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martedì 4 settembre 2018

Shark - Il primo squalo (Jon Turteltaub, USA/Cina, 2018, 113')




- Considerato che l'estate è la stagione per eccellenza delle tamarrate al Cinema, sul divano e dovunque vogliate essere sopra le righe, Shark - Il primo squalo era il titolo perfetto per accogliere i Ford appena tornati dalle vacanze un paio di settimane fa, bisognosi di un ultima "notte da leoni" dei neuroni prima di tornare alla vita di tutti i giorni, al lavoro e, si spera, ad un autunno di film più interessanti ed impegnati.

- Shark è un giocattolone ignorante e senza vergogna, che sfancula allegramente la logica facendo storcere il naso in alcuni punti perfino un tamarro del mio spessore - l'assalto del Megalodonte alla spiaggia prevederebbe, considerate le dimensioni dello squalo preistorico e per evitare allo stesso il destino di molte balene, una profondità di almeno una ventina di metri, che di norma non sono proprio lo standard degli stabilimenti balneari, giusto per citarne una -, ma che fa il suo lavoro sporco, ovvero intrattenere il cervello rimasto solo dopo la libera uscita di tutti i suoi inquilini.

- Statham è sempre Statham, anche se ammetto che nelle pellicole in cui non muove o muove poco le mani perde senza dubbio una parte del suo fascino. Gli va comunque, da sportivo, riconosciuta una forma fisica pazzesca considerato che parliamo di un over cinquanta.

- Nonostante sia stato presentato dalla distribuzione come una sorta di horror/thriller capitanato da un volto noto dell'action, Shark è senza dubbio un giocattolone per bimbi grandi e piccini, perfetto per una serata da rutto libero con gli amici o accompagnati da figli o fratelli e sorelle minori amanti degli animali selvaggi - penso che lo proporrò anche al Fordino, in pieno coinvolgimento con la serie "72 animali pericolosi" -.

- Nell'ambito, dunque, dei filmacci di stagione senza pretese, Shark ha tutte le caratteristiche per essere assaporato come un bel fritto misto vista mare in barba alle diete da prova costume destinate a finire nel cassetto con l'autunno alle porte. Considerate soltanto di vederlo per quello che è, e con gli occhi che un qualsiasi bambino in età da scuola elementare assiste alla rivelazione del Megalodonte.



MrFord



giovedì 25 maggio 2017

Thursday's child



Si avvicina l'estate, e tra pirati e squali anche il Cinema apre le porte alle suggestioni della stagione più calda e easy dell'anno.
Riusciranno il clima finalmente torrido e le ambientazioni non sempre favorevoli a far tornare ai livelli di una volta la rivalità tra il vecchio Ford ed il finto giovane Cannibal?
Solo il tempo lo dirà.


"Stai attenta, Ford e Cannibal potrebbero farsi vedere da un momento all'altro!"


Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar

"Mi vuoi dire che anche Ford è passato alle e-mail!? Non ci posso credere!"

Cannibal dice: So che Ford, come un po' tutti i vecchi, ama le storie di pirati. Quel che non ricordo è se sia un fan della saga con Jack Sparrow, o se la considera troppo moderna e magari pure uno sputtanamento per la categoria. Per quanto mi riguarda, dei pirati non me n'è mai fregato un beneamato ca**o e, da buon Peter Pan quale sono, si sono sempre rivelati miei acerrimi nemici. Come le era un tempo il Pirata Ford, che ormai preferisce prendersela con filmetti come Baby Boss piuttosto che con me.
Ford dice: sono da sempre un fan accanito dei pirati, non troppo della saga con protagonista Johnny Depp. Partita discretamente, resa quasi cult con un ottimo secondo film - quello con Davey Jones, il mio favorito totale -, è poi stancamente andata alla deriva.
Onestamente, non nutro grosse aspettative per questo nuovo capitolo, anche se come popcorn movie estivo potrebbe anche starci.


47 metri

"E così Cannibal dovrebbe finire a fare da bastoncino Findus per gli squali."

