mercoledì 8 aprile 2015

Blackhat

Regia: Michael Mann
Origine: USA
Anno: 2015
Durata: 133'




La trama (con parole mie): quando un impianto nucleare nel cuore della Cina subisce un attacco terroristico giunto dalla rete, le autorità militari di Pechino seguono tracce che portano il loro uomo di punta Chen Dawai a collaborare con l'FBI in modo da permettere la scarcerazione anticipata di Nick Hathaway, hacker condannato a quindici anni di reclusione ed unico che Dawai ritiene in grado di seguire la traccia lasciata dall'attentatore, legata a doppio filo ad una creazione informatica che lo stesso Dawai e Hathaway avevano elaborato ai tempi del college.
Inizia dunque un'indagine che porta i due vecchi amici, la sorella di Dawai e l'agente Barrett a fare tappa nelle principali capitali del Sud Est asiatico così da raccogliere le informazioni che potrebbero condurli alla risoluzione del caso: ma l'operazione si rivelerà più complicata e rischiosa del previsto, e ben presto, più che una questione legale, diverrà una battaglia che mescola vendetta e volontà di sopravvivere.






Esistono alcuni film, o registi, ai quali basta un momento per definire il concetto di assoluta potenza.
Michael Mann è uno di questi, e dovevo aspettarmi, nonostante l'accoglienza fin troppo tiepida - per usare un eufemismo - ricevuta da Blackhat oltreoceano, che non sarebbe stato diverso, questa volta.
L'escalation della cattura di Dente di fata in Manhunter, De Niro che abbandona la sua donna in Heat, i due coyotes in Collateral: esempi di una strabordante carica registica quasi senza pari negli States attuali, e non solo.
Avvisaglie di quello che sarebbe accaduto anche affrontando il suo nuovo lavoro.
Per essere onesti e procedere con lo stesso piglio, però, occorre mettere subito le carte in tavola: Blackhat non fa della storia il suo punto di forza.
Certo, si tratta di un solido thriller d'azione di quelli che furoreggiavano negli anni ottanta filtrato attraverso le nuove guerre degli anni zero, ma lo script non regala davvero nulla di innovativo allo spettatore, dalla preparazione dei pezzi sulla scacchiera, all'esplosione - in tutti i sensi - dell'azione vera e propria all'epilogo: eppure si resta come ipnotizzati, quasi atterriti.
Blackhat è come un ottovolante dalla fotografia perfetta - sfido chiunque a non immaginare di trovarsi per le strade di una di quelle metropoli brulicanti di vite e traffici avvolti da colori quasi magici -, una lezione di Cinema che gli aspiranti registi dovrebbero continuare a studiare e ristudiare negli anni a venire, un notturno omaggio alla settima arte figlia di quegli stessi luoghi - ho avuto l'impressione in più di un momento di essere nel pieno di un lavoro di Johnnie To -, una sorta di urbana poesia, un cocktail così forte da risultare indigesto per chi è abituato a considerare Cinema roba infinitamente meno travolgente di questa.
Ma soprattutto, è quella sequenza: ce ne sarebbero altre, dagli inseguimenti tra i containers alle strade di Hong Kong, ma quel passaggio in particolare è uno dei miracoli che mi fa ringraziare esistano uno schermo e storie raccontate attraverso immagini: in quella macchina che esplode, in ogni pallottola di quel turbinio di raffiche e colpi esplosi nel buio della notte, eppure nel pieno dell'abbraccio della luce artificiale, c'è tutta la maestosità della settima arte, dai duelli del Western alla malinconia di chi ha visto cose che noi umani possiamo solo immaginare.
Basterebbero quei cinque minuti, per considerare Blackhat, alla faccia della critica a stelle e strisce, uno dei film più belli visti finora nel duemilaquindici, ma Michael Mann è uno che non scherza.
E dunque rincara la dose sfoderando lo stile di Miami Vice mettendolo al servizio di una vicenda che pare non risparmiare nulla a nessuno, e che nonostante la risoluzione conclusiva - che mi ha ricordato, una volta ancora, Collateral - lascia lo spettatore con l'impressione che non ci sia stato davvero un vincitore, neppure i pochi destinati a sopravvivere.
Michael Mann e questo Blackhat sono stati, per intensità, come una dimostrazione di forza della Natura: Hemsworth e la sua compagna nel mezzo del nulla delle miniere avvolte dalla nebbia, o le riprese dall'alto della baia di Hong Kong, senza contare ogni singolo colpo sparato da una parte all'altra dello schermo appaiono come un'onda anomala che si osserva con gli occhi sgranati prima di essere travolti, uno tsunami di tecnica che non trova definizione migliore se non Cinema allo stato puro.
Questo è Blackhat.
Questo è Michael Mann.




MrFord




"Neon heart, day-glow eyes
the city lit by fireflies
they're advertising in the skies
and people like us."

U2 - "City of blinding lights" -





33 commenti:

  1. Salirà di numero di White Russian con le prossime visioni secondo me, ottimo commento comunque ;-)

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  2. sticazz... sì insomma tre bicchieri e mezzo... vedereeee! devo vederlo, presto

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  3. ueeee!!! tre bicchierini e mezzo!!! lo sapevo che avresti gradito moltissimo!!!

