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lunedì 27 aprile 2015

Avengers - Age of Ultron

Regia: Joss Whedon
Origine: USA
Anno: 2015
Durata: 141"





La trama (con parole mie): i Vendicatori, ormai divenuti una forza con la quale fare i conti ad ogni latitudine del pianeta, nel corso di una missione che li vede debellare le ultime forze dell'Hydra rimaste attive dopo la caduta dello Shield, vengono in contatto con un manufatto che cela l'energia di una delle Gemme dell'infinito, potentissimi artefatti in grado di conferire un potere quasi illimitato, appartenuta a Loki, fratello di Thor. Scoperti, inoltre, due gemelli dalle incredibili abilità - Wanda e Pietro Maximoff - ed un programma dormiente, gli Avengers si mettono al lavoro in modo da poter trarre il meglio dalle loro ultime conquiste: peccato che, quando Tony Stark decide di mettere mano al programma stesso per applicarlo ad un progetto di intelligenza artificiale evoluta, il risultato sia Ultron, robot senziente determinato a cancellare dalla faccia della Terra non solo il gruppo di eroi, ma il genere umano.
Capitan America e soci, dunque, dovranno dare fondo a tutte le loro energie ed il coraggio che li contraddistingue per rispondere ad una nuova, letale sfida.








Spesso e volentieri si dice che le aspettative siano la prova più difficile da superare, e che tanto più alte le stesse finiscono per essere, quanto consistenti diventino i rischi di un fallimento: il primo film dedicato agli Avengers, uscito tre anni or sono proprio in questo periodo in sala, è stato una delle esperienze di godimento cinematografico in termini fracassoni più esaltanti della mia vita di spettatore, e da appassionato di fumetti ha finito per rappresentare l'ideale di prodotto che, da bambino - e non solo - avrei sognato per la trasposizione su grande schermo degli eroi di carta, inferiore, probabilmente, soltanto a quella chicca assoluta de Il cavaliere oscuro.
Peccato che, proprio come fu per il filmone di Nolan, su lavoro di Whedon e su questo sequel pesassero come macigni aspettative accumulate in tre stagioni di attesa, condite senza dubbio da ottimi prodotti targati Marvel - Il soldato d'inverno, il secondo Thor, Guardiani della galassia - ma pronte a culminare con questo Age of Ultron: cosa, dunque, è andato storto, tradendo le attese e, di fatto, trasformando un potenziale cult del Saloon in una delle più cocenti delusioni cinematografiche dell'anno?
Senza dubbio l'approccio, consacrato al comparto tecnico ed agli effettoni - belli da vedere, senza dubbio, almeno quanto le divertenti e spassose scene d'azione - piuttosto che ad un'idea o una sceneggiatura quantomeno pronta a dare spessore anche ad una proposta popcorn come questa - come fu per il primo film, per intenderci -, i protagonisti - a partire dal Tony Stark di Robert Downey Jr, mattatore nel primo capitolo, macchietta gigionesca in questo secondo, passando attraverso un Ultron sfruttato solo in parte ed una coppia Scarlet/Quicksilver sconfitta clamorosamente dalla controparte vista in X-Men: giorni di un futuro passato -, la scorrevolezza - due ore e venti che pesano come macigni, sequenze di combattimento a parte, rese stoppose da una mezzora piena tutta giocata all'interno di casa Hawkeye responsabile del mio primo, vero momento di cedimento al mondo dei sogni in una sala e passaggi tagliati con l'accetta neanche il pubblico fosse completamente disinteressato alla storia dietro lo spettacolo di esplosioni e rocambolesce evoluzioni videoludiche -, ed una direzione del progetto che pare quasi mostrare un'anima conflittuale che potrebbe aver visto protagonisti Whedon ed i suoi colleghi più talentuosi rispetto ad un "consiglio d'amministrazione" pronto a sacrificare tutto - in primis la qualità non visibile attraverso le vorticose capriole della macchina da presa - in nome dell'incasso e del guadagno.
Tutto questo senza contare il disagio di stare, di fatto, assistendo ad una gigantesca sequenza di raccordo pronta a preparare il terreno per i prossimi terzi capitoli delle saghe in singolo di Capitan America e Thor, l'imminente Ant-Man, il secondo Guardiani della galassia e, ovviamente, il doppio capitolo finale (?) delle avventure degli Avengers, che, come già si era intuito al termine del primo film, avrà come protagonista - ed antagonista - il quasi onnipotente Thanos, una sorta di stradopato Le due torri con molto meno mordente.
Probabilmente, al contrario del Batman nolaniano, gli Eroi più potenti della Terra non hanno bisogno di essere resi più profondi o appesantiti da storie sentimentali decisamente troppo zuccherose - il legame Hulk/Vedova nera, da vecchio fan della serie a fumetti, non si può proprio vedere -, o di alternare a fasi di esplosioni e botte da action di grana grossa il focolare domestico da grandi valori americani - di nuovo, la parte ambientata in casa Burton -: dovrebbero semplicemente andare dritti per dritti alla meta, senza troppe domande e con molta (auto)ironia.
Spaccare, per dirla come Hulk.
E qui, invece, si tira il freno a mano. E quando si spacca, lo si fa con la spiacevole sensazione di stare assistendo ad un divertissement soltanto per chi vi ha preso parte o ad un compitino buono giusto per scucire dei gran soldi - e con gran successo - a noi poveri stronzi pronti ad alimentare aspettative legate ad un'idea ingenua e naif di divertimento neanche fossimo tornati tutti dodicenni pronti a chiedersi chi sia più forte tra Thor e Hulk - anche se, ai miei tempi, la domanda più frequente era chi lo fosse tra Hulk e la Cosa -.
Usciti dalla sala, il problema non è stato, dunque, quello di trovare la risposta ad una domanda tanto semplice quanto affascinante, o l'idea di dover aspettare ancora almeno un paio d'anni prima di affrontare il nuovo capitolo della saga - come accadde con il film numero uno -, bensì la paura che, da ora in avanti, le cose potranno solo peggiorare.
E speriamo proprio di no.
Anche perchè un "Avengers assemble" lasciato a metà sarebbe davvero un delitto.
E non solo per gli appassionati di fumetti, o di blockbuster fracassoni.
Perchè tutti abbiamo bisogno di prodotti come questo.
Fosse anche solo per staccare il cervello.