Cannibal dice: Horrorino con le belle Mandy Moore e Claire Holt che in periodo estivo potrebbe tornare utile. Anche se a me queste avventure marine da Squalo dei poveri fanno paura quasi quanto Mr. Ford, sempre per rimanere in tema di cattivoni dei poveri.
Ford dice: film estivo e squalesco che avevo già visto e recensito l'anno scorso - http://whiterussiancinema.blogspot.it/2016/09/in-deep-johannes-roberts-uk-2016-87.html - e l'avevo considerato una robettina leggera tanto da dimenticarmene completamente e scrivere un primo commento all'uscita dello stesso come se fosse un nuovo titolo. Le aspettative, comunque, non erano neppure troppo diverse dal risultato.

 

2night

"Droga dello stupro, eh!? Usi lo stesso metodo di Cannibal!"

Cannibal dice: Filmetto boy meets girl all'italiana che potrebbe essere una di quelle cannibalate intimiste perfette per far venire il voltastomaco a Ford. Speriamo sia davvero così.
Ford dice: spero davvero si tratti di una stomachevole cannibalata da bottigliare, anche perchè quest'anno ha già visto me e Peppa d'accordo fin troppe volte.


Cuori puri

"Sai che quando tirano le orecchie a Ford per il compleanno arrivano direttamente al successivo?"

Cannibal dice: Altro filmetto adolescenzial-romantico made in Italy, solo che questo mi attira molto meno rispetto a 2night. Così, è una sensazione che ho a pelle. Come quando sento avvicinarsi Ford e sulla pelle mi vengono subito i brividi.
Ford dice: come se non bastasse 2night, anche questo Cuori puri, che, purtroppo di nuovo d'accordo con Cannibal, mi pare perfino meno appetibile dell'indigesto precedente.

 

Ritratto di famiglia con tempesta

"Una recensione sensata di Cannibal? Ma non fatemi ridere!"

Cannibal dice: Giapponesata buona per i cinema d'essai, se esistono ancora, per i festival cinematografici (peccato solo essere a Casale Monferrato e non a Cannes), o per una lagnosa rassegna fordiana accompagnata da sushi. Che io naturalmente non mangio.
Ford dice: fordianata autoriale che potrebbe essere una delle sorprese della settimana, a patto di resistere all'istinto di uscire a massacrarsi di sushi prima di una robusta bevuta nel pieno spirito della bella stagione, che dalle mie parti va poco d'accordo con le visioni impegnate.

 

Alamar

"Chissà se Ford ha già buttato a mare Cannibal?"

Cannibal dice: Messicanata che pure questa sa di film pseudo autoriale da festival di quelli di cui una volta si parlava spesso su White Russian. E ora che manco quel bloggaccio se li fila, mo' chi li guarda più?
Ford dice: seconda fordianata autoriale della setttimana, vale il discorso fatto sulla prima. Anche se, non fosse altro che per dare fastidio a Cannibal, si potrebbero recuperare entrambi.

 

Cloud
Cannibal dice: Commediola canina del 2014 che esce ora, non si sa bene perché e dietro richiesta di chi. So solo che sento già abbaiare gli attori manco si trattasse di un action con Lundgren + Van Damme + Stallone + Ford.
Ford dice: ma per quale motivo fare uscire un film di tre anni fa tre, a meno che non si tratti di una figata action con Sly!?!?

 

Milano in the Cage – The Movie

"Il prossimo sei tu, Cannibal!"

Cannibal dice: Cos'è 'sta roba? Il film su Mister James Ford che tutto il mondo (non) aspettava?
Ford dice: pur essendo milanese, non ho assolutamente idea di cosa sia questa roba. Probabilmente una trappola organizzata da Cannibal per cercare senza successo di far fuori il sottoscritto.

 

domenica 12 marzo 2017

Sharknado 4 - The 4th awakens (Anthony C. Ferrante, USA, 2016, 95')




Ricordo quando, nel corso dell'estate duemilatredici dei tre mesi e mezzo a casa in paternità a godermi la bella stagione neanche fossi tornato ai tempi della scuola, durante la vacanza al mare guardammo, con la suocera Ford ed i tre cugini allora all'inizio dell'adolescenza di Julez il primo Sharknado.
E ricordo quanto nella sua infinita, clamorosa bruttezza, celasse uno spirito travolgente ed un'involontaria genialità.
Giunti - stancamente - al quarto capitolo della saga, non ci sono apparizioni di icone del passato, citazioni cinematografiche, trashate che tengano.
E' rimasta solo un'inesorabile tristezza.
Oltre ad un vero tornado di merda cinematografica.
Basterebbe soltanto un'affermazione sempre di Julez giunta dalla zona computer mentre ero sul divano a neppure metà visione - novantacinque minuti che paiono duecento -: "Non mi era mai capitato di vederti giocare al cellulare mentre guardi un film".
Del resto, tra "sabbianado" e soci, le alternative non erano davvero molte altre.



