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lunedì 26 giugno 2017

Baywatch (Seth Gordon, USA, 2017, 116')




Praticamente potrei dire di aver aspettato questo tamarro ed ignorantissimo reboot di Baywatch - storica serie che fu uno dei simboli delle generazioni che vissero gli anni novanta - quanto ogni anno, già dal pieno dell'inverno, aspetto l'estate per godermi il sole, il caldo, le canottiere, la luce fino a tardi e via discorrendo: del resto, quando mai sarebbe ricapitata una pellicola con lo stesso sapore di cose come Nonno scatenato o lo Starsky e Hutch con Stiller e Wilson di una decina d'anni fa con Dwayne "The Rock" Johnson come protagonista, spalleggiato da ragazze con tutti gli argomenti al loro posto come Alexandra Daddario e Kelly Rohrbach?
E devo ammettere che il pubblico e la critica americani e non solo ce l'hanno messa davvero tutta, per cercare di smontare l'hype alle stelle che coltivavo, stroncando il lavoro di Seth Gordon come la peggiore delle merde - e vi assicuro, nel duemiladiciassette ho visto cose decisamente più orribili di questa, artisticamente parlando - e soprattutto consegnando ad attori, produzione e regista un flop piuttosto pesante al botteghino, cosa davvero inspiegabile sempre considerato, al contrario, il successo di schifezze atomiche uscite nel corso degli anni.
Ma andiamo oltre.
Secondo me dietro a pareri così negativi il problema non è dato tanto dalla pellicola, quanto dall'approccio di chi la guarda, una specie di "fenomeno McDonald's" cinematografico: quando vado in un fast food, tendenzialmente lo faccio perchè voglio riempirmi come un porco di schifezze, e non pensare di ritrovarmi di fronte un piatto da ristorante stellato, un pò come quando, nel corso di un allenamento o nel pieno della stagione estiva della mente e del cuore più leggeri, preferisco ascoltarmi Despacito piuttosto che qualche pezzone strappacuore di Tom Waits o chi per lui.
E Baywatch è questo, puro e semplice.
E' il Despacito del Cinema, sopra le righe, sguaiato, tamarro all'inverosimile, ma anche guascone e simpatico, pronto a prendersi per il culo e ad uscire dal seminato sfruttando perfino qualche colpo da metacinema - dal riferimento ad High School Musical indirizzato a Zach Efron ai ralenti, passando per l'apparizione assolutamente geniale di David Hasselhoff, star della serie originale e personaggio cultissimo per almeno due o tre generazioni di spettatori del piccolo schermo -, pronto a soddisfare l'occhio del pubblico sia maschile che femminile, a scorrere senza danno e con leggerezza, a strappare qualche sana risata di pancia - ma non aspettatevi battute "alte" - e chiudere come si conviene ad un popcorn movie da estate piena e desiderio di un cocktail gelato, il rumore delle onde e qualche bella signorina a farvi compagnia.
Sinceramente, non potrei chiedere di più, ad una produzione che fa dell'ignoranza il suo punto forte, il suo vanto, l'arma perfetta per scardinare le difese dello spettatore nel momento in cui i suoi neuroni necessitano di una bella serata da libera uscita: dunque, ben vengano Baywatch, il suo sequel - che, considerati gli incassi, dubito verrà prodotto purtroppo -, le tamarrate, i muscoli tiratissimi del buon Dwayne e di Zac Efron e le tette in perenne movimento della Daddario e della Rohrbach, con il vento nei capelli e l'oceano ad incorniciare il tutto.
Questa è l'estate. E, con buona pace di tutti gli snob, anche questo è a suo modo Cinema.




