Regia: Juan Antonio Bayona
Origine: Spagna
Anno: 2012
Durata: 114'
La trama (con parole mie): Henry e Maria, da tempo stabilitisi in Giappone a seguito degli impegni di lavoro del primo con i loro figli Lucas, Thomas e Simon, decidono di trascorrere le vacanze di Natale del 2004 in Thailandia.
Dopo un paio di giorni da sogno in un resort splendido, le loro vite vengono sconvolte dalla tragedia che colpì il Sud-Est asiatico il 26 dicembre di quell'anno: le ondate dello tsunami, infatti, separano la famiglia, e mentre Maria e Lucas lottano per la sopravvivenza finendo in un ospedale, Henry ed i piccoli Thomas e Simon sono costretti a separarsi in modo da favorire la ricerca del primo, convinto di poter riuscire a ritrovare la moglie ed il figlio maggiore.
Riusciranno i cinque a superare il trauma e tornare a casa tutti insieme? E la determinazione di ognuno di loro rinsalderà il legame spezzato dalla forza della Natura?
Realizzare un film basandosi su tragedie destinate a restare nella Storia è sempre rischioso, per un regista: se, infatti, da un lato le probabilità di riscuotere successo ed ottenere consensi insperati - anche e soprattutto di critica - sono molto alte, dall'altro la possibilità di realizzare una pellicola ad alto tasso di retorica è praticamente una certezza.
E' il caso di questo The impossible firmato dal catalano Bayona, che qualche anno fa riscosse consensi a mio parere esagerati con il sopravvalutato The orphanage, versione in tono minore di The others e Il labirinto del fauno alla quale non abboccai nonostante l'ottima confezione e la messa in scena: sfruttando una partenza a razzo con una riproposizione dello tsunami che colpì il Sud-Est asiatico il 26 dicembre 2004 da brividi ed una prima parte quasi più simile ad un survival che non ad un drammone per famiglie, però, il regista ha rischiato di farmi ben sperare rispetto alla resa finale di questa sua prima fatica da grandissima distribuzione, riuscendo addirittura a gestire discretamente il passaggio dal trauma violento della catastrofe alle prime sequenze dell'ospedale, quando il ruolo del giovane Lucas diviene molto simile a quello che, nello splendido L'impero del sole firmato da Spielberg ormai oltre vent'anni fa, fu di un allora ragazzino Christian Bale.
Peccato che, proprio nel momento migliore del suo lavoro, Bayona decida di cambiare registro tornando ad occuparsi della seconda metà della famiglia separata dalla tragedia, lasciando un McGregor svogliato e per nulla convincente a guidare l'audience verso l'inevitabile finale buonista e retorico infarcito di sequenze da tempesta di bottigliate - pessima quella onirica legata all'operazione chirurgica subita da Maria, una Naomi Watts che tenta disperatamente di tornare ai livelli di Mulholland drive senza riuscirci -.
Certo, il fatto che per la famiglia le cose, alla fine, torneranno a sistemarsi è ovvio fin dal principio, grazie all'insistito proporre della dicitura "tratto da una storia vera" - campanello d'allarme che in casa Ford ha fatto subito scattare il rollio delle suddette bottigliate - sui titoli di testa, eppure questo non giustifica il crescendo da blockbuster zuccheroso che regia e sceneggiatura propinano ad un ritmo sempre più vertiginoso, riuscendo anche a piazzare zampate di ruffianeria colossali come il passaggio che giustifica il titolo del film e che vede il confronto tra Geraldine Chaplin ed uno dei due protagonisti più piccoli a proposito delle stelle e della loro luce giunta fino a noi - tanto per non farci mancare l'atmosfera da bella favoletta -.
Un peccato davvero, perchè il cineasta originario di Barcellona dimostra senza dubbio di avere una buona tecnica, e l'intuizione iniziale di mostrare la lotta per la sopravvivenza alla catastrofe come se ci si trovasse in una sorta di horror - o film catastrofico - poteva dare una connotazione senza dubbio più originale ad un titolo che, a fine visione, finisce nel mucchio dei tanti film di cassetta destinati a segnare in negativo la carriera dei potenziali talenti usciti dalla nicchia dell'autorialità.