MrFord



 

martedì 20 settembre 2016

In the deep (Johannes Roberts, UK, 2016, 87')



Con l'estate che, purtroppo, volge al termine, capita - e non è la prima volta - che finisca per aggrapparmi a pellicole che ancora la ricordano in modo da allontanare l'idea dell'autunno incombente: dunque, spinto dal suggerimento di Ink e pronto a chiudere un cerchio aperto dalla visione del discreto The shallows, ho deciso di recuperare In the deep, nuovo capitolo della sfida tra Uomo e Squalo sul grande schermo.
A differenza, però, del lavoro di Collet Serra, quello di Roberts è un prodotto che si concentra più sul crescendo di tensione claustrofobica delle due protagoniste, precipitate quarantasette metri sott'acqua in una gabbia per l'osservazione sottomarina, per l'appunto, dei più pericolosi predatori marini del pianeta, e costrette a fare appello a tutte le loro forze per tentare di sopravvivere e contattare l'equipaggio della barca che le aveva accompagnate: interessante, dunque, l'idea di base, così come il concetto del "conto alla rovescia dato dall'aria destinata ad esaurirsi, così come l'utilizzo dello spauracchio della "malattia da decompressione", ostacolo quasi insormontabile per chi si ritrovasse in una condizione simile e volesse decidere di tornare in superficie il più velocemente possibile.
Nonostante tutto, però, devo ammettere che In the deep, a conti fatti, finisce per perdere il confronto con il "rivale" estivo e già citato The Shallows principalmente a causa di un elemento di realismo che pare più sacrificato in questo caso che non nell'altro, nonostante l'ottimo doppio finale pronto a smussare gli angoli di un'impresa davvero quasi impossibile: senza dubbio questa riflessione è figlia anche delle aspettative che avevo finito per alimentare all'indirizzo del titolo qui presente, eppure l'idea di Blake Lively che conta i secondi per capire quanto tempo lo squalo che la assedia impiega per compiere il suo giro e lanciarsi alla disperata a nuoto verso la boa mi è parsa - tra le altre - molto più vera, di pancia ed umana delle continue discese e risalite delle due sorelline nella speranza di contattare via radio il capitano della nave, o l'incapacità dello squalo che le ha prese di mira di farle a pezzettini prima di subito, considerate le condizioni della gabbia e le dimensioni dello squalo stesso.
A "remare contro" anche una CGI per me non troppo convincente, la totale assenza di altre creature sott'acqua - impossibile che a quelle profondità, nonostante la presenza del predatore, non si veda neanche uno straccio di pescetto per tutta l'ora e mezza di durata della pellicola - ed una sensazione di claustrofobia che, nonostante tutto - io detesto andare sott'acqua, nonostante adori il mare, nuotare e via discorrendo, e sono una pippa anche a fare snorkeling -, non mi è parsa così insostenibile.
Non voglio, però, smontare troppo quello che resta comunque un buon prodotto d'intrattenimento, che mi sono goduto dal primo all'ultimo minuto, ha mantenuto sveglia perfino Julez soverchiata dagli impegni di mamma a tempo pieno e fatto battere il cuore dell'estate come se fossimo ancora all'inizio di giugno, con la cavalcata verso la stagione più calda e rilassata dell'anno ancora da compiersi: dunque, se volete concedervi un ultimo tuffo prima di accettare il fatto che arriveranno la pioggia e le giacche, ed i sogni ed il relax scivoleranno dagli alberi come foglie morte, In the deep è quello che fa per voi.
Soltanto ricordate di guardarvi bene attorno, perchè non è detto che l'appetito dello squalo possa essere considerato saziato.




