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martedì 31 dicembre 2019

Ford Awardss 2019: i film (N°10-1)


Come da tradizione, ormai, per l'ultimo dell'anno, arriva al Saloon la top ten dedicata ai dieci film migliori - tra quelli usciti in sala e, ovviamente, passati su questi schermi - del duemiladiciannove ormai più che agli sgoccioli: chi raccoglierà il testimone di Chiamami col tuo nome? E ci saranno sorprese in grado di far discutere, o quantomeno mettere il qui presente contro Cannibal come è giusto che sia? Speriamo proprio di sì.

MrFord


N°10: LA FAVORITA di YORGOS LANTHIMOS

La favorita Poster

Lanthimos, che qualche anno fa mi lasciò a bocca aperta con Dogtooth, ormai da tempo approdato al grande circuito cinematografico, è uno dei pochi autori di nicchia a non aver perso la sua potenza alla corte della grande distribuzione: La favorita, con uno stile quasi kubrickiano, racconta quanto la Guerra, che si tratti di campo aperto o di letti e lenzuola, di duelli o sotterfugi, non lascia vincitori, ma solo vinti. Una parabola di passione e classe.


N°9: THE OLD MAN AND THE GUN di DAVID LOWERY

Old Man & the Gun Poster

Tratto da una storia vera ed interpretato dal fordiano ad honorem e vecchio leone Robert Redford, The old man and the gun è una di quelle storie semplici e dirette in pieno vecchio stile a stelle e strisce, che unisce la classicità ad una passione ed una voglia di libertà e ribellione quasi come se si fosse tornati alla rivoluzione cinematografica made in USA degli anni settanta.
Diretto e corposo come un bourbon d'annata, è un gioiellino di quelli che, una volta incontrati, non si dimenticano.


N°8: THE RIDER - IL SOGNO DI UN COWBOY di CHLOE' ZHAO

The Rider - Il sogno di un cowboy Poster

Con ogni probabilità, The Rider è uno dei film più clamorosamente fordiani mai girati, intriso della malinconia delle grandi occasioni perdute ed incorniciato dagli spazi sconfinati del cuore degli States. Ispirato alla storia vera di Brady Jandreau, anche protagonista, racconta la vita di una star del rodeo dopo un incidente che gli è quasi costato la vita.
Accanto a lui la desolazione di luoghi persi "tra il nulla e l'addio" e vite che, semplicemente, di fronte alle uniche strade - perdersi o rischiare tutto -, finiscono per essere schiacciate. Struggente.


N°7: VICE - L'UOMO NELL'OMBRA di ADAM MCKAY

Vice - L'uomo nell'ombra Poster

Alla spalle l'ottimo La grande scommessa, Adam McKay torna sul grande schermo per raccontare l'eminenza grigia che sostenne l'operato certo non memorabile - almeno in positivo - di George W. Bush, il Presidente degli anni che resteranno indissolubilmente legati al ricordo dell'Undici Settembre. Interpretazione pazzesca di Christian Bale, sceneggiatura ad orologeria, capacità di raccontare anche un personaggio di dubbia caratura morale mostrandone, comunque, l'umanità: e tra le infinite sfumature di grigio che la stessa porta in dote, si finisce addirittura per uscire affascinati da qualcuna di esse.


N°6: GREEN BOOK di PETER FARRELLY

Green Book Poster

Vincitore del Premio Oscar come miglior film e giunto su questi schermi con tutte le cautele che di solito uso quando affronto materiale, per l'appunto, "da Oscar", Green Book mi ha conquistato come uno di quei titoli che diventano Classici con il tempo, e che quando si incrociano per caso in televisione non si può fare a meno di guardarli e gustarseli come fosse la prima volta.
Un'altra storia vera legata ad un'insolita amicizia diventa un confronto profondo tra due uomini diversi eppure in grado di trovare una parte di se stessi nell'altro, interpretati straordinariamente da Viggo Mortensen e Mahershala Ali.


N°5: TOY STORY 4 di JOSH COOLEY

Toy Story 4 Poster

Cogliendomi di sorpresa - per una volta, rispetto ad un lavoro targato Pixar, ero molto scettico della necessità di un quarto episodio delle avventure di Woody e Buzz -, Toy Story 4 ha rappresentato una delle sorprese più belle ed emozionanti della stagione cinematografica, una storia legata ai concetti di amicizia, maturazione, crescita personale, passaggi di testimone che ha provocato un pianto ininterrotto di Julez praticamente dall'inizio alla fine, introdotto nuovi charachters a dir poco perfetti - Forky e i due pupazzi della giostra sono indimenticabili, così come l'antagonista Gabby Gabby, che per sfaccettature e profondità supera perfino l'orso Lotso del numero tre - e reso ancora grande una serie che pareva aver detto tutto, e invece ora mostra di avere ancora di più da dire e dare.


N°4: C'ERA UNA VOLTA A HOLLYWOOD di QUENTIN TARANTINO

C'era una volta a... Hollywood Poster

Il duemiladiciannove ha segnato anche il ritorno del ragazzaccio di Knoxville, Quentin Tarantino, che prosegue nel suo personale progetto di riscrivere la Storia attraverso il Cinema portando il pubblico nella Hollywood di fine anni sessanta, sfruttando due personaggi di finzione inseriti in un contesto reale che prevede omaggi e riferimenti come da grande tradizione del padre di Kill Bill.
Forse è meno immediato o potente di altri lavori del regista, ma acquista spessore con il tempo, regala un Brad Pitt in grandissimo spolvero ed una manciata di sequenze da antologia, su tutte il fantastico finale, pronto ad entrare nell'Olimpo della produzione tarantiniana di sempre.
Il vecchio Quentin, insomma, è sempre lui. E a noi va benissimo così.