Non che Bayona fosse il novello Kubrick, questo sia chiaro, ma senza dubbio anche un suo detrattore come il sottoscritto poteva aspettarsi certamente più, da lui, che non questo drammone patinato e posticcio buono giusto per una visione riempitivo che non per un effettivo viaggio all'interno di quello che è stato uno dei più grandi drammi della Storia recente del nostro pianeta.
E' il caso di questo The impossible firmato dal catalano Bayona, che qualche anno fa riscosse consensi a mio parere esagerati con il sopravvalutato The orphanage, versione in tono minore di The others e Il labirinto del fauno alla quale non abboccai nonostante l'ottima confezione e la messa in scena: sfruttando una partenza a razzo con una riproposizione dello tsunami che colpì il Sud-Est asiatico il 26 dicembre 2004 da brividi ed una prima parte quasi più simile ad un survival che non ad un drammone per famiglie, però, il regista ha rischiato di farmi ben sperare rispetto alla resa finale di questa sua prima fatica da grandissima distribuzione, riuscendo addirittura a gestire discretamente il passaggio dal trauma violento della catastrofe alle prime sequenze dell'ospedale, quando il ruolo del giovane Lucas diviene molto simile a quello che, nello splendido L'impero del sole firmato da Spielberg ormai oltre vent'anni fa, fu di un allora ragazzino Christian Bale.
Peccato che, proprio nel momento migliore del suo lavoro, Bayona decida di cambiare registro tornando ad occuparsi della seconda metà della famiglia separata dalla tragedia, lasciando un McGregor svogliato e per nulla convincente a guidare l'audience verso l'inevitabile finale buonista e retorico infarcito di sequenze da tempesta di bottigliate - pessima quella onirica legata all'operazione chirurgica subita da Maria, una Naomi Watts che tenta disperatamente di tornare ai livelli di Mulholland drive senza riuscirci -.
Certo, il fatto che per la famiglia le cose, alla fine, torneranno a sistemarsi è ovvio fin dal principio, grazie all'insistito proporre della dicitura "tratto da una storia vera" - campanello d'allarme che in casa Ford ha fatto subito scattare il rollio delle suddette bottigliate - sui titoli di testa, eppure questo non giustifica il crescendo da blockbuster zuccheroso che regia e sceneggiatura propinano ad un ritmo sempre più vertiginoso, riuscendo anche a piazzare zampate di ruffianeria colossali come il passaggio che giustifica il titolo del film e che vede il confronto tra Geraldine Chaplin ed uno dei due protagonisti più piccoli a proposito delle stelle e della loro luce giunta fino a noi - tanto per non farci mancare l'atmosfera da bella favoletta -.
Un peccato davvero, perchè il cineasta originario di Barcellona dimostra senza dubbio di avere una buona tecnica, e l'intuizione iniziale di mostrare la lotta per la sopravvivenza alla catastrofe come se ci si trovasse in una sorta di horror - o film catastrofico - poteva dare una connotazione senza dubbio più originale ad un titolo che, a fine visione, finisce nel mucchio dei tanti film di cassetta destinati a segnare in negativo la carriera dei potenziali talenti usciti dalla nicchia dell'autorialità.
Non che Bayona fosse il novello Kubrick, questo sia chiaro, ma senza dubbio anche un suo detrattore come il sottoscritto poteva aspettarsi certamente più, da lui, che non questo drammone patinato e posticcio buono giusto per una visione riempitivo che non per un effettivo viaggio all'interno di quello che è stato uno dei più grandi drammi della Storia recente del nostro pianeta.
MrFord
"So close your eyes
for thats a lovely way to be
aware of things your heart alone was meant to see
the fundamental loneliness goes whenever two can dream a dream together.
You can't deny don't try to fight the rising sea
don't fight the moon, the stars above and don't fight me
the fundamental loneliness goes whenever two can dream a dream together."
for thats a lovely way to be
aware of things your heart alone was meant to see
the fundamental loneliness goes whenever two can dream a dream together.
You can't deny don't try to fight the rising sea
don't fight the moon, the stars above and don't fight me
the fundamental loneliness goes whenever two can dream a dream together."
Frank Sinatra - "Wave" -
Bottiglie di acqua calda! ;D
RispondiEliminaMa anche vuote, così si sfracellano con più rumore in testa al regista! ;)
RispondiEliminaNo inteso come: Scoperta dell' acqua calda che sto' film fosse da bottigliate scroscianti!
