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lunedì 29 luglio 2019

White Russian's Bulletin



Settimana di ripresa per le visioni, qui al Saloon, complice l'avvicinarsi delle ferie estive, delle serate da ventilatore puntato e cocktail ghiacciato e della voglia di staccare tipica del periodo: grande o piccolo schermo, a questo giro ce n'è per tutti, anche se, come stagione impone, la leggerezza viene orgogliosamente prima di profondità e autorialità.


MrFord


BALLERS - STAGIONE 4 (HBO, USA, 2019)

Ballers Poster

Se qualcuno, ai tempi in cui approcciai Ballers la prima volta, mi avesse detto che il serial legato a doppio filo al mondo del football professionistico con Dwayne Johnson - The Rock per gli amici e appassionati di wrestling - come protagonista nel ruolo di una sorta di versione un pò più stronza di Jerry Maguire sarebbe arrivato alla quarta stagione, avrei riso forte.
E invece eccoci qui, di fronte ad un prodotto che, pur non toccando vertici altissimi, continua a consegnare al pubblico una base solida e ottimi spunti, dalle luci ed ombre del suo main charachter al ruolo ormai consolidato di nuovo Charlie Runkle della sua "spalla" Joe, dai capricci degli atleti alle riflessioni sempre attuali sulle differenze razziali e sulla lotta di classe.
Una quarta stagione partita in sordina che decolla con due episodi conclusivi degni dei momenti migliori di un titolo che, per quanto di nicchia, continua a testa alta e spalle larghe in barba agli ambienti più o meno altolocati in cui si trova a doversi districare: in pieno stile Spencer Strasmore.




LA CASA DI CARTA - STAGIONE 3 (Netflix, Spagna, 2019)

La casa di carta Poster

Alle spalle due stagioni che hanno segnato l'immaginario collettivo, tornano il Professore e i rapinatori de La casa di carta, come di consueto eccessivi, ribelli, contro il Sistema o, forse, al servizio di loro stessi: le regole non sono cambiate, si recupera Berlino per alimentare il fuoco sacro dei fan, si inseriscono nuovi charachters potenzialmente molto interessanti - si è scritto tanto di Palermo, ma Bogotà è il mio personale nuovo favorito -, si costruisce su basi apparentemente instabili per generare desiderio del prossimo episodio - o della prossima stagione - e finire per coinvolgere anche i più scettici, quasi tutto fosse un "bum bum ciao" che si trasforma nella cotta della vita grazie a due cliffhanger che in modo decisamente bastardo incollano già allo schermo per il quarto giro di giostra.
La perfezione sta da tutt'altra parte, ma senza dubbio il cuore e l'istinto, con un pò di furberia, ci sono tutti, e per uno come me è una partita già vinta: gli si potrebbe fare le pulci, ma non sarebbe il caso, e certo non è il luogo. Anche perchè non c'è dubbio che è sempre più facile, in questo gioco di ribaltamento, scegliere da che parte stare.




X-MEN: DARK PHOENIX (Simon Kinberg, USA, 2019, 113')

X-Men: Dark Phoenix Poster

Alle spalle la buona partenza de L'inizio e l'ottimo Giorni di un futuro passato, ma anche la mezza delusione di Apocalypse, i nuovi X-Men che in realtà dovrebbero precedere in linea temporale i vecchi giungono ad un probabile ultimo capitolo dedicato ad uno dei loro personaggi cardine, Jean Grey: le premesse potrebbero anche essere interessanti, peccato che vengano commessi errori a catena in grado di limitare la portata di quello che avrebbe potuto essere una buona alternativa ai più mainstream figli dell'MCU. Dal discostarsi netto e poco sensato dalla linea temporale che pareva portare ai suddetti titoli "vecchi" dedicati agli Uomini X all'esclusione troppo rapida dei due charachters più importanti e di spessore, la Raven di Jennifer Lawrence e il Quicksilver di Evan Peters, un gruppo di villains senza arte né parte, i soliti litigi da vecchia coppia di Xavier e Magneto, una confusione di fondo che pone interrogativi a proposito del perchè sia stato realizzato questo capitolo, budget a parte - missione fallita, considerati gli incassi -, questo Dark Phoenix funziona ed avvince davvero pochino, e rappresenta senza dubbio un'occasione sprecata.
Certo, si può guardare. Ma difficilmente se ne ricorderà qualcosa.