N°3: DOLOR Y GLORIA di PEDRO ALMODOVAR

Dolor y gloria Poster

Alle spalle anni di produzioni altalenanti, Almodovar torna alla ribalta con un lavoro come sempre legato a doppio filo alla sua storia personale che pare aver recuperato la verve e la potenza dei suoi tempi migliori, regalando lampi di grandissimo Cinema ed emozioni pulsanti.
Il Pedrone, intellettualmente ed emotivamente parlando, si mette a nudo regalando probabilmente la parte della vita ad un attore che lui stesso aveva lanciato quando era solo un giovane spagnolo di belle speranze, Antonio Banderas, che ripaga il suo regista con un'interpretazione pazzesca e sentita giustamente premiata a Cannes.
Se cercate un film, o un modo di fare film, che trasmetta passione ed emozione, Dolor y gloria potrebbe essere il titolo perfetto.


N°2: IL TRADITORE di MARCO BELLOCCHIO

Il traditore Poster

A sfiorare il gradino più alto del podio giunge in un film italiano, testimonianza del fatto che, dopo Chiamami col tuo nome dello scorso anno, forse la nostrana settima arte mostra segnali di ripresa dopo anni passati a vivacchiare - male - ed accontentarsi: Marco Bellocchio, del resto, è un Maestro, nonchè autore, almeno per quanto mi riguarda, di uno dei tre titoli più importanti del panorama del Bel Paese degli ultimi vent'anni - Vincere, nello specifico -, uno di quelli che vanno quasi sempre a botta sicura.
E Il traditore, che ripercorre la storia del pentito più noto alle cronache, Tommaso Buscetta, è l'ennesima conferma del valore del suo autore: prima che alle vicende e alla Storia, la pellicola si concentra sull'Uomo, e, come in Vice, sul fatto che anche il peggiore che possa incrociare il nostro cammino potrebbe nascondere qualche lato in grado perfino di affascinare.


N°1: PARASITE di BONG JOON HO

Parasite Poster

Ed ecco il trionfatore dei Ford Awards 2019.
Da quando fece la sua comparsa su questi schermi, spinto dalla Palma d'oro vinta a Cannes e da recensioni entusiastiche qui nella blogosfera, ho avuto da subito l'impressione che la vittoria di quest'anno sarebbe andata ad una vicenda che riporta al posto che merita Bong Joon Ho, che in Corea ha sempre realizzato pellicole splendide e che nella sua trasferta americana è incappato negli unici due passi falsi della sua carriera, Snowpiercer e Okja.
Il tema della Famiglia di nuovo centrale e trattato con profondità commovente, un uso della musica perfetto, una sceneggiatura che è un gioiello, un finale da brividi a completamento di un film che ha numerosi passaggi da brividi.
Ci fossero venti film come questo all'anno, decidere come assegnare un premio sarebbe un dilemma devastante. Una bomba totale.


I PREMI

Miglior regia: Bong Joon Ho, Parasite

Miglior attore: Antonio Banderas, Dolor y gloria

Miglior attrice: Olivia Colman, La favorita

Scena cult: la festa di compleanno, Parasite
 
Miglior colonna sonora: C'era una volta a Hollywood

Premio "leggenda fordiana": Forrest Tucker, The old man and the gun

Oggetto di culto: il forchetto, Toy Story 4

Premio metamorfosi: Christian Bale, Vice - L'uomo nell'ombra
 
Premio "start the party": le istruzioni date al padre per ottenere il lavoro, Parasite

Premio "be there": la Hollywood dei favolosi anni settanta, C'era una volta a Hollywood

lunedì 18 novembre 2019

White Russian's Bulletin



Nuova settimana per il Bullettin e, pur a fronte di un numero non altissimo di visioni, settimana di ottimi passaggi, che si tratti di piccolo o grande schermo, di novità o di recuperi legati ai sabati sera "Cinema" con i Fordini. Fosse sempre così, ci sarebbe da mettere la firma.
Perchè quando una serie, o un film, ti incolla allo schermo o finisce per essere presente per ore - o giorni - una volta terminata la visione nella testa e nel cuore, significa che il senso di essere qui ad amare la settima arte - all'interno della quale vanno ormai inserite anche le serie - trova il suo compimento.


MrFord



BILLIONS - STAGIONE 4 (Showtime, USA, 2019)

Billions Poster


Nel panorama delle serie televisive, anche tra i titoli che più ho amato negli anni, sono pochi quelli che sono riusciti a mantenere il loro standard qualitativo praticamente immutato stagione dopo stagione, risultando intriganti anche quando l'effetto novità si era affievolito. 
Fatta eccezione per il miracoloso Breaking Bad - a oggi, l'unico ad aver addirittura incrementato lo standard già elevato dalla prima alla quinta stagione -, si contano sulle dita di una mano le produzioni in grado di tenere botta: una di queste, ed una delle più solide degli ultimi anni, è senza dubbio Billions, shakespeariana storia della rivalità tra il procuratore Chuck Rhoades ed il miliardario e genio della finanza Bobby Axelrod portata sulle spalle, tra le altre cose, dalle ottime interpretazioni dei suoi protagonisti.
Giunta al quarto giro di boa, Billions mostra l'ennesima evoluzione del rapporto di questi due antagonisti, dapprima uniti per sconfiggere i rispettivi nuovi nemici e dunque, inesorabilmente, di nuovo dai due lati opposti di una barricata che, ormai, pare esistere più che altro nelle loro anime.
Un prodotto intenso, adulto, realizzato alla grande - dalla scrittura alla fotografia passando per una colonna sonora sempre pazzesca -, che tiene incollati dal primo all'ultimo episodio.
Ed alimenta l'hype per la stagione cinque neanche si fosse agenti di cambio in attesa dell'apertura dei mercati.