MrFord




 

lunedì 29 agosto 2016

Saloon's Bullettin #7




Lo dichiaro senza mezzi termini e con grande gioia: Una spia e mezzo è il cult fordiano dell'estate, con un The Rock scatenato - e divertentissimo - ed un Kevin Hart - che non ho mai particolarmente amato - perfettamente in parte, una spy-comedy ritmata, tamarra e sopra le righe di quelle buone per far gioire il popolo dei pane e salame ed imprecare tutti i radical come Cannibal.
Goduto dal primo all'ultimo minuto, questo prodotto chiaramente ad uso e consumo del grande pubblico, con lacune di scrittura evidenti, è una delle cose più spassose che siano capitate da queste parti negli ultimi mesi e nel pieno di un'annata che può dirsi ben lontana dall'essere memorabile.
Personalmente, me ne sbatto di quello che possano pensare i presunti puristi del Cinema: soprattutto in estate, pellicole come questa sono una manna dal cielo, specie quando, per un motivo o per un altro - ed in questo caso quello grosso come una casa si chiama Dwayne Johnson, alias The Rock - risultano particolarmente riuscite (due bicchieri).
In vena di pellicole estive e pronto a stimolare nuove visioni oltre i cartoni animati per il Fordino, ho recuperato in gran freschezza anche Tartarughe Ninja 2 - Fuori dall'ombra, sequel del reboot di un paio d'anni fa che prosegue nel trend positivo - almeno rispetto alle pellicole dedicate ai Teenage Mutant Ninja Turtles che si dovette sorbire la mia generazione - del brand pur non raccontando o aggiungendo nulla di nuovo, lasciandosi dimenticare abbastanza in fretta.
Plauso al regista per non aver quasi mai inquadrato i pollici di Megan Fox ed ai nuovi villains Bebop e Rocksteady - realizzati interamente in digitale come le tartarughe tranne che per la loro parentesi umana, che spicca considerato il volto prestato a Rocksteady dal wrestler WWE Sheamus -, rimandato invece il Casey Jones di Stephen Amell, sequenze spettacolari - la lotta sopra e nella giungla -, buon ritmo e risultato innocuo e leggero.
Quando si dice estate, per l'appunto (un bicchiere e mezzo).
Al centro, invece, di accesissime polemiche tra fan del cult anni ottanta, haters e nuovi sostenitori è giunto sugli schermi di casa Ford anche il nuovo Ghostbusters, che, lo ammetto, ha finito per sembrarmi enormemente inutile: il problema non è tanto la mancanza di rispetto o la differenza di valore rispetto al lavoro di Reitman, quanto la povertà di idee ed una certa superficialità complessiva - lo stesso Hemsworth, tanto celebrato per l'apparente svolta comica, mi è parso forzato e fuori luogo -.
Le menate, dunque, dei supernerdoni sono esagerate, ma di certo chiunque lo veda non si troverà di fronte quello che il Cinema, di norma, consegna alla Storia come un cult: idee riciclate, script scopiazzato - questo occorre ammetterlo - dall'originale, personaggi che non entrano nel cuore e si fanno ricordare soltanto per essere la prima squadra di questo tipo tutta al femminile, un piglio da commedia che rinuncia alla parte più fantasy e quasi spaventosa del film che l'ha ispirato ed un'atmosfera da "tiriamo a campare" che non lascerà segno alcuno, almeno nel sottoscritto.
E le apparizioni a scopo di marketing di Murray, Aykroid, Ernie Hudson e Sigourney Weaver hanno finito per farmi davvero una gran tristezza (un bicchiere e mezzo).
A cercare di far riprendere il sottoscritto è dunque giunto il nuovo Star Trek - Beyond firmato dal Justin Lin di Fast&Furious, senza dubbio il più debole dei tre titoli fino ad ora usciti legati al reboot/prequel del celebre franchise legato alle serie televisive ed ai film dedicati all'equipaggio dell'Enterprise, cui mancano sia l'approfondimento psicologico e di scrittura che l'epicità dei due precedenti firmati da J. J. Abrams, questa volta presente soltanto nella veste di produttore: nulla che non vada, nel mix tra ritmo indiavolato, battute niente male ed omaggi a Leonard Nimoy, eppure tutto è parso piuttosto piatto ed elementare nell'evoluzione, neanche ci trovassimo in una puntata di trenta minuti scarsi di un cartone animato che deve per contratto vedere i buoni essere messi in difficoltà e poi vincere, piuttosto che in un blockbuster intelligente da Nuovo Millennio.
Una mezza occasione sprecata, ma senza dubbio una mezza occasione sprecata che si lascia vedere un gran bene (due bicchieri).
A chiudere la settimana è tornato su questi schermi il sottovalutato Collet-Serra con The Shallows, adattato in maniera indegna dai distributori italiani e sparito nei meandri dell'estate almeno fino al suo recupero post-ferie giunto in tempo per far tornare il sottoscritto con la mente ai giorni passati al mare: Blake Lively, diretta neanche fossimo in una sorta di soft porno, tiene inchiodati alla poltrona per un'ora e venti scarsa raccontando come e meglio di quanto non venne fatto in Open Water l'odissea di una giovane surfista in Messico alla ricerca di se stessa e del ricordo della madre morta da poco costretta a lottare per la sopravvivenza contro uno squalo assetato di sangue.
Assolutamente non perfetto e senza dubbio esagerato sotto molti aspetti, questo The Shallows - o Paradise Beach - Dentro l'incubo, come lo vedrete nelle nostre sale in questi giorni - resta comunque un prodotto d'intrattenimento solido e molto interessante, pronto a rinnovare lo spauracchio che, da Spielberg a Sharknado, hanno rappresentato e rappresentano i predatori numero uno degli oceani.
Anche in questo caso, niente di nuovo sotto il sole, ma un niente di nuovo dai denti molto, molto affilati (due bicchieri).





