Regia: Sacha Gervasi
Origine: Canada
Anno: 2008
Durata: 80'
La trama (con parole mie): a cavallo tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli ottanta, gli Anvil, formazione canadese tra le più influenti dell'heavy metal mondiale, riconosciuta da gruppi come Metallica, Anthrax, Guns and Roses, sparisce di fatto dai radar che contano centrando uno dei casi più clamorosi di insuccesso commerciale che il genere abbia mai conosciuto.
In realtà i due membri fondatori della band, amici d'infanzia e coppia praticamente inseparabile, Steve "Lips" Kudlow e Robb Reiner, cantante e chitarrista il primo e batterista il secondo, non hanno mai mollato i loro sogni ed il progetto di portare gli Anvil alla ribalta, hanno continuato a pubblicare dischi ed esibirsi per piccoli gruppi di appassionati e a lavorare come tutti i comuni mortali del pianeta, invece che dedicarsi a vite da rockstar dissolute.
Quando, nel duemilasei, un'improvvisata manager italiana li riporta in tour in Europa sperando di alimentare i sogni di Kudlow e Reiner e le cose non vanno come tutti loro avrebbero voluto, il tredicesimo disco degli Anvil diventa l'ultima scommessa, il treno atteso da una vita: ma l'occasione si presenterà, o si tradurrà nell'ennesima, amara delusione?
In realtà i due membri fondatori della band, amici d'infanzia e coppia praticamente inseparabile, Steve "Lips" Kudlow e Robb Reiner, cantante e chitarrista il primo e batterista il secondo, non hanno mai mollato i loro sogni ed il progetto di portare gli Anvil alla ribalta, hanno continuato a pubblicare dischi ed esibirsi per piccoli gruppi di appassionati e a lavorare come tutti i comuni mortali del pianeta, invece che dedicarsi a vite da rockstar dissolute.
Quando, nel duemilasei, un'improvvisata manager italiana li riporta in tour in Europa sperando di alimentare i sogni di Kudlow e Reiner e le cose non vanno come tutti loro avrebbero voluto, il tredicesimo disco degli Anvil diventa l'ultima scommessa, il treno atteso da una vita: ma l'occasione si presenterà, o si tradurrà nell'ennesima, amara delusione?
Ricordo bene l'effetto che ebbi guardando il finale di A proposito di Davis, firmato dai Fratelli Coen: un'amara consapevolezza filtrata attraverso l'antico adagio dell'uno su mille ce la fa che calza a pennello a qualsiasi campo artistico.
E che si tratti di un treno che passa una volta sola, del "trovarsi nel posto giusto al momento giusto" - come afferma il compianto Lemmy proprio in un estratto di questo documentario -, di talento o di un insieme di fattori che non potremo mai spiegare, è incalcolabile il numero degli aspiranti musicisti, scrittori, attori, registi, pittori e chi più ne ha, più ne metta, che popolano il mondo - e mi metto tranquillamente nel novero -: persone che ci hanno provato, e che, un giorno, si sono rese conto che il tempo era passato, e quello che era un sogno sfolgorante è diventato lo sfogo o il passatempo dei momenti liberi dal lavoro e dagli impegni del quotidiano.
Personalmente, da parecchio - ed in particolare dalla nascita del Fordino - vivo con filosofia questo destino, considerato che preferisco godere di quello che ho il più possibile piuttosto che rimuginare a proposito di quello che potrei avere, ed investire le energie nell'avere quello che posso raggiungere con le mie forze senza affidarmi a casualità assortite, ma a prescindere dal mio coinvolgimento nella visione del sorprendente lavoro di Sacha Gervasi - che, qualche anno dopo Anvil, portò in scena il più che discreto Hitchcock -, o dalla filosofia da outsider dai sogni artistici infranti, ho trovato questo documentario un eccezionale inno alla vita ed alla voglia di viverla, alla passione ed alla dedizione rispetto a se stessi dei suoi due protagonisti, Steve Kudlow e Robb Reiner, fondatori degli Anvil e pionieri dell'heavy metal classico, al centro di una vicenda che pare la versione "hard rock" di quella del leggendario Rodriguez di Searching for Sugar Man.