PARASITE (Bong Joon Ho, Corea del Sud, 2019, 132')

Parasite Poster

Sarebbe quasi superfluo andare ad analizzare l'etimologia del termine parassita. E, forse, anche riduttivo. Forse anche perchè, a conti fatti, noi esseri umani potremmo essere considerati i più grandi parassiti del pianeta in cui viviamo, essendo quelli che, almeno sulla carta, hanno più coscienza delle proprie capacità, dei difetti e delle zone d'ombra dove si nasconde tutto quello che non possiamo o non vogliamo che venga alla luce.
Bong Joon Ho, tornato in patria dopo le due produzioni internazionali che, almeno per quanto mi riguarda, avevano ridimensionato l'entusiasmo nei confronti del suo Cinema, dimostra che forse le stesse non fanno troppo bene ai cineasti di valore, e consegna al pubblico una delle chicche più toste dell'anno, un film che è giusto vivere più che raccontare, che sorprende, sconvolge, coinvolge, unisce l'eleganza dell'autorialità, una scrittura chirurgica, una recitazione di spessore, sequenze da antologia ed un finale che racconta tutta la poesia dell'imperfezione umana.
E in mezzo, come in un piatto dagli equilibri perfetti, troviamo la commedia nera, le risate, la critica sociale - Jordan Peele ed il suo Noi dovrebbero prendere più di qualche lezione da questo lavoro -, la violenza, il thriller, l'erotismo, l'orrore: in campo ci sono gli estremi, ma è nelle loro sfumature che si trova tutta la potenza di questo film clamoroso vincitore dell'ultimo Festival di Cannes.
Del resto, il bello dell'essere umani - e parassiti - sta proprio nell'intensità di quelle sfumature, che come all'interno di una famiglia, permettono di vivere intensamente sia con uno che con dieci: Mannarino in Maddalena canta "Lascia stare Giuda e guarda altrove, ecco, guarda la mia scollatura; e io mi guarderò dalla tua invidia, perchè Dio non gode come una creatura".
Parasite parla di creature. E di sfumature. E lo fa con cervello e cuore tutti umani.




LA STORIA FANTASTICA (Rob Reiner, USA, 1987, 98')

La storia fantastica Poster


Proseguono i sabati sera Cinema con i Fordini, e con loro il recupero dei titoli che hanno costruito una parte della mia infanzia e gran parte del mio amore per la settima arte: a questo giro è toccato a La storia fantastica, che l'anno scorso avevo rispolverato nel corso di un pomeriggio da solo con la Fordina - che ricordava ancora Andre The Giant e i roditori taglie forti della Palude del fuoco - e che anche il Fordino aveva richiesto dopo il successo della visione de La storia infinita.
E se non è stata ancora colta la portata di alcune frasi supercult come "ai tuoi ordini" di Westley o il famoso monologo di Inigo Montoya, lo spirito del lavoro di Rob Reiner è stato colto in pieno, e vedere i due piccoli scalmanati del Saloon oggi giocare tra loro dicendo "io sono il gigante e tu la principessa" mi ha riempito il cuore di gioia perchè è l'ennesima conferma che la magia di alcuni film non è legata a effetti speciali, epoche o generazioni, ma tocca lo spirito di ognuno di noi, come il bimbo che, pagina dopo pagina, viene catturato dalla magia del libro che il nonno è andato apposta a leggere per lui, così come faceva con suo padre anni e anni prima.
La magia delle Storie, quelle che sono destinate a restare e continuare a far sognare a qualsiasi età, e a prescindere dal Tempo. 
Un pò come a me, che ancora ho i brividi a sentire "Ola, mi nombre es Inigo Montoya, tu hai ucciso mi padre, preparate a morir", oppure vedere Westley alzarsi da un letto per difendere il suo vero amore anche quando si pensava che fosse "quasi" morto.




IL COLTELLO (Jo Nesbo, Einaudi, 2019)


Il coltello (Serie Harry Hole Vol. 12) di [Nesbø, Jo]


Sono passati diversi anni da quando per la prima volta ho incrociato il cammino di Harry Hole, il personaggio principe nato dalla penna di Jo Nesbo, l'illusionista del thriller, il Christopher Nolan della narrativa odierna: ormai conosco bene il detective alcolista cresciuto insieme al suo autore, appassionato di musica e sedotto dal Jim Beam, così come la straordinaria capacità del suo padre letterario di riuscire a scrivere romanzi quasi "al contrario", con architetture talmente incredibili da far supporre si possa davvero cominciare, in una storia, dalla fine e proseguire a ritroso.
Il coltello è la dodicesima avventura di Hole, ormai praticamente cinquantenne, pronta a raccontare l'ennesimo dramma, l'ennesima lotta nella vita di questo charachter oscuro e tormentato eppure ribollente di vita e passione: e nonostante alcune critiche negative lette in rete, nonostante potessi pensare di conoscere il suo approccio, nonostante le undici cavalcate precedenti, sono riuscito ancora una volta a rimanere sorpreso, stupito, rapito dal trucco portato in scena dal poliedrico Nesbo e dal suo protetto.
Perchè le ferite, le cadute, le colpe, "i fallimenti che per tua natura normalmente attirerai" come canterebbe Battiato, non possono nulla contro le radici che crescono, quelle che definiscono il viaggio, ci portano dal passato al futuro. 
Il coltello può ferire, il coltello può uccidere. Ma sono solo le radici quelle che permettono di lottare, resistere, provare ad immaginare un futuro. E viverlo.