MrFord




"Stop trying to live my life for me
I need to breathe
I'm not your robot
stop telling me I'm part of the big machine
I'm breaking free
can't you see,
I can love, I can speak
without somebody else operating me
you gave me eyes so now I see
I'm not your robot, I'm just me."
Miley Cyrus - "Robot" -





mercoledì 22 aprile 2015

Wednesday's child - Avengers edition


La trama (con parole mie): con buona pace del mio acerrimo nemico nonchè sgradito co-conduttore di questa rubrica Cannibal Kid, in occasione dell'uscita dell'attesissimo Avengers - Age of Ultron, questa settimana le anticipazioni sulle novità in sala scalano di un giorno, portando in dono proposte in grado di soddisfare - cosa più unica che rara - entrambi i nostri diametralmente opposti punti di vista.
Il mio consiglio è quello di seguire la via fordiana, per evitare di impantanarsi nelle solite radicalchiccate sopravvalutate suggerite dal pusillanime Peppa Kid.


"Cannibal Kid un intenditore di Cinema!? Non farmi ridere!"

Avengers: Age of Ultron

"E così quello è Peppa Kid." "Già, neppure io pensavo fosse un pusillanime di tal fatta."
Cannibal dice: Uno dei film più attesi dell'anno dagli appassionati di cinecomics, dal pubblico di dodicenni e da Fordon, per quanto mi riguarda lo guarderò con la mia solita super diffidenza che accompagna queste operazioni di marketing, più che di cinema. Sperando si riveli divertente quanto il recente Guardiani della Galassia, che mi ha ridato speranza nei confronti della Marvel, o comunque più del primo sopravvalutato capitolo The Avengers.
Ford dice: direi che più o meno dal minuto in cui si è conclusa le sequenza aggiuntiva al termine dei titoli di testa del primo, cultissimo Avengers, tre anni fa, ero in trepidante attesa per il secondo film dedicato agli Eroi più potenti della Terra. Questa volta il protagonista sarà il terribile Ultron, androide senziente che anche tra le pagine del fumetto è stato uno dei più grandi antagonisti dei Vendicatori, in attesa del ritorno di Thanos e del legame che incrocerà le strade degli Avengers stessi e I Guardiani della galassia.
Inutile dire che potrebbe trattarsi a mani basse del blockbusterone dell'anno, e che il sottoscritto sarà in prima linea per gustarselo in sala.



