcuni dei protagonisti che erano riusciti a sorprendermi nel corso della prima stagione, primo tra tutti Stanis La Rochelle, divo della fiction al centro della serie splendidamente reso da Pietro Sermonti, ormai uno dei miei miti da piccolo schermo: come se non bastasse l'impareggiabile Stanis, a rendere imperdibile questa seconda stagione ci si mette nientemeno che Corrado Guzzanti, scatenato nel ruolo di Mariano Giusti, volto del perfido conte de Gli occhi del cuore, in piena crisi mistico/violenta e completamente preso dalla ferma volontà di interpretare nella fiction omonima in preparazione il Beato Frediani.
Il resto è il consueto cocktail di smarmellate di Duccio, sfuriate di Renè - da antologia lo schiaffo alla nuova star Cristina, con tanto di testata di ritorno -, problemi di soldi e di rapporti con la rete di Lopez e Sergio ed un'impietosa analisi della situazione spesso e volentieri troppo politica del mondo della televisione italiana: in particolare il personaggio della nuova protagonista - l'appena citata Cristina -, figlia di potentissimi milionari e trattata con riverenza da (quasi) tutti è lo specchio di un Paese in cui tutto funziona soltanto in una direzione, e dietro le risate e gli "e 'sti cazzi" - sempre grande Martellone -, il metodo di lavoro unico degli sceneggiatori ed i timori più o meno esistenziali di Biascica si celano una tristezza ed uno sconforto senza possibilità di riscatto, resi alla grande dal fastidioso personaggio di Lorenzo, ex stagista schiavo cui viene data la possibilità di lavorare finalmente ad un livello "umano".
La stessa Karin, altra new entry de Gli occhi del cuore protagonista non soltanto di una storia con Alessandro che destabilizza il rapporto del ragazzo con Arianna ma anche di almeno un paio di momenti magici con Stanis, regala sul finire della stagione un monologo soltanto apparentemente comico quando suggerisce a Cristina il modo di comportarsi in Italia, racchiuso in un consiglio semplice e spassionato: "Vuoi qualcosa? Devi darla.".
La vicenda di Machiavelli, progetto mai concluso affidato a Renè, è l'ennesimo specchio di questo Paese ormai molto poco Bel, privo di orizzonti e prospettive e all'interno del quale il meglio possibile è cercare di portarsi a casa il minimo sindacale lavorando "a cazzo di cane", in cui personaggi discutibili occupano posizioni di rilievo comprate a suon di sesso e soldi - "Dice che un milione e mezzo di euro potrebbe bastare, a rinunciare a questo amore?", pronuncia granitico l'avvocato di Cristina - e gli idealisti altro non sono se non squilibrati alla deriva - di nuovo Mariano -: un'analisi spaventosa portata lucidamente a compimento da una serie divertente, fresca ed originale in grado di raccontare ben più di quello che parrebbe, senza far mancare al suo pubblico perle regalate a profusione dal primo all'ultimo episodio - dal dialogo tra l'aiuto regista Alfredo e l'attore africano a proposito dell'undici settembre alle scommesse tra Stanis e Alessandro -.
Inutile dire che, a questo punto, l'attesa per la terza - e conclusiva - stagione si fa decisamente sentire in casa Ford, un pò come una certa malinconia rispetto ad una proposta così interessante, sincera ed assolutamente verosimile rispetto alla situazione del nostro Paese: l'unico modo per evitare di patire troppo pare quasi essere quello di trovare la strada giusta che ci porti a cambiare finalmente le cose.
Soltanto in quel modo potremmo, infatti, guardare indietro ad un passato tutto da dimenticare e gridare il più sincero e liberatorio degli "e 'sti cazzi!".


MrFord


"Mai mai e poi mai l'avrei detto mai
che un buchino potesse guidare il mio corpo bellissimo
per darti un'idea sono appena al di sotto di Brad Pitt
ma più bello di Johnny Depp,
che moltissimi chiamano Johnny Dip."
Elio e le Storie Tese - "Il congresso delle parti molli" -


 

mercoledì 14 dicembre 2011

Boris Stagione 1

Produzione: Fox
Origine: Italia
Anno: 2007
Episodi: 14



La trama (con parole mie): siamo sul set della fiction "Gli occhi del cuore 2", terribile prodotto televisivo che vede alla regia Renè Ferretti - spinto verso il piccolo schermo dai soldi e fortemente legato al suo pesce rosso Boris - guidare le due improbabili star Stanis La Rochelle e Corrina Negri verso nuovi - e pessimi - orizzonti artistici, sostenuto da un cast eterogeneo quanto surreale.
Dall'efficente assistente alla regia Arianna allo stagista Alessandro, passando attraverso il capo elettricista Biascica e il direttore della fotografia Duccio Patanè, scopriamo tutto il marcio delle produzioni nostrane tutte storie scritte a caso da autori che pensano solo al denaro sfruttando l'ignoranza dello spettatore medio - gli impagabili sceneggiatori - e costruite "alla cazzo di cane".






