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domenica 31 dicembre 2017

Ford Awards 2017: i film (N°10-1)






Ed eccoci arrivati al momento più importante dell'anno: quello in cui il Saloon decreta il suo miglior film tra quelli visti ed usciti in sala nel corso della stagione.
Questo duemiladiciassette in uscita non si è rivelato certo uno dei migliori in termini di qualità media delle pellicole, ma devo ammettere che questa decina conclusiva funziona dal primo all'ultimo titolo, offre emozioni e visioni anche profondamente differenti tra loro e porta in dono pellicole in grado di restare negli anni a venire nella Storia della Settima Arte.
Andiamo dunque a scoprire chi trionferà nei Ford Awards duemiladiciassette.


N°10: MANCHESTER BY THE SEA di KENNETH LONERGAN


Raramente, quantomeno negli ultimi anni, la Notte degli Oscar è riuscita a fornire una selezione di qualità come quella di quest'anno. Manchester by the sea, produzione di nicchia finita alla ribalta proprio in vista dell'assegnazione delle statuette, finisce per essere al contempo profondamente triste e devastante quanto emblema di una vita che, malgrado le sconfitte e le ferite, regala sempre la possibilità di rialzarsi dopo una sconfitta, se si è disposti a farlo.

N°9: BLADE RUNNER 2049 di DENIS VILLENEUVE

 
 
Soltanto un regista incredibile poteva prendere tra le mani una patata bollente come il sequel di una delle pellicole più amate della Storia del Cinema e non rischiare di far deflagrare il tutto in un abominio: Denis Villeneuve, senza dubbio, risponde ai requisiti.
Senza strizzare l'occhio o preoccuparsi troppo di tempi dilatati e filosofeggiamenti, il cineasta canadese offre una riflessione nuova legata ad una storia e a vicende ormai considerate "vecchie".
Molti faranno fatica ad accettarne la grandezza, ma Blade Runner 2049 è un grande film.

N°8: GUARDIANI DELLA GALASSIA VOL. 2 di JAMES GUNN

 

Uno dei film del cuore di questi ultimi dodici mesi.
Risate, tamarraggine, colonna sonora pazzesca, padri e figli, il baby Groot, combattimenti ed altri mondi pronti a rappresentare tutti quelli che ci portiamo dentro.
Ed una bellissima rappresentazione di tutti gli stronzi come me.

N°7: SILENCE di MARTIN SCORSESE

 

Martin Scorsese torna sul grande schermo scommettendo forte grazie ad una pellicola ostica e profonda, lontana dalle logiche del grande pubblico o della conquista facile, ma incredibilmente coraggiosa e piena. Da ateo miscredente, affrontare una vicenda come quella raccontata dal vecchio Marty è stato come ascoltare un disco di De Andrè. 

N°6: SETTE MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE di J. A. BAYONA

 

Il dolore della perdita ha toccato tutti, almeno una volta nella vita.
E' qualcosa con cui occorre fare i conti, ed andare avanti.
Qualcosa che non si può sconfiggere, perchè farà parte di noi fino alla morte.
Bayona deve saperlo bene, perchè confeziona un film che entra nel cuore di prepotenza, libera un mostro e le lacrime, e non ne esce più.

N°5: LA LA LAND di DAMIEN CHAZELLE


Se Sette minuti dopo la mezzanotte ha significato la perdita, La la land è la rappresentazione dei sogni, realizzati oppure no, di questo duemiladiciassette. 
Una pellicola tecnicamente incredibile, sotto tutti i punti di vista, che incanta, conquista, racconta, mostra quello che è il conflitto probabilmente eterno tra la realtà e le aspirazioni.
Ed il bello di finire per essere riconoscenti ad entrambi.

N°4: ARRIVAL di DENIS VILLENEUVE


Per la prima volta, se la memoria non m'inganna, nella storia del Ford Awards, un regista piazza due titoli nei primi dieci: Denis Villeneuve, prima di portare in sala Blade Runner 2049, consegna al pubblico una delle gemme dell'ultima notte degli Oscar, Arrival.
Tempo, nascita, comunicazione, morte condensati in uno sci-fi come non se n'erano mai visti - o molto raramente -, che costruisce e distrae come il miglior illusionista prima di regalare un finale da lacrime.