L'ANGELO DEL MALE - BRIGHTBURN (David Yarovesky, USA, 2019, 90')

L'angelo del male - Brightburn Poster

Scelto quasi a caso in una serata da relax estivo e neuroni zero, per quanto logicamente criticabile sotto molti punti di vista - ma abbiamo già visto con La casa di carta che non è questo il momento della logica - Brightburn è stato una sorpresa: prodotto dal James Gunn che sta facendo un gran bene all'MCU, questo horror supereroistico ha finito per ricordarmi i primi lavori di Shyamalan prima che si bevesse il cervello, con un piccolo Paul Dano alieno nel ruolo di Superman psicopatico che prima regala la felicità ai suoi genitori terrestri e dunque diviene il loro - ma non solo - incubo peggiore.
Gestione del tempo e della consequenzialità a parte - alcune situazioni sono veramente al limite -, ho trovato diverse buone idee all'interno del lavoro di Yarovesky, la giusta dose di violenza ed una sorta di rappresentazione estremizzata della spaccatura che, tra pubertà e adolescenza, si crea tra genitori e figli, condita da un finale inaspettato e davvero interessante, specie in prospettiva di un ipotetico aggancio per sequel o spin off.
Non saremo di fronte ad una pietra miliare - tutt'altro -, ma se le idee sono la benzina del Cinema e dell'Arte in generale, in Brightburn c'è materiale per fare ancora un pò di strada.


domenica 31 dicembre 2017

Ford Awards 2017: i film (N°10-1)






Ed eccoci arrivati al momento più importante dell'anno: quello in cui il Saloon decreta il suo miglior film tra quelli visti ed usciti in sala nel corso della stagione.
Questo duemiladiciassette in uscita non si è rivelato certo uno dei migliori in termini di qualità media delle pellicole, ma devo ammettere che questa decina conclusiva funziona dal primo all'ultimo titolo, offre emozioni e visioni anche profondamente differenti tra loro e porta in dono pellicole in grado di restare negli anni a venire nella Storia della Settima Arte.
Andiamo dunque a scoprire chi trionferà nei Ford Awards duemiladiciassette.


N°10: MANCHESTER BY THE SEA di KENNETH LONERGAN


Raramente, quantomeno negli ultimi anni, la Notte degli Oscar è riuscita a fornire una selezione di qualità come quella di quest'anno. Manchester by the sea, produzione di nicchia finita alla ribalta proprio in vista dell'assegnazione delle statuette, finisce per essere al contempo profondamente triste e devastante quanto emblema di una vita che, malgrado le sconfitte e le ferite, regala sempre la possibilità di rialzarsi dopo una sconfitta, se si è disposti a farlo.

N°9: BLADE RUNNER 2049 di DENIS VILLENEUVE

 
 
Soltanto un regista incredibile poteva prendere tra le mani una patata bollente come il sequel di una delle pellicole più amate della Storia del Cinema e non rischiare di far deflagrare il tutto in un abominio: Denis Villeneuve, senza dubbio, risponde ai requisiti.
Senza strizzare l'occhio o preoccuparsi troppo di tempi dilatati e filosofeggiamenti, il cineasta canadese offre una riflessione nuova legata ad una storia e a vicende ormai considerate "vecchie".
Molti faranno fatica ad accettarne la grandezza, ma Blade Runner 2049 è un grande film.

N°8: GUARDIANI DELLA GALASSIA VOL. 2 di JAMES GUNN

 

Uno dei film del cuore di questi ultimi dodici mesi.
Risate, tamarraggine, colonna sonora pazzesca, padri e figli, il baby Groot, combattimenti ed altri mondi pronti a rappresentare tutti quelli che ci portiamo dentro.
Ed una bellissima rappresentazione di tutti gli stronzi come me.