MrFord




domenica 12 marzo 2017

Sharknado 4 - The 4th awakens (Anthony C. Ferrante, USA, 2016, 95')




Ricordo quando, nel corso dell'estate duemilatredici dei tre mesi e mezzo a casa in paternità a godermi la bella stagione neanche fossi tornato ai tempi della scuola, durante la vacanza al mare guardammo, con la suocera Ford ed i tre cugini allora all'inizio dell'adolescenza di Julez il primo Sharknado.
E ricordo quanto nella sua infinita, clamorosa bruttezza, celasse uno spirito travolgente ed un'involontaria genialità.
Giunti - stancamente - al quarto capitolo della saga, non ci sono apparizioni di icone del passato, citazioni cinematografiche, trashate che tengano.
E' rimasta solo un'inesorabile tristezza.
Oltre ad un vero tornado di merda cinematografica.
Basterebbe soltanto un'affermazione sempre di Julez giunta dalla zona computer mentre ero sul divano a neppure metà visione - novantacinque minuti che paiono duecento -: "Non mi era mai capitato di vederti giocare al cellulare mentre guardi un film".
Del resto, tra "sabbianado" e soci, le alternative non erano davvero molte altre.



MrFord



 

domenica 30 agosto 2015

Sharknado 3 - Oh Hell No!

Regia: Anthony C. Ferrante
Origine: USA
Anno: 2015
Durata: 88'






La trama (con parole mie): Fin Shepard, alle spalle le avventure a Los Angeles e New York che l'hanno fatto assurgere ad eroe assoluto antisqualo premiato anche dal Presidente degli Stati Uniti, in grado ormai di percepire anche fisicamente l'arrivo degli Sharknado è costretto a riprendere la motosega in mano per affrontare una nuova ondata di predatori piovuti dal cielo, viaggiando da Washington ad Orlando per mettere al sicuro la figlia adolescente e la moglie incinta.
Sulla strada incontrerà vecchi amici e nuovi alleati, e per affrontare la minaccia crescente si troverà costretto anche a rispolverare il rapporto con il padre, astronauta in pensione che con lui non ha mai avuto un buon rapporto: riusciranno i due a coesistere e salvare ancora una volta gli USA dagli squali?








Ricordo bene quando, nell'estate del duemilatredici, nel pieno del mio periodo lontano dal lavoro per la paternità, a casa per tre mesi come fossi uno studente, godendomi il mare come forse mai in vita mia, dedicammo una sera del soggiorno a Viareggio alla visione del primo Sharknado, in compagnia di una buona parte della tribù fordiana in trasferta: il risultato fu una visione talmente divertente e sguaiata da apparire a tratti geniale, e lasciare un'impronta indelebile nella mia carriera di spettatore e nel pubblico più in generale, tanto da generare una sorta di culto e di appuntamento estivo imprescindibile.
Peccato che, nonostante il livello di trash fosse irrimediabilmente alto, con il secondo capitolo l'operazione cominciasse a mostrare il fianco ed il suo reale valore, finendo per far sorridere, piuttosto che divertire senza ritegno, benchè la moda avesse attratto molti volti noti lieti di partecipare anche per pochi secondi alle riprese: la stessa dinamica si è ripetuta quest'anno, finendo di nuovo per far rimpiangere quella mitica "prima volta" del duemilatredici nonostante, di fatto, il livello complessivo sia risultato superiore a quello del capitolo precedente.
Di fatto, Sharknado è una porcata di proporzioni bibliche che soltanto armati di una buona predisposizione in termini di ironia e gusto dell'orrido è possibile affrontare, magari supportati da patatine, alcool a fiumi e rutto libero: vedere Ian Ziering, profugo di Beverly Hills reinventatosi, di fatto, grazie al personaggio di Fin Sheperd tagliuzzare squali a colpi di motosega come fosse la cosa più naturale del mondo finisce sempre per avere un effetto catartico, quasi esistesse un grande cuscino pronto a pararci il culo anche nel momento in cui tutto il Cinema dovesse crollare sbriciolato e senza speranza di essere ricostruito dalle proprie macerie.
Certo, svanito l'effetto novità del primo capitolo tutto ha comunque il sapore del già sentito - e dunque, sguaiato o divertente che sia, anche più triste -, eppure momenti come quelli che vedono le partecipazioni di Lorenzo Lamas, Chris Jericho - che dopo Kurt Angle nella pellicola precedente, diventa il secondo wrestler professionista ad entrare nel mondo di Sharknado -, George Martin e soprattutto David Hasselhoff riescono ancora a spolverare le risate delle grandi occasioni, un pò come la parodia della storica immagine dei marines ad Iwo Jima nella prima parte della pellicola, incentrata sulla tempesta di squali pronta ad abbattersi su Washington.
Personalmente, ho anche apprezzato l'ambientazione ad Orlando - ricordo benissimo la sfera della Universal all'interno della quale si rifugiano Fin e soci dai tempi della visita degli occupanti del Saloon ai parchi tematici della città della Florida - e l'assoluta mancanza di vergogna da parte di regista, troupe e cast, pronti, se non altro, con coraggio a premere forte sull'acceleratore del trash senza preoccuparsi minimamente di apparire davvero oltre, ed ugualmente portando sullo schermo un prodotto che, per quanto infimo, non offende o sconvolge forzatamente nessuno e, di fatto, invita a riderci sopra, senza alcuna pretesa.
L'unico, vero rischio - già in parte concretizzato - è che un'operazione iniziata come un vero e proprio fulmine a ciel sereno - in senso positivo - si trasformi in un'abitudine che tende allo scontato, specie considerato il già annunciato quarto episodio della saga con tanto di finale aperto - che non mi ha fatto impazzire, lo ammetto - e coinvolgimento "social" del pubblico in vista della prossima estate.
Staremo a vedere: per il momento, confido che Ferrante e Ziering possano stupirmi come due anni or sono, e magari osare nel portare in scena molti più squali e, perchè no, anche molti più wrestlers.