Samba

"Ho appena visto un film suggerito da Pensieri Cannibali. Ho voglia di morire."
Cannibal dice: Date ascolto a un cretino.
No, non mi riferisco a Ford. Lui è sì cretino, ma non bisogna MAI dargli ascolto.
Il cretino cui dovete dare ascolto sono io e io vi dico che il vero film della settimana mi sa tanto che sarà questo Samba, il nuovo lavoro dei registi della rivelazione Quasi amici, Eric Toledano e Olivier Nakache, con un gran bel cast composto dal loro attore feticcio Omar Sy, dal profeta Tahar Rahim e dalla ninfomane Charlotte Gainsbourg.
Ford dice: se qualcuno - e non sto parlando del mio antagonista, che con il Cinema c'entra sempre meno - mi avesse venduto a scatola chiusa il nuovo film di Toledano e Nakache, autori dell'ottimo Quasi amici, l'avrei probabilmente pagato anche più di quanto non meritasse. Peccato mi sia capitato di vedere il trailer, che puzza di roba finto alternativa lontano un miglio, e come se non bastasse mi snocciola anche l'irritante Charlotte Gainsbourg.
Probabilmente lo vedrò comunque, ma con aspettative piuttosto basse.



Sarà il mio tipo?

"Guardare Ford che affoga Cannibal regala un senso di pace interiore." "Hai proprio ragione, caro."
Cannibal dice: Ford sarà il mio tipo?
Sì, il mio nemico tipo.
Questa francesata giunta in soccorso del pubblico radical-chic nella settimana degli Avengers può essere il mio film tipo?
Assolutamente sì. Vive la France, questa settimana più che mai!
Ford dice: Cannibal Kid non è affatto il mio tipo, a meno che non si parli di un nuovo sacco da boxe. E probabilmente neppure questo film.



SQuola di Babele

"So io la risposta: Cannibal Kid è un cretino. Ahahahahah!"
Cannibal dice: Terzo prodotto in arrivo dalla Francia. In questo caso è un docu che lascio volentieri al Ford e alla sua sQuola di brutto cinema.
Ford dice: documentario francese tipicamente troppo impegnato per il mio finto impegnato e vero radical rivale.
Se dovessi recuperarlo, una visione la concederò molto volentieri.



Short Skin - I dolori del giovane Edo

"Ti devo confessare una cosa: leggo Pensieri Cannibali." "Meno male: pensavo di essere l'unico stronzo a parte Ford a seguire quello squilibrato!"
Cannibal dice: Short Skin, film italiano passato all'ultimo Festival di Berlino, potrebbe essere una piacevole sorpresa. Magari non proprio quanto il divertentissimo Maicol Jecson, però anche questa sembra una cannibalata adolescenziale clamorosa. Quindi imperdibile.
Ford dice: io e il Cinema italiano non attraversiamo la fase migliore del nostro rapporto, dunque penso che attenderò di leggere qualche recensione di questo Short Skin prima di buttarmi nella visione. Se poi dovesse parlarne bene il mio rivale, ne starei felicemente alla larga.



Adaline - L'eterna giovinezza

"Ascoltami bene, io sono Daario Naharis: non ci vengo in giro con te che non sei una Khaleesi. E vestito come un damerino, per giunta!"
Cannibal dice: La storia di una donna che rimane sempre giovane e sempre figa. Per quanto il rischio puttanata sia altissimo, io un film con Blake Lively non me lo perdo di certo. E Ford James non se lo perderà perché c'è il suo amato e ormai rimbambito, così come tutti i suoi idoli, Ford Harrison.
Ford dice: l'eterna giovinezza è quella che si illude di avere quel pusillanime di Cannibal, sempre perso dietro alle stronzatine cinematografiche come questa.
Io preferisco pensare a roba seria. Anche quando si tratta di stronzate.



Il figlio di Hamas

"Ora confessa: quante volte al giorno vai su Pensieri Cannibali? La prossima volta almeno passa le ore su Youporn, è più divertente!"
Cannibal dice: Documentario pseudo impegnato e quindi pseudo fordiano della settimana e di conseguenza pseudo perdibile. Anzi, perdibilissimo!
Ford dice: secondo documentario potenzialmente interessante della settimana, che mi segnerò pur non sapendo quando riuscirò a recuperarlo. In fondo, con titoli di questo tipo sono sicuro di tenere sempre più lontano da me Peppa Kid.