Ricordo quando, non molto tempo fa, in casa Ford ci divertimmo come matti nel corso della visione di Boris - Il film, giunto sul grande schermo a seguito del successo clamoroso dell'omonima serie.
Rimproverato un pò da tutti per non averla mai seguita, sono tornato sui miei passi pronto ad affrontare la prima stagione delle (dis)avventure di Renè Ferretti e soci, alle prese con la realizzazione di una fiction nel peggior stile italiano, di quelle che normalmente evito come la peste le rare volte in cui mi capita di fare zapping in tv, normalmente seguitissime ed amate dal pubblico italiota tradizionale - o tradizionalista? -: Gli occhi del cuore 2.
Avventurandomi sul set di questa "meraviglia" ho ritrovato le atmosfere surreali e grottesche conosciute grazie al lungometraggio, amplificate da una presenza ben maggiore dell'ormai mio idolo Stanis, un personaggio agghiacciante - nel senso fantozziano del termine - che ho potuto quasi rendere reale grazie alle esperienze sul campo di Julez, che ai tempi del Teatro fece qualche comparsata in fiction dello stesso livello di questa  - che, ovviamente, furono veri e propri trionfi di pubblico - e in più di un'occasione ha confermato - pur con le dovute, ma neppure eccessive, esagerazioni del caso - lo stile di personaggi come quello del divo de Gli occhi del cuore 2.
Quello che, indicazioni e dritte "dall'interno" a parte, è certo, è che Boris rappresenta non solo una nuova frontiera per le produzioni televisive nostrane, ma addirittura, con Romanzo criminale, il miglior prodotto pensato per il piccolo schermo made in Italy degli ultimi anni: la satira applicata a quella che, di fatto, è una delle istituzioni delle case degli italiani è pungente ed acuta, oltre che incredibilmente divertente, ed i personaggi che la popolano, dal primo all'ultimo, risultano talmente pacchiani da essere irresistibili.
Oltre al già citato - ed idolo totale - Stanis spiccano il regista Renè Ferretti - un ottimo Francesco Pannofino - ed il direttore della fotografia cocainomane Duccio Patanè, anche se dal primo all'ultimo i membri del cast sanno farsi valere anche quando a disposizione hanno uno spazio minore.
Molti gli ospiti speciali, da Roberto Herlitzka a Valerio Mastandrea, tutti pronti a prendere parte allo scherzo - che poi tanto scherzo non è - e a sfoderare anche una discreta dose di autoironia nel giocare con i loro ruoli: non mancano i risvolti di quasi attualità - le raccomandazioni, le mogli dei senatori, i tormentoni - ed i momenti così trash da risultare memorabili - su tutti, l'episodio legato a Martellone, che già con il lungometraggio era immediatamente diventato un cult con i suoi "e 'sti cazzi!" e "bbbusciodeculo!" -, giusto per non farsi mancare nulla e godersi, nonostante il breve minutaggio, ogni episodio dall'inizio alla fine, consci che ci sarà sempre un Biascica pronto a tirare fuori la tamarrata o l'ultimo degli stagisti al posto giusto per essere trattato rigorosamente a pesci in faccia.
Una serie così fresca, insomma, da poter quasi pensare che potrebbe essere addirittura esportata - non in Grecia, magari, giusto per citare Gli occhi del cuore 2 -, allo stesso tempo "profondamente italiana" nel senso che non piacerebbe per nulla al buon, vecchio Stanis, che è abituato ad interpretazioni e livelli "decisamente anglosassoni": se invece di essere invasi dalle Elisa di Rivombrosa ed affini avessimo più prodotti di questo tipo, forse riusciremmo a farci prendere un pò più sul serio dei tedeschi e dei loro agghiaccianti telefilm polizieschi.
O forse è proprio grazie alle Cinzia T. H. Torrini e al nostro panorama legato alla fiction che una serie come Boris ha potuto vedere la luce, e giocare su tutti i nostri limit.
O forse, semplicemente, c'è sempre bisogno di una bella smarmellatona, e di un'inquadratura fatta alla cazzo di cane.