N°3: JACKIE di PABLO LARRAIN


Il mio rapporto con Pablo Larrain non è stato certo semplice: l'ho detestato agli esordi, prima di esserne conquistato film dopo film.
Jackie non è il suo lavoro migliore, eppure la potenza che sprigionano le immagini ed il messaggio portati rendono nel miglior modo possibile il talento di questo straordinario Autore, destinato ad un posto d'onore nella Storia del Cinema.

N°2: MOONLIGHT di BARRY JENKINS


Il film che mi ha toccato di più degli ultimi dodici mesi, e forse oltre.
La metamorfosi di un ragazzino spaurito e ferito che diviene predatore pur di non rischiare di sentirsi ancora come nei suoi anni peggiori, ammesso che davvero lo fossero.
L'outsider della Notte degli Oscar che, alla fine, pur al cospetto dei grandi Arrival e La la land, ha finito per trionfare.
L'outsider che non ti aspetti. Quello che piace a me.

N°1: VICTORIA di SEBASTIAN SCHIPPER

 
 
Ed eccolo qui, il vincitore del Ford Award duemiladiciassette.
Certo, è un film del duemilaquindici, arrivato in Italia in pauroso ritardo, ma poco importa.
Victoria è tecnica prodigiosa, spontaneità, wilderness.
E' tutto quello che si rimpiange della giovinezza quando si è vecchi e tutto quello che si sogna quando da giovani si cercano i brividi.
Una meraviglia per la testa, gli occhi, il cuore.



I PREMI

Miglior regia: Sebastian Schipper per Victoria

Miglior attore: Mahershala Ali per Moonlight

Miglior attrice: Natalie Portman per Jackie

Scena cult: Baby Groot e la bomba da disinnescare, Guardiani della Galassia Vol. 2
 
Miglior colonna sonora: Guardiani della Galassia Vol. 2

Premio "leggenda fordiana": Chiron, Moonlight

Oggetto di culto: non è un oggetto, ma rompe ogni schema. Baby Groot, Guardiani della Galassia Vol. 2

Premio metamorfosi: Dave Bautista, Blade Runner 2049
 
Premio "start the party": l'inizio del piano sequenza, Victoria

Premio "be there": la Berlino by night di Victoria








martedì 7 marzo 2017

Jackie (Pablo Larraìn, Cile/Francia/USA/Hong Kong, 2016, 100')