domenica 24 dicembre 2017

Ford Awards 2017: quello che non vedrete nelle sale italiane



Un altro appuntamento che attendo sempre con molta impazienza è quello con la classifica dedicata ai dieci migliori titoli che, nel corso dell'anno, sono passati sugli schermi del Saloon ma non nelle sale italiane: nelle scorse edizioni dei Ford Awards è capitato anche che i vincitori di questa categoria fossero, a conti fatti, i migliori a tutti gli effetti - vedasi Mud o Swiss Army Man - per il sottoscritto, dunque l'hype per questa decina finisce per essere sempre piuttosto alto.
Peccato che il trend negativo del grande schermo si sia specchiato anche qui, tanto da costringermi ad inserire al decimo posto un titolo che ai tempi avevo bottigliato soltanto per non lasciare "monca" la chart, scegliendo per il suo autore e principalmente perchè si è trattato di un film in grado quantomeno di far discutere.
Ecco dunque i titoli protagonisti di questa seconda decina dei Ford Awards.


N°10: OKJA di JOON-HO BONG

 


Ad aprire la decina un titolo che, se fosse stato un anno più ricco, senza dubbio non avrei selezionato: certo, il tema è interessante e fa discutere, Bong è un regista notevole - anche se i suoi ultimi due lavori non mi hanno affatto convinto -, Netflix si conferma una realtà dalle potenzialità enormi, eppure Okja, continuo a pensarlo, avrebbe potuto essere molto più grande.


N°9: SECURITY di ALAIN DESROCHERS

 


Consigliato dal mio fratellino Dembo, Security è un thriller d'azione di quelli vecchia maniera, con un Banderas scatenato ed un incedere che riporta alla mente cose notevoli come Nido di vespe o le pietre miliari di Carpenter. Certo, la caratura è diversa, ma per una serata da rutto libero è una delle cose più divertenti che ho visto quest'anno.

N°8: THE BELKO EXPERIMENT di GREG MCLEAN



Il film che mi ha fatto mancare ancora meno il fatto di avere un lavoro.
Dal regista dei due Wolf Creek, una sorta di favola nera sociale che sconfina nello splatter dai risvolti molto più profondi di quanto non possa sembrare, orchestrata come un terribile gioco ad eliminazione che in qualche mente deviata di capitani d'industria potrebbe addirittura prendere forma.


N°7: 1922 di ZAK HILDITCH

 


A prescindere dalle singole valutazioni, è stato davvero un buon anno questo, per il Re del brivido Stephen King: accanto al più freddo Il gioco di Gerald, sempre Netflix ha presentato questo 1922, una favola nerissima legata al concetto di senso di colpa dalle atmosfere da America rurale che qui al Saloon hanno una corsia preferenziale. Thomas Jane bravissimo.


N°6: THE BABYSITTER di MCG


Uno degli instant cult più goduriosi dell'anno, in grado di mescolare il ritmo di Edgar Wright e lo scanzonato approccio anni ottanta: citazioni a raffica, grande divertimento, sangue a fiumi, spirito da Goonie ed un bacio saffico che resterà nella Storia. Mitico.
Dritto dal Sundance giunge uno dei titoli più sorprendenti dell'estate fordiana, in grado di mescolare l'approccio indie, il pulp anni novanta, i Coen e la lotta degli outsiders per rimanere a galla. 
Malinconia ed esplosioni di violenza per una delle piccole chicche più interessanti dell'anno.

 
N°4: COLUMBUS di KOGONADA


Giunto su questi schermi sospinto dai pareri entusiasti dei radical - su tutti quello del mio rivale Cannibal Kid - accompagnato da presagi di tempesta di bottigliate, il lavoro di Kogonada, con i suoi tempi lunghi ed una disarmante sincerità e voglia di raccontare una storia di crescita e superamento del dolore mi ha preso il cuore sottovoce. Da vedere.

 
N°3: RAW - UNA CRUDA VERITA' di JULIA DUCOURNAU
Altro titolo che, stando alle premesse, avrebbe dovuto assumere le sembianze dell'apoteosi radical, e che invece si è rivelato carne e sangue, pancia e cuore.
Il viaggio della giovane protagonista all'interno di se stessa e degli istinti predatori è uno degli esperimenti più riusciti della stagione. Avercene.

 
N°2: WIND RIVER di TAYLOR SHERIDAN




L'Hell or high water di quest'anno. In un'atmosfera invernale stupenda ed una cornice che sarebbe piaciuta tanto a Clint, un noir malinconico e terribile che racconta di padri e figli, di crolli e di lenta ricostruzione. Commozione, intensità, voglia di calore e tanta rabbia. Una bomba.


N°1: A GHOST STORY di DAVID LOWERY
Il vincitore del Ford Award dei non distribuiti di quest'anno è una piccola gemma che mi ha fatto ricordare i tempi in cui Malick realizzava grandi film, e passare per la testa i viaggi mistici di Gaspar Noè.
L'amore e la morte visti attraverso chi se n'è andato, una sorta di versione ultra autoriale di Ghost che ci fa rimbalzare tra passato, presente e futuro alla ricerca di quel pezzo di noi stessi che ci definisce, e che a volte sta nel cuore di un altro.


