Regia: Afonso Poyart
Origine: USA
Anno: 2015
Durata: 101'
La trama (con parole mie): l'agente Joe Merryweather, a seguito di una serie di omicidi insoluti che stanno mettendo in grave difficoltà l'FBI, con la collega Katherine Cowles convince a tornare dal suo ritiro - avvenuto due anni prima di quegli eventi a seguito della morte per malattia della figlia - il sensitivo John Clancy, per anni collaboratore dell'agenzia, che pare dotato di un potere di chiaroveggenza ai limiti del superumano.
Quando le tracce conducono i tre al punto di connessione tra gli omicidi - il fatto che le vittime siano tutte affette da malattie terminali -, inizia per i detectives una caccia che li condurrà ad un confronto prima con loro stessi e le luci ed ombre delle loro anime, e dunque con il resposabile delle morti, che pare possa essere dotato di un potere molto simile - se non superiore - a quello di Clancy.
Quando le tracce conducono i tre al punto di connessione tra gli omicidi - il fatto che le vittime siano tutte affette da malattie terminali -, inizia per i detectives una caccia che li condurrà ad un confronto prima con loro stessi e le luci ed ombre delle loro anime, e dunque con il resposabile delle morti, che pare possa essere dotato di un potere molto simile - se non superiore - a quello di Clancy.
La lunga storia d'amore tra i thriller e le crime stories ed il Saloon continua ad essere ben lontana dall'esaurirsi, considerata l'attrazione che questo tipo di pellicole - anche quando, di fatto, si parla di intrattenimento spicciolo e non di cult - continua ad esercitare su tutti i suoi occupanti - Julez in primis, fan hardcore del genere morti ammazzati -: questo Solace - adattato vergognosamente in Premonitions -, uscito in sala sul finire del duemilaquindici, di grana grossissima, semplice nello svolgimento e figlio di una regia che vorrebbe essere cool firmata da Afonso Poyart - che nei momenti delle "visioni" di Clancy ed Ambrose pare sfogare uno stile videoclipparo passato di moda un paio di decenni or sono -, non è stato da meno, finendo per intrattenerci senza colpo ferire nonostante i numerosi difetti.
La vicenda del confronto tra il sensitivo "buono" da sempre collaboratore dell'FBI segnato da un lutto che l'ha portato ad isolarsi dal mondo intero e quello "cattivo", pronto a spingere il suo collega dall'altra parte al limite, ed oltre, è scorrevole e poco nociva, ben ritmata e, dopo una prima parte un pò troppo semplice - al limite del thriller da Italia Uno, come mi è capitato di sottolineare alla signora Ford - con la seconda finisce addirittura per avere un cambio di marcia convincente e stimolare perfino qualche riflessione non indifferente rispetto al ruolo dei cosiddetti "angeli della morte", serial killers che scelgono come bersagli malati terminali o persone ormai prossime all'ultimo saluto: la posizione di Ambrose, quella di chi vede come un atto di carità risparmiare sofferenza e patimenti a chi è destinato comunque a morire, e quella di Clancy, che stimolato da Merryweather crede nel tempo guadagnato, e non perduto, è tutt'altro che scontata, specie se legata ai trascorsi dello stesso Clancy ed al percorso compiuto da sua figlia.
Carne al fuoco dunque tutt'altro che stopposa o insipida per un film dalle pretese certo non alte, che porta sullo schermo il moribondo preferito dei fan di Grey's Anatomy Jeffrey Dean Morgan, un Anthony Hopkins che ormai marcia da una ventina d'anni sullo stesso registo, una Abbie Cornish meno convincente del solito ed un Colin Farrell dall'apparenza meno zozza del solito: una proposta buona, insomma, per una bella serata senza troppe pretese, consci del fatto che il risultato potrebbe finire per sorprendervi tanto in positivo quanto in negativo a seconda di quelle che saranno le vostre aspettative, che non aggiunge nulla al genere ma non rappresenta neppure una di quelle pellicole per le quali ci si ritrova a scagliare maledizioni sul tempo perduto a guardarle.
Il paragone, poi, tra la pietà per chi conosciamo ed amiamo e la tendenza a preservare e "salvare" dei perfetti sconosciuti è decisamente interessante, pronto a spostare il centro di gravità del lavoro di Poyart dal thrilling ed i serial killers al concetto di eutanasia - non per nulla Solace indica il sollievo, cosa che, forse, sarebbe stato carino spiegare ai responsabili degli adattamenti nostrani -, da sempre interessante sia a livello personale che sociale.
Un film scarsino, dunque, capace però di regalare perfino qualche sorpresa profonda.
Di questi tempi e con questo tipo di proposte, direi che non è poi così terribile.
MrFord
"I got a feelin' way down inside
I can't shake it, no matter how I try
you can't touch it, you just know
the earth is gonna shake and the wind is gonna blow
well that's all right
this premonition is killin' me
but that's all right
I must be crazy, I must be seein' things."
John Fogerty - "Premonition" -
Film non bruttissimo, tutt'altro che imperdonabile, ma inutile. Mi è sembrato già vecchio, una cosa dei primi anni duemila quasi... Nel filone del The Cell di Tarsem e così via.
RispondiEliminaVerissimo.
EliminaA me è parso addirittura anni novanta. ;)
Film che tiene bene fino a metà e un pò: poi sbraca clamorosamente nel finale (prevedibilissimo). C'è di peggio.
RispondiEliminaC'è sicuramente di peggio, anche se io ho preferito la seconda parte alla prima.
EliminaDopo la tua promozione (o quasi promozione) risicata, ho la premonizione che me lo perderò ancora più volentieri. ;)
RispondiEliminaPremonisci davvero male. Questa, più che una promozione, è una non bocciatura.
EliminaNel senso che è un film che passa e va, non brutto come quelli che di solito esalti tu! ;)
Hopkins è bollito, ed è un gran peccato perché nella sua carriera ha avuto ruoli memorabili. Certe volte sarebbe meglio una dignitosa pensione.
RispondiEliminaConcordo in pieno. Anche se il peggiore, in questo senso, è senza dubbio De Niro.
Elimina