Fin dalla prima volta in cui mi capitò di guardare il filmato originale di uno dei momenti più importanti del Novecento, l'assassinio a Dallas di John Fitzgerald Kennedy, la cosa che colpì direttamente al cuore, a prescindere dagli accadimenti, fu il gesto istintivo, repentino, terribilmente naturale di sua moglie Jackeline, che saltò oltre i sedili, sulla carrozzeria della macchina sulla quale viaggiava accanto al marito, per raccogliere i pezzi del cranio di quest'ultimo, quasi ci fosse una possibilità di poterli rimettere al proprio posto.
Un gesto disperato, quasi folle, vicino all'istinto e lontano quanto più si possa immaginare dalla ragione.
Il gesto di qualcuno che vorrebbe poter fare l'impossibile.
Un gesto che, in una certa misura, si potrebbe identificare con l'amore.
Sinceramente, non mi sono mai chiesto in quali termini Jackie potesse amare JFK, che, come la cronaca ha mostrato, aveva i suoi punti deboli, o come possa aver tradotto il concetto - assolutamente vero - che dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna.
Quello che è certo, è che Pablo Larraìn è riuscito a tradurre in immagini non solo l'amore e la disperazione, il racconto di un'epoca leggendaria che giunge al termine, la forza di quella grande donna dietro quel grande uomo, ma anche e soprattutto quel gesto folle, disperato, assurdo.
Lo aveva già fatto, quando con Post Mortem aveva raccontato la fine di un altro grande leader, Salvador Allende, con quel suo stile solo apparentemente freddo, che mette all'angolo lo spettatore per poi uscire alla distanza come uno tsunami emotivo, un'onda che travolge e lascia segni profondi, dalle immagini del funerale di JFK al dialogo conclusivo con il prete: ma con Jackie, il cineasta cileno compie un passo addirittura oltre.
Perchè la realtà di quelle figure quasi divine, per il mondo e per la cronaca, è qualcosa che il buon Pablo non conosce, abituato alla sofferenza ed alla dittatura, a tutto quello che l'America Latina ha dovuto patire nel corso dei decenni di quello stesso Novecento che ha in Kennedy uno dei simboli più importanti dell'Occidente creato ad immagine del modello a stelle e strisce: quella di JFK e Jackie, per uno come Larraìn, potrebbe essere paragonabile alla caduta degli dei, al crollo di una Camelot che non potrà esistere mai più, a prescindere da quanto grandi potranno essere i Presidenti e le First Lady da quel momento all'eternità.
E' una presa di coscienza che avviene senza fretta, nel corso di un film assolutamente non facile, ma di quelli in grado di acquistare spessore ed importanza mano a mano che il tempo passa dalla visione, le immagini si sedimentano, la tempesta finisce lasciando cicatrici che non si rimargineranno mai, ma che ci permetteranno di avere la forza di fare domande che possano permetterci di muovere un passo oltre.
Jackie, nonostante i corridoi del potere, la tecnica ricercata, la ricostruzione minuziosa, il rimbalzare dei differenti piani di narrazione, il ricordo di un fatto che ancora segna gli USA ed il mondo, a distanza di oltre cinquant'anni, è inesorabilmente un film sull'amore: quel sentimento irrazionale, scomodo e devastante che ci induce a compiere i gesti più disperati e fuori da ogni contesto che si possano immaginare.
Quel sentimento che ti fa saltare su una macchina, incurante del rumore di spari, a raccogliere pezzi di cranio di tuo marito, sperando di poterli rimettere al loro posto come cocci di un vaso che si potrà incollare.
Ma neppure la più grande e più innamorata delle donne, potrà fare più nulla.
Non esisterà un'altra Camelot.
Ma questo non significa che non possa esistere un motivo per continuare a sognarla.




MrFord




 

giovedì 23 febbraio 2017

Thursday's child







Nuova settimana di uscite e nuova puntata della rivalità ultimamente non così accesa tra il sottoscritto e Cannibal Kid, nella speranza che alcuni titoli che arriveranno in sala questa settimana possano rinverdire i fasti delle Blog Wars e non il clima di quasi accordo delle ultime settimane.
A meno che questi imminenti Oscar non compiano la magia di cambiare una delle lotte all'ultimo sangue più all'ultimo sangue della rete.


"Evvai! Ford ha battuto ancora una volta Cannibal!"



T2 Trainspotting

"Ford e Cannibal d'accordo!? Adesso nessuno esce di qui fino a quando non abbiamo scoperto come cazzo è possibile!"

Cannibal dice: Attesa alle stelle per il sequel di Trainspotting, uno dei sommi cult degli anni '90, il decennio più amato su Pensieri Cannibali e più detestato su White Russian. A smorzare l'entusiasmo c'è la consapevolezza che potrebbe essere un diludendo clamoroso. Questo rischioso seguito allora creerà dipendenza come il primo film, oppure manderà in overdose come una brutta scorpacciata di filmacci consigliati da Ford?
Ford dice: ai tempi della sua uscita e dell'ascesa a cult generazionale, avevo snobbato Trainspotting, visto come una specie di Graal da molti miei amici finti o veri alternativi che fossero allora, ma lo apprezzai parecchio qualche anno dopo, quando riuscii a vederlo con gli occhi di chi è più cresciuto, paradossalmente.
Il rischio di questo sequel è che sputtani proprio quel ricordo. Quello che spero, è che non lo faccia, e sia cresciuto insieme a chi lo ricorda come me. O perfino come Cannibal.

 

Jackie

"Non prestare i tuoi giocattoli a Ford e Cannibal. Quelli sono due mostri, te li rompono tutti."

Cannibal dice: E dopo il sequel di Trainspotting, ecco il nuovo film con protagonista Natalie Portman. Che questa sia la settimana cinematografica più cannibale dell'anno, e forse del decennio, per la gioia mia e la disperazione di Ford?
Ford dice: Pablo Larraìn è un regista che ha saputo, dopo un inizio pessimo almeno agli occhi del sottoscritto - il sopravvalutatissimo Tony Manero -, guadagnarsi uno spazio di tutto rispetto al Saloon.
Riuscirà a confermare tutto il buono con questa sua prima produzione "all-american"? Stando alle recensioni, potrebbe essere.
Io spero solo di non essere ancora una volta d'accordo con Cannibal in questo inizio anno.