MrFord




"My body is burning
it starts to shout
desire is coming
it breaks out loud
lust is in cages
till storm breaks loose
just have to make it
with someone I choose
the night is calling."

Scorpions - "Rock you like an hurricane" - 





domenica 9 agosto 2015

Spongebob - Il film

Regia: Stephen Hillenburg, Mark Osborne
Origine:
USA
Anno: 2004
Durata: 87'






La trama (con parole mie): nel cuore dell'oceano, a Bikini Bottom, Mr. Krabs, uomo d'affari responsabile del successo dei Krubby Patty, è in procinto di aprire un secondo fast food interamente dedicato ai suoi irresistibili panini proprio accanto all'originale, suscitando le invidie di Plankton, pronto a ricorrere ad un famigerato "Piano Z" per distruggere il suo rivale in affari.
Spongebob, giovane spugna, invece, sogna di diventare il manager del nuovo locale aperto da Krabs: quando la delusione per non essere stato scelto lo farà rifugiare nel gelato e la tristezza parrà una condizione senza più ritorno, proprio la lotta tra il suo capo e Plankton tornerà ad alimentare le speranze di riscatto e successo del giallo abitante delle profondità dell'oceano.
Spongebob ed il suo migliore amico Patrick la stella marina, infatti, si offriranno di partire per una missione apparentemente impossibile in modo da scagionare Krabs agli occhi del Re Nettuno, in modo da non essere più considerati ragazzini e trovare il loro posto nella società di Bikini Botton.
Riusciranno a compiere l'impresa?










