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domenica 9 agosto 2015

Spongebob - Il film

Regia: Stephen Hillenburg, Mark Osborne
Origine:
USA
Anno: 2004
Durata: 87'






La trama (con parole mie): nel cuore dell'oceano, a Bikini Bottom, Mr. Krabs, uomo d'affari responsabile del successo dei Krubby Patty, è in procinto di aprire un secondo fast food interamente dedicato ai suoi irresistibili panini proprio accanto all'originale, suscitando le invidie di Plankton, pronto a ricorrere ad un famigerato "Piano Z" per distruggere il suo rivale in affari.
Spongebob, giovane spugna, invece, sogna di diventare il manager del nuovo locale aperto da Krabs: quando la delusione per non essere stato scelto lo farà rifugiare nel gelato e la tristezza parrà una condizione senza più ritorno, proprio la lotta tra il suo capo e Plankton tornerà ad alimentare le speranze di riscatto e successo del giallo abitante delle profondità dell'oceano.
Spongebob ed il suo migliore amico Patrick la stella marina, infatti, si offriranno di partire per una missione apparentemente impossibile in modo da scagionare Krabs agli occhi del Re Nettuno, in modo da non essere più considerati ragazzini e trovare il loro posto nella società di Bikini Botton.
Riusciranno a compiere l'impresa?










Alle spalle l'esperienza illuminante del recente Fuori dall'acqua e recuperato quello che dagli appassionati viene considerato il supercult totale dedicato al personaggio, posso affermare di essermi completamente ricreduto: Spongebob è inequivocabilmente, inesorabilmente, incondizionatamente un idolo del Saloon e del sottoscritto.
Un charachter assurdo che avevo sempre giudicato inutile è riuscito, con due pellicole tanto semplici quanto geniali, a cambiare radicalmente il punto di vista storico del sottoscritto rispetto a questa spugna dai molteplici talenti, orchestrata in pieno equilibrio tra metacinema e grottesco in stile Monty Python dai suoi creatori: fin dall'apertura dedicata ai pirati in cerca del biglietto per la proiezione del film l'impressione è quella di avere tra le mani una scheggia impazzita della settima arte - e non solo dell'animazione -, il cui unico limite, forse, è quello di essere talmente oltre da rischiare di spiazzare completamente i non avvezzi e tutti i poco propensi a mantenere la mente elastica neanche ci si trovasse nel pieno di un trip allucinogeno.
In un certo senso, e con il senno di poi, ho trovato questo Spongebob - Il film un equivalente scombinato ed animato del recente e decisamente autoriale Vizio di forma: un'esperienza visiva e sensoriale - nel mio caso, è stato un continuo sghignazzare - neanche si fosse fatta indigestione di Space Cake o funghetti ad Amsterdam, resa ancora più grandiosa da uno dei momenti trash più incredibili dai tempi del primo Sharknado, concretizzatosi con l'apparizione di David Hasselhoff, uno tra i volti più importanti - ed improbabili - del piccolo schermo tra gli anni ottanta e novanta, da Supercar a Baywatch.
Per il resto, la brigata Spongebob - che verrà ulteriormente approfondita nel già citato Fuori dall'acqua - regala momenti di assoluto nonsense e divertimento, e l'intera opera si rivela un intelligente road trip che mescola reminiscenze di Guerre stellari ai Classici Disney, passando per un gusto assolutamente sopra le righe in grado, più che di mostrare un'attitudine finto radical o una critica al sistema gratuita, sprazzi di assoluto talento e grande occhio nell'analizzare Bikini Bottom come se fosse una parte del mondo, e di noi stessi.
In realtà il segreto di un prodotto come questo è quello di viverlo senza ritegno e fino in fondo, accettando qualsiasi sua intemperanza, dagli scambi di battute in stile Apatow di Spongebob e Patrick ai momenti in stile musical - stupefacente la canzone sulla crescita dei baffi, e memorabile la sequenza sulle note di I want to rock nel finale -, passando per una rappresentazione solo ad una prima vista - molto superficiale - nonsense ed assurda, perchè Spongebob - Il film è una chicca degna di essere considerata cult movie, una sfida lanciata non solo all'animazione, ma al Cinema in generale.
In fondo, ci vuole coraggio da vendere di autori e registi, per lanciare sul mercato e consegnare al pubblico un protagonista assolutamente fuori dagli schemi - esteticamente e per approccio - contornato da ambientazioni e comprimari che lo sono altrettanto: e Spongebob, con o senza baffi, è quanto di più irriverente, assurdo e solo apparentemente improvvisato e trash possa capitare in questo senso.
Dai botta e risposta con Patrick al confronto con il mondo dei "grandi" nel corso del loro viaggio, tutto funziona, anche quando il risultato, ad un'occhiata superficiale, parrebbe gridare ferocemente al contrario: la verità è che il film dedicato a Spongebob è una fucina di idee, trovate irriverenti, personaggi destinati a diventare un must assoluto per gli amanti del genere.
Da un certo punto di vista potrebbe suonare strano e riduttivo il fatto che non tutti possono gradire un prodotto anarchico come questo, ma trovo che, in fondo, sia irrilevante: Spongebob è un salto nel vuoto, un atto di fede, neanche si trattasse di cose enormi come Lost o Twin Peaks.
Credete nella spugna, e lei crederà sempre in voi.
E sempre per voi sarà disposta a viaggiare ben oltre i confini del mondo da lei conosciuto affinchè possiate invecchiare senza il dispiacere di perdervi i fantomatici Krabby Patty.