 

The Great Wall

"Ford avrebbe preferito Stallone!? Adesso gli faccio cambiare idea a suon di frecce!"

Cannibal dice: Kolossal storico-action cinese che sembra costruito apposta per far felice Ford e per abbattersi (im)pietosamente contro il mio muro. Anche se lui probabilmente avrebbe ingaggiato Stallone, ma gli toccherà accontentarsi di Matt Damon. Io invece mi sa che passo... alla grande.
Ford dice: film che ho già visto e che sulla carta potrebbe rappresentare una fordianata spaziale, considerate l'action medievaleggiante e Zhang Yimou in regia.
Sarà andata davvero così? A breve la risposta.

 

Barriere

"Certo che quel Cannibal Kid ne spara, di stronzate, vero cara?"

Cannibal dice: Tra le barriere di Matt Damon e quelle di Denzel Washington, direi che preferisco queste ultime. Tra i film nominati all'Oscar 2017 di miglior film è uno dei pochi che mi mancano, ma vedrò di rimediare entro la notte delle stelle e bagnare così il naso a Mr. James Ford.
Ford dice: tra i nominati per il miglior film di quest'anno, Barriere è uno dei due che ancora mancano al mio appello.
Viaggiando però nel tempo tra quando scrivo queste righe e quando saranno pubblicate, dovrei averlo già visto in tempo per affrontare preparato almeno rispetto alle categorie principali la Notte degli Oscar.
A Cannibal Kid, invece, auguro una lunga notte senza Cinema. Per una decina d'anni almeno.


Beata ignoranza
 


Cannibal dice: Dall'alto della sua beata ignoranza, Ford bollerà facilmente questa come l'ennesima commediola italiana da evitare come la peste. Io che sono molto più illuminato e di larghe vedute, so invece che Massimiliano Bruno è uno che sa girare film non male e poi c'è Marco Giallini, dopo Perfetti sconosciuti e Rocco Schiavone idolo totale di Pensieri Cannibali, quindi la visione scatta quasi obbligatoria.
Ford dice: il Cinema italiano recente, per non so neppure io bene quale motivo, pare cominciare ad essere fin troppo sopravvalutato. Nonostante Marco Giallini, dunque, uno dei pochi nostrani in grado di mettere d'accordo il sottoscritto ed il Cucciolo Eroico, penso che salterò in attesa, chissà, di un recupero tappabuchi.

 

La marcia dei pinguini – Il richiamo

I pinguini abbandonano l'Antartide. Cannibal e Ford hanno deciso di trasferirsi tra i ghiacci.

Cannibal dice: Anche i documentari possono essere vittime della mania di fare sequel a tutti i costi? A quanto pare sì e così ecco che arriva il secondo episodio de La marcia dei pinguini, osannato docu premio Oscar da cui io ho sempre marciato alla larga, così come è bene fare ogni volta che nell'aria si sente puzza di fordianata.
Ford dice: ai tempi della sua uscita in sala, nonostante le strizzate d'occhio al grande pubblico grandi come un iceberg, trovai molto ben realizzato La marcia dei pinguini.
Inutile dire che un sequel, se non per raschiare il fondo del barile, non pareva proprio necessario.
Così come non pare necessaria la presenza di Cannibal in rete.

 

Bandidos e balentes – Il codice non scritto

"Un altro finito male per i consigli cinematografici di Cannibal!"

Cannibal dice: Thriller ambientato nella Sardegna degli anni '50 che lascio volentieri a Ford, ajò!
Ford dice: quando si parla di banditi, io sono sempre in prima fila. Questa volta, però, complice la Notte degli Oscar imminente ed il bisogno di contraddire sempre e comunque il mio rivale, credo rinfodererò le pistole e mi dedicherò ad altro.