N°7: SILENCE di MARTIN SCORSESE

 

Martin Scorsese torna sul grande schermo scommettendo forte grazie ad una pellicola ostica e profonda, lontana dalle logiche del grande pubblico o della conquista facile, ma incredibilmente coraggiosa e piena. Da ateo miscredente, affrontare una vicenda come quella raccontata dal vecchio Marty è stato come ascoltare un disco di De Andrè. 

N°6: SETTE MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE di J. A. BAYONA

 

Il dolore della perdita ha toccato tutti, almeno una volta nella vita.
E' qualcosa con cui occorre fare i conti, ed andare avanti.
Qualcosa che non si può sconfiggere, perchè farà parte di noi fino alla morte.
Bayona deve saperlo bene, perchè confeziona un film che entra nel cuore di prepotenza, libera un mostro e le lacrime, e non ne esce più.

N°5: LA LA LAND di DAMIEN CHAZELLE


Se Sette minuti dopo la mezzanotte ha significato la perdita, La la land è la rappresentazione dei sogni, realizzati oppure no, di questo duemiladiciassette. 
Una pellicola tecnicamente incredibile, sotto tutti i punti di vista, che incanta, conquista, racconta, mostra quello che è il conflitto probabilmente eterno tra la realtà e le aspirazioni.
Ed il bello di finire per essere riconoscenti ad entrambi.

N°4: ARRIVAL di DENIS VILLENEUVE


Per la prima volta, se la memoria non m'inganna, nella storia del Ford Awards, un regista piazza due titoli nei primi dieci: Denis Villeneuve, prima di portare in sala Blade Runner 2049, consegna al pubblico una delle gemme dell'ultima notte degli Oscar, Arrival.
Tempo, nascita, comunicazione, morte condensati in uno sci-fi come non se n'erano mai visti - o molto raramente -, che costruisce e distrae come il miglior illusionista prima di regalare un finale da lacrime.

N°3: JACKIE di PABLO LARRAIN


Il mio rapporto con Pablo Larrain non è stato certo semplice: l'ho detestato agli esordi, prima di esserne conquistato film dopo film.
Jackie non è il suo lavoro migliore, eppure la potenza che sprigionano le immagini ed il messaggio portati rendono nel miglior modo possibile il talento di questo straordinario Autore, destinato ad un posto d'onore nella Storia del Cinema.

N°2: MOONLIGHT di BARRY JENKINS


Il film che mi ha toccato di più degli ultimi dodici mesi, e forse oltre.
La metamorfosi di un ragazzino spaurito e ferito che diviene predatore pur di non rischiare di sentirsi ancora come nei suoi anni peggiori, ammesso che davvero lo fossero.
L'outsider della Notte degli Oscar che, alla fine, pur al cospetto dei grandi Arrival e La la land, ha finito per trionfare.
L'outsider che non ti aspetti. Quello che piace a me.

N°1: VICTORIA di SEBASTIAN SCHIPPER

 
 
Ed eccolo qui, il vincitore del Ford Award duemiladiciassette.
Certo, è un film del duemilaquindici, arrivato in Italia in pauroso ritardo, ma poco importa.
Victoria è tecnica prodigiosa, spontaneità, wilderness.
E' tutto quello che si rimpiange della giovinezza quando si è vecchi e tutto quello che si sogna quando da giovani si cercano i brividi.
Una meraviglia per la testa, gli occhi, il cuore.



I PREMI

Miglior regia: Sebastian Schipper per Victoria

Miglior attore: Mahershala Ali per Moonlight

Miglior attrice: Natalie Portman per Jackie

Scena cult: Baby Groot e la bomba da disinnescare, Guardiani della Galassia Vol. 2
 
Miglior colonna sonora: Guardiani della Galassia Vol. 2

Premio "leggenda fordiana": Chiron, Moonlight

Oggetto di culto: non è un oggetto, ma rompe ogni schema. Baby Groot, Guardiani della Galassia Vol. 2

Premio metamorfosi: Dave Bautista, Blade Runner 2049
 
Premio "start the party": l'inizio del piano sequenza, Victoria

Premio "be there": la Berlino by night di Victoria








domenica 28 dicembre 2014

Ford Awards 2014: i film (N°20 - 16)

