venerdì 19 settembre 2014

Red riding trilogy: in the year of our lord 1974

Regia: Julian Jarrold
Origine: UK
Anno:
2009
Durata: 102'




La trama (con parole mie): Eddie Dunford, giovane reporter ambizioso e pronto a tutto, torna nello Yorkshire, dov'è cresciuto, dopo aver terminato gli studi ed essere stato svezzato nella professione al Sud. La misteriosa scomparsa di una bambina salita agli onori della cronaca risveglia il fiuto da investigatore di Eddie, che non solo ipotizza che l'avvenimento sia legato a due precedenti rapimenti di minori, ma che finisce per incrociare il cammino del collega Barry Gannon, convinto della corruzione dilagante tra le fila della polizia locale, più preoccupata di gonfiarsi le tasche lasciando passare sotto silenzio i loschi affari del magnate locale John Dawson, lasciando di fatto l'individuo responsabile degli efferati crimini sulle piccole libero di continuare nella sua opera.
La lotta di Eddie affinchè la verità venga a galla si rivelerà più difficile di quanto non potesse credere.






Dai tempi in cui decisi di aprire il Saloon è passata parecchia acqua sotto i ponti, in termini di visioni, e se c'è una cosa per la quale ringraziare lo status di blogger è senza dubbio la possibilità di continuare a scoprire opere potenzialmente interessanti grazie al passaparola: è il caso della Red riding trilogy, prodotta in Inghilterra come una miniserie televisiva costituita da tre pellicole legate eppure ben distinte tra loro non troppi mesi fa molto sponsorizzata dal buon Bradipo.
Il primo dei tre capitoli, ambientato in un perfettamente ricostruito '74, conduce l'audience nel pieno di uno dei periodi più turbolenti della storia recente del Regno Unito, dilaniato da lotte intestine tra la Corona e l'IRA e segnato dal sangue di una serie di vittime innocenti passate in secondo piano all'attenzione delle forze dell'ordine troppo impegnate a tenere la propria sporcizia ben nascosta sotto il tappeto della corruzione.
Tecnicamente costruito sull'attesa ed un approccio da indagine giornalistica più simile a quello di Tutti gli uomini del Presidente che non di Se7en, il primo capitolo di questa trilogia vede alternarsi sullo schermo molti caratteristi ben noti ai fan del Cinema anglosassone accanto a star decisamente più in vista come Andrew Garfield - che non sfigura nel ruolo di Eddie Dunford -, Sean Bean e l'indimenticato Nathan di Misfits, Robert Sheehan, seppur relegato ad un ruolo decisamente marginale dal punto di vista del minutaggio -, ed il regista occuparsi, prima ancora che della vicenda del killer delle bambine, di una critica decisamente marcata rispetto ai metodi ed alla condotta della polizia locale ai tempi.
Senza dubbio ci troviamo più dalle parti del Cinema d'essai che non del thriller destinato a diventare blockbuster inchiodando alla poltrona il suo pubblico, eppure questo inizio lascia più che ben sperare negli sviluppi dei due successivi capitoli, di fatto definendo quella che pare proprio la trilogia più interessante che il genere abbia offerto dai tempi del Pusher di Refn: l'Eddie di Andrew Garfield, solo - o quasi - a battersi e ad esporsi agli attacchi di una forza decisamente troppo grande per lui, è un personaggio imperfetto e per nulla positivo, eppure nel suo confronto con il Sistema e la corruzione dello stesso - oltre che con il "lupo" responsabile della sparizione e della morte delle ragazzine - pare quasi assumere le sembianze dell'eroe pronto a difendere Verità e Giustizia, anche quando il prezzo da pagare finirà per essere inesorabilmente troppo alto perfino per chi ci aveva davvero creduto.
In questo senso gli incroci dei percorsi del John Dawson di Sean Bean e dell'indomito - almeno nella ricerca delle notizie - Eddie paiono definire due status ben precisi, che se ci trovassimo all'interno di una tragedia greca finirebbero per apparire come Destini già compiuti, inutili entrambi per risolvere davvero un mistero, o raddrizzare dei torti, e macchiati inesorabilmente da quell'hybris che definì quello stesso tipo di tragedia.
Del resto, l'umanità è imperfetta ed oscura, anche quando nasconde quella stessa oscurità dietro una facoltosa facciata o la sfrontatezza di sogni troppo grandi per essere realizzati davvero: è sempre impresa ardua sperare di poter ristabilire il silenzio degli innocenti, ed è ancor più difficile presumere di poter sancire quello - definitivo - dei colpevoli.



MrFord



"Tis the song, the sign of the weary
hard times, hard times, come again no more
many days you have lingered all around my cabin door
oh hard times, come again no more."
Bob Dylan - "Hard times" - 




10 commenti:

  1. ottimo recupero, mai la televisione è stata così vicina al cinema ....e muchas gracias per la citazione!!

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    1. Citazione doverosa! :)
      Comunque, effettivamente, quasi un lavoro più cinematografico che televisivo: e i due capitoli successivi mi sono piaciuti anche di più!

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  2. Risposte
    1. Lo è, senza dubbio. E viaggia in un crescendo di qualità.

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  3. avevo iniziato a vederlo, ma l'ho abbandonato causa noia.
    giusto te e il bradipo potete esaltarvi per lagne del genere :D

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  4. Lo stavo per guardare l'altra sera poi all'ultimo gli ho preferito The signal che è una bellissima occasione sprecata, ha degli spunti fighissimi e un concept molto fico ma si perde nella ricerca del film di fantascienza d'autore. Mi ha ricordato Antiviral per certi versi

    Questo cmq prima o poi me lo sparo;-)

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    1. Fratello, questa trilogia potrebbe piacerti parecchio, mentre io attenderò per The signal: non ho tantissima voglia di occasioni sprecate! ;)

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    2. Secondo me The Signal è una gran figata,è estremamente raro che un film ci faccia arrivare fino quasi alla fine senza capire esattamente dove va a parare...ricorda un pò la fantascienza d'annata,senza effettoni playstationari ma un'ottima atmosfera.

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    3. Prima o poi lo vedrò, dunque ci sarà modo di capire cosa accadrà quando affronterà il bancone del Saloon! ;)

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