 

sabato 12 novembre 2016

Post mortem (Pablo Larraìn, Cile/Germania/Messico, 2010, 98')




Quando, di recente, spinto dalle recensioni entusiastiche ottenute da Neruda e Jackie, ho deciso di recuperare i titoli che mancavano al sottoscritto della filmografia di Pablo Larraìn prima di affrontare le sue ultime due fatiche, ho temuto davvero il peggio in termini di incazzature e bottigliate: ai tempi, infatti, quando colleghi ed amici mi consigliavano Tony Manero neanche si trattasse di un Capolavorone, rimasi sconvolto dalla delusione allo scoprire quanto mi infastidì quella visione.
Dunque, approcciare questo Post mortem ed il successivo El club non è stata certo un impresa facile, per il vecchio cowboy: inoltre, se da un lato El club ha finito per colpirmi a fondo fin dalle prime battute, questo Post mortem è partito neanche avessi ripreso il discorso interrotto con il già citato Tony Manero.
Un discorso al limite dell'irritazione data dall'autore che vuole essere autore a tutti i costi che occupa pesantemente una buona metà della pellicola, e che ha finito per mettermi alle corde - fortunatamente sostenuto dall'idea di un minutaggio non eccessivo - in più di un'occasione, spolverando le bottiglie pronte ad abbattersi tra capo e collo del regista cileno.
Poi, come un miracolo, è successo.
E' successo che in un paio di sequenze assolutamente clamorose - di quelle che si incontrano soltanto nei grandi film - lo scomodissimo Pablo ribalta completamente le sorti del suo lavoro e lo trasforma non solo in un ritratto sconvolgente del Cile nei primi giorni della dittatura di Pinochet, ma anche e soprattutto in quello che poi si consoliderà nei suoi lavori successivi, ovvero una potenza smisurata non più condizionata dall'esigenza di mostrare il proprio valore tecnico a tutti i costi.
Del resto, a prescindere da tutto, sono sempre rimasto molto sensibile rispetto all'argomento dittature, specialmente in America Latina, dove tra Cile, Argentina e via discorrendo - inserirei anche Haiti, anche se si tratta di Caraibi - tra gli anni sessanta e gli ottanta vennero commessi alcuni dei crimini contro l'umanità più atroci di tutti i tempi: uno di questi, simbolicamente forse il più importante, è legato alla morte di Salvador Allende, uomo del popolo per eccellenza e speranza dei poveri, l'equivalente sudamericano del Kennedy statunitense, travolto dal golpe - sostenuto, tra le altre cose, dagli USA e culminato con un undici settembre altrettanto doloroso rispetto a quello del duemilauno ancora da venire - di Pinochet e costretto a lasciare il suo popolo in mano alle violenze dei militari.
Proprio attorno alla morte di Allende si sviluppa una delle sequenze citate, quando al protagonista - funzionario addetto alla registrazione dei referti delle autopsie - ed ai suoi colleghi viene chiesto di analizzare il cadavere del Presidente di fronte ad una delegazione di militari, e vedere il dolore di uomini e donne che per quell'uomo steso su un tavolo avevano una vera e propria adorazione in bilico tra il disgusto, la volontà di ribellione e la paura per le proprie vite.
Il secondo passaggio, al contrario, mostra quanto, come e forse perchè, in questi casi, l'abisso finisce per inghiottire ogni uomo, in misura esponenziale a seconda di quanto le sue paure, la sua rabbia e quello che si porta dentro finiscono per divorarne il cuore.
E' un passaggio terribile, da togliere il fiato, che lascia il pubblico con il cuore in gola al termine della visione, e racconta come pochi altri perchè in alcuni momenti storici ed in alcuni luoghi siano possibili scempi come quello vissuto dal Cile all'epoca.
Scempi che è giusto ricordare e non dimenticare, che si tratti di un'autopsia, di una presa di posizione, della voglia di gridare che la Libertà è la cosa più importante che possa caratterizzare la vita di ognuno e della voglia di stare in silenzio quando si comprende che senza la vita perde di significato anche la Libertà stessa.