MrFord

domenica 30 agosto 2015

Sharknado 3 - Oh Hell No!

Regia: Anthony C. Ferrante
Origine: USA
Anno: 2015
Durata: 88'






La trama (con parole mie): Fin Shepard, alle spalle le avventure a Los Angeles e New York che l'hanno fatto assurgere ad eroe assoluto antisqualo premiato anche dal Presidente degli Stati Uniti, in grado ormai di percepire anche fisicamente l'arrivo degli Sharknado è costretto a riprendere la motosega in mano per affrontare una nuova ondata di predatori piovuti dal cielo, viaggiando da Washington ad Orlando per mettere al sicuro la figlia adolescente e la moglie incinta.
Sulla strada incontrerà vecchi amici e nuovi alleati, e per affrontare la minaccia crescente si troverà costretto anche a rispolverare il rapporto con il padre, astronauta in pensione che con lui non ha mai avuto un buon rapporto: riusciranno i due a coesistere e salvare ancora una volta gli USA dagli squali?








Ricordo bene quando, nell'estate del duemilatredici, nel pieno del mio periodo lontano dal lavoro per la paternità, a casa per tre mesi come fossi uno studente, godendomi il mare come forse mai in vita mia, dedicammo una sera del soggiorno a Viareggio alla visione del primo Sharknado, in compagnia di una buona parte della tribù fordiana in trasferta: il risultato fu una visione talmente divertente e sguaiata da apparire a tratti geniale, e lasciare un'impronta indelebile nella mia carriera di spettatore e nel pubblico più in generale, tanto da generare una sorta di culto e di appuntamento estivo imprescindibile.
Peccato che, nonostante il livello di trash fosse irrimediabilmente alto, con il secondo capitolo l'operazione cominciasse a mostrare il fianco ed il suo reale valore, finendo per far sorridere, piuttosto che divertire senza ritegno, benchè la moda avesse attratto molti volti noti lieti di partecipare anche per pochi secondi alle riprese: la stessa dinamica si è ripetuta quest'anno, finendo di nuovo per far rimpiangere quella mitica "prima volta" del duemilatredici nonostante, di fatto, il livello complessivo sia risultato superiore a quello del capitolo precedente.
Di fatto, Sharknado è una porcata di proporzioni bibliche che soltanto armati di una buona predisposizione in termini di ironia e gusto dell'orrido è possibile affrontare, magari supportati da patatine, alcool a fiumi e rutto libero: vedere Ian Ziering, profugo di Beverly Hills reinventatosi, di fatto, grazie al personaggio di Fin Sheperd tagliuzzare squali a colpi di motosega come fosse la cosa più naturale del mondo finisce sempre per avere un effetto catartico, quasi esistesse un grande cuscino pronto a pararci il culo anche nel momento in cui tutto il Cinema dovesse crollare sbriciolato e senza speranza di essere ricostruito dalle proprie macerie.
