Ho sempre avuto un rapporto conflittuale con il ricordo dell'adolescenza: se, infatti, posso ringraziare quegli anni per aver fatto esplodere nel sottoscritto le passioni per la scrittura, la Musica e il Cinema, non posso che ricordare i momenti in cui mi sono sentito lontano da chi avevo intorno, incapace di trovare una dimensione che fosse mia in un mondo che non riconoscevo.
Avessi avuto la testa e l'approccio di oggi, probabilmente tutto sarebbe stato più semplice, ma è altrettanto vero che l'approccio di oggi è figlio delle insicurezze che ho superato in quegli anni, legati indissolubilmente ad una situazione che tocca tutti gli adolescenti della quale si prende coscienza soltanto una volta divenuti adulti: quando si attraversa quel periodo, infatti, si tende a pensare di essere unici nel bene o nel male, problemi compresi, quasi nessun'altro potesse provare le nostre sensazioni, o comprenderle, o anche solo immaginarle, quando la verità è data dal fatto che, per quanto possa suonare una banalizzazione, tutti le proviamo almeno una volta, anche se, chissà, forse da prospettive e con tempi di reazione diversi.
Di recente ho toccato questo argomento parlando di Lady Bird, e a seguito di alcuni pareri di colleghi bloggers nonchè della presenza nel listone dei recuperi, lo affronto anche oggi con The edge of seventeen, che pare la versione più pane e salame del lavoro di Greta Gerwig, con protagonista Hailee Steinfeld spalleggiata per l'occasione da un grandissimo - come sempre - Woody Harrelson, che nel ruolo del professore della main charachter regala perle a profusione, oltre a rispondere con l'ironia e la presenza - quello che vorrei fare rispetto ai Fordini - all'umoralità ed alla mania di protagonismo tipiche dell'adolescenza della ragazza.
La vicenda di Nadine, legata al rapporto con il fratello "vincente" Darian - un personaggio forse poco approfondito ma molto interessante - e con la migliore amica Krista - Haley Lu Richardson, apprezzata di recente nell'ottimo Columbus - racconta tutte le inquietudini, le vergogne, le meschinità, la voglia di vivere e di comunicare, il bisogno di essere visti ed ascoltati di tutti gli adolescenti, e viene portata in scena con una naturalezza ed una semplicità che coinvolgono lo spettatore e permettono di volere bene al film ed ai suoi protagonisti, specie quando si hanno memorie ancora vive di quegli anni nonostante ci si trovi, ormai, dall'altra parte della barricata - la sequenza in cui il professore porta Nadine in crisi a casa sua e la ragazza scopre la vita in famiglia di quest'ultimo mi ha fatto venire la pelle d'oca per empatia con il personaggio di Harrelson -: non saremo di fronte ad un miracolo da Sundance - l'atmosfera è più quella della commedia teen, e per una volta non è affatto un male - o ad una pietra miliare del genere destinata a fare la Storia della settima arte, ma senza dubbio The edge of seventeen rappresenta una buona proposta per unire genitori e figli, per capire insieme i sentimenti e i punti di vista gli uni degli altri e tentare di guardare le cose da un'altra prospettiva, magari condivisa.
In fondo si è spesso portati a pensare che i casini interiori che viviamo in quella fase così delicata siano complessi, articolati, quasi materia da specialisti, quando, chissà, forse la soluzione migliore è quella di semplificare e vivere, un pò come consiglia il padre a Nadine prima di uno dei momenti più drammatici che un giovane a quell'età potrebbe vivere: una bella canzone, un paio di cheeseburger e tutto apparirà di colpo più semplice.
Non essere unici nelle incertezze e nei problemi, in fondo, dovrà pur avere qualche lato positivo.
E anche se in quel periodo non si è davvero inclini all'ascolto, pellicole come questa aiutano a stimolare una strada poco battuta che, sorprendentemente, potrebbe rivelarsi forse non vincente, ma quantomeno libera da pesi invisibili che a volte diventano impossibili da caricarsi addosso.
MrFord