La trama (con parole mie): ed eccoci giunti all'inizio della carrellata più importante dei Ford Awards, quella dedicata al meglio uscito in sala nel corso di questo duemilaquattordici ormai agli sgoccioli. Una classifica strana, che rispetto alle scorse edizioni ha trovato una scoraggiante desolazione nelle proposte, tanto da indurmi a ridurre i titoli da quaranta a venti, in modo da selezionare davvero solo il meglio della stagione.
Mi dispiace molto di aver messo le mani su cose enormi come Vita di Adele o Still life in ritardo, perchè avrebbero potuto dire la loro sia nella classifica dello scorso anno che in questa, così come di non aver ancora avuto modo di gustarmi il tanto chiacchierato Il sale della terra, Mommy o Winter Sleep.
Ma poco importa, ora: fuoco alle polveri, e che vinca il film migliore.




N°20: DRAGON TRAINER 2 di DEAN DEBLOIS



Ad inaugurare la classifica dei venti migliori film uno dei meglio riusciti sequel degli ultimi anni, che si parli di animazione e non solo. Tematiche profonde, azione serrata, spettacolo assicurato per grandi e piccini. Una piccola rivincita per i cari, vecchi "cartoni animati", che quest'anno si sono giocati poche ma ottime carte.


N°19: THE LEGO MOVIE di PHIL LORD, CHRISTOPHER MILLER



La vera, grande rivelazione animata di questo duemilaquattordici.
Fresco, divertentissimo, ricco di ironia e citazioni ma anche a suo modo commovente, ed impreziosito da un tormentone musicale che ha conquistato praticamente ogni spettatore che l'abbia approcciato, appassionato di Lego oppure no.


N°18: LONE SURVIVOR di PETER BERG



Senza se e senza ma, l'action dell'anno.
Peter Berg, già creatore del supercult Friday night lights, torna sul grande schermo scegliendo di raccontare una storia decisamente a stelle e strisce che, partita dal rischio di un eccessivamente alto tasso di retorica finisce per fotografare l'assurdità della guerra e la sua inaudita violenza.
Stunt e sequenze d'azione spaventosamente ben realizzati.

N°17: GUARDIANI DELLA GALASSIA di JAMES GUNN


Giocattolone perfetto ed ennesimo tassello del grande affresco dipinto sullo schermo dalla Marvel negli ultimi anni, Guardiani della galassia, con ironia, una colonna sonora da urlo ed un paio di passaggi davvero irresistibili ha finito per vincere la concorrenza di altri pur ottimamente realizzati film ad argomento supereroi usciti in sala negli ultimi dodici mesi.
E con quella chicca dopo i titoli di coda, il suo valore è cresciuto anche più di quanto si potesse immaginare.

N°16: DUE GIORNI, UNA NOTTE di JEAN PIERRE E LUC DARDENNE



E a chiudere questa prima cinquina decisamente "ludica", l'ultima fatica dei Fratelli Dardenne, fotografia dell'incertezza lavorativa ed umana di quest'epoca.
Un film forse a tratti troppo schematico, eppure un ritratto di pancia e morale dallo spessore notevole, reso ancora più grande da una scelta quasi "ottimistica" nel finale di quelli che sono da sempre gli alfieri del pessimismo su grande schermo.
Avercene, di spunti come questo.


TO BE CONTINUED...

martedì 4 novembre 2014

Guardiani della Galassia

Regia: James Gunn
Origine: USA
Anno: 2014
Durata: 121'




La trama (con parole mie): Peter Quill, rapito da un'astronave aliena ancora bambino e cresciuto nello spazio profondo, è un avventuriero con un rapporto non propriamente risolto con la Legge autoribattezzatosi Starlord. Quando mette le mani su un antico manufatto con l'intenzione di venderlo e diventare spaventosamente ricco, viene a contatto con Gamora, letale emissaria dell'impero Kree e di Ronan l'accusatore, che ha promesso in cambio della distruzione di un pianeta avversario a Thanos di recuperare per lui l'oggetto.
Finito in carcere proprio con Gamora ed una coppia curiosa di cacciatori di taglie sulle sue tracce - Rocket e Groot -, Peter finirà per improvvisarsi eroe quando il male assortito gruppo - al quale in carcere si unisce Drax il distruttore, assetato di vendetta rispetto a Ronan - dovrà mettere una pezza affinchè Thanos non entri in possesso di qualcosa di molto più potente di quanto ci si potesse aspettare.