Certo, svanito l'effetto novità del primo capitolo tutto ha comunque il sapore del già sentito - e dunque, sguaiato o divertente che sia, anche più triste -, eppure momenti come quelli che vedono le partecipazioni di Lorenzo Lamas, Chris Jericho - che dopo Kurt Angle nella pellicola precedente, diventa il secondo wrestler professionista ad entrare nel mondo di Sharknado -, George Martin e soprattutto David Hasselhoff riescono ancora a spolverare le risate delle grandi occasioni, un pò come la parodia della storica immagine dei marines ad Iwo Jima nella prima parte della pellicola, incentrata sulla tempesta di squali pronta ad abbattersi su Washington.
Personalmente, ho anche apprezzato l'ambientazione ad Orlando - ricordo benissimo la sfera della Universal all'interno della quale si rifugiano Fin e soci dai tempi della visita degli occupanti del Saloon ai parchi tematici della città della Florida - e l'assoluta mancanza di vergogna da parte di regista, troupe e cast, pronti, se non altro, con coraggio a premere forte sull'acceleratore del trash senza preoccuparsi minimamente di apparire davvero oltre, ed ugualmente portando sullo schermo un prodotto che, per quanto infimo, non offende o sconvolge forzatamente nessuno e, di fatto, invita a riderci sopra, senza alcuna pretesa.
L'unico, vero rischio - già in parte concretizzato - è che un'operazione iniziata come un vero e proprio fulmine a ciel sereno - in senso positivo - si trasformi in un'abitudine che tende allo scontato, specie considerato il già annunciato quarto episodio della saga con tanto di finale aperto - che non mi ha fatto impazzire, lo ammetto - e coinvolgimento "social" del pubblico in vista della prossima estate.
Staremo a vedere: per il momento, confido che Ferrante e Ziering possano stupirmi come due anni or sono, e magari osare nel portare in scena molti più squali e, perchè no, anche molti più wrestlers.



MrFord




"My body is burning
it starts to shout
desire is coming
it breaks out loud
lust is in cages
till storm breaks loose
just have to make it
with someone I choose
the night is calling."

Scorpions - "Rock you like an hurricane" - 





mercoledì 20 marzo 2013

Arbitrage - La frode

Regia: Nicholas Jarecki
Origine: USA
Anno: 2012
Durata: 107'
 



La trama (con parole mie): Robert Miller è un magnate di successo, un milionario potente alle prese con affari che smuovono capitali da fantascienza al comando di un vero e proprio impero, un padre di famiglia spesso in ritardo ma sempre pronto a tornare a casa nei momenti che contano.
Robert Miller, però, è anche un uomo che cerca di proiettare un'immagine da vincente in modo da avere sempre le spalle in qualche modo coperte, anche quando gli affari non vanno così bene e tocca liquidare il suddetto impero grazie a trucchi da illusionista e squalo che, se portati alla luce, lo condurrebbero dritto in galera.
Il rischio maggiore però viene dall'amante di Miller, l'artista francese Julie, che una notte durante una gita in macchina muore a causa di un incidente causato da un colpo di sonno dell'uomo che, una volta in fuga, muove ogni pedina gli sia possibile affinchè tutto possa essere risolto sott'acqua, senza che le increspature turbino gli affari.
Riuscirà il capitano d'industria a far quadrare conti e questioni legali? O il detective Bryer sarà in grado di mettergli i bastoni tra le ruote?