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  4. Il talento di Mann è indiscutibile, però non so, è come quando senti suonare un chitarrista dalla tecnica magistrale ma senza un'anima.
    Un concetto supportato anche nello sguardo scialbo e inespressivo di Chris Hemsworth e Tang Wei.

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    1. Quoto e aggiungo che per fare un film serve altro oltre la leziosità delle luci nelle inquadrature e gli angoli d'occhiata. E qui tutto il resto non solo manca, ma fa pure pena.

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    2. A mio parere, per quanto non originalissimo, il resto c'è, eccome.

      Senza contare che molti sono stati a sbrodolare per una cosa derivativa e basata sulla tecnica come Birdman per poi attaccare Mann, che a Inarritu fa barba e capelli.
      Io non quoto neanche per il cazzo. ;)

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    3. Dai Ford, prova ad essere obiettivo: a prescindere dalla tecnica magistrale di cui, come ben sai, a me non frega un beato razzo, come giudicheresti questo film se sulla locandina al posto di Michael Mann ci fosse scritto, che so, Rocco Papaleo? ;)

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    4. Lo giudicherei come un film girato da dio.
      In fondo, a ben vedere, i film di Hong Kong di questo genere si somigliano tutti, e somigliano ai film di Melville, che prese non poco da Kurosawa.
      In un certo senso, anche la storia di The Raid è banalotta, ma guarda che risultati. ;)

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  5. Addirittura tre bicchierozzi e mezzo? Mi hai incuriosito. :)

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    1. Vero: davvero notevole, secondo me il suo miglior lavoro dai tempi di Collateral.

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  7. Anche io sono rimasto sorpreso dalle feroci critiche ricevute negli States, c'è da dire che già con nemico pubblico -che cmq è un buon film- si erano già visti dei problemini legati alla sceneggiatura e questo sembra non esserne esente.
    Ciononostante non me ne fraga un cazzo, a me basta che gli spari suonino come solo Mann sa fare e sono a posto

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    1. Secondo me Nemico pubblico era comunque una figata, e le storie delle lacune degli script secondo me sono abbastanza sterili, considerato che in questo caso parliamo di una vicenda che si inserisce perfettamente nelle dinamiche di genere. Nulla di nuovo, certo, ma un nulla di nuovo girato e portato sullo schermo da dio.
      E poi ci sono almeno un paio di sequenze che sono antologia pura.

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  8. saranno anche tre bicchieri e mezzo ma cina terroristi attacchi informatici hacker ed fbi proprio no. basta.

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    1. E fai male, in questo caso. Perchè parliamo del film tecnicamente più bello uscito in Italia quest'anno.

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  9. E' difficile convincere chi non conosce Michael Mann che un film può essere straordinariamente bello anche solo con i dettagli, pur con una storia banale e poco verosimile... eppure Mann è così: la storia è solo un pretesto per mostrarci cosa sia, come dici te, il 'cinema allo stato puro', riuscendoci alla grande.
    Per chi non si fida (giustamente!) l'unica soluzione è vedere il film: provare per credere! :)

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    1. Dici proprio bene: da sempre, Mann mostra da sempre il Cinema allo stato pure. Ed ogni volta è una gioia.

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  10. Ne parlerò a breve.
    Chissà cosa succederà...

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    1. Spero un'altra lotta all'ultimo sangue: anche perchè è un pò che non torniamo sul discorso American Sniper! ;)

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    1. Ero curioso anche io. E fortunatamente le attese non sono state tradite.

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  12. Di Mann ho visto poco o nulla, solo i due film fondamentali, quindi prima di vedere questo (che ammetto, la trama non mi ispira molto) mi devo ripassare il suo operato.

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    1. Mann va visto e rivisto tutto, senza pietà.
      Dacci dentro e recupera!

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  13. Non ho avuto modo di vedere Blackhat, ma adorando Mann e conoscendo la sua regia credo apprezzerò anche questo film. Purtroppo è un regista un po' sottovalutato sia dal pubblico che dalla critica, nonostante molti altri registi, più celebrati di lui, si rifacciano al suo stile di regia e montaggio (Nolan in primis).

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    1. Verissimo.
      Uno tra i più grandi registi americani viventi, detestato non si sa per quale motivo dalla critica USA e decisamente ostico in generale.
      Se ami il suo Cinema, comunque, questo lo adorerai.

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  14. Non mi è dispiaciuto affatto,però se avessero messo un protagonista che sapesse recitare sarebbe stato mooooooolto meglio XD
    Cioè,sarà pure fisicato(la faccia però è bruttina,con quegli occhietti piccini),ma veramente più che recitare Chris raglia.Gesù.

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    1. Secondo me, per questa parte, sta quasi meglio che in Thor.
      E la regia è talmente prepotente da superare ogni altra cosa.

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  15. Concordo in pieno: il Cinema di Mann è potente come pochi altri, eppure pubblico e molta della critica continuano a non coglierne la forza.
    Pazzesco davvero.

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