Negli ultimi anni - forse, ultimamente, finendo per abusare della visibilità guadagnata - il genere supereroistico ha, di fatto, invaso le sale conquistando uno spazio decisamente ampio nella fetta di mercato dei blockbuster, a partire dalla meravigliosa - con i suoi alti ed i suoi bassi - trilogia di Nolan con protagonista Batman fino a Watchmen per quanto riguarda il meglio della produzione DC Comics, e gli Spider Man di Raimi - cui sono seguiti due non eccezionali reboot - e l'universo degli eroi classici in casa Marvel.
Rispetto ai loro diretti concorrenti, però, gli adepti di Stan Lee - che continua ad essere in una forma invidiabile a più novant'anni, sempre pronto ad una fugace apparizione nelle pellicole con protagoniste molte delle creature nate dalla sua penna - hanno sviluppato l'idea di una sorta di universo anche cinematografico che permettesse di creare un mosaico di singole pellicole parte di un'epopea unica complessiva con al centro gli Avengers, protagonisti di un film spettacolare un paio d'anni or sono, di uno in arrivo il prossimo e di un terzo che dovrebbe portare a compimento l'intero progetto.
E in mezzo ai Captain America, agli Iron man e ai Thor, ha finito per trovare spazio anche un gruppo praticamente sconosciuto ai non appassionati di nuvole parlanti, tra i più curiosi ed interessanti del panorama cosmico made in Marvel: i Guardiani della Galassia.
Affidati a James Gunn - che già mi sorprese in positivo con l'ottimo Super - i cinque male assortiti antieroi finiscono per riesumare il gusto per il kitsch della seconda metà degli anni settanta - non a torto questo film ha richiamato alla mente di molti elementi della prima trilogia di Star Wars - e l'approccio tamarro e fracassone degli eighties, regalando al pubblico una pellicola forse meno intensa ed esaltante di quella dedicata agli Avengers stessi ma che, di fatto, non solo propone volti nuovi in questo affollato panorama, ma anche un piglio decisamente più sbarazzino già pronto a sputarci addosso un sequel che già attendo ansiosamente e, soprattutto, uno spin-off che noi residuati degli anni ottanta non vediamo davvero l'ora di vedere sullo schermo - la scena di chiusura oltre i titoli di coda mi ha letteralmente fatto saltare sulla sedia per l'hype -.
Il risultato di tutti questi elementi è un giocattolone roboante e vintage dagli effetti ottimi, trainato da un quintetto di protagonisti spassosi e resi molto bene - perfino da Bautista/Batista, ex wrestler che a stento riesce ad articolare, figuriamoci a recitare - capitanati da un Rocket splendido - doppiato nella versione originale da Bradley Cooper - e da un Firelord pronto a lanciare nell'Olimpo dei cool Chris Pratt, ottima argomentazione per convincere le proprie fidanzate o mogli a presenziare alla visione. Niente male davvero anche Zoe Saldana nuovamente in versione aliena e le rappresentazioni cinematografiche di Ronan l'Accusatore e Thanos - che dovrebbe fare ritorno in pompa magna con il terzo film dedicato ai Vendicatori, per l'appunto -, gli effetti speciali ed una colonna sonora spettacolare, pronta a pescare a piene mani dall'immaginario musicale corrispondente all'infanzia di Peter/Firelord, un appartenente fiero alla generazione del sottoscritto.
Per il resto non c'è nulla di particolarmente innovativo, dalla struttura che vede un gruppo che definire poco coeso di antieroi risulta quantomeno eufemistico dapprima battersi come avversari e dunque da alleati ed amici quasi fraterni pronti a contrastare un male comune prendendo coscienza delle proprie responsabilità ad un finale aperto e decisamente pompato - in termini di esaltazione e scelte fracassone, ma anche di un certo spirito goliardico, si vedano le citazioni di Footloose -, eppure la confezione è ben curata, il risultato eccellente ed alcune sequenze irresistibili - la prima apparizione di Firelord alla ricerca dell'Orb a ritmo di musica, l'evasione dal carcere -: tutti gli ingredienti giusti, insomma, per un film d'intrattenimento come si conviene, in grado di regalare colori, esplosioni, personaggi interessanti e due ore di divertimento senza ritegno a chiunque sia disposto a saltare su quest'astronave decisamente sopra le righe e lasciarsi trascinare a suon di botte nel cuore di un Universo così grande e variegato da far apparire "troppo terrestri" perfino tutte le meraviglie Avengers-style.