Film come Arbitrage tornano sempre utili, nel loro sapore Classico, un pò come un whisky di malto che si sorseggia seduti in poltrona, in tranquillità, lasciandolo scivolare fin nel profondo e ben sapendo che il suo calore difficilmente si trasformerà nel malessere del "day after": il lavoro di Nicholas Jarecki, infatti, ripercorre le orme dei legal thriller dal sapore vagamente eighties che nel corso della mia infanzia funzionavano alla grande nel weekend, quando in casa Ford si riusciva, di tanto in tanto, a raggrupare tutta la famiglia davanti a titoli che mettessero d'accordo due onnivori affamati di pellicole come me e mio fratello - allora senza whisky - e spettatori occasionali come i nostri genitori, che non sono mai stati grandi amanti della settima arte.
Come se non bastasse, considerate le aspettative pressochè assenti che nutrivo alla vigilia, devo ammettere che la riflessione sul Potere e la sua gestione è riuscita a mantenere vivo il mio interesse dal primo all'ultimo minuto con una discreta facilità evitando al contempo di perdere troppi colpi dal punto di vista della logica, sfruttando una più che buona prova di Richard Gere, che porta sullo schermo un personaggio che pare la versione "romantica" del Gordon Gekko di wallstreetiana memoria.
Certo, la vicenda di Robert Miller e la sua lotta per mantenere a galla un impero milionario proiettando sempre e comunque l'immagine del vincente infallibile non sarà una novità e neppure una visione che sconvolgerà il vostro panorama del Cinema nel corso di questo 2013, eppure il meccanismo gira senza intoppi, stimola curiosità nello spettatore e giunge alla sua conclusione sfoderando anche una chiusura quasi autoriale con una neppure troppo velata critica ad un sistema che privilegia e privilegerà sempre gli squali ed il Potere - sia esso dato dal denaro, dalla politica o dai rapporti che si creano in una coppia o in famiglia - a scapito di chi lotta e si dibatte affinchè un giusto ordine delle cose possa essere di nuovo costituito - emblematico il personaggio del detective Bryer interpretato da Tim Roth, cornuto e mazziato nonostante i tentativi di mettere alle strette Miller/Gere inchiodandolo alle sue evidenti bugie e manipolazioni -.
Restiamo comunque nell'ambito del patinatissimo prodotto hollywoodiano, ma occorre dare merito a Jarecki di aver trovato un invidiabile equilibrio nel proporre una vicenda che in mano ad altri avrebbe rischiato retorica, confusione e conseguenti copiose bottigliate come fosse un compromesso tra il gusto del grande pubblico, una strizzata d'occhio ad un genere che negli ultimi anni ha certamente perso il suo antico splendore e perfino diversi risvolti quasi "di nicchia", ovviamente ben celati probabilmente per non incorrere in tagli o modifiche da parte di una produzione che avrà voluto senza dubbio e con forza l'impostazione laccata che Arbitrage porta - volente o nolente - nel profondo di ogni suo fotogramma.
In periodi di calma cinematografica come quello del post-Oscar, prodotti di questo genere, onesti e senza troppe pretese, realizzati con professionalità nonostante la forte impronta mainstream e quasi televisiva - l'influenza delle serie tv di stampo crime è evidente - sono perfetti per accompagnarci in serate senza troppo impegno e, chissà, anche ricordare visioni che hanno fatto parte della nostra formazione di appassionati.


MrFord


"I need a dollar dollar, a dollar is what I need
hey hey
well I need a dollar dollar, a dollar is what I need
hey hey
and I said I need dollar dollar, a dollar is what I need
and if I share with you my story would you share your dollar with me."
Aloe Blacc - "I need a dollar" -


sabato 1 settembre 2012

Lo squalo

Regia: Steven Spielberg
Origine: Usa
Anno: 1975
Durata: 124'




La trama (con parole mie):  Brody, poliziotto di New York poco avvezzo alla vita di mare trasferitosi da neppure un anno con la famiglia nell'isola di Amity, meta del turismo balneare estivo, inaugura la sua prima stagione come capo delle forze dell'ordine locali con il ritrovamento del corpo dilaniato di una ragazza avventuratasi in acqua per un bagno notturno.
Il responso pare essere quello più terribile: uno squalo solitario divenuto stanziale nella zona è il responsabile del massacro, e non si fermerà fino a quando continuerà ad avere cibo accessibile.
Osteggiato dal sindaco e dagli esercenti del posto in attesa degli importanti introiti dell'alta stagione, l'uomo potrà contare soltanto sull'aiuto dell'oceanografo Hooper e del ruvido cacciatore Quint, che con lui organizzeranno una spedizione che prevede l'uccisione della bestia e la fine delle morti.