MrFord
 
I PREMI

 
Miglior regia: David Lowery per A ghost story
Miglior attore: Thomas Jane per 1922
Miglior attrice: Haley Lu Richardson per Columbus
Scena cult: il bacio tra Samara Weaving e Bella Thorne, The Babysitter
Fotografia: Wind River
Miglior protagonista: Bee, The Babysitter
Premio "lo famo strano": Raw - Una cruda verità
Premio "ammazza la vecchia (e non solo)": la Belko per The Belko Experiment
Migliori effetti: Raw - Una cruda verità
Premio "profezia del futuro": A ghost story

lunedì 7 agosto 2017

Okja (Joon-Ho Bong, Corea del Sud/USA, 2017, 120')




E' sempre molto difficile, scrivere di film come Okja.
Occorrerebbe riuscire a scindere la ragione, il sentimento, l'etica e la coscienza dalla nostra natura animale, per poterlo fare come si conviene.
Senza dubbio, si tratta di un lavoro di ottima fattura, costruito molto bene da Bong, che si conferma uno dei registi più "contro il sistema" che la grande distribuzione possa vantare di avere dalla sua parte.
Senza dubbio avvince, fa discutere ed è efficace, e a più livelli.
Senza dubbio parliamo dell'ennesima proposta intelligente ed azzeccata di Netflix, che ancora una volta si conferma come una delle realtà più importanti al mondo quando si parla di piccolo e ormai anche grande schermo.
Eppure, ci sono un sacco di eppure.
Nel corso delle ultime settimane, ho letto numerosi pareri - più o meno entusiastici, ma sempre di livello medio/alto - incentrati principalmente sul dilemma morale legato al consumo della carne e sfruttamento degli animali, e riscontrato che la prima domanda che veniva posta una volta terminata la visione di questo film era legata proprio al futuro dello spettatore come consumatore.
Personalmente, credo sia una vera stronzata.
Bong, che probabilmente è molto furbo, infatti, denuncia raccontando la lotta per la salvezza di un'amica - o una sorella, in qualche modo - da parte di una ragazzina cresciuta con lei, sfruttando l'onda emotiva del singolo caso per avere l'esempio giusto rispetto alla "massa", in barba al fatto che al termine del film nessuno si preoccupi di quale fine facciano tutti i super maiali lasciati alle spalle dei protagonisti o che - ma questa è un'osservazione provocatoria tutta mia - nessuno si sia mai preso la briga, animazione a parte, di costruire una pellicola di "sensibilizzazione" di questo genere su un pesce, un uccello o un insetto, tanto per citare forme di vita profondamente diverse dai mammiferi che fatichiamo decisamente di più a comprendere.
Quella stessa furbizia, che porta alla sequenza più efficace della pellicola - quella legata all'acquisto di Okja -, perfetta nel mostrare la spietata logica del mercato - quella sì, da denunciare e studiare da vicino - e l'interesse che ognuno di noi, lo si ammetta o no, ha di salvare chi ama, riesce a forzare la mano quasi sottovoce, e conquistare credo la maggior parte dell'audience in barba al fatto che la parte "positiva" della vicenda - rappresentata da Paul Dano ed i suoi - finisca per uscire nettamente sconfitta neanche fosse un Jake Gyllenhaal troppo sopra le righe bastonato da chi le righe le ha tracciate.
Perchè, parlando onestamente, è chiaro che ognuno di noi continuerà a cercare di salvare il proprio animale domestico e non la massa di destinati al macello che non abbiamo mai visto, che penserà prima alla sopravvivenza sua e di chi ama e solo dopo, forse, a quella del resto del mondo, e scandalizzarsi e correre a mangiare quinoa per il resto della vita dopo aver visto film come questo è ipocrita almeno quanto criticare a priori il più classico dei Disney dal finale buonista.
Certo, anch'io vorrei una Okja, e non farei mai del male ai miei gatti, e trovo che il sistema andrebbe cambiato, ma in fondo, parlando di sopravvivenza, so bene che, allo stesso modo, dovessi mettere sotto i denti qualcosa sarei il primo, da uomo delle caverne, a cacciare il mio pezzo di carne.
E di nuovo si torna alla ragione, il sentimento, l'etica e la coscienza a confronto con la nostra natura animale.
Razionalmente, trovo che questo film pecchi sotto molti punti di vista - come Julez faceva notare, per quale motivo non sadico mostrare Okja costretta ad accoppiarsi con un altro supermaiale "dopato", per poi, una ventina di minuti dopo, destinarla al macello? -, e finisca per risultare troppo qualunquista.
Emotivamente è senza dubbio un esperimento riuscito, a metà tra Miyazaki e La storia infinita, e scommetto che in molti si saranno commossi di fronte a quell'ultimo dialogo all'orecchio.
L'etica è complessa, ma quantomeno Bong, per quanto sicuramente di parte, non rinuncia a mostrare - o a cercare di farlo "super partes" - tutti i lati di questa caotica medaglia.
E la coscienza? Beh, se grazie al legame tra le due protagoniste si riesce a dimenticare l'ululato disperato dei super maiali destinati al macello, allora tranquilli.
Potrete continuare a mangiare carne come un predatore del mio stampo e, al prossimo dilemma, ricordare che il Grillo Parlante l'avete già fatto alla griglia da parecchio.
In fondo, sono tutte proteine.




MrFord



 

mercoledì 2 aprile 2014

Snowpiercer

Regia: Joon Ho Bong
Origine: Corea del Sud, USA, Francia, Rep. Ceca
Anno: 2013
Durata: 126'




La trama (con parole mie): in un prossimo futuro i governi del mondo, messi in ginocchio dal riscaldamento globale, appoggiano un piano di raffreddamento della Terra che provoca una catastrofe climatica degenerando in una sorta di nuova era glaciale, uccidendo la maggior parte degli abitanti del pianeta. I sopravvissuti, riparatisi all'interno di un treno speciale in viaggio continuo attraverso il mondo intero, sono divisi in classi sociali ben definite legate alla posizione dei vagoni: dalla locomotiva abitata dal dominatore assoluto Wilford alla coda con i reietti della società, costretti a vivere al servizio dei potenti e cibarsi di sole gelatine proteiche ricavate dagli insetti.
Curtis, a capo di un gruppo di ribelli dell'ultima vettura, a seguito dell'ennesimo sopruso decide così di dare il via ad una rivolta che dovrebbe riportare l'equilibrio all'interno del convoglio.