MrFord



"I can't stop this feeling
Deep inside of me
Girl, you just don't realize
What you do to me."
Blue Swede - "Hooked on a feeling" -



 

lunedì 25 novembre 2013

Thor - The dark world

Regia: Alan Taylor, James Gunn
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 112'




La trama (con parole mie): archiviati i fatti legati all'invasione aliena di New York, Thor si sta occupando di ripristinare l'ordine e la pace nei nove regni che Odino, dal trono di Asgard, si impegna ad amministrare come sovrano. Nel frattempo, dall'ombra, sorge la minaccia degli elfi oscuri guidati da Malekith, che da millenni attendono di rimettere le mani su un potentissimo artefatto che potrebbe mettere a rischio la vita dell'intero universo conosciuto.
Nel frattempo Loki, imprigionato nelle segrete di Asgard, si troverà ad allearsi con l'odiato fratello per fare fronte alla comune minaccia ed avere la possibilità di vendicarsi non soltanto dei nemici di Asgard, ma anche di Asgard stessa, proprio mentre Thor sarà troppo impegnato a ricostruire il rapporto con Jane Foster.






Occorre ammettere, senza dubbio alcuno, quanto ormai Mamma Marvel comprenda la portata dei suoi poteri e delle sue responsabilità - per sfruttare il motto di uno dei suoi eroi più famosi ed amati - quando si tratta di portare sul grande schermo le gesta dei personaggi che hanno fatto la sua fortuna: negli ultimi anni, grazie anche al complesso mosaico del progetto che ruota attorno agli Avengers, la qualità delle proposte dell'editore di fumetti più importante del mondo si è notevolmente alzata, gestendo alla grande l'unione delle tre componenti più importanti di questo tipo di prodotto: spettacolarità, azione ed ironia.
E' proprio quest'ultima, malgrado nel corso della visione si incappi in almeno due momenti drammatici, l'ingrediente più importante di Thor - The dark world, secondo capitolo delle avventure del Dio del tuono che diverte ed intrattiene il pubblico a prescindere dall'età dello stesso e riesce a migliorare il risultato portato a casa dal già discreto prodotto firmato Kenneth Branagh: mescolando scenari che paiono pescare a piene mani da Star Wars e Il signore degli anelli, Taylor e Gunn portano il Dio del tuono ad una dimensione più simile a quella dei film d'avventura anni ottanta fatta di battute pronte a stemperare anche i momenti più bui delle vicende narrate, sviluppando parallelamente a sequenze a dir poco esilaranti - l'arrivo di Thor sulla Terra e l'incontro con Eric Selvig, astrofisico che aveva incrociato il cammino dell'eroe già nel primo capitolo e comparso anche nel già citato The Avengers - tematiche decisamente profonde come quella del rapporto tra fratelli, sfruttato alla grande per approfondire le figure di Thor stesso e di Loki, gettare le fondamenta per un eventuale terzo capitolo - davvero niente male la prima delle due "code" al finale - e presentare i due nella veste di insoliti alleati, sfruttando la loro fuga da Asgard per regalare all'audience il pezzo migliore - tecnicamente parlando - della pellicola, un ottimo crescendo costruito sul montaggio alternato e le narrazioni su piani temporali separati che pare uscita da un classico heist movie più che da una pellicola di supereroi.
Un risultato, dunque, sorprendentemente positivo che fa ben sperare sia nella realizzazione de I Guardiani della galassia - in uscita la prossima estate ed anticipato dalla seconda "coda" della conclusione, con un Benicio Del Toro più che gigioneggiante nel ruolo del Collezionista - che sarà a sua volta il traino per The Avengers 2, senza contare Capitan America: soldato d'inverno, pronto ad accogliere tutti i fan delle creature di Stan Lee tra qualche mese - un Cap con valori annessi e connessi sbeffeggiato clamorosamente da Loki proprio in uno dei primi passaggi della succitata fuga da Asgard -.
Certo, tutto appare fin troppo lineare, e Malekith con il suo sgherro Kurse avrebbero potuto essere resi decisamente più carismatici, ma siamo pur sempre dalle parti dei giocattoloni ad uso e consumo dei bambini grandi e piccoli pronti ad esaltarsi in sala assaporando tutta la magia del grande schermo: in fondo, per i più esigenti, si può sempre contare su un più che convincente Tom Hiddleston, ormai sempre più calato nel ruolo di Loki, uno dei villains più sfaccettati ed interessanti dell'Universo Marvel, non a caso ormai co-protagonista quasi fisso dell'universo degli Avengers cinematografici.
E se i risultati continueranno ad essere questi, allora ben venga un futuro (?) regno del Dio dell'inganno.
Qui al Saloon saremo tutti dalla sua parte.