MrFord




 

lunedì 31 ottobre 2016

El club (Pablo Larraìn, Cile, 2015, 98')




Ogni volta che mi capita di riflettere a proposito di peccati e peccatori, ripenso al volo a Gli spietati, o a Johnny Cash, o a Edward Bunker: ogni azione commessa al di fuori della Legge, del resto, ha ispirazioni, moventi e spiegazioni molto diversi tra loro, e reazioni istintive a parte, l'ideale prima di giudicare o essere giudicati sarebbe sempre mettersi nei panni di chi sta di fronte, o dall'altra parte della nostra barricata.
Allo stesso modo, da ateo miscredente, ammetto di fare sempre una gran fatica ad affrontare il discorso non solo della Fede, ma anche e soprattutto a concepire l'esistenza delle grandi organizzazioni religiose.
Considerate queste premesse, ed il fatto che il mio rapporto con Pablo Larraìn non iniziò, anni fa, nel migliore dei modi - detestai con tutte le forze il sopravvalutato Tony Manero -, la visione di El club si presentava come una delle più toste dell'anno.
Quattro ex preti scomunicati ed isolati in una sorta di casa protetta nel Cile dell'oceano e della provincia profonda, ognuno per motivi diversi, controllati e guidati da un'ex suora caduta in disgrazia pronta a fare agli stessi da perpetua, madre, confidente, carceriera e guida, un suicidio indotto da vecchi peccati, un giovane esponente della "nuova" Chiesa pronto ad indagare ed eventualmente chiudere la struttura neanche fosse la filiale poco produttiva di un'azienda: ingredienti tosti, che ancora una volta - questo occorre riconoscerlo - pongono Larraìn tra i registi più "scomodi" del panorama internazionale.
Ingredienti che avrebbero potuto scatenare una delle peggior tempeste di bottigliate dell'anno, se trattati con spocchia o superficialità d'autore.
Al contrario, invece, Larraìn non solo porta sullo schermo una pellicola dalla quale è praticamente impossibile uscire indenni, ma anche uno dei film più strazianti, potenti e clamorosamente belli di una stagione che ha bisogno come l'aria di opere di alto livello, considerata la penuria vista fino ad ora: El club è una ferita aperta, un viaggio allucinante non tanto nelle menti di quattro uomini colpevoli, o di chi, per controllarli o metterli di fronte ad una scelta che potrebbe almeno in parte redimerli, si rivela predatorio e spietato forse anche più di loro, quanto nell'abisso che l'Uomo continua a mostrare e portare nel mondo, e che probabilmente non finirà mai di stupire per quanta assurda crudeltà noi animali "sociali" ed "evoluti" riusciamo a continuare a mostrare, ed al contempo con quanta forza e volontà lottiamo affinchè dolore e colpa possano essere lasciati alle spalle per ricominciare, anche quando probabilmente non esiste neppure una remota possibilità perchè questo sia possibile.
De Andrè, in uno dei brani più struggenti di uno dei dischi più importanti della Storia della Musica italiana, cantava "nella pietà che non cede al rancore, madre ho imparato l'amore": una lezione fondamentale, che passa attraverso figure fondamentali della cultura globale, da Gesù a Gandhi, e che rappresenta un baluardo per la nostra umanità.
E poi ripenso a questo film, a Sandokan, vittima e carnefice, alla sorella ed al prelato che dovrebbero indirizzare e controllare i quattro "condannati", agli stessi ex religiosi, macchiati da peccati più o meno gravi, alla società attorno, che li isola ed imprigiona in una libertà forse più scomoda di qualsiasi carcere, al sistema carcerario norvegese mostrato da Michael Moore in Where to invade next, e penso a quanto sarebbe difficile vivere e rapportarsi in modo civile con qualcuno che, abusando del proprio ruolo - specialmente se si tratta di un ruolo spirituale come quello del prete -, ha commesso uno o più crimini.
A quanto sarebbe più facile comportarsi da Uomini, e lasciare che la Legge della nostra giungla - ben più feroce di quella animale - faccia il suo corso.
A quanto è facile metterli di fronte ad una scelta e poi dimenticarsi di loro, finendo per segnarsi allo stesso modo.
A quanto è facile strumentalizzarli, e gestirli come fossero bambini.
Io sono un ateo miscredente, ma penso che se il già citato Gesù avesse incontrato persone come queste, si sarebbe fatto un mazzo tanto anche e soprattutto per loro.
Peccato che la Chiesa l'abbia perso di vista, e sempre per citare De Andrè, abbia preso questa Legge divina e l'abbia "tre volte inchiodata nel legno".
Io sono un ateo miscredente, ma penso che, se esistesse qualcuno con tanta forza da poterlo fare, mi verrebbe quasi da credere in lui.
Invece sono un Uomo, e quando arrivo alla fine di opere come questa, mi ritrovo con il fiato corto e la voglia di lasciare libero l'istinto.
Ma se lo facessi, sarei esattamente come loro.