E così, anche Joon Ho Bong, probabilmente il più grande regista sudcoreano vivente, in grado di superare ben più noti colleghi come Park Chan Wook e Kim Ki Duk ed autore di perle assolute come The host, Memories of murder e Mother, è caduto.
Qui al Saloon, fin dalla sua apertura, non si sono risparmiate bottigliate neppure per gli idoli, quando è stato il tempo di sfoderare i colpi più duri che il bancone richiedeva, ma mai e poi mai mi sarei aspettato che a tradire gli ideali fordiani sarebbe stato uno dei cineasti più interessanti e di talento che mi sia capitato di seguire nel corso delle ultime stagioni, il cui ultimo lavoro, questo Snowpiercer, era tra i più attesi dal sottoscritto per la prima parte dell'anno: dunque, dopo i già citati Kim Ki Duk - preso dai suoi deliri di onnipotenza - e Park - snaturato definitivamente e perduta tutta la forza degli inizi con l'ultimo, radical e freddo Stoker - anche Bong segna il passo, schiacciato da una produzione colossale che porta l'uomo dietro la macchina da presa dalle parti del già visto e sentito, sfornando un blockbusterone che sarà pure d'autore a livello tecnico ma che, oltre a non inventare nulla, risulta noioso, decisamente troppo lungo ed appesantito da parentesi al limite del grottesco - la sequenza nella scuola del treno - ed un finale che potrei addirittura definire ridicolo.
Pescando, dunque, da un immaginario distopico già noto sia in Letteratura che al Cinema, da 1984 a V per vendetta, si finisce purtroppo per sfociare in una sorta di versione molto action e videoludica - la struttura a vagoni ricorda quella a quadri dei games anni ottanta - del bolsissimo Cosmopolis targato Cronenberg, mostrando quella che dovrebbe essere una critica sociale feroce come fosse la più banale delle epopee tipiche degli eroi Expendables del sottoscritto ai loro tempi d'oro.
Gli spunti non mancano, eppure tutta la meraviglia e l'aspettativa costruita da una campagna pubblicitaria che addirittura accostava questo Snowpiercer a cose come Blade runner - e bisogna proprio averne, di fantasia, oltre che di coraggio! - finisce per spegnersi in un susseguirsi di scontri che paiono decisamente slegati l'uno dall'altro e sfruttati soltanto per portare in scena l'ottima fotografia e l'occhio esperto dell'autore culminati con uno spiegone da trituramento di cosiddetti del "bad guy" Ed Harris che dovrebbe essere il fulcro della riflessione sulla decadenza dei governi e dei cosiddetti rivoluzionari e ben rappresentato dalla statica inespressività di Chris Evans, che mostra le stesse doti attoriali di una parete di cemento armato.
Non combina tanto di più il resto del cast, da una troppo gigioneggiante Octavia Spencer all'anonimo Jamie Bell, senza dimenticare John Hurt ridotto ad una macchietta insieme alla componente coreana del gruppo di ribelli protagonisti e all'insopportabile Tilda Swinton, che vorrebbe passare per cattiva cult ma finisce per suonare più come una caricatura involontaria: un esperimento fallito su tutti i fronti, che senza dubbio, per il momento, guadagna la posizione di titolo più deludente di questa prima parte di duemilaquattordici, tanto da farmi rimpiangere quello che è il film "a livelli" più importante del passato recente - quel gioiellino di The Raid: redemption, pronto al solo pensiero ad alimentare l'attesa per l'imminente sequel - e classici sulle rotaie come A trenta secondi dalla fine, decisamente più interessanti sia per costruzione che per tensione mantenuta ad un livello decisamente più alto di quello proposto da Bong in questo caso.
Una ferita destinata a lasciare il segno nella mia memoria di spettatore per molto tempo, ennesima conferma del male che la majors e le grandi produzioni riescono a fare all'opera di registi abituati ad avere completa libertà espressiva, letteralmente masticati e risputati dalla grande macchina del blockbuster multimilionario: mi dispiace davvero per Bong, che spero torni presto nella più accogliente Corea per realizzare qualcosa dallo spirito più vicino ai suoi precedenti lavori, evitando così di deragliare in un mondo dal bagliore accecante ma dominato dalla prospettiva non proprio da sogno di finire sbranato dai predatori di turno.
E non me ne vogliano gli orsi polari.



MrFord



"Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore 
mentre fa correr via la macchina a vapore 
e che ci giunga un giorno ancora la notizia 
di una locomotiva, come una cosa viva, 
lanciata a bomba contro l' ingiustizia, 
lanciata a bomba contro l' ingiustizia, 
lanciata a bomba contro l' ingiustizia!"

Francesco Guccini - "La locomotiva" -





giovedì 27 febbraio 2014

Thursday's child

La trama (con parole mie): nuovo weekend di uscite e nuova infornata di pellicole pressochè inutili, talmente inutili da risultare quasi più inutili del mio rivale e compagno di rubrica Cannibal Kid. Fortunatamente, però, in questa desolazione che prelude alla Notte degli Oscar ci prepariamo ad accogliere l'ultimo - e, a quanto pare, acclamatissimo - lavoro di uno dei nomi di riferimento del Cinema orientale, l'amatissimo qui al Saloon Joon-Ho Bong.
Sarà l'ennesima conferma di quello che è il nome di riferimento fordiano o il suo primo scivolone? Staremo a vedere: intanto, la curiosità non manca.