In the Box

"Dopo l'ultimo film suggerito dal Cannibale ho un mal di testa lancinante da una settimana."
Cannibal dice: In the Box mi sa che al box office ce l'avra un tantino dura contro gli Avengers. Considerando poi che sembra una copia italiana di film claustrofobici come Cube, Saw - L'enigmista o Buried - Sepolto, a me viene l'angoscia al solo pensiero di vederlo. La pellicola comunque non sembra del tutto inutile. Mi ha infatti offerto uno spunto interessante: rinchiudere Ford in un box garage. O magari anche in uno zoo...
Ford dice: più che in the box, porterei il Cannibale in un ring con me, giusto per divertirmi un po'. Questo film, invece, lo butto volentieri nel cestino.




Le frise ignoranti


"Dunque quei due cheni di Ford e Cannibal criticano il mio film: saranno puniti con la reiterata visione di Fracchia la belva umana!"

Cannibal dice: Produzione amatoriale italiana della settimana, nel cast c'è però anche Lino Banfi, quindi chissà che Quentin Tarantino non lo esalti come un nuovo capolavoro cinematografico, così come Ford cerca di spacciarci il pur godibile Fast & Furious 7 come il 2001: Odissea nello spazio del cinema tamarro.
Ford dice: se il mio rapporto con il Cinema italiano attuale è burrascoso, le probabilità che mi sciroppi questa roba sono le stesse di acclamare pellicole sopravvalutate come The tree of life e Birdman neanche fossi l'ultimo dei coniglioni.




Road 47

"Trovate Ford e Cannibal. Li voglio morti prima del tramonto."
Cannibal dice: Un film bellico con Sergio Rubini?
Ma questo giusto Ford dopo una bella sbronza può considerare di vederlo.
Ford dice: neppure dopo una bella sbronza potrei considerare di vederlo. Così come di ascoltare i consigli cinematografici del mio rivale.




I bambini sanno

"Se non la smetti con questo buonismo, ti sparo una cinquina in faccia in nome di Ford."

Cannibal dice: Nuovo film documentario di Walter Veltroni. Già dal titolo sento puzza di buonismo, bambinismo, moralismo e pure di rottura di palle che manco Fabio Fazio e James Ford al lavoro insieme riuscirebbero a fare tanto.
Ford dice: se avete proprio voglia di farmi incazzare per bene, portatemi fuori e a sorpresa fatemi vedere merdina buonista come questa.
Neppure una bottiglia di single malt d'annata potrebbe rischiare di farvi guadagnare il perdono.




mercoledì 2 gennaio 2013

Ford Awards 2012: i film (N° 30-21)

La trama (con parole mie): la scalata verso la vetta della classifica prosegue con la seconda decina dedicata al meglio dei film distribuiti nelle sale della Terra dei cachi nel corso del 2012. 
Una decina solida e molto variegata, all'interno della quale spicca il primo degli unici due film italiani presenti nella classifica in un anno che non ha visto brillare - purtroppo - il Cinema nostrano.
State dunque pronti ad averne per tutti i gusti, dal documentario al thriller, passando per l'animazione, il fantasy ed il sociale.
Come al solito, qui al Saloon ce n'è proprio per tutti.




 N° 30: Cogan – Killing them softly di Andrew Dominik


Il regista degli ottimi Chopper e L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford torna alla ribalta con un thriller d’azione verbale più che fisica, un ritratto profondamente noir degli States attuali, con un paio di sequenze ad impatto, dialoghi fiume in cui perdersi ed un finale che è una vera e propria coltellata.
Perfetto Johnny Cash inserito nella colonna sonora, ottimo il cast.





N° 29: Brave - Ribelle di Mark Andrews, Brenda Chapman, Bill Purcell


I Pixar Studios, dopo la mezza delusione che fu Cars 2, tornano a confezionare un prodotto eccellente non solo dal punto di vista tecnico, che fotografa alla grandissima le problematiche dei rapporti tra madri e figlie – adolescenti – e le dinamiche di una normale famiglia come ce n’erano ai tempi dei clan delle Highlands e come ce ne sono ora.
Realizzato da dio, divertente, ritmato, e preceduto da un corto che è uno spettacolo.


