Regia: James Ponsoldt
Origine: USA
Anno: 2015
Durata: 106'
Durata: 106'
La trama (con parole mie): quando, sul finire del duemilaotto, David Lipsky, scrittore e giornalista, riceve una telefonata attraverso la quale apprende della morte per suicidio di David Foster Wallace, torna con la mente ai cinque giorni di intervista che Rolling Stones gli concesse nell'inverno del novantasei, quando sia lui che lo stesso Wallace erano ancora giovani ed instabili ed Infinite Jest, romanzo che consacrò lo stralunato Foster, era stato appena lanciato, osannato dalla critica e portato alla ribalta anche dal pubblico.
Il rapporto costruito dai due David nel corso di quell'intervista, compiuta nel corso degli ultimi giorni del tour promozionale del romanzo, segnerà profondamente le anime di entrambi, e lascerà un ricordo indelebile di un viaggio prima vissuto che compiuto, pronto a diventare, proprio a seguito dell'ondata di ricordi, un libro firmato dallo stesso Lipsky in memoria dell'amico scomparso.
Se non di nome o di fama, o a seguito della notizia del suo suicidio - che ricordo più che altro per l'aura di autore leggendario che già lo circondava -, non conosco per nulla David Foster Wallace.
Non ho mai seguito la sua carriera, e non ho letto alcun suo lavoro.
La visione di The end of the tour, dunque, è arrivata a mente fresca, senza alcuna aspettativa o pregiudizio "del giorno prima".
E, prima ancora di parlare del film o della sua realizzazione, posso assegnare allo stesso un grande merito: prima ancora di solleticare la voglia di recuperare Infinite Jest - che, comunque, ho immediatamente pescato in formato ebook - The end of the tour mi ha messo addosso una gran voglia di scrivere.
Certo, non è affatto detto che questo si traduca in qualcosa di concreto - in fondo ho sempre nel cassetto il famoso romanzo che sono anni che intendo pubblicare online, e nel frattempo ho iniziato ed abbandonato almeno altri tre o quattro progetti -, ma il brivido che scuote chiunque sia abituato a buttare "su carta" i propri sentimenti e pensieri quando si pensa anche solo alla lontana di mettersi al lavoro già di suo assume un valore comunque importante.
Ad ogni modo, a prescindere da quelle che sono e saranno le mie scelte in ambito letterario, devo ammettere di essermi molto volentieri lasciato travolgere da questo road movie dal sapore molto indie che, più che raccontare la ribalta del David Foster Wallace scrittore di culto mondiale, porta sullo schermo la storia di un'amicizia atipica che rimbalza tra l'invidia di Lipsky delle doti e del talento di Wallace e quella di Wallace per la spigliatezza di Lipsky, decisamente più abile di lui nel destreggiarsi nel mondo e nei rapporti sociali.
In questo senso il lavoro di James Ponsoldt riesce a rendere molto bene l'idea del disagio che perfino un genio è in grado di provare nel momento in cui si sente fuori posto in qualsiasi contesto che non sia quello scelto e dominato dalle proprie stranezze e ritmi, quasi soffrisse di una versione solo emotiva di autismo che finisce per indurlo ad essere percepito come un matto da prendere come una mascotte, un furbo dalle mille pose o, più semplicemente, un mezzo sciroccato, finendo divorato da fama e talento prima che davvero lo si possa percepire per quello che è.
La cosa più interessante pronta ad uscire dal film, però, è data dal fatto che non sembra che la condizione di divinità della Letteratura contemporanea di Wallace sia necessaria per provare un certo tipo di disagio o sentimenti, e di quanto, a volte, la natura umana sia in grado di farci del male o di renderci piccoli e meschini o grandi e altruisti grazie a semplici sfumature pronte a perdersi di fronte ad una Natura - quella vera - che appare sempre troppo grande per noi e tutto quello che facciamo su questa Terra - splendido, in questo senso, il momento di silenzio di fronte al paesaggio innevato prima della partenza di Lipsky -.
Ma a prescindere dall'atmosfera indie stile Sundance nella versione che piace al sottoscritto, dalle buone prove di Segel ed Eisenberg - il primo supera il secondo, sempre un pò troppo uguale a se stesso -, dall'idea che il confronto ed il viaggio hanno il potere di costruire sempre qualcosa, nonostante eventuali apparenze distruttive, sarò per sempre grato alla pellicola di Ponsoldt per una sequenza in particolare, nel corso della quale Wallace spiega a Lipsky, la sera prima della sua partenza, quello che è da sempre il disagio della sua esistenza, quasi fosse un'anticipazione di quello che si tradurrà nel suo suicidio dodici anni più tardi: "un dolore spirituale più forte di qualsiasi dolore fisico tu possa provare", la sensazione di trovarsi in palazzo in fiamme e pensare che la soluzione migliore e preferibile a quella che ci circonda sia il salto nel vuoto - un'immagine, tra l'altro, che rievoca quelle dell'undici settembre -, il dubbio di avere avuto un'intuizione più profonda e geniale rispetto al resto del mondo ma, allo stesso tempo, la consapevolezza di avere qualcosa in meno del mondo stesso che impedisce di vivere non tanto secondo le sue regole, ma di goderne come gli altri.