Osservare i due amici d'infanzia arrangiarsi con lavori certo non esaltanti, vivere il loro sogno grazie al sostegno di fan accaniti pronti a vederli dal vivo centinaia di volte in piccoli club dimenticati da dio, partecipare ad un Festival in Europa ed apparire esaltati come fan, più che come musicisti parte del carrozzone - bellissimi i siparietti con i Thin Lizzy, Toni Iommi o i Twisted Sister -, cadere e rialzarsi con le proprie forze contando esclusivamente sul loro legame e sulla loro musica è qualcosa di profondamente genuino e magico, in grado di tenere sveglia perfino Julez - che con il metal ha ben poco a che spartire - e riportare alla mente del sottoscritto Emiliano, che avrebbe letteralmente adorato un lavoro come questo - sempre che non l'avesse visto, considerata la sua cultura musicale e le sue radici ben piantate nell'heavy - e che quasi rivedo precipitarsi in camera mia e di mio fratello annunciando di aver scoperto una "perla" programmando un sabato sera con visione, alcool e rutto libero magari prima di dirigerci allo Zoe, nota discoteca rock milanese che fu la nostra seconda casa a cavallo del duemilasei per quasi un paio d'anni di weekend molto wild.
La vicenda degli Anvil e la loro lunga corsa verso la realizzazione di un sogno durato più di trent'anni è pura poesia a ritmo di riff aggressivi e ritmica serrata, una parabola quasi magica che ha il suo culmine proprio nei confronti tra due fratelli acquisiti e nei loro faccia a faccia più drammatici - da brividi il litigio e la riappacificazione nel corso delle sessioni di registrazione del tredicesimo disco in Inghilterra, con questi due uomini che paiono metallari fuori tempo massimo con le lacrime agli occhi a giurarsi bene eterno neanche fossero una vecchia coppia di sposi -, e che trova la sua ideale conclusione in un cerchio che si chiude così come tutto si era aperto, o si sarebbe dovuto aprire.
In fondo, la vita spesso non ci riserva quello che vorremmo, o che siamo pronti a sognare: eppure mi viene da pensare che Steve Kudlow e Robb Reiner il loro vero tesoro l'abbiano trovato in qualche misura solo per mezzo della Musica e del metal, e che sia da cercare in due famiglie che sono state sempre presenti per loro - e per le loro passioni -, e in loro stessi.
Esistono, sono esistite ed esisteranno, infatti, rockstar planetarie pronte a vivere e morire da sole.
Loro, invece, avranno sempre un fratello, un amico, un compagno. Nella buona e nella cattiva sorte.
Come le migliori coppie.
E questa è una cosa che nessuna chart mondiale potrà mai dare.
MrFord
"Metal on metal
ears start to bleed
cranking it up
fulfilling my need
ears start to bleed
cranking it up
fulfilling my need
metal on metal
shakin' the place
blows back your hair
caves in your face."
shakin' the place
blows back your hair
caves in your face."
Anvil - "Metal on metal" -
Me ne parlavano già bene amici metalari,purtroppo il Khal l'ha già visto(senza grosso entusiasmo),quindi temo mi sarà difficile recuperarlo...magari ne cercherò qualche spezzone sul tubo ;)
RispondiEliminaMa come senza grosso entusiasmo!?
EliminaQuesto film è una bomba! Recupera!
Non voglio calcare la mano su come me l'ha descritto lui XD magari lo trovo su Netflix e riesco a guardarmelo a mozzichi di 20 minuti,chissà ;)
EliminaDura ottanta minuti scarsi, e scorre via come un concerto.
EliminaProvaci!
Grande film, che riempie di speranza, perchè non è mai troppo tardi per niente :)
RispondiEliminaVerissimo. Speranza e vita vissuta.
EliminaConcordo in pieno.
Lo segno per recuperare
RispondiEliminaOttima scelta. ;)
EliminaNonostante l'accostamento con il grande Sugar Man, mi sembra una roba troppo fordiano/metallara per reggerla senza che mi venga voglia di tapparmi le orecchie. :)
RispondiEliminaIl tipo di cultura e di musica non mi sembra affatto il tuo, ma effettivamente ricorda parecchio Sugar Man.
EliminaEcco, questo mi ispira invece!
RispondiEliminaQuesto, invece, la visione la vale proprio!
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