Alle spalle l'esperienza illuminante del recente Fuori dall'acqua e recuperato quello che dagli appassionati viene considerato il supercult totale dedicato al personaggio, posso affermare di essermi completamente ricreduto: Spongebob è inequivocabilmente, inesorabilmente, incondizionatamente un idolo del Saloon e del sottoscritto.
Un charachter assurdo che avevo sempre giudicato inutile è riuscito, con due pellicole tanto semplici quanto geniali, a cambiare radicalmente il punto di vista storico del sottoscritto rispetto a questa spugna dai molteplici talenti, orchestrata in pieno equilibrio tra metacinema e grottesco in stile Monty Python dai suoi creatori: fin dall'apertura dedicata ai pirati in cerca del biglietto per la proiezione del film l'impressione è quella di avere tra le mani una scheggia impazzita della settima arte - e non solo dell'animazione -, il cui unico limite, forse, è quello di essere talmente oltre da rischiare di spiazzare completamente i non avvezzi e tutti i poco propensi a mantenere la mente elastica neanche ci si trovasse nel pieno di un trip allucinogeno.
In un certo senso, e con il senno di poi, ho trovato questo Spongebob - Il film un equivalente scombinato ed animato del recente e decisamente autoriale Vizio di forma: un'esperienza visiva e sensoriale - nel mio caso, è stato un continuo sghignazzare - neanche si fosse fatta indigestione di Space Cake o funghetti ad Amsterdam, resa ancora più grandiosa da uno dei momenti trash più incredibili dai tempi del primo Sharknado, concretizzatosi con l'apparizione di David Hasselhoff, uno tra i volti più importanti - ed improbabili - del piccolo schermo tra gli anni ottanta e novanta, da Supercar a Baywatch.
Per il resto, la brigata Spongebob - che verrà ulteriormente approfondita nel già citato Fuori dall'acqua - regala momenti di assoluto nonsense e divertimento, e l'intera opera si rivela un intelligente road trip che mescola reminiscenze di Guerre stellari ai Classici Disney, passando per un gusto assolutamente sopra le righe in grado, più che di mostrare un'attitudine finto radical o una critica al sistema gratuita, sprazzi di assoluto talento e grande occhio nell'analizzare Bikini Bottom come se fosse una parte del mondo, e di noi stessi.
In realtà il segreto di un prodotto come questo è quello di viverlo senza ritegno e fino in fondo, accettando qualsiasi sua intemperanza, dagli scambi di battute in stile Apatow di Spongebob e Patrick ai momenti in stile musical - stupefacente la canzone sulla crescita dei baffi, e memorabile la sequenza sulle note di I want to rock nel finale -, passando per una rappresentazione solo ad una prima vista - molto superficiale - nonsense ed assurda, perchè Spongebob - Il film è una chicca degna di essere considerata cult movie, una sfida lanciata non solo all'animazione, ma al Cinema in generale.
In fondo, ci vuole coraggio da vendere di autori e registi, per lanciare sul mercato e consegnare al pubblico un protagonista assolutamente fuori dagli schemi - esteticamente e per approccio - contornato da ambientazioni e comprimari che lo sono altrettanto: e Spongebob, con o senza baffi, è quanto di più irriverente, assurdo e solo apparentemente improvvisato e trash possa capitare in questo senso.
Dai botta e risposta con Patrick al confronto con il mondo dei "grandi" nel corso del loro viaggio, tutto funziona, anche quando il risultato, ad un'occhiata superficiale, parrebbe gridare ferocemente al contrario: la verità è che il film dedicato a Spongebob è una fucina di idee, trovate irriverenti, personaggi destinati a diventare un must assoluto per gli amanti del genere.
Da un certo punto di vista potrebbe suonare strano e riduttivo il fatto che non tutti possono gradire un prodotto anarchico come questo, ma trovo che, in fondo, sia irrilevante: Spongebob è un salto nel vuoto, un atto di fede, neanche si trattasse di cose enormi come Lost o Twin Peaks.
Credete nella spugna, e lei crederà sempre in voi.
E sempre per voi sarà disposta a viaggiare ben oltre i confini del mondo da lei conosciuto affinchè possiate invecchiare senza il dispiacere di perdervi i fantomatici Krabby Patty.





MrFord





"TURN IT DOWN YOU SAY,
WELL ALL I GOT TO SAY TO YOU IS TIME AND TIME AGAIN I SAY, "NO!"
NO! NO, NO, NO, NO, NO!
TELL ME NOT TO PLAY
WELL, ALL I GOT TO SAY TO YOU WHEN YOU TELL ME NOT TO PLAY,
I SAY, "NO!"
NO! NO, NO, NO, NO, NO!
SO, IF YOU ASK ME WHY I LIKE THE WAY I PLAY IT
THERE'S ONLY ONE THING I CAN SAY TO YOU."
Twisted Sister - "I wanna rock" - 





lunedì 20 luglio 2015

Kung Fury

Regia: David Sandberg
Origine: Svezia
Anno: 2015
Durata: 31'