MrFord


"Userò gli occhi del cuore,
per capire i tuoi segreti,
per capire cosa pensi,
nei tuoi primi piani intensi,
nei tuoi piani americani
così intensi e così italiani,
fatti un po' così a cazzo di cane."
Elio e Le Storie Tese - "Gli occhi del cuore" -



venerdì 28 ottobre 2011

Boris - Il film

Regia: Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo
Origine: Italia
Anno: 2011
Durata: 108'



La trama (con parole mie): Renè Ferretti, regista televisivo noto per il suo legame affettivo e scaramantico con il pesce rosso Boris, rompe con la produzione a causa di divergenze artistiche legate alla fiction dedicata al giovane Ratzinger.
Dopo mesi di chiusura, depressione ed inattività, si presenta però un'occasione unica: girare la versione cinematografica de La casta, il best seller che rivelò tutto il marcio dietro i meccanismi politici italiani, con un cast di prim'ordine ed uno staff tecnico d'avanguardia.
Peccato che, per Ferretti, l'impresa si rivelerà fin dal principio ardua: affidatosi ad un gruppo di tre sceneggiatori un pò troppo furbi, il poco equilibrato Renè si troverà a gestire primedonne impazzite, vecchi rancori, sotterfugi della produzione ed il nemico giurato di ogni cineasta del Bel Paese, il Cinepanettone.




Nonostante la sua fama, i fan raccolti a furor di popolo tra piccolo schermo, rete e stampa specializzata, sugli schermi di casa Ford non ha ancora fatto la sua apparizione la fortunatissima serie all'origine di questo interessante esperimento cinematografico, vera e propria sensazione delle ultime stagioni, almeno per quanto riguarda le qualitativamente pessime proposte che vengono prodotte qui da noi con pochissime eccezioni - Boris, per l'appunto, e quella meraviglia di Romanzo criminale -.
Occorre subito sottolineare che, per essere una sorta di "spin off" della serie, il lungometraggio risulta pienamente godibile anche da profani della stessa, dato l'indirizzo fornito dagli autori all'intera operazione, una sorta di guascona - ma neppure troppo - rivisitazione della situazione cinematografica nostrana.
E senza dubbio, nonostante le risate, ad uscirne è un quadro decisamente preoccupante per il nostro Cinema, fatto di arruffoni, incompetenti, volgarità, approssimazione e portato avanti da sonore leccate di culo distribuite in egual misura alla produzione - fantastici i colloqui con i rappresentanti della casa distributrice - e agli attori protagonisti - i siparietti che l'ottimo Francesco Pannofino/Renè Ferretti regala con le due primedonne Marilita Loy e Corinna Negri sono da manuale -, senza contare i confronti surreali con gli sceneggiatori - ottimo il terzetto di "approfittatori" in cui figura, tra l'altro, per tornare a Romanzo criminale, l'indimenticato Bufalo, così come la loro "vittoria" dell'Oscar - e con lo staff tecnico - quello "di serie A", borioso ed altezzoso, e la schiera di personaggi da bar che ben conosce chi segue la serie dal principio -.
Resta un esperimento, questo è indubbio, ancora parzialmente grezzo, eppure il senso dell'intera operazione assume connotati decisamente superiori alle aspettative che anche un non fruitore del format televisivo corrispondente come il sottoscritto riconosce ed apprezza, guadagnandosi, nel prossimo futuro, tutto il sostegno di casa Ford, dove cominceranno a passare le puntate fino ad ora lasciate nel cassetto delle (dis)avventure di questo coriaceo pesce rosso e della troupe che lo segue neanche fosse un antico idolo.
Complimenti dunque ai registi e a Pannofino, che oltre ad essere un grandissimo doppiatore si rivela un ottimo caratterista, ed un plauso al personaggio impagabile di Pietro Sermonti/Stanis, che con la sua ossessione nel voler interpretare Gianfranco Fini ed il fantastico siparietto al funerale del collega Francesco Campo risulta il vero e proprio punto di riferimento - con Biascica, senza dubbio - per la parte più trash e divertente della pellicola.
Resta il timore che, come il buon Ferretti, alla fine, nonostante tutti i tentativi di emanciparci dal Cinema "basso" e tornare ai fasti dei tempi d'oro, tutti noi figli dello stivale si sia costretti, prima o poi, a piegare la volontà di fronte al grande buco nero dei Cinepanettoni, un concentrato di volgarità e terribile ridimensionamento non soltanto delle nostre teste, ma anche dei problemi che pesano, giorno dopo giorno, sugli abitanti della Terra dei cachi.

MrFord

"Parcheggi abusivi, applausi abusivi, villette abusive, abusi sessuali abusivi;
tanta voglia di ricominciare abusiva.
Appalti truccati, trapianti truccati, motorini truccati che scippano donne truccate;
il visagista delle dive e' truccatissimo.
Papaveri e papi, la donna cannolo, una lacrima sul visto:
Italia sì!"
Elio e Le Storie Tese - "La terra dei cachi" -

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