EliminaIo lo sapevo già da The orphanage! Un bidone! ;)
Eliminaancora bottigliate? Ahiahiahi...quando vedrò se non tre almeno due bicchieri e mezzo? I registi non hanno idee? Vedremo, vedremo...
RispondiEliminaArwen, in realtà secondo me il 2013 è iniziato benissimo: poi ci sta che le bottigliate capitino! E questo proprio se le meritava! :)
EliminaDissento..e pubblicherò oggi il mio punto di vista....
RispondiEliminaIhihihihi! Vado arraffare popcorn e birrette. La difesa dell'indifendibile e' sempre gustosa... ;))
EliminaNon è difesa dell'indifendibile, è solo questione di punti di vista giovinastro!!:)
EliminaSacrosanto.Poi si vedrà come sono argomentati.. ;)
EliminaBeatrix, nonostante una certa perizia tecnica, questo film mi pare proprio indifendibile, soprattutto per i toni zuccherosi: quasi studioapertiano, oserei dire.
EliminaLeggerò volentieri dalle tue parti.
Concordo al 100% sulle bottigliate, anche se non critico tanto il "finale buonista e retorico" (probabilmente sarà anche andata così, visto che la famiglia si è salvata per intero) quanto l'inutilità di un film che non aggiunge assolutamente nulla a livello autoriale rispetto quello che già non si sia visto e saputo di una disgrazia che ha catalizzato l'attenzione mondiale per mesi.
RispondiEliminaLucien, oltre a non aggiungere nulla il tono del crescendo finale mi ha davvero indisposto: come ho scritto, avrei preferito più una cosa più legata alla componente "survival". Peccato.
Eliminasu the orphanage non sono d'accordo, era davvero un gioiello di film.
RispondiEliminaquesto è invece una robetta, e nemmeno la prima parte mi ha convinto molto. ma proprio tu non mi citi la scena d'apertura di hereafter (la cosa migliore del film), che rendeva lo tsunami in maniera parecchio più efficace?
comunque un film ruffiano che ha il merito di riuscire nell'impossible, mettere d'accordo noi due mentre in giro molti ne parlano inspiegabilmente benissimo... :D
Anche io sono sconvolto dal fatto che se ne stia parlando fin troppo bene, in giro. Un film davvero inutile che volontariamente non ho voluto accostare a quella meraviglia di Hereafter. ;)
EliminaAnche io credo che orphanage non fosse niente male. Ma qui evito di brutto. Per carità!
RispondiEliminaA me Orphanage era sembrato solo una bella confezione e nient'altro.
EliminaComunque questo conferma che il regista non è poi questo granchè! ;)
no.
RispondiEliminaquesto è troppo anche per me
Mi sa che è troppo per un sacco di gente! ;)
EliminaOrphanage non mi era dispiaciuto ma da qui a crederlo un filmone ce ne passa abbastanza ...questo sono proprio curioso di vederlo, chissà potrebbero partire bottigliate di acqua d'oceano...
RispondiEliminaBradipo, secondo me le bottigliate qui ci stanno da dio. E' la conferma che il miracolo che tanti avevano creduto fosse The orphanage non era poi questo miracolo! ;)
EliminaAnche secondo me Orphanage ha il suo perchè, non sapevo non ti fosse piaciuto.
RispondiEliminaCmq questo lo voglio vedere, ho letto in giro che la scena dello tsunami è INCREDIBILE -Anche se a leggere i commenti sopra o anche solo la tua rece non sembra poi sta roba oltre- e dura quasi 10 minuti, really?
La sequenza dello tsunami è forte, ma il film non è certo memorabile. Puoi tenertelo come riempitivo, secondo me, per qualche serata in cui non sei particolarmente ispirato. ;)
EliminaA me è piaciuto molto, e non solo per Ewan in costume! Certo, le scene in acqua sono quelle meglio riuscite, poi ci si perde un po', ma visti i fazzolettini che ho sprecato direi che lo approvo lo stesso!
RispondiEliminaLisa, sarà che non è proprio il tipo di film che mi commuove o emoziona, ma io l'ho trovato sostanzialmente inutile.
EliminaIn fondo, un'occasione sprecata per il regista.
"Realizzare un film basandosi su tragedie destinate a restare nella Storia è sempre rischioso, per un regista" e se non sei Clint Eastwood evita di farlo.
RispondiEliminaSecondo me ci stava bene :D
Pesa, ci stava eccome.
EliminaMa sono stato buono e non ho voluto infierire! ;)