La trama (con parole mie): siamo nel millenovecentoottantacinque a Miami, e Kung Fury, il più tosto poliziotto della città, investito nel giorno della drammatica morte del suo partner dai poteri dell'eletto e divenuto il depositario della grandezza della disciplina ed il più grande combattente di arti marziali del mondo, è abituato a sgominare criminali e videogiochi impazziti come se niente fosse, ed alla velocità della luce.
Quando, dagli abissi del tempo, giunge la minaccia di un altro grande esperto di combattimento, Adolf Hitler ribattezzatosi Kung Fuhrer, le cose si complicano: deciso ad eliminare il leader della Germania nazista tornando indietro ai tempi della Seconda Guerra Mondiale aiutato da Hackerman, Kung Fury si ritroverà sbalzato all'epoca degli antichi vichinghi, ed aiutato da due amazzoni, un dinosauro parlante e Thor, dovrà viaggiare fino all'epoca giusta e sgominare la minaccia di Hitler.
Ma sarà davvero così semplice? 







Pensavo che, con il recente The Guest, o con l'indimenticabile primo capitolo di Sharknado, la settima arte avesse regalato al suo pubblico addirittura più di quanto non fece con Drive una definizione perfetta del termine instant cult: evidentemente la perfezione del Cinema, in questo senso, non ha fine, perchè dalla Svezia a sconvolgere ogni spettatore è giunto per direttissima David Sandberg, sceneggiatore, regista e protagonista di quella che, al momento, è la chicca totale dell'anno, Kung Fury.
Al suo esordio - e che esordio con i controcazzi, seppur con un cortometraggio -, Sandberg porta sullo schermo un cocktail assolutamente perfetto di fascino ed amarcord anni ottanta, arti marziali, botte da orbi, teste esplose, dinosauri, guerriere vichinghe, divinità norrene, una lotta al Male identificato con Hitler degna del Tarantino di Bastardi senza gloria, una colonna sonora strepitosa trainata dal meraviglioso True survivor cantato da David Hasselhoff, richiami a videogiochi che hanno fatto la storia di un decennio che ancora oggi è una miniera inesauribile di chicche ed ispirazioni - da Double Dragon a qualsiasi platform a scorrimento da combattimento del periodo - e tutto quello che potreste immaginare fosse possibile inserire in trentun minuti che sono una goduria senza controllo per occhi, cuore e cervello.
Diventato già un fenomeno anche in rete - potete trovarlo nella sua versione integrale sottotitolata anche su Youtube -, Kung Fury diventa senza se e senza ma uno dei titoli dell'anno, esempio perfetto di come si possa realizzare un'opera originale, divertente, fresca ed irriverente pur partendo, di fatto, da atmosfere ed influenze che soprattutto noi che nel corso degli eighties siamo cresciuti e ci siamo formati come spettatori riconosceremo come se fossimo di colpo saltati su una Delorean per viaggiare indietro nel tempo.
Un "ritorno al passato" che Sandberg gestisce alla grandissima, e che regala emozioni, risate, momenti da neuroni zero, altri di affettuosa malinconia, ed altri ancora di hype incontrollato all'idea di vedere il giovane svedese alla prova più grande che si potrebbe chiedere ad un talento appena esploso, nella speranza che non tradisca le aspettative: una produzione adeguata per un lungometraggio vero e proprio, magari ispirato alle gesta del già mitico Kung Fury, charachter che si contenderà con Furiosa il premio di personaggio dell'anno.
Come se non bastasse, la grande ironia e lo spirito profondamente goliardico di tutta l'operazione - che mi ha ricordato un altro supercult di inizio anni novanta, L'armata delle tenebre - conferiscono il potere a Kung Fury di vincere la resistenza sia dei radical chic più convinti che del pubblico occasionale, di fatto portando sullo schermo un linguaggio comprensibile a più livelli e da molteplici angolazioni.
E tra tutte, quella che conta è senza dubbio legata al divertimento sfrenato ed alla grande inventiva che rendono Kung Fury qualcosa di più netto, tosto e definitivo di un instant cult, una perla, o qualunque entusiastico termine si possa considerare: un fottuto, strafottuto, strafottutissimo grande film.
Kung Fury è arrivato.
E nulla sarà più lo stesso.
Calci rotanti, viaggi nel tempo, rivisitazioni della Storia che siano.



MrFord



"Go we need some, go we need some action!
If we're gonna make it like a true survivor
we need some action!
If we wanna take our love away from here."
David Hasselhoff - "True survivor" - 





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