N° 28: The Avengers di Joss Whedon
 
 
Il miglior film di supereroi dai tempi de Il cavaliere oscuro, senza se e senza ma.
Fracassone, tamarro, autoironico, impreziosito dai botta e risposta che Robert Downey Jr/Iron man sfodera nel confronto con ogni altro personaggio e dal migliore Hulk mai apparso sullo schermo.
Almeno una manciata di sequenze memorabili – il “sono sempre arrabbiato” di Banner, il pugno di Hulk a Thor e il bellissimo confronto Hulk/Loki a proposito dello status di divinità – e divertimento assicurato per grandi e piccini.


N° 27: Marley di Kevin MacDonald


Il regista degli ottimi One day in september e La morte sospesa torna al documentario e lo fa alla grandissima, con il ritratto di uno dei simboli della musica moderna nonché personaggio unico nel suo genere: dalle strade di Kingston ai palcoscenici internazionali, dalla religione rastafariana alle sue numerose donne, dai figli al successo, fino alla morte, il Bob Marley uomo prima che popstar internazionale. Emozionante, sentito, profondo. Get up, stand up.


N° 26: Red lights di Rodrigo Cortes


Il regista del bottigliatissimo Buried trova il suo riscatto con un thriller sovrannaturale che mescola Il sesto senso e The prestige, avvince ed incanta riuscendo addirittura nell’impresa di far risorgere, almeno in parte, il dato per perduto Robert De Niro.
Scienza e Fede a confronto in un dramma che inchioda alla poltrona dal primo all’ultimo minuto, sorretto da un ottimo Cillian Murphy e giocato sul filo senza mai eccedere da una parte o dall’altra. Una delle sorprese più interessanti dell’anno.


N° 25: Diaz – Don't clean up this blood di Daniele Vicari


Rispetto allo scorso anno e nonostante una media qualitativa disastrosa, il Cinema italiano riesce comunque a piazzare due titoli nella top 40: il primo è questa potentissima ricostruzione degli scandalosi avvenimenti che durante lo sciagurato G8 di Genova del luglio 2001 accaddero nel corso dell’assalto alla scuola Diaz e nei successivi interrogatori avvenuti nella caserma di Bolzaneto.
Un film non perfetto, ma necessario che è impossibile guardare rimanendo indifferenti.



N° 24: Another Earth di Mike Cahill


Messa da parte la compilation di bottigliate rifilata a Melancholia, ecco giungere al Saloon un prodotto intelligente e profondo realizzato sul tema dei corpi celesti “in rotta di collisione”: due solitudini che si incontrano nell’attesa di scoprire cosa accadrà a due mondi “allo specchio” quando la distanza si farà troppo breve per fare finta di nulla.
Forse non per tutti, ma un’esperienza che resta dentro.


N° 23: Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato di Peter Jackson


Approcciato con il dubbio che non potesse raggiungere il livello della trilogia de Il signore degli anelli, il nuovo film firmato da Peter Jackson dedicato al mondo tolkeniano è una piccola perla di stupore e meraviglia, un omaggio al Cinema d’avventura che conquistava i bambini nel pieno dei favolosi anni ottanta che più passano i giorni dalla visione e più mi pare clamorosamente centrata.
Se l’inizio è di questo livello, c’è da sperare che il regista neozelandese superi se stesso con i prossimi due capitoli.


N° 22: Argo di Ben Affleck


Come l’ormai leggendario Clint Eastwood quarant’anni or sono, anche nel caso dell’ex bisteccone Ben Affleck abbiamo scoperto che l’uomo dietro la macchina da presa è di tutt’altro livello rispetto a quello davanti alla stessa.
Dopo il discreto Gone baby gone ed il buon The town, Ben si scopre autore garanzia con un film tesissimo eppure divertente, omaggio alla Hollywood delle grandi produzioni e delle bugie nonché cronaca di un avvenimento realmente accaduto che ricorda molto il Cinema impegnato targato Pakula. Già cult.