Non è facile, per un film, riuscire ad essere convincente e potente abbastanza per essere considerato a tutti gli effetti una sorta di definizione "vivente" del significato di cult: senza dubbio, Lo squalo riesce ad essere ancora oggi, a quasi quarant'anni dalla sua realizzazione, uno dei più solidi rappresentanti della categoria.
A memoria, credo che soltanto Hitchcock con Gli uccelli sia riuscito a fare di meglio rispetto ad un'epopea di fiction basata sulla paura di un esponente - seppur, in questo caso, decisamente pericoloso - figlio della Natura e non della fantasia di qualche esperto di creature mostruose ed effetti speciali: Spielberg, ancora fresco del fulminante esordio con Duel, costruisce in tutta la prima parte della pellicola una macchina perfetta di tensione e terrore senza neppure preoccuparsi di mostrare la creatura, destreggiandosi alla perfezione tra le difficoltà di Brody di ottenere un aiuto concreto dal sindaco e dai proprietari di alberghi e spiagge di Amity, la stupidità dei cacciatori improvvisati ed un ritmo soffuso da predatore in attesa, non solo richiamo al già citato stile hitchcockiano ma anche perfetta interpretazione della più classica struttura thrilling che riprenderà pur se con modalità differenti anche nei successivi Incontri ravvicinati del terzo tipo ed E. T., destinati a diventare - come Lo squalo, del resto - pietre miliari del loro genere e non solo.
Ad accontentare, invece, gli assetati di azione e sangue, il regista pensa nella seconda parte, cambiando completamente registro di narrazione virando sulle influenze di Melville e del suo Moby Dick, con la sfida dell'Uomo - questa volta incarnato dai tre protagonisti partiti alla ricerca dello squalo - alla Natura: se, infatti, Brody è costruito per le sue responsabilità da padre di famiglia e rappresentante della legge pronto a tutto per difendere il suo territorio - cosa, peraltro, molto animale -, Hooper incarna la volontà della Scienza di imporsi grazie al raziocinio e a quel pizzico di follia necessario per compiere ogni impresa degna di questo nome mentre Quint, capitano dell'Orca e perfetta scheggia impazzita all'interno del terzetto rispecchia nel migliore dei modi l'ossessione di Achab e la volontà di chi è esploratore per indole di superare sempre e comunque ogni limite fino a rasentare l'ossessione, a partire dai propri.
Il duello con lo squalo, che rimanda alle atmosfere di tutti i film da vecchi lupi di mare da Gli ammutinati del Bounty ai più recenti Master&Commander e La tempesta perfetta, è un concentrato di azione, adrenalina e terrore, ed il predatore, realizzato magnificamente, risulta credibile e spaventoso ancora oggi, mitico almeno quanto il motivo della colonna sonora, divenuto uno dei più celebri della Storia della settima arte.
Ricordo l'incredibile visita agli Universal Studios dell'ottobre 2010 con Julez, e la visita alla replica di Amity con tanto di attrazione legata a questa meraviglia spielberghiana, con la nave che beccheggia e la creatura uscita dalle onde pronta a fare incetta di turisti sprovveduti, e la prima visione di questa meraviglia, quando ancora in tv girava il doppiaggio originale - che molti fan hardcore ancora rimpiangono rispetto alle più recenti riproposizioni in dvd e bluray della pellicola -.
Sono passati anni, a volte decenni, eppure la meraviglia che si prova di fronte a Lo squalo è sempre la stessa: potenza del Cinema, senza dubbio, ma anche di uno dei suoi più grandi interpreti, che nonostante gli scivoloni recenti resta una delle voci più autorevoli che gli States abbiano mai regalato al mondo intero in questo campo.
E la risata quasi folle di Quint che porta al limite la sua barca per sfiancare lo squalo apparentemente invincibile ben conscio di rischiare la propria vita prima di tutto è un pezzo d'antologia per uno dei personaggi più cazzuti e fuori di testa che al Saloon si possano celebrare: questo, signore e signori, è Cinema tutto d'un pezzo, di quelli da non dimenticare mai, e continuare a vedere e rivedere con tutto lo stupore della prima volta.


MrFord


"Hai sentito la novità?
Lo Squalo bianco si estinguerà 
si però lo squalo, quello di Spielberg
mi ha rovinato il piacere del bagno in mare
eh per forza, mangiava motoscafi, barche,
pontili e bomboloni del gas
e con questa dieta, ricca di legname
prima o poi ti si incastra qualcosa nel
gargaroz!"
Elio e Le Storie Tese - "Gargaroz" -


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