Bella Kid in compagnia della Bestia Ford.
La bella e la bestia di Christophe Gans


Il consiglio di Cannibal: Ford è una bestia
Non sono mai stato un grosso fan della storia della bella e la bestia. All’arrivo di questa nuova versione con attori in carne e ossa ho quindi reagito con un “E allora?” di indifferenza. Quando ho scoperto che nel cast ci sono la bella Lea Seydoux e un attore bestiale (intendo in senso positivo) come Vincent Cassel ammetto però che un minimo di curiosità m’è venuta. E poi una favoletta ogni tanto ci può stare.
Quanto a Ford, mi spiace per lui. Ci teneva tanto ad avere la parte della Bestia e invece è andata a Cassel. Casso, Ford, ti rifarai alla prossima versione che potrebbe arrivare prossimamente, quella di Guillermo del Toro con Emma Watson…
Hey, c’è Emma Watson? Allora il ruolo della Bestia lo voglio io!
Il consiglio di Ford: Cannibal è una Bella statuina.
Ho sempre avuto un debole per la favola de La bella e la bestia, un po’ romantica e un po’ passionale, proprio come piacciono le cose al sottoscritto. Ma di questa versione che pare un incrocio tra Holyday on ice e le favolette da film tv non sono attratto neanche per sbaglio. Lieto di venire contraddetto, ma senza dubbio non parliamo di qualcosa che avrà la mia priorità nelle mie visioni.
E Cannibal? Beh, lo lascio volentieri a svernare nel suo giardino di rose.

"Hey, guarda il Cannibale: è proprio carino con quel vestito da bambolina!"

Snowpiercer di Bong Joon-ho


Il consiglio di Cannibal: io e Ford ormai siamo troppo vecchi per farci un piercing, meglio farci uno Snowpiercer
Si fa un gran parlare di questo film. In rete c’è già chi l’ha definito un capolavoro assoluto. Gente che credo manca l’abbia ancora visto, tra l’altro. Potrebbe essere un nuovo cult fantascientifico coi fiocchi, o l’ennesima roba sci-fi che esalta il resto del mondo e che io invece detesto?
Sono curioso di scoprirlo e sono anche curioso di recuperare il film precedente del regista sudcoreano Bong Joon-ho, il catastrofico The Host, pure quello esaltato a dismisura. Con un po’ di scetticismo proverò a dare un’occhiata a entrambi, sperando che riescano a conquistarmi. Cosa che invece, quando entro con scetticismo nel blog WhiteRussian, finora non mi è mai capitata.
Il consiglio di Ford: più che la neve, farei cadere sulla testa di Peppa Kid un sacco di bottigliate.
Finalmente esce in sala il nuovo, attesissimo film di Bong Joon-ho, il regista numero uno coreano che negli ultimi anni è riuscito a scalzare dal trono anche calibri non certo da poco come Park Chan Wook e Kim Ki Duk.
Per il momento il buon Bong non ha sbagliato una pellicola, ed i fortunati che hanno potuto vedere Snowpiercer paiono testimoniare che neppure l'esordio con le majors ammmeregane è riuscito ad intaccare il talento del regista orientale: qui al Saloon siamo in trepidante attesa.
Cosa che non accade di certo quando l'ormai vecchio Cannibale pubblica un nuovo post.

"Tu, Cannibal: sei condannato a viaggiare nella stessa cuccetta di Ford!"
Una donna per amica di Giovanni Veronesi


Il consiglio di Cannibal: …e un Ford per nemico
Ah ecco, questo film è il motivo per cui hanno fatto fare a Laetitia Casta un markettone autopromozionale all’ultimo Festival di Sanremo. Per carità, bella è bella però non mi fa certo venire voglia di guardare un film in cui recita. Soprattutto se al suo fianco c’è Fabio De Luigi, uno che in tv era simpatico ma che col cinema ha meno a che vedere di Ford. In più, mi sa tanto di filmetto molto alla Fabio Fazio e, dopo una settimana del Sanremo più noioso della Storia, non ce la potrei fare a vedere qualcosa del genere. Se non per massacrarlo.
Il consiglio di Ford: ma non era una mamma che avevi per amica, Katniss Kid!?
Mi sono bastati trenta secondi - e forse meno - del patetico siparietto con Fazio a Sanremo per abolire dagli schermi di casa Ford la Casta e qualsiasi film in cui lavora.
Se poi il film in questione è il classico prodotto da italiano medio e multisala nel weekend, faccio ancora meno fatica.
Bocciato insieme alla Terra dei cachi tutta.

"Ma come, non vuoi il mio buon vino!?" "No, caro Fabio: Ford mi ha abituato bene a suon di White Russian!"
Spiders 3D di Tibor Takacs


Il consiglio di Cannibal: Basta 3D
Tra Festival di Sanremo e filmacci (The Counselor più qualche altra roba che recensirò a breve), negli ultimi tempi ne ho davvero abbastanza di schifezze. Per questo è meglio se mi tengo alla larga innanzitutto dal blog di James Ford e poi da schifezze come questa.
Spiders 3D?
Basta il titolo per farmi cagare addosso: io infatti ho paura sia dei ragni che del 3D.
Come horror potrebbe quindi funzionare alla grande, mancano solo Ford e i clown e poi sono presenti tutte le mie maggiori paure. Peccato si preannunci come un film sci-fi catastrofico girato e recitato non da ragni, ma da cani.
Il consiglio di Ford: Cannibal 3D. Praticamente fantascienza.
Questo Spiders 3D, che unisce il trash ad una delle cose che riescono ad essere detestate in stereo da me e dal mio antagonista, potrebbe essere la sorpresa della settimana: dopo la rivelazione della scorsa estate, Sharknado, infatti, il lavoro di Takacs ha tutte le carte in regola per diventare la genialata del genio al contrario di questo duemilaquattordici.
Inutile dire che non me lo farò mancare di certo.
Al contrario delle opinioni radical del pauroso Goi.