N° 21: Margin call di J. C. Chandor


Una delle migliori sceneggiature dell’anno racconta i tempi della crisi economica e delle imprevedibilità della borsa trasformandole in una sorta di thriller all’ultimo respiro, con un cast stellare ed un crescendo che ricorda l’ottimo Americani più che i due Wall Street.
Squali a nuoto in un acquario di pesci rossi ed un futuro sempre più oscuro per tutti quelli che non sono i grandi burattinai dell’economia mondiale. A suo modo profetico.


MrFord


lunedì 21 maggio 2012

Quella casa nel bosco

Regia: Drew Goddard
Origine: Usa
Anno: 2011
Durata:
95'



La trama (con parole mie): cinque amici - coppia, coppia pronta a diventarlo e compare matto al seguito - partono per un weekend rilassante da passare nella casa del cugino di uno dei ragazzi, ovviamente sperduta nei boschi ed ovviamente in stato così trascurato da far apparire La casa di Raimi una sorta di resort di lusso.
Neanche il tempo di sistemarsi e cominciare una sessione che promette scintille di obbligo o verità ed una misteriosa botola attrae l'attenzione del gruppo.
Dal momento in cui decideranno di scendere per scoprire cosa possa celare, le loro vite saranno destinate a cambiare.
Pare proprio la trama del più classico degli slasher horror in salsa teen, ed in effetti, è proprio così.
Ma dietro la casa nei boschi c'è molto, molto, molto di più.




Finalmente.
Posso dirlo con soddisfazione ed una punta di goduria.
Finalmente un film horror che non confonde l'omaggio con il citazionismo spocchioso e sfrenato.
Recentemente, una delusione cocente in quest'ambito fu il tanto celebrato Innkeepers, incensato praticamente ovunque e bottigliato senza ritegno qui in casa Ford, schiacciato dall'aspettativa che lo stesso aveva generato prima della visione a seguito delle recensioni entusiastiche lette praticamente in ogni dove nella blogosfera.
Quella casa nel bosco, al contrario della pellicola firmata Ti West, recupera un approccio che potrebbe essere ricondotto a Wes Craven e Joe Dante - da sempre esploratori della parte più ironica del genere -, e grazie ad una sceneggiatura decisamente ispirata firmata dal regista Drew Goddard e da uno scatenato Joss Whedon - in spolvero anche grazie al suo recente e fantasmagorico The Avengers - fissa uno standard che nel genere non si lasciava apprezzare da fin troppo tempo, intrattenendo e divertendo con efficacia dal primo all'ultimo minuto.
Mantenendo due linee di narrazione ben distinte - una che strizza l'occhio alla sci-fi in pieno Orwell style neanche fossimo ancora nei gloriosi seventies e l'altra che pesca a piene mani dall'immaginario dello slasher movie in salsa teen che fece furore negli anni ottanta a partire da cult come Non aprite quella porta e Halloween, che furono il traino per i vari Nightmare e Venerdì 13 - nel corso della prima parte, il lavoro di Goddard pare avere inizio quasi fosse una sorta di operazione vintage di recupero di un'iconografia classica di questi generi, un divertissement fatto e finito per lo sfizio anche tendenzialmente vuoto di autori e pubblico.
Eppure nulla è come potrebbe sembrare, all'interno di quella casa apparentemente specchio di uno standard che tutti noi residuati del decennio di Notte horror conosciamo a menadito.
E Joss Whedon e Drew Goddard lo sanno bene, tanto da giocare con quello stesso humus mettendoci a fondo le mani, rovistandolo, scoperchiandolo da cima a fondo fino a renderlo l'ossatura di un gioco che si mangia anche prima di colazione i recenti e sciapissimi Hunger Games fenomeno del momento: i nostri protagonisti, figli dei ricordi di più di una generazione e stereotipi viventi, non sono altro che vittime sacrificali venute buone per placare la potenziale furia di qualcosa di ben più grande e potente, pronta a ricordare al mondo come lo conosciamo - e come lo conoscono gli uomini dall'altra parte dello schermo - che senza quei sacrifici non resterebbe nulla, ma proprio nulla, da salvare.
E in questo senso lo spessore della pellicola aumenta nello strepitoso crescendo della seconda parte, che scardina le regole e gli omaggi all'horror per ritrovare atmosfere che mi hanno ricordato The Cube e dare inizio a quella che potrebbe essere vista come una rivoluzione di mostri ingabbiati come animali in uno zoo, o una popolazione per troppo tempo controllata da incontrollabili controllori.
In un tripudio di effetti - riuscitissimi, tra l'altro -, il viaggio di Dana e Marty da una parte all'altra del mondo - stupefacente se si pensa ad una sequenza simile vista nell'appena citato Hunger Games - che si trasforma in una battaglia all'ultimo sangue tra creature che paiono uscite dall'immaginario collettivo di tutti i bambini cresciuti a pane e horror ed i registi di quella che è da troppo tempo la realtà per loro già scritta ed ineluttabile assume la dimensione quasi magica di un tributo ad un genere da sempre considerato di serie b - se non peggio - eppure in grado di emozionare e segnare l'esistenza di un numero incalcolabile di spettatori andando a toccare corde legate a paure ed istinti profondamente potenti ed ancestrali.
Come gli dei cui occorre guardare con timore.
Talmente tanto da immolare in loro nome giovani vittime all'oscuro del loro destino.
Anno, dopo anno, dopo anno.
Fino a quando verrà il momento della rivoluzione.
E allora sarà quella stessa mano immensa e terribile a scrivere la parola fine ad una tirannia silenziosa.
Che sia quella della premiata ditta Goddard&Whedon?


