sabato 10 dicembre 2016

In a valley of violence (Ti West, USA, 2016, 104')




Il percorso che Ti West ha compiuto qui al Saloon è stato piuttosto curioso, in una certa misura addirittura unico: nel corso di questi anni, infatti, ci sono stati registi amati dal sottoscritto caduti "in disgrazia" - su tutti, Malick - ed altri che, magari anche solo con un film, hanno saputo guadagnarsi lo status di sorprese assolute - un pò quello che accadde con Aronofsky ai tempi di The wrestler -.
Nessuno, però, partendo dalle bottigliate, è riuscito lentamente a ricostruire la propria immagine fino a diventare un riferimento - per quanto piccolo sia -, fatta eccezione per Ti West.
Partito come il classico nuovo regista troppo incensato ed esaltato dai radical con The house of the devil - comunque interessante - e The Innkeepers, uno dei titoli più sopravvalutati degli ultimi anni, pareva destinato a portarsi il marchio delle bottigliate per sempre quando, grazie al tanto criticato - dai suoi fan della prima ora - The sacrament è tornato prepotentemente a solleticare l'interesse del sottoscritto, reso ancora più vivo da questo In a valley of violence, Western vecchio stile che omaggia i film di genere popolari negli anni settanta - a partire dai fantastici titoli di testa - e l'approccio tarantiniano alla materia, senza per questo rinunciare alla sua identità tecnica e ad una buona dose - ma non esagerata - di violenza.
L'idea di portare sullo schermo l'eroe solitario dei film che videro protagonista il giovane Clint Eastwood pronto a vendicare un torto facendo piazza pulita di tutti i responsabili funziona ed avvince, è ben diretta ed interpretata, realistica nella rappresentazione degli scontri - siamo più dalle parti di Dead man che non da quelle di Sergio Leone, per intenderci - e diretta come un pugno in faccia, tanto da filare via neanche fosse scandita dai pezzi di Johnny Cash con la loro ritmica "ferroviaria".
Un omaggio ad un genere che funziona anche rispetto a quella fetta di pubblico che quel genere non lo mastica troppo, e che ripropone, dopo il recente I magnifici sette, Ethan Hawke come nuovo volto del cowboy cinematografico: come se tutto questo non bastasse, West riesce anche ad inserire in questo cocktail forte e tosto un paio di passaggi che si potrebbero definire quasi lirici, e pur basandosi su una serie di regole e di modelli assolutamente classici a non risultare troppo derivativo o vuoto nel suo rendere omaggio ad un'epica che ha fatto la Storia del Cinema e non solo, e segnato la mia vita di spettatore come poco altro.
Per un'ora e quaranta, grazie a questo regista che fino ad un paio d'anni fa praticamente detestavo, sono riuscito a montare in sella e tornare a quando guardavo John Wayne compiere imprese mitiche sul divano a casa di mio nonno, o alla prima volta in cui, con mio fratello, affiancai William Munny e rimasi a bocca aperta con Gli spietati: non posso, dunque, che togliermi il cappello di fronte a Ti West, che si dimostra non solo capace e duttile, ma anche in grado di superare una barriera apparentemente invalicabile come quella del (pre)giudizio di qualcuno che non aveva per nulla amato il suo lavoro - almeno per quanto riguarda il coinvolgimento emotivo ed il ritmo espresso dalle pellicole -.
Un'impresa che, forse, risulterebbe ardua perfino per un cowboy solitario in cerca di una via di fuga, di una nuova vita, che se provocato, sarà inevitabilmente pronto a scatenare l'inferno.




MrFord




 

8 commenti:

  1. Ti West mi fa un'antipatia assurda - mai piaciuto, ma The Sacrament mi manca - e questo proprio non sapevo fosse suo. So che a mio padre (ovviamente) è piaciuto, ma io ho ancora I magnifici sette da recuperare. Tra parentesi: c'è Hawke che in Born to be blue è troppo bravo!

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    1. Anche io non ho mai sopportato West, ma con The Sacrament e questo In a valley of violence si è riscattato, devo dire. Ancora una volta bravo a tuo padre! :)

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  2. Ho apprezzato il cambio di genere, proprio perché non ho amato per nulla "The Sacrament", qui invece Ti sforna un Western classicissimo che ha parecchio di "Lo straniero senza nome", meglio questo il remake dei Magnifici 7 secondo me ;-) Cheers

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    1. Concordo in tutto e per tutto, tranne che per Sacrament, che a me era piaciuto molto più di Innkeepers. ;)

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  3. Ti West ha cominciato alla grandissima, ma mi sembra che stia perdendo progressivamente la sua forza. Il fatto che tu Ford pensi il contrario ne è un'ulteriore conferma... :)

    Questo suo salto nel genere western mi spaventa più di qualsiasi horror, ma sono comunque tentato di fare un tentativo.

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    1. Il fatto che tu stia dubitando di lui non può che rafforzare la mia ipotesi a proposito di un aumento del suo potenziale. ;)

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  4. Io col western non vado molto d'accordo,lo guarderò una sera di sonno solo perchè mi piace tanto Ethan Hawke!!!!

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    1. Secondo me una visione ci sta tutta.
      E faccio finta di non aver letto nulla a proposito del Western. ;)

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