MrFord



 

giovedì 13 ottobre 2016

Thursday's child






Avventori del Saloon, popolo della blogosfera, benvenuti anche questa settimana alla rubrica dedicata alle uscite nelle nostrane sale, come sempre allietata dalla presenza del sottoscritto e funestata da quella del terrificante Cannibal Kid, come sempre pronto a sparare opinioni più che discutibili su tutto quello che riguarda la parte marcia della settima arte.
Questo weekend, tra l'altro, si prospetta molto cannibalesco: ma qui si resisterà comunque, continuando a cercare qualcosa di interessante che possa salvare me tanto quanto voi dalle produzioni di bassa qualità sponsorizzate come sempre dal mio rivale.


"In tre non abbiamo bevuto neanche la metà di Ford da solo!? E ti credo, quello è secondo solo a Frank Gallagher!"


Inferno

"Ecco un esemplare di Fordianus Australis risalente a un paio di millenni fa."

Cannibal dice: Avevo visto Il codice da Vinci al cinema, ai tempi dell'uscita 10 anni fa, e, nonostante non sia proprio il mio genere di film e Tom Hanks non sia proprio il mio genere di attore, non mi era affatto dispiaciuto. Quando poi era arrivato Angeli e demoni l'avevo ignorato alla grande, però adesso potrebbe essere l'ora di rifare un tuffo nelle danbrownate, che continuano a non essere il mio genere, ma sempre meglio delle infernali jamesfordianate.
Ford dice: ai tempi dell'uscita in sala, pur non avendo letto il romanzo, avevo visto Il codice da Vinci. Purtroppo per me.


Ricordo, comunque, che mi fece così cagare che penso mi terrò lontano da questo Inferno almeno quanto ho fatto dal precedente Angeli e demoni, e dal demonio numero uno delle cattive scelte cinematografiche: Cannibal Kid.




Bad Moms – Mamme molto cattive

"Cannibal vorrebbe uscire a bere con noi e Ford!? Ma stiamo scherzando!?"

Cannibal dice: Oh, finalmente una cannibalata come si deve! Una commediola americana che in patria è andata molto bene e che ora potrebbe conquistare anche il pubblico italiano, o se non altro quello cannibale. E secondo me potrebbe strappare qualche risata persino a quel depresso cronico di Mr. Ford, visto che è anche lui una bad mom... o forse un bad dad.
Ford dice: commediola ammeregana che ha conquistato Julez dalla prima visione del trailer, e dato che di norma sono io che presso per vedere questo o quell'altro titolo, sono contento, per una volta, di farmi trascinare in sala dalla signora Ford.
Tutto questo sperando di non incontrare nel tragitto la bad girl più insopportabile della blogosfera, Katniss Kid.
Al limite, potrei metterla sotto in macchina.



Mike & Dave: Un matrimonio da sballo

"Fratello, rassegnati: rimettere in forma quel pusillanime di Cannibal Kid è un'impresa da fantascienza, altro che commedia!"

Cannibal dice: Due cannibalate in una sola settimana? È già arrivato il Natale in quel di Pensieri Cannibali?
Zac Efron, Anna Kendrick e Aubrey Plaza potrebbero riuscire a divertire pure Ford, considerando che ha adorato Nonno scatenato e che ormai in queste comedy made in Usa ai limiti dell'osceno e dello scemo ci sguazza quasi più di me!
Ford dice: altra commediola di grana grossa che di norma ignorerei bellamente lasciandola nelle per nulla capaci mani del mio antagonista, ma considerato il fatto che ho finito per divertirmi come un totale imbecille con Nonno scatenato, potrei perfino darle una possibilità.



Neruda

"Incredibile: ho scoperto un giornale risalente ai tempi in cui Ford non era ancora nato. Un vero reperto."

