Regia: Eli Roth
Origine: USA
Anno: 2002
Durata: 93'
La trama (con parole mie): cinque universitari freschi di laurea desiderosi di sfogarsi dopo gli anni di studio, tramite la madre di uno di loro, affittano uno chalet per una settimana che intendono dedicare a bevute, sesso e, forse, qualche passeggiata in mezzo alla natura.
Peccato che, poco prima del loro arrivo, un eremita del luogo contragga un misterioso morbo che attacca carne e sangue causando una degenerazione inquietante e terribile, e che un alterco dello stesso con il membro più instabile della compagnia porti ad una serie di circostanze a causa delle quali anche i ragazzi contrarranno la malattia stessa, finendo non solo per dubitare l'uno dell'altro, ma per rischiare di non tornare mai più a casa.
Riusciranno i cinque giovani a trovare un modo per cercare aiuto evitando di lasciarci la pelle o pugnalarsi alle spalle a vicenda senza incorrere nell'ira dei ruvidi abitanti del luogo?
L'uscita in sala del "recente" The Green Inferno ha scatenato, non so neppure io bene per quale motivo, una curiosità a proposito dell'opera di Eli Roth dietro la macchina da presa che, di fatto, non avevo mai avuto: il giovane regista e protetto di Tarantino, infatti, da queste parti era noto solo per la sua mitica partecipazione all'altrettanto mitico Bastardi senza gloria nel ruolo dell'adorato - da Julez, ma anche dal sottoscritto - Orso ebreo.
Dunque, dopo aver archiviato Hostel, il già citato Green Inferno ed il più attuale Knock knock, ho deciso di tornare indietro nel tempo all'inizio degli anni zero, quando il suddetto Roth si affacciava nel panorama della settima arte della grande distribuzione con Cabin fever, horror che richiama le atmosfere di cult come La casa e Non aprite quella porta con una spruzzata di Romero all'interno del quale il regista si divertì anche ad inserire una propria piccola apparizione, e che lo lanciò nel mondo dell'horror come uno dei nomi più caldi legati alla nuova linfa del genere - questo, ovviamente, a prescindere dalla critica più o meno favorevole -.
La visione di Cabin fever, assolutamente divertente - considerato il genere e la mia passione per lo stesso - e disimpegnata, si è rivelata piacevole anche a fronte del fatto di non essere di fronte ad una nuova sensazione dell'horror quanto più ad un ragazzo pronto a portare sullo schermo le suggestioni di migliaia di visioni appassionate di lavori che sono stati, sono e saranno decisamente più validi di quanto potrà mai essere il suo.
Quello, però, che apprezzo e probabilmente continuerò ad apprezzare di Roth è la sua grande onestà nel proporre titoli senza alcuna ambizione "alta" - e non intendo in termini di valutazioni o recensioni, quanto di approccio -, di fatto costruiti solo ed esclusivamente per intrattenere e divertire il pubblico: Cabin fever, per quanto acerbo e derivativo, può essere tranquillamente incluso nel novero, tanto da essere riuscito non solo a far passare una serata distensiva post-lavoro al sottoscritto, ma anche a Julez, per l'occasione riuscita a tenere botta fino alla fine della visione senza crollare addormentata - la gravidanza, del resto, amplifica il già notevole talento naturale della signora Ford per la nanna -.
Doppio merito, dunque, al buon Roth, che con una consistente dose di ironia nera porta al massacro l'ennesimo gruppo di giovani determinati a passare in uno chalet isolato inserito in una cornice impreziosita da rednecks senza ritorno un'intera settimana, ispirando comunque il sottoscritto non soltanto perchè l'idea dello chalet risulta effettivamente affascinante ma anche in materia alcolica - l'idea di bere solo birra durante tutta la vacanza potrebbe risultare una sfida interessante -, portando a galla quello che è il nemico più pericoloso nelle situazioni di sopravvivenza estrema - ovvero chi dovrebbe essere nostro amico - ed arrivando a soluzioni sicuramente valide - il destino di Jeff, autista del gruppo nonchè tramite dello stesso per l'affitto dello chalet -, oltre che divertenti - la figura del vicesceriffo Winston, più strafatto del Drugo dopo una sessione intensiva di White russian -.
Un bel divertissement, dunque, per gli appassionati, che senza dubbio farà storcere il naso a chi, l'horror, non è abituato a masticarlo: e per chi lo adora, come noi qui al Saloon, è una soddisfazione ancora maggiore.
Dunque, dopo aver archiviato Hostel, il già citato Green Inferno ed il più attuale Knock knock, ho deciso di tornare indietro nel tempo all'inizio degli anni zero, quando il suddetto Roth si affacciava nel panorama della settima arte della grande distribuzione con Cabin fever, horror che richiama le atmosfere di cult come La casa e Non aprite quella porta con una spruzzata di Romero all'interno del quale il regista si divertì anche ad inserire una propria piccola apparizione, e che lo lanciò nel mondo dell'horror come uno dei nomi più caldi legati alla nuova linfa del genere - questo, ovviamente, a prescindere dalla critica più o meno favorevole -.
