martedì 30 novembre 2010

Mister hula hoop

Se la memoria non m'inganna, Mister hula hoop era l'ultimo dei film targati Coen Brothers a mancare alla mia lista: complici, infatti, una distribuzione non eccelsa - è uscito in dvd soltanto poco tempo fa - e mancati passaggi in una tv che seguo sempre meno, questa fiaba che mescola sentimentalismo e commedia, critica al potere e humour nerissimo firmata a sei mani dai terribili fratelli e Sam Raimi non era mai passata sugli schermi di casa Ford.
Mescolando abilmente La vita è meravigliosa di Capra alla visionarietà del Gilliam di Brazil - pur non raggiungendone gli stessi livelli - i Coen confezionano un giocattolo funzionale ed accattivante, ricco di citazioni e divertissements, interpretato ottimamente da Tim Robbins e Paul Newman, che nell'insolito - per lui - ruolo di "cattivo" sfodera un carisma quasi superiore a quanto normalmente ci abbia abituati nei panni dell'eroe.
Tutto questo tenendo abilmente in secondo piano rispetto alla trama l'amarissima riflessione sul potere e la corruzione che deriva dallo stesso, sia esso economico, lavorativo, d'informazione o, più semplicemente, umano nelle sue applicazioni e ripercussioni: artefice di questa sottile linea parallela alla principale è senz'altro Sam Raimi, la cui mano si nota nelle parti più oscure e fantasy della pellicola, e non soltanto dall'impiego del sempre grande Bruce Campbell, attore più che feticcio del creatore de La casa.
Seppur non ai livelli delle loro opere più complete, Mister hula hoop si inserisce alla perfezione nel percorso compiuto dai Coen con Arizona junior e Barton Fink nell'applicazione del grottesco a vicende che, sulla carta, devono molto al noir e al classico Cinema d'intrigo anni cinquanta e sessanta, alleggerendone i carichi con dosi massicce di ironia, situazioni e personaggi al limite dell'idiozia - protagonisti inclusi -, in una sorta di preparazione a quello che sarà la sintesi perfetta de Il grande Lebowski.
Una sorta di Candido di Voltaire in versione allucinogena e allucinata, in qualche modo.
Certo, Mister hula hoop manca della risata dirompente di Arizona junior e della complessità di temi di Barton Fink, ma come ogni giusta via di mezzo che si rispetti, invita alla riflessione senza che la stessa pesi eccessivamente sulla visione di un pubblico più ampio di quello cui pellicole come questa parrebbero rivolgersi.
il tutto per non citare scene d'antologia come il tentato suicidio fermato dal plexiglass e senza neppure farsi cullare troppo dalla confortante voce narrante che tanto mi ha ricordato l'amato Straniero lebowskiano, ma più semplicemente lasciandosi affascinare dalle immagini da studio - in pieno stile "golden age" - di questo meraviglioso, notturno ed invernale 1958 e lasciare che riflessioni, spunti, sottili risate e un pò di malinconia sedimentino sul fondo, in attesa di diventare qualcosa di più grande.
Con i Coen ha funzionato, eccome.
Non vedo perchè non possa godere dello stesso incantesimo anche io.


MrFord


"We're all gonna be geniuses
we're all gonna be famous
we're all get in the tv business
and move up to New York who can blame us."
T-Bone Burnett - "Hula hoop" -

6 commenti:

  1. curiosamente, è il solo che manca anche a me :)
    mi piacciono troppo i Coen... ce l'ho pronto sull'hd da un pezzo, è il tempo che manca.
    ciao

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  2. Anche io ce l'ho lì da vedere, devo solo decidermi.
    Dopo mi leggo anche la recensione...

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  3. Roby: è molto interessante, come praticamente tutti i loro lavori, del resto. Aspetto la tua recensione quando lo vedrai!

    Dembo: fratellino, sono sicuro che ti piacerà. Ha un certo non so che di Gilliam e Burton nella loro parte migliore!

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  4. Semplice, divertente e ottimista! Non me l'aspettavo così bello. Il suo difetto più grande è forse quello di essere uscito subito prima di Fargo e di quel capolovoro di Lebowski, che lo "oscurano" un po'. :)

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  5. Ottimista, ha sorpreso anche me.
    Concordo anche sul resto: quando esci tra Fargo e Il grande Lebowski, hai un compito più che arduo.

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