Cannibal dice: Il cileno Pablo Larraín è talmente prolifico che rischia di far passare Woody Allen per un pelandrone. Nei soli ultimi mesi ha girato Il club, che non ho ancora visto, Jackie con Natalie Portman che attendo come se non ci fosse un domani, e questo Neruda. Considerando che di Pablo Neruda ammetto di non sapere praticamente nulla, al contrario di quell'intellettuale di Ford che ne conoscerà già vita, morte e miracoli, questa potrebbe rivelarsi una visione molto interessante e istruttiva.
Ford dice: sono sempre scettico, di fronte a Larrain. Nonostante siano passati anni, pago ancora la scottatura della delusione per Tony Manero, che detestai profondamente, e ancora oggi mi fa sempre muovere con circospezione a fronte di un autore che negli ultimi anni pare aver iniziato a lavorare neanche fosse Miike.
Spero quantomeno che le delusioni, quando si tratta di visioni che lo riguardano, siano finite.



Rara – Una strana famiglia

"Grande! Vogliamo un'altra rassegna di Cinema fordiano!"

Cannibal dice: Due pellicole cilene in una sola settimana? In già arrivato il Natale anche in quel del Cile?
Comunque pure questa sembra una pellicola che merita di essere vista, quindi ¡que viva el Chile! e ¡que abbasso Ford!
Ford dice: se non avessi così poco tempo a causa degli impegni in famiglia e la mia componente tamarra non si fosse amplificata negli ultimi anni un titolo come questo avrebbe rappresentato la chicca della settimana, almeno sulla carta.
Ora, invece, mi riservo di recuperarlo solo se dovesse capitare.
Un po' come, se dovesse capitare, potrei rifilare al Cannibale un paio di mosse di wrestling.



Go With Me

"Dici che vestirci come Ford aiuterà il film ad avere un giudizio positivo?" "Mi sa tanto di no."

Cannibal dice: MYmovies lo definisce “un vero western autunnale”. Ecco, se volevano essere convincenti con me ci sono riusciti...
Mi hanno convinto a girare al largo e a lasciare la visione a Ford. Go without me.
Ford dice: nonostante le premesse siano del tutto fordiane, la presenza di Alfredson in regia e di un bollito Hopkins tra i protagonisti mi fanno sperare ben poco di positivo, dunque andrò without questo film e pure senza Cannibal, dato che è meglio soli che male accompagnati.



Qualcosa di nuovo

"Non ci posso credere: Cannibal se l'è fatta un'altra volta nei pantaloni!"

Cannibal dice: Qualcosa di nuovo sarebbe Ford che esprime un'opinione condivisibile o anche solo vagamente furba, ma il 2016 volge al termine e ancora non è successo. E non penso succederà. Un'occhiata a questo film con due attrici valide come Paola Cortellesi e Micaela Ramazzotti, alla faccia del “razzismo” di Ford contro il cinema italiano, penso invece che succederà.
Ford dice: qualcosa di nuovo potrebbe essere un film italiano pronto a conquistarmi o quantomeno alimentare l'hype per la visione, o Cannibal che esprime un'opinione sensata in ambito cinematografico.
Purtroppo, temo dovrò aspettare ancora per entrambe le cose.



Attesa e cambiamenti

"Festeggiamo una blogosfera cui è vietata la sosta di qualsiasi Cannibal!"
Cannibal dice: Attesa e cambiamenti, un titolo perfetto per esprimere la mia situazione con Ford. Attendo che cambi, ma ahimé mi toccherà aspettare ancora molto a lungo...
Ford dice: io ormai non attendo più che Cannibal possa cambiare. Me lo tengo così com'è, almeno finchè non deciderò di riciclarlo.



Lettere da Berlino

"Vorrei proprio sapere come diavolo fa Ford a scrivere ancora tutto a mano. Io preferisco il tablet."
Cannibal dice: Ennesimo dramma ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale?
Lo passo a quel serioso di Ford e vado a vedermi le due commedie sceme made in Usa!
Ford dice: nonostante si vada verso l'autunno pieno, la voglia di buttarmi in una visione pesante da dramma legato alla Seconda Guerra Mondiale è minore che affrontare una maratona di stronzate cannibalesche.
Piuttosto, mi rifaccio con qualche bell'action ignorante.


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