MrFord


"Children of tomorrow live in the tears that fall today
will the sunrise of tomorrow bring in peace in any way
must the world live in the shadow of atomic fear
can they win the fight for peace or will they disappear?"
Black Sabbath - "Children of the grave" -


lunedì 30 aprile 2012

The Avengers

Regia: Joss Whedon
Origine: Usa
Anno: 2012
Durata: 142'



La trama (con parole mie): il Tesseract, magico e potentissimo artefatto in grado di segnare le esistenze di interi mondi, da tempo in mano allo Shield di Nick Fury, finisce nel mirino dell'esiliato e rancoroso Loki, alleatosi con i pericolosissimi Chitauri, una razza di alieni dalle belligeranti intenzioni di conquista.
Quando la situazione diviene particolarmente grave e le prospettive per la Terra paiono davvero poco rassicuranti, lo stesso Fury rispolvera un vecchio progetto di supergruppo in grado di contrastare minacce troppo grandi per le comuni difese: ed è così che il da poco "scongelato" Capitan America, il dio norreno Thor, l'instabile Bruce Banner - con il suo alter ego Hulk pronto ad esplodere -, i due letali agenti Vedova nera e Hawkeye ed il miliardario playboy filantropo ed esibizionista Tony Stark/Iron man si ritrovano a dover appianare tutte le loro divergenze giusto in tempo per ricacciare Loki ed il suo esercito nelle profondità da cui sono emersi.