MrFord





"TURN IT DOWN YOU SAY,
WELL ALL I GOT TO SAY TO YOU IS TIME AND TIME AGAIN I SAY, "NO!"
NO! NO, NO, NO, NO, NO!
TELL ME NOT TO PLAY
WELL, ALL I GOT TO SAY TO YOU WHEN YOU TELL ME NOT TO PLAY,
I SAY, "NO!"
NO! NO, NO, NO, NO, NO!
SO, IF YOU ASK ME WHY I LIKE THE WAY I PLAY IT
THERE'S ONLY ONE THING I CAN SAY TO YOU."
Twisted Sister - "I wanna rock" - 





lunedì 10 febbraio 2014

All is lost - Tutto è perduto

Regia: J. C. Chandor
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 106'




La trama (con parole mie): un uomo a bordo della sua imbarcazione a vela nel pieno del Pacifico si ritrova nei guai dopo aver urtato un container presumibilmente caduto da una nave da carico. Lo stesso, infatti, ha finito per bucare lo scafo della sua barca causando una falla importante che, dopo una riparazione di fortuna, cede alla furia degli elementi quando una tempesta la investe.
L'uomo è così costretto a rifugiarsi sul gonfiabile di salvataggio e fare conto sul kit di sopravvivenza e su un sestante per capire quale potrebbe essere la direzione presa, in direzione di Sumatra.
Riuscirà con il poco che gli è rimasto a mantenersi vivo sperando nel contempo di intercettare un natante di passaggio per poter essere soccorso?