"Caro Marco, mi manda Ford: sono il tuo nuovo animale di compagnia. Mangio conigli."

Il violinista del diavolo di Bernard Rose


Il consiglio di Cannibal: Ford, il blogghista del diavolo
A differenza dei musical, quelli tradizionali almeno, che spesso sanno infastidirmi persino più di Ford, i film che parlano di musica mi interessano sempre. Questa ricostruzione romanzata della vita del violinista Niccolò Paganini sulla carta pare quindi parecchio interessante. Andando poi a vedere il trailer il livello cinematografico è però tutto da verificare. Così come il protagonista, David Garrett, violinista noto per le sue cover di pezzi pop e rock contemporanei, che nel cinema è un esordiente totale. Una possibilità comunque non la si nega a nessuno. A meno che si chiami James Ford.
Il consiglio di Ford: Paganini non ripete. Purtroppo, Cannibal Kid sì.
Non bastava La bella e la bestia ad alimentare i miei timori da produzioni pseudo televisive della settimana: ci si mette anche il fantasma di Paganini - che, poveraccio, chissà mai cosa avrà fatto di male - a rendere le uscite decisamente più inquietanti di quanto potessi aspettarmi.
Considerato come siamo messi, Bong e ragni a parte, mi troverò quasi a sperare di trovare rifugio in qualche film suggerito addirittura dal mio pusillanime nemico numero uno: e per una settimana così ricca - numericamente - di uscite è davvero una prospettiva spaventosa.


"Ecco, Peppa Kid, una serenata tutta per te!"
Tir di Alberto Fasulo


Il consiglio di Cannibal: Ford è finito sotto un tir? Che peccato! Che peccato non fossi io alla guida buahahah
Co-produzione italo-croata di stampo documentaristico che ci mostra la vita di un camionista, interpretato però da un attore. Una sorta di mockumentary, quindi, che potrebbe risultare buono per la tv, e poi è ancora tutto da vedere, ma che al cinema non credo farà accorrere le masse.
Quanto a me, a questo film potrei preferire un viaggio in camion in compagnia di Ford. E ho detto tutto…
Il consiglio di Ford: come regalo di compleanno, preparerò per Cannibal una gita in camion con me e Stallone. Tutto il giorno a fare braccio di ferro.
I mockumentary, tendenzialmente, mi stanno simpatici. Una sorta di guascona arroganza metacinematografica li trasforma, spesso e volentieri, in piccoli guilty pleasures del Saloon. A meno che non si tratti di schifezze invereconde come L'altra faccia del diavolo o questo Tir, almeno a quanto pare dal trailer.
Sinceramente, non l'augurerei neppure al mio nemico numero uno Coniglione Kid. Dunque non credo proprio sia il caso, per voi, di rischiare.


"Chi c'è che interrompe la mia pennica post-sambuca? Peppa Kid? Lo riempio volentieri di bottigliate!"
La legge è uguale per tutti… forse di Ciro Ceruti, Ciro Villano


Il consiglio di Cannibal: ma una legge che dovrebbe impedire di fare uscire certi film non c’è?
Commedia partenopea di stampo amatoriale che vuole ironizzare sul sistema giudiziario?
Gente, io sto già correndo al cinema a vederlo! E voi, che fate ancora qui?
Il consiglio di Ford: la legge dovrebbe impedire la distribuzione di questa roba.
Ma cos'è, uno scherzo!?
Neppure il Cucciolo eroico al massimo della sua follia potrebbe concepire uno scempio del genere e tentare di propinarmelo.
Piuttosto, mi rischiaffo The tree of life una decina di volte.


"Ma 'sti Ford e Cannibal chi sono!?"
La scuola più pazza del mondo di Hitoshi Takekiyo


Il consiglio di Cannibal: la scuola più pazza del mondo? È quella che ha frequentato Ford?
Un film anime nei cinema?
Prima di correre a vederlo, vi avviso che non è dello Studio Ghibli e sembra una bambinata, e pure di quelle clamorose. Pare contenere anche una componente più dark, vagamente alla Tim Burton, ma il rischio di imbattersi in una robina inguardabile è comunque troppo alto. Preferisco mandare in avanscoperta il coraggioso soldatino Ford.
Il consiglio di Ford: la scuola più pazza del mondo sarebbe stata quella con me e Peppa compagni di banco.
La situazione del Cinema d'animazione non è propriamente rosea. Tolti, infatti, un paio di nomi illustri, il duemilatredici non è stato l'anno migliore per i cartoni animati.
Questo duemilaquattordici, però, non pare iniziare nel migliore dei modi: La scuola più pazza del mondo, anime che vorrebbe portare sullo schermo le atmosfere tipiche del prodotto adolescenziale, non mi pare infatti il titolo destinato a scuotere il genere.
In attesa che ciò accada, cercherò di scuotere il Cannibale affinchè rinsavisca e torni a non essere d'accordo con me su nulla.

"Questo nuovo look ti dona proprio, Peppa Kid!"

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