Per una persona ingorda ed affamata di vita come il sottoscritto, frasi di questo genere appaiono lontane anni luce, e forse difficilmente comprensibili, eppure sono riuscite, per un momento, a farmi pensare da un'altra prospettiva alla scelta compiuta poco più di un anno fa dal mio amico Emiliano: forse anche lui, pur non avendo mai scritto un best seller osannato dalla critica, si sentiva prigioniero dello stesso palazzo in fiamme di David Foster Wallace, o di uno tremendamente simile.
E come Lipsky con il grande autore, io sono contento di aver viaggiato e vissuto con il mio amico.
Anche perchè non ci sarà mai nessun romanzo, film o opera in genere in grado di sostituirsi davvero alla vita.
MrFord
"Cause the love that you gave that we made wasn't able
to make it enough for you to be open wide, no
and every time you speak her name
does she know how you told me you'd hold me
until you died, till you died
but you're still alive."
to make it enough for you to be open wide, no
and every time you speak her name
does she know how you told me you'd hold me
until you died, till you died
but you're still alive."
Alanis Morissette - "You oughta know" -
Ogni volta che faccio la baby sitter mi cade l'occhio sull'immenso (in senso letterale) Infinite Jest. Però mi intimoriscono i biopic sulle figure 'mitiche', a meno che si soffermino sull'arte e non sull'artista. Spero che sia un po' come l'Hitchock di Gervasi e non come quella porcheria immensa di Tu chiamami Peter...
RispondiEliminaL'Hitchcock di Gervasi a me era piaciuto non poco, mentre avevo detestato Tu chiamami Peter.
EliminaQuesto, più che un biopic, è la storia di un'amicizia anomala e sull'incontro tra due personalità molto diverse. Provaci.
Adoro la canzone di Alanis <3
RispondiEliminaE quando si parla di "un dolore spirituale più forte di qualsiasi dolore fisico tu possa provare",purtroppo capisco.
Ma sono contenta di aver avuto le palle di resistere ;)
Infinite jest lo voglio leggere da secoli,mi intimorisce come tutti i tomi massicci,ma chissà.Qualche volta magari prendo coraggio!
Sono contento anch'io per te.
EliminaConsiderata la mia posizione rispetto alla vita, ogni secondo qui, dolore o no, è l'unica chance che abbiamo.
Felice che ti sia piaciuto.
RispondiEliminaEra molto nelle mie corde e fortunatamente, nonostante il sempre irritante (ma convincente) Eisenberg, non delude. ;)
Concordo su Eisenberg, irritante come pochi.
EliminaFortunatamente il film è davvero interessante.
Altra proposta interessante proveniente dal Sundance, tra i film in cima alla lista recuperi.
RispondiEliminaTitolo, secondo me, da recuperare al volo: molto, molto interessante e profondo.
EliminaHo provato tanta di quella malinconia con questo film... ma proprio tanta. Tanto che non vedo l'ora di leggermi il mio DFW annuale.
RispondiEliminaLa malinconia ci sta. Anche se, in qualche modo, ho sentito anche molta vita.
Eliminametto in listaaaa ;)
RispondiEliminaOttima scelta! :)
EliminaBella recensione, mi fa venire voglia di recuperarlo :)
RispondiEliminaIl recupero ci sta tutto: è davvero un ottimo film.
Eliminafilm interessante e quasi intimo, non conoscevo l'autore dopo la visione me ne sono incuriosito...
RispondiEliminaIo lo conoscevo solo di nome, e proprio la visione mi ha spinto alla "scoperta".
EliminaA breve scoprirete com'è andata. :)
"The end of the tour mi ha messo addosso una gran voglia di scrivere".
RispondiEliminaAiuto, Dio ce ne scampi! uahahahah
Ho adorato questo film, ma dopo la tua dichiarazione un pochino lo odio... :)
Ahahahah beh, non potevo permettere che continuasse a piacere ad entrambi! :)
EliminaTrovato in streaming in HD ben due settimane prima che uscisse nelle sale, l'ho interrotto ben prima che il tour iniziasse. Ho preferito non rovinare l'immagine sballona e simpatica del buon Jason che tanto mi ha divertito in HIMYM.
RispondiEliminaCiao Mister Ford :)
Ma sai che di How I met your mother non ho mai visto neppure un episodio?
EliminaComunque, questo film merita. Riconsidera la visione. :)
Purtroppo da me non è arrivato, devo ancora recuerarlo...
RispondiEliminaNon sarò certo io a dirti come e dove recuperarlo: comunque, è da vedere! ;)
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