Cominciamo con il botto: The Avengers è il miglior film di supereroi dai tempi de Il cavaliere oscuro.
Diverso, completamente lontano dall'ottica dark e giocata sull'inganno delle complicate architetture di Nolan, eppure incredibilmente efficace nel suo essere colorato, roboante, tamarro, casinista e larger than life.
Joss Whedon, prendendo spunto dall'affresco che i Marvel Studios hanno cercato di preparare nel corso delle loro produzioni degli ultimi anni - dall'Hulk del grande assente Edward Norton all'Iron man di Jon Favreau e Robert Downey Jr passando per i recenti Captain America e Thor -, riesce nell'impresa di convogliare in questo kolossal del genere l'azione sfrenata e gli effettoni necessari per lasciare il pubblico a bocca aperta, una nemesi interessante e sfaccettata - l'ottimo Loki interpretato da Tom Hiddleston -, una caratterizzazione dei personaggi funzionale e profonda ed un'ironia spiccata in grado di rendere quella che, a tutti gli effetti, dovrebbe essere una pellicola dalla forte connotazione drammatica - sempre nel suo ambito, ovviamente - una sorta di grande circo del divertimento anche di fronte ai momenti più "pesi" della stessa.
Merito di una grande sceneggiatura che dimostra lo stato di forma ottimo del papà di Buffy, in grado di rendere interessanti anche personaggi statici come Thor e il vecchio Capitano, caratterizzare al meglio anche i charatchers di contorno - l'agente Coulson su tutti - e lasciare che Iron man e Hulk divengano a tutti gli effetti i protagonisti assoluti, complici la consueta performance sopra le righe di Downey Jr e l'apporto fondamentale di Mark Ruffalo, certamente più adatto di Edward Norton a ricoprire i panni del Dottor Banner: di pari passo, la regia riesce a non deludere la parte più sguaiata dell'audience così come gli spettatori più avvezzi all'autorialità, che finiranno per ritrovarsi ad inneggiare presi dall'esaltazione neanche fossero gli ultimi dei nerd più accaniti dei fumetti di Mamma Marvel - il cui spirito, peraltro, è pienamente rispettato -.
E sempre parlando di sequenze memorabili, occorre riconoscere a questo The Avengers di aver centrato un filotto invidiabile di momenti cult, dai primi confronti Thor/Iron man - impareggiabile la testata del Dio del tuono - e Thor/Hulk all'apocalittica battaglia che vede i Vendicatori finalmente uniti fronteggiare l'esercito dei Chitauri nei cieli e per le strade di una Manhattan dominata dalla Stark Tower, in cui ognuno degli eroi trova il proprio spazio nella difesa e nell'offensiva e l'intero spirito dell'operazione si conferma dominato da una volontà di leggerezza e freschezza da fare invidia ai lavori di Edgar Wright: è proprio in questi frangenti che il personaggio di Hulk, profondamente drammatico e segnato da tormenti interiori che percorrono più di mezzo secolo di storia di "nuvolette parlanti", esce dal guscio che l'ha sempre caratterizzato - ricordo il noiosissimo polpettone che esibì in merito Ang Lee - per regalare al pubblico un nuovo lato della sua furia, che passa dal momento da brividi del "io sono sempre arrabbiato" - sequenza che ha provocato nel sottoscritto la stessa esaltazione di quella del camion ribaltato nel già citato Il cavaliere oscuro, per intenderci - ai due passaggi cult che vedono protagonista il gigante di giada e i due fratellastri Thor e Loki.
Il primo è una chicca di umorismo slapstick e profonda abilità nel delineare il personaggio, il secondo un piccolo Capolavoro di sguaiataggine da film action trash - quel "un dio piuttosto gracile" ancora mi lascia senza fiato -.
Un'esibizione dalla solo apparente mancanza di controllo che porta nuovamente alla ribalta Whedon e fa sperare benissimo per la realizzazione di un sequel che vedrà il gruppo di eroi fronteggiare una minaccia tra le più terribili e "cosmiche" dell'intera storia dell'Universo Marvel, invertendo di fatto una tendenza andata consolidandosi nelle ultime stagioni cinematografiche: in effetti la storia recente non era stata troppo tenera con le pellicole tratte dalle realtà superomistiche, tanto da insinuare il dubbio che le stesse fossero in procinto di diventare una sorta di ridicolo carrozzone in continua esibizione di mezzi sempre e solo sfruttati per le convenienze commerciali del momento, rischiando di trasformare il genere nell'involontaria parodia di se stesso.
The Avengers segna, di fatto, un nuovo punto di partenza, e fissa uno standard che, a mio parere, potrà essere superato soltanto dall'imminente ritorno del Batman nolaniano sugli schermi - previsto per quest'estate -: intrattenimento intelligente con tutto il gusto a metà tra il kitsch ed il sentimentale tipico degli eroi in calzamaglia, icone di una forma d'arte fin troppo sottovalutata come il Fumetto ed ora anche del Cinema.
Joss Whedon e i suoi Vendicatori hanno dato prova - non fosse bastato il pluricitato Nolan - che anche prodotti tamarri di questo tipo possono essere a buon diritto considerati figli più che legittimi della settima arte nella sua accezione migliore, in barba a tutte le credenze da "duri e puri" dell'autorialità sfrenata da saletta d'essai.
Perchè The Avengers è una ficata, senza se e senza ma.
Così una ficata da farmi rivalutare anche l'utilizzo del 3D, da me sempre osteggiato, e trovarlo funzionale.
Così una ficata da far risultare riduttivo il termine stesso.
Perchè ce n'è un altro, che ben si adatta alla situazione.
Che prendo volentieri in prestito dal vocabolario di un certo gigante verde.
The Avengers spacca.
E spacca forte.


MrFord


"We're insane but not alone,
you hold on,
and their gone,
like the sun we will live to rise,
like the sun we will live and die,
and then ignite again,
like the sun we will live to rise again."
Soundgarden - "Live to rise" -


 
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