Le imprese al limite dell'incredibile eppure profondamente umane nella loro realizzazione e nella volontà messa in campo dai protagonisti delle stesse hanno sempre esercitato un fascino particolare, sul sottoscritto, dai sopravvissuti allo schianto aereo di Alive agli esploratori di Kon-Tiki.
L'incontro - e lo scontro - tra Uomo e Natura è un tema, del resto, che la Storia ha riproposto nei secoli dei secoli e che, probabilmente, continuerà a fare parte del grande spettacolo della vita almeno fino a quando noi bipedi continueremo ad abitare da queste parti.
J. C. Chandor, regista dell'ottimo Margin call, che almeno cinematograficamente deve avere davvero due palle d'acciaio, invece di cedere alle lusinghe delle majors e vendersi al miglior offerente e a proposte ben più commerciali ed allettanti, decide di dedicarsi ad un progetto a dir poco coraggioso: un'ora e quaranta di pellicola con una manciata e poco più di parole, risultato del monologo del protagonista - ed unico attore - Robert Redford - peraltro in grande spolvero ed estremamente credibile, oltre che invecchiato malissimo, almeno rispetto al suo compagno di cavalcate lungo la Frontiera e compianto Paul Newman -, quasi interamente girato su una barca in mare aperto.
Una sfida non da poco che il giovane regista e sceneggiatore può tranquillamente dichiarare di aver vinto portando sullo schermo un lavoro solido e ben riuscito, girato alla grande ed in grado di mantenere la tensione alta dall'inizio alla fine: addirittura potrei perfino considerare questo All is lost come una versione "razionale" di quello che fu, all'inizio dello scorso anno, Vita di Pi, legato anch'esso ad un naufragio ma al concetto più spirituale di Fede.
J. C. Chandor, da par suo, sposta il discorso dai massimi sistemi alla volontà di sopravvivere tutta umana, mettendo il suo protagonista di fronte a sfide sempre più ardue, dalla riparazione della fiancata dell'imbarcazione all'inizio della pellicola alla tempesta destinata a spazzarla via, dall'acqua ricavata dall'umidità alla permanenza a bordo del gommone di salvataggio armato di sestante che possa permettergli di studiare la presunta posizione sulla mappa. E proprio quando la razionalità e la praticità delle azioni del nostro sfortunato naufrago paiono giungere al limite estremo, a quel All is lost del titolo, ecco che il buon Chandor sfodera un finale splendido, un acuto lirico in un film profondamente fisico e reale.
Eppure, dovendo parlare in assoluta onestà, sono uscito dalla visione di All is lost solo parzialmente convinto: come per Gravity - anche se parliamo di produzioni assolutamente lontane per ambizioni, mezzi e successo, considerato che, al momento, in questo caso potremmo tranquillamente parlare di un flop al botteghino - ho avuto l'impressione di un lavoro realizzato con eccezionale perizia privo, però, della scintilla in grado di trasformare una storia in qualcosa che il narratore ha davvero la necessità di raccontare.
In questo senso, la mancanza di empatia potrebbe creare non pochi problemi a tutto il pubblico pronto ad aspettarsi un film d'avventura, o un'epopea di ampio respiro: siamo più dalle parti di un racconto intimista, anche se la freddezza con la quale viene portato sullo schermo finisce per creare una distanza rispetto al protagonista, più che un legame con lo stesso.
Il tutto senza contare che, per chi non mastica abitualmente Cinema, obiettivamente centosei minuti di lezioni di sopravvivenza in mare aperto potrebbero risultare ostici e, purtroppo, non drammatici e serrati quanto hanno la possibilità di apparire.
Un film, dunque, emotivamente solitario e perduto come il suo accigliato eroe, incapace, di fatto, di trasformare la vicenda di un singolo in qualcosa di davvero universale, nonostante ognuno di noi, in qualche modo ed in una diversa misura, finisce, prima o poi, per fare i conti con Madre Natura.



MrFord



"Is this all we have to show?
Is this all they'll ever know? Can they find their way?
What went wrong? Where have all the heroes gone?
Trading futures for a song we gave away
thinking only of myself, I forged ahead
no regrets, no apologies
bitter tears reward the life that I have led
a world of lies brings me to my knees."
Symphony X - "When all is lost" - 




lunedì 16 settembre 2013

Drift - Cavalca l'onda

Regia: Ben Nott, Morgan O'Neill
Origine: Australia
Anno: 2013
Durata:
113'
 


La trama (con parole mie): Andy e Jimmy Kelly, fuggiti accanto alla madre da Sidney e da un padre violento ed alcolizzato all'inizio degli anni sessanta si ritrovano tra i pionieri del surf sulle spiagge mozzafiato dell'Australia più selvaggia e rurale, ragazzoni di provincia pronti a rischiare il tutto e per tutto tra le onde e non solo.
Andy, tutto d'un pezzo e più responsabile, sogna di mettere in piedi un business legato all'equipaggiamento per il surf, mentre il fratello minore Jimmy, genio e sregolatezza della tavola, con l'amico Gus finisce sempre per essere in bilico tra le cattive compagnie ed un destino incerto.
L'arrivo del filosofo itinerante J.B. e della sua compagna di viaggio Lani porterà i due fratelli a confrontarsi con i propri sogni, la realtà ed una crescita che non sempre si rivelerà piacevole come una giornata in spiaggia.