La visione di Cabin fever, assolutamente divertente - considerato il genere e la mia passione per lo stesso - e disimpegnata, si è rivelata piacevole anche a fronte del fatto di non essere di fronte ad una nuova sensazione dell'horror quanto più ad un ragazzo pronto a portare sullo schermo le suggestioni di migliaia di visioni appassionate di lavori che sono stati, sono e saranno decisamente più validi di quanto potrà mai essere il suo.
Quello, però, che apprezzo e probabilmente continuerò ad apprezzare di Roth è la sua grande onestà nel proporre titoli senza alcuna ambizione "alta" - e non intendo in termini di valutazioni o recensioni, quanto di approccio -, di fatto costruiti solo ed esclusivamente per intrattenere e divertire il pubblico: Cabin fever, per quanto acerbo e derivativo, può essere tranquillamente incluso nel novero, tanto da essere riuscito non solo a far passare una serata distensiva post-lavoro al sottoscritto, ma anche a Julez, per l'occasione riuscita a tenere botta fino alla fine della visione senza crollare addormentata - la gravidanza, del resto, amplifica il già notevole talento naturale della signora Ford per la nanna -.
Doppio merito, dunque, al buon Roth, che con una consistente dose di ironia nera porta al massacro l'ennesimo gruppo di giovani determinati a passare in uno chalet isolato inserito in una cornice impreziosita da rednecks senza ritorno un'intera settimana, ispirando comunque il sottoscritto non soltanto perchè l'idea dello chalet risulta effettivamente affascinante ma anche in materia alcolica - l'idea di bere solo birra durante tutta la vacanza potrebbe risultare una sfida interessante -, portando a galla quello che è il nemico più pericoloso nelle situazioni di sopravvivenza estrema - ovvero chi dovrebbe essere nostro amico - ed arrivando a soluzioni sicuramente valide - il destino di Jeff, autista del gruppo nonchè tramite dello stesso per l'affitto dello chalet -, oltre che divertenti - la figura del vicesceriffo Winston, più strafatto del Drugo dopo una sessione intensiva di White russian -.
Un bel divertissement, dunque, per gli appassionati, che senza dubbio farà storcere il naso a chi, l'horror, non è abituato a masticarlo: e per chi lo adora, come noi qui al Saloon, è una soddisfazione ancora maggiore.
MrFord
"Fever ‘cause I’m breaking
fever got me aching
fever how will you explain
break it down again
fever got me guilty
just go ahead and kill me
fever how will you explain
break it down again."
fever got me aching
fever how will you explain
break it down again
fever got me guilty
just go ahead and kill me
fever how will you explain
break it down again."
The Black Keys - "Fever" -
Visto una vita fa,lo confondo coi millemila film del genere XD
RispondiEliminaEffettivamente non spicca, ma comunque è godibile.
EliminaDovrei rivederlo, mi ricordo solo che c'è una bella quantità di fluidi corporei e una bionda con due bellissime zizze. Quindi filmone ;)
RispondiElimina@Dembo,in questo tipo di film i fluidi corporei e le belle zizze non mancano mai XD XD XD
EliminaTutti i film dovrebbero avere belle zizze. ;)
EliminaMah me lo ricordo trascurabile, molto, troppo derivativo e senza nemmeno troppo divertimento. Per me Roth è un sopravvalutato, non ho visto The Green Inferno (e probabilmente non lo vedrò), ma per me l'unico che si salva è Hostel, il resto per me è abbastanza da buttare.
RispondiEliminaSenza dubbio non parliamo di un regista destinato a cambiare la Storia del Cinema, ma spesso e volentieri diverte ed intrattiene.
EliminaIo mi sono divertito anche con il doppiaggio, figurati! :)
RispondiEliminaho il dvd pagato due euro di seconda mano, ancora non lo guardo :-)
RispondiEliminaI dvd pagati due euro: una meraviglia! :)
EliminaCome al solito sui film divertenti se c'arrivi, c'arrivi con secoli di ritardo...
RispondiEliminaStrano comunque che il buon Eli alla fine abbia convinto persino un radical-snob come te. ;)
Tra noi di radical snob ce n'è soltanto uno: e non sono io. ;)
EliminaA me è un filone dell'horror che è sempre interessato poco, quasi quasi se dici che è divertente ci provo...
RispondiEliminaBeh, prima di questo dovresti vedere tutto Raimi ed il primo Peter Jackson, però. ;)
EliminaL'ho saltato a proprio... Sono uno suscettibile...
RispondiEliminaDai, non puoi essere più suscettibile di Cannibal! ;)
EliminaDivertente! Un horror che scherza con gli stilemi del genere, conservatore fino al midollo ma molto ben riuscito. Il meglio di Eli Roth :)
RispondiEliminaIl meglio non so, ma di sicuro è molto divertente, soprattutto per gli amanti del genere.
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