MrFord


"Angel girl
in a cold dark world
I'm gonna be your man
angel girl
in a cold dark world
I'll make you understand."

Weezer - "Cold dark world" -




mercoledì 26 ottobre 2011

Super

Regia: James Gunn
Origine: Usa
Anno: 2010
Durata: 96'



La trama (con parole mie): Frank Darbo è un uomo finalmente felice. Dopo una vita da sfigato ai margini, infatti, ha trovato la sua anima gemella - la bella Sarah - ed è convolato a nozze, ed ora può alzarsi ogni mattina pensando e ripensando al giorno del fatidico "sì" e a quando aiutò un poliziotto a dare la caccia ad un borseggiatore.
Peccato che, dietro l'angolo, il destino sia pronto a riservare un tiro mancino al nostro: il piccolo criminale locale Jacques, infatti, seduce Sarah e scrive la parola fine al matrimonio di Frank, che, abbattuto e deluso, si rifugia nel fumetto e nel progetto di darsi al supereroismo elaborando l'identità di Crimson Bolt, il nuovo paladino della giustizia armato di chiave inglese.
Con difficoltà più o meno sormontabili, l'uomo comincia a farsi un nome per le strade della città, fino a quando la giovane commessa della fumetteria Libby non scopre la sua identità e decide di diventarne la spalla: a quel punto i due alleati saranno costretti a dare fondo a tutte le loro risorse per affrontare Jacques e i suoi scagnozzi.