Scrivo questo post in una sera di fine estate che ha portato in dono uno dei primi temporali con il sapore fresco e pungente dell'autunno, conscio del fatto che lo programmerò per il giorno in cui, dopo tre mesi e mezzo, farò ritorno al lavoro.
Ora, poco importa del perchè sia riuscito a concedermi e godermi una stagione come quelle che si facevano ai tempi della scuola, che il mio voto ad un film di cuore ma non così perfetto sia fin troppo generoso, che l'Australia mi manca, e vorrei che tutta la famiglia Ford avesse occasione di trasferirsi lì, down under, per ricominciare in un luogo in cui ricominciare pare proprio essere possibile.
Nel cuore di luglio, quando la nostalgia crescente di questi giorni ancora appariva come un miraggio, rividi e recensii - e non per la prima volta - Point break, parlando dell'importanza che l'estate ha avuto e continua ad avere nella mia formazione e vita, nonostante il sottoscritto non abbia mai di fatto messo piede su una tavola da surf in vita sua - per il momento il massimo, in questo senso, è stato il parasailing, sempre goduto ai tempi dell'Australia - e Julez sia nata tra le onde decisamente più di questo vecchio cowboy decisamente più a suo agio sulla terra, o al massimo tra le onde di una sbronza da record.
Eppure Drift - Cavalca l'onda è riuscito - malgrado la presenza del cane maledetto Sam Worthington - a conquistarmi dal primo all'ultimo minuto, ricordando i tempi in cui riuscivo a godermi il piacere di una visione senza pensare troppo al suo valore artistico, alla tecnica o a tutti quegli aspetti che ora finiscono, volenti o nolenti, per influenzarmi nel momento in cui mi metto alla scrivania e decido quale voto assegnare ad un film, se bottigliarlo oppure no o cosa lasciarmi scappare nel momento in cui scrivo dello stesso.
Sarà che si tratta della già citata Australia, dei mitici anni settanta, di fratellanza o di sogni per i quali ci si ritrova a combattere con le unghie e con i denti, ma le vicende dei Kelly e dei loro amici hanno finito per fare breccia nel cuore del sottoscritto neanche si trattasse di compari di mille disavventure, appartenenti ad una classe sociale che ben conosco e che ha nel suo futuro i calli sulle mani per il troppo lavoro o il rischio di finire un pò troppo in là rispetto al confine, perdendosi e perdendo chi è importante davvero.
Nel corso di queste quasi due ore, dunque, ho finito per accantonare qualsiasi proposito prettamente critico, gli accostamenti con le riprese magistrali dei due capisaldi del surf sul grande schermo - il già citato Point break e Un mercoledì da leoni - e l'analisi di una sceneggiatura forse troppo facile o già sentita per godermi una storia onesta, semplice e diretta neanche si trattasse di un'onda che si decide di cavalcare in un momento di follia, senza pensare a nient'altro che alla grandezza della Natura di fronte a noi, mentre il tubo romba e si chiude alle nostre spalle, sperando di essere sempre quell'istante più veloci di lui, perchè sarà proprio lì che si giocherà la differenza tra la vita e la morte.
E quando le prospettive non saranno così estreme, si lotterà comunque, perchè un lavoro, un amore, un futuro spesso e volentieri non arrivano - e soprattutto non si difendono e custodiscono - senza un pò di sano sudore e fatica: neppure il talento cristallino del giovane Jimmy può bastare, infatti, per domare l'oceano che tutti i giorni il mondo ci riversa contro.
E allo stesso modo, neppure la ferrea determinazione di Andy.
C'è bisogno di entrambi, per finire a fondo e tornare a galla.
C'è bisogno del coraggio di una madre, dell'amore di una donna, di una Famiglia accanto.
C'è bisogno perfino di una nemesi e di un quasi santone che, alla fine, si rivela più pane e salame di chi pane e salame ci è nato.
C'è bisogno di un'onda, per cavalcare l'oceano.
E di un film senza troppe pretese per tirare fuori, finalmente, un post come volevo scriverne dal mio ritorno dalle vacanze.
Niente Autori, niente Capolavori, niente tecnica sopraffina o interpretazioni da urlo.
Solo tanto cuore, le onde del mare, grande musica e l'estate.
La stessa che ora pare scivolarmi via dalle mani.
La stessa che mi porto dentro per sopravvivere all'inverno.


MrFord


"L'estate sta finendo
e un anno se ne va
sto diventando grande
lo sai che non mi va."
Righeira - "L'estate sta finendo" -


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