Ormai una cinquantina e più d'anni fa, Stan Lee rivoluzionò il mondo del fumetto introducendo la caratteristica che sarebbe divenuta la chiave di volta di questa parte del mondo delle nuvole parlanti: quello del "supereroe con superproblemi". 
Dall'Uomo Ragno agli X-Men, nacquero così uno dopo l'altro personaggi che, per la prima volta, non erano schiacciasassi tutti d'un pezzo come Superman, bensì uomini e donne comuni d'improvviso alle prese con problematiche legate ad una natura in grado di renderli unici e, in una certa pericolosa misura, speciali.
Allora l'idea di una trasposizione cinematografica di uno qualsiasi di questi charachters era praticamente impensabile, e forse neppure lo stesso Lee pensava che scelte come quella di Peter Parker di lasciar fuggire il rapinatore che avrebbe poi tolto la vita al suo adorato Zio Ben avrebbero costituito uno standard con il quale ogni supereroe avrebbe dovuto confrontarsi: il tempo è passato, con gli anni abbiamo assistito ad avvenimenti da restare a bocca aperta - la morte e la resurrezione di Superman, le molteplici vicissitudini di Batman, il clone dell'Uomo Ragno - e visto passare sul grande schermo versioni finalmente degne di questo nome delle avventure degli eroi in calzamaglia che nel corso della nostra - o almeno mia - storia di lettori di fumetti abbiamo immaginato migliaia di volte di vedere resi anche in sala. 
Tanto da giungere ad una sorta di eccesso dalla parte opposta.
Così, ai tradizionali "supereroi con superproblemi" si sono aggiunti quelli improvvisati, capeggiati dall'ottimo Kick Ass, una delle cose migliori che il genere abbia riservato al pubblico negli ultimi anni.
Tutto questo, per arrivare a Super.
Onestamente, ho sempre pensato che James Gunn fosse un regista poco più che insulso - nonostante la fama consolidata che lo stesso mantiene rispetto al pubblico di nicchia - e quando sentii parlare di questo film pensai che si sarebbe rivelata la versione scopiazzata ed imbolsita dell'appena citato Kick Ass.
Al contrario di ogni mia nefasta previsione, invece, il lavoro con protagonisti gli ottimi Rainn Wilson ed Ellen Page - senza dimenticare Kevin Bacon - risulta una delle sorprese migliori dell'ultimo periodo, partendo neanche fossimo nel pieno dell'atmosfera grottesca di Scott Pilgrim per poi scivolare lentamente in una sorta di versione coloratissima da allucinogeno di un noir senza speranze, violento e terribile, e virare clamorosamente nel melò con una delle conclusioni più belle che un film di questo tipo abbia mai regalato all'audience.
La mia potrebbe sembrare una posizione addirittura esagerata, eppure non riesco davvero a non premiare il coraggio mostrato da Gunn portando sullo schermo uno sfigato totale che decide, tramite la maschera di Crimson Bolt, di applicare la vendetta personale alla giustizia nel senso "fumettistico" del termine, arrivando a tratti ad essere addirittura eccessivo in senso opposto, se non quasi psicopatico - l'aggressione al tizio che salta la fila al Cinema, o quella ai danni del giovane forse colpevole di aver rigato la macchina di un'amica della sua spalla Libby, interpretato dal Matt Saracen di Friday Night Lights -, per non parlare del rapporto tra Frank e la suddetta Libby, che porta a galla quelle che furono, ai tempi, le ipotetiche tensioni sessuali rispetto al rapporto tra Batman e Robin nel pieno dell'epoca maccartista.
Inoltre, le numerose riflessioni suscitate e mosse dal concetto del supereroe assumono dimensioni differenti e sempre più profonde con il passare dei minuti, passando dalle risate quasi di compatimento della prima parte alla silenziosa commozione del finale, una perfetta sintesi dell'accettazione della perdita emotiva - e fisica - di una persona amata nonchè una sorta di elogio del "molto piccolo", che potenzialmente potrebbe crescere e diventare qualcosa di clamorosamente grande ed unico per il mondo come una nuova vita - e più - consegnata alla Storia.
Perchè, in fondo, cos'è un eroe? Chi è che si nasconde dietro la maschera ed il costume sgargiante?
La fortuna degli Spider Man di allora fu data, di fatto, proprio dal loro essere umani ed imperfetti, tanto da stimolare la curiosità dei lettori rispetto a quello che accadeva quando il costume finiva sotto i vestiti civili, o "tra una vignetta e l'altra" l'eroe di turno aveva tutto il tempo di annoiarsi nell'attesa che un crimine potesse essere sventato.
Perchè cos'è, in fondo, un eroe? Per Sarah ed il suo futuro sarà Frank, molto prima e molto più di Crimson Bolt. 
La stessa Libby, anche in costume, non esiterà neppure un secondo a continuare a chiamarlo proprio Frank.
Essere un eroe non significa essere perfetti.
Essere un eroe non significa essere giusti.
Essere un eroe significa fare il più perfettamente possibile quello che crediamo potrà essere giusto.
Non necessariamente per noi, e sempre con l'idea che possa esserlo per le persone per cui lo facciamo.
In questo senso, Frank diventa il padre di quelli che potranno essere tutti i figli di Sarah.
In questo senso, gli eroi che ci formano, ci salvano e ci consegnano il futuro, superproblemi ed imperfezioni comprese, sono proprio i genitori.
Che fanno di tutto perchè noi, un giorno o l'altro, si possa essere eroi anche più grandi di loro.

MrFord

"I, I will be King
and you, you will be Queen
though nothing will drive them away
we can be heroes just for one day
we can be us just for one day